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“Nell’eolico un’occasione anche per gli addetti Ilva”


In un contesto ancora segnato dall’instabilità la sicurezza energetica nazionale torna centrale nel dibattito sulle fonti rinnovabili. Tra le tecnologie su cui l’Italia può contare per affrancarsi da oscillazioni esterne e sviluppare una filiera industriale nazionale, l’eolico offshore galleggiante rappresenta una delle opzioni più promettenti. Ne abbiamo parlato con Riccardo Toto, direttore generale di Renexia, che pone l’accento sul decreto Fer 2, il provvedimento che regola gli incentivi alle rinnovabili innovative, tra cui appunto l’eolico offshore.

Dottor Toto, cosa modifichereste del decreto Fer 2?

«Non coglie appieno l’opportunità di creare un’industria nazionale. Al largo delle nostre coste, come indicato nell’analisi di scenario Terna Snam, abbiamo un potenziale al 2040 di 15 Gigawatt che può essere sfruttato dalle turbine eoliche galleggianti. La previsione contenuta nel Fer 2 di soli 3,8 Gigawatt per l’eolico offshore sino al 2028 non costituisce una quantità sufficiente a far partire una industria nazionale. Inoltre, per partecipare alle aste basta il parere positivo della valutazione di impatto ambientale, non l’autorizzazione unica, che è l’atto che consente di avviare i lavori. In sostituzione dell’autorizzazione unica non è prevista alcuna garanzia e va sottolineato che il processo per ottenerla è quello che garantisce al territorio di avere voce in capitolo sull’investimento sulle aree di propria pertinenza. Così si rischia di favorire progetti che non hanno i requisiti per ottenere l’autorizzazione unica, penalizzando quelli realmente realizzabili, con ricadute negative sulla sicurezza energetica e quindi sui prezzi futuri. Inoltre, sarebbe utile e giusto inserire un obbligo da parte degli operatori dei campi eolici offshore a investire nel nostro Paese per la costruzione degli stessi. Mi riferisco soprattutto al fatto che c’è la reale possibilità di creare una grande filiera in questo settore, anche con il coinvolgimento di grandi realtà nazionali. Questo tipo di meccanismo lo riteniamo giusto e utile al fine di portare ricchezza al nostro paese ed è già adottato in altri Paesi».

Le rinnovabili comportano oneri in bolletta per i cittadini

«È un punto da chiarire. Attualmente gli italiani pagano in media 60 euro l’anno per incentivare vecchie rinnovabili, ma questi costi si esauriranno entro il 2030-2031. A fronte di 15 GW di nuovi impianti di eolico offshore galleggiante il costo sarebbe mediamente inferiore a 6 euro l’anno a famiglia, una cifra minima rispetto ai benefici ambientali, economici e industriali».

Quali vantaggi economici porta l’eolico offshore?

«Si tratta di una tecnologia innovativa in grado di creare nuove professioni e generare un giro d’affari di 60 miliardi di euro, con circa 10.000 posti di lavoro. Se la riscrittura del decreto prevedesse l’allaccio alla rete a partire dal 2031, in coincidenza con la fine degli attuali oneri in bolletta, l’impatto sarebbe ancora più sostenibile».

La vostra fabbrica di turbine, la cui sede potrebbe essere ubicata a Taranto o a Brindisi, potrebbe offrire opportunità ai lavoratori ex Ilva?

«Sì. Il nostro progetto prevede l’assunzione di circa 3.000 persone, a patto di poter produrre turbine per 2 Gigawatt l’anno; quindi, serve alzare il contingente a 15 Gigawatt. Anche il comparto acciaio sarebbe coinvolto: l’eolico offshore richiederebbe fino a 8 milioni di tonnellate, in linea con la riconversione di industrie oggi in crisi. È un’occasione concreta per creare un sistema nazionale autosufficiente, un progetto industriale di Paese sarebbe non solo opportuno ma giusto».

Come si inserisce il progetto Med Wind in questo scenario?

»Med Wind è il più grande progetto di parco eolico galleggiante del Mediterraneo e da solo può coprire il 3% del fabbisogno energetico nazionale. Con un investimento di oltre 9 miliardi, di cui 3 in Sicilia, prevede l’impiego di 1.000 persone nei 5 anni di costruzione e altrettante per i 30 anni di esercizio. È il volano ideale per la nascita della filiera industriale che auspichiamo. Lavoriamo con Regione Siciliana, enti locali e nazionali per sensibilizzare il governo sull’urgenza di rivedere il Fer 2 e sbloccare questi investimenti che guardano al futuro».

Alla luce dei problemi in Spagna, come gestire l’integrazione dell’eolico offshore nella rete elettrica?

«Il gestore della rete

nazionale ha già previsto investimenti per potenziare l’infrastruttura e accogliere i nuovi flussi che possono derivare dagli impianti eolici offshore. Esistono tecnologie che evitano problemi come quelli avvenuti in Spagna».


Fonte: https://www.ilgiornale.it/taxonomy/term/40822/feed


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