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Lavoro, la Consulta ribalta il risultato del referendum

È incostituzionale il tetto massimo di sei mensilità previsto dal Jobs Act per l’indennità risarcitoria nei casi di licenziamento illegittimo nelle imprese con meno di 15 dipendenti. Lo ha stabilito la Consulta, affermando che il limite rigido imposto dal Jobs Act non tiene conto della gravità dei fatti, delle specificità dei singoli casi e della reale forza economica dell’azienda. A poco più di un mese dall’esito dei referendum sul lavoro, l’Alta Corte riporta così all’attualità uno dei quesiti referendari proposti dalla Cgil, toccando uno dei punti più divisivi della riforma del 2015 che ha modificato profondamente lo Statuto dei lavoratori. E sancendo a posteriori la vittoria del sì in una consultazione che non ha raggiunto il quorum.

La sentenza ha trovato immediata eco nel mondo sindacale. Ringalluzzito, dopo le ultime débâcle, il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, che ha sottolineato come “la posizione della Corte è esattamente la richiesta che facevamo noi con il referendum”. Adesso, rilancia Landini, “bisogna rimettere il lavoro al centro della discussione politica e sociale del Paese”. Anche la Cisl ha accolto positivamente la decisione. Per il segretario confederale Mattia Pirulli, si tratta di un segnale che rafforza la necessità di un nuovo intervento legislativo “con il pieno coinvolgimento delle parti sociali”. Sulla stessa linea la Uil. “Ben vengano queste sentenze che scardinano, pezzo per pezzo, norme che creano differenti trattamenti tra lavoratori”, ha commentato la segretaria confederale Ivana Veronese che auspica la reintroduzione della reintegra.

Preoccupata Confapi per l’aggravio di costi su pmi che “non hanno le coperture e la liquidità delle grandi aziende”. Per Unimpresa un’azienda con quattro dipendenti potrebbe trovarsi a versare 12-18 mensilità di retribuzione (in media 30-40mila euro) per rapporto di lavoro, “con la concreta possibilità di dover ricorrere a indebitamento, dismissioni o cessazione dell’attività”.

La norma contestata stabiliva l’indennità per il lavoratore licenziato illegittimamente in un’impresa sotto i quindici dipendenti non potesse superare il limite di sei mensilità dell’ultima retribuzione utile al calcolo del Tfr, per ogni anno di servizio. Secondo la Consulta, tuttavia, “l’imposizione di un simile limite massimo, fisso e insuperabile, a prescindere dalla gravità del vizio del licenziamento” e il dimezzamento degli importi rispetto a quanto previsto per le imprese più grandi, “fa sì che l’ammontare dell’indennità sia circoscritto entro una forbice così esigua da non consentire al giudice di rispettare i criteri di personalizzazione, adeguatezza e congruità del risarcimento del danno”. L’auspicio espresso dai giudici costituzionali è quindi quello di un intervento legislativo, ricordando che il numero dei dipendenti “non costituisce l’esclusivo indice rivelatore della forza economica dell’impresa”. Le opposizioni che avevano sostenuto il referendum (Pd, M5s, Avs) sono tornate alla carica con i vecchi slogan.

Il presidente della commissione Lavoro della Camera, Walter Rizzetto (Fdi), ha preso atto della sentenza ritenendola effetto della “mancata manutenzione della norma dal 2015 a oggi”, quella che la maggioranza sta cercando di fare con le riforme in materia giuslavoristica.


Fonte: https://www.ilgiornale.it/taxonomy/term/40822/feed


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