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Incubo tedesco per l’auto italiana. In gioco oltre 5 miliardi di export

Siglato l’accordo sui dazi tra Stati Uniti e Unione europea, ora non resta che attendere, a partire dal 7 agosto prossimo, quali saranno gli impatti sui comparti interessati, tra i quali l’automotive e la componentistica. E se per Stellantis l’amministratore delegato Antonio Filosa ha già quantificato in 1,5 miliardi, di cui 300 milioni solo nel primo semestre, la penalizzazione nel 2025 da mettere in conto, a essere particolarmente preoccupate sono le aziende italiane della componentistica. I riflettori, in proposito, sono soprattutto puntati sulla Germania e sulle ricadute dell’«effetto rimbalzo» che interesserà i costruttori di auto locali. La Germania, infatti, rappresenta il primo Paese di destinazione della componentistica italiana per un valore di oltre 5 miliardi di euro. «I più interessati dai componenti italiani sono i segmenti premium tedeschi ricorda Gianmarco Giorda, direttore generale di Anfia, l’associazione che rappresenta la filiera nazionale automotive, intervistato da Aci Radio -. Le case automobilistiche di quel Paese, come gli altri concorrenti europei, dovranno subire i rischi causati dai dazi al 15% sull’export negli Usa. Di andare, cioè, incontro a cali di volume in un contesto generale già di per sé complicato per altri fattori». Nel 2024 l’export di vetture tedesche negli Usa ha riguardato 3,4 milioni di vetture, il 25,9% ad alimentazione elettrica, per un valore di 135 miliardi. Proprio domani, intanto, il ministro delle Finanze tedesco, Lars Klingbeil, sarà a Washington dove incontrerà il segretario al Tesoro, Scott Bessent. I colloqui verteranno, ovviamente, soprattutto sulle sfide relative all’accordo di principio nella controversia commerciale. «I dazi danneggiano le economie di entrambe le sponde dell’Atlantico – il commento del portavoce del ministro – e abbiamo bisogno di tariffe doganali basse e mercati aperti». «Quello che è sicuro – il punto di vista di Giorda – è che rispetto al 27,5% di aprile, l’aliquota al 15% è più favorevole, ma parlare di vittoria mi sembra esagerato. Il 15% di extra-costo sui componenti, la cui marginalità è molto bassa, diventa infatti difficile da assorbire. Analizzando in maniera oggettiva la situazione, il danno per la filiera automotive è enorme, sia per chi produce componenti sia per chi produce auto da esportare nel mercato americano». Intanto, c’è chi ipotizza che alcune imprese del settore possano optare per la delocalizzazione negli Usa. «Come componentistica la risposta del direttore generale di Anfia – l’Italia esporta negli Stati Uniti intorno a 1,2 miliardi e non penso che i dazi al 15% possano portare a stimare un grande numero di aziende Oltreoceano. Non bisogna infatti dimenticare che negli Stati Uniti i costi industriali non sono affatto banali e c’è una grande difficoltà a reperire manodopera visti i tassi di disoccupazione al 2-3 per cento. I problemi per il settore riguardano la perdita di volumi e come poter compensare questi cali».

È scontato che a pagare il conto salato, oltre ai diretti interessati, saranno anche i consumatori già alle prese con listini elevati e costretti, in attesa di tempi migliori, a tenersi la vettura vecchia di anni o puntare, in alternativa, sull’usato.


Fonte: https://www.ilgiornale.it/taxonomy/term/40822/feed


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