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“Lovaglio pensi a matrimoni con i suoi simili”


«La nostra operazione» su Banca Generali «può generare molto valore, mentre l’altra operazione (quella di Mps, ndr) ha rischi altissimi». È il refrain che l’ad di Mediobanca, Alberto Nagel, ha usato anche ieri durante la presentazione dei conti dei primi nove mesi dell’esercizio 2024-2025 chiusi con 2,77 miliardi di ricavi e 993,2 milioni di utile, entrambi in rialzo del 5%. Mentre gli analisti lo incalzavano sui dettagli dell’offerta da 6,3 miliardi lanciata sulla controllata delle Generali da ripagare con i titoli della stessa compagnia triestina in portafoglio (il 13,1%), il banchiere di Piazzetta Cuccia ha più volte puntato il dito sulla scalata senese. Dispensando anche consigli da professorino (di certo non disinteressati) all’ad del Monte, Luigi Lovaglio: «Avendo qualche esperienza nell’M&A bancario, ritengo che le operazioni che generano valore siano quelle tra pari, nel senso all’interno della stessa categoria bancaria, perché ci sono sinergie evidenti e affinità strutturali. Le migliori operazioni per Mps sono con altre banche commerciali». E poi «l’assenza di track record manageriale » del Monte nel wealth management e nel corporate investment «rende il rischio di esecuzione elevato, anche alla luce della differente cultura aziendale», ha aggiunto Nagel con quel tocco di arroganza che gli è tipico, peraltro già emerso nella nota diffusa all’indomani dell’offerta lanciata da Lovaglio che guida «una banca commerciale di medie dimensioni». Mentre l’aggregazione con Banca Generali, «completa il percorso di trasformazione del gruppo Mediobanca in player diversificato, focalizzato su business ad elevata crescita e basso assorbimento di capitale, eccellente per creazione di valore per gli stakeholder», ha detto il merchant banker. Assicurando che «lo scopo dell’operazione è di avere tutti vincitori e nessun vinto come ha sostenuto giustamente Francesco Milleri» (il presidente di Delfin, azionista di Mediobanca, Generali e di Mps) senza però aggiungere che le sue perplessità, chiaramente esplicitate dal mager, potranno svanire solo quando conoscerà meglio l’operazione. Quanto all’incontro di qualche giorno fa a Palazzo Chigi con il capo di gabinetto Gaetano Caputi, dove pare che sia stato accolto non senza freddezza, Nagel non ha voluto svelarne l’esito: «Noi siamo da questo punto di vista sempre piuttosto laconici nel dire quello che facciamo e quello che non facciamo».

Tornando ai conti dei 9 mesi, la divisione Insurance, vale a dire la quota in Generali, continua a dare un apporto importante ai profitti del gruppo con un utile netto di 350 milioni, pressoché in linea con lo scorso anno (353 milioni). Mediobanca distribuirà un acconto sul dividendo di 0,56 euro per azione con stacco il 19 maggio e saldo a novembre.

Ad annunciare i risultati del trimestre è stata ieri anche Banca Generali (utile netto in crescita da 87 a 110,3 milioni e masse totali in rialzo da 69,1 a 103,9 miliardi) il cui cda ha dato mandato all’ad Gian Maria Mossa di «approfondire gli aspetti industriali » dell’Ops di Mediobanca con il supporto di Deutsche Bank come advisor finanziario e dello studio PedersoliGattai come consulente legale. Servirà un «lungo viaggio» per capire la logica e le implicazioni dell’offerta, ha detto Mossa. Sottolineando, però, che «dal punto di vista industriale la combinazione avrebbe senso» e che «ci sono aspetti fondamentali da considerare come la governance, gli accordi commerciali e le possibili sinergie ».

L’ad di Banca Generali ha, dunque, calato la maschera confermando implicitamente le anticipazioni del Giornale: se l’operazione andrà a buon fine, Nagel vorrebbe farlo sedere sulla poltrona di ceo, mentre per sé avrebbe pensato alla presidenza del nuovo gruppo.


Fonte: https://www.ilgiornale.it/taxonomy/term/40822/feed


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