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“Ha agevolato il caporalato”. Loro Piana finisce sotto amministrazione giudiziaria

Loro Piana, uno dei marchi simbolo del lusso italiano, è finita sotto amministrazione giudiziaria per un anno, una misura che non implica un’accusa diretta di sfruttamento, ma denuncia una grave negligenza nella gestione della sua filiera produttiva. Il Tribunale di Milano ha imposto questa decisione, accusando la maison di non aver fatto abbastanza per impedire che lungo la sua catena di subappalti si consumassero abusi gravissimi, tra cui il caporalato. Ecco cosa è accaduto.

L’accusa

La società, parte del colosso LVMH controllato dalla famiglia Arnault, non è stata accusata di aver sfruttato direttamente i lavoratori, ma di aver “colposamente agevolato” lo sfruttamento, in particolare di operai cinesi impiegati in condizioni drammatiche. La filiera produttiva di Loro Piana ha infatti coinvolto numerose aziende intermediarie, le quali, secondo le indagini, hanno impiegato manodopera cinese in stato di clandestinità, in laboratori privi di sicurezza, senza formazione e con turni di lavoro estenuanti. L’azienda non ha impedito questa situazione a causa di un sistema di audit interno inefficace, che ha permesso a questi abusi di proseguire senza alcun controllo sostanziale.

Il caso

Il caso ha fatto molto discutere perché non si tratta di un episodio isolato: altri grandi marchi della moda, come Armani, Dior, Valentino e Alviero Martini, sono stati coinvolti in situazioni simili, dove i provvedimenti di amministrazione giudiziaria sono stati adottati per risolvere criticità interne e mettere fine a pratiche lavorative non legali. La Loro Piana, nonostante avesse firmato un “protocollo di intesa” con le associazioni sindacali per garantire il rispetto della legalità, ha continuato a trascurare i controlli reali nella sua catena produttiva.

La produzione di giacche in cashmere

Nel caso specifico, la produzione di giacche in cashmere da parte di Loro Piana veniva affidata all’azienda Evergreen Fashion Group, che non aveva una vera e propria capacità produttiva e subappaltava il lavoro a Sor-Man snc. Quest’ultima, a sua volta, si appoggiava a due opifici cinesi, Clover Moda e Dai Meiying, dove i lavoratori, per lo più in nero, venivano sfruttati in condizioni disumane. Le indagini hanno rilevato che questi operai vivevano in dormitori abusivi e lavoravano in ambienti insalubri, con turni lunghi e senza protezioni sanitarie o dispositivi di sicurezza. Un chiaro esempio di come la filiera, pur formalmente sotto controllo, abbia permesso che l’esito finale fosse un sistema di sfruttamento.

Le indagini e i costi di produzione

Le indagini hanno svelato una serie di e-mail che mostrano come, nonostante i numerosi audit condotti da società esterne, Loro Piana non avesse realmente valutato la capacità produttiva delle aziende coinvolte. Un e-mail del 18 novembre 2024 tra il titolare di Sor-Man, Ermanno Brioschi, e un professionista della società Nexia Audirevi, che eseguiva gli audit per conto di Loro Piana, ha rivelato che la produzione non veniva fatta in sede, ma delegata alle aziende cinesi. Eppure, nonostante i numerosi controlli, nessuna valutazione sulle reali condizioni di lavoro emerse. Un dato che fa riflettere riguarda i costi di produzione. La giacca in cashmere, venduta nei negozi Loro Piana a prezzi che variano dai 1.000 ai 3.000 euro, aveva un costo di produzione che non superava i 128 euro.

Ma per i lavoratori cinesi, il prezzo per ogni capo scendeva a 80 euro per giacca, con pagamenti che non rispettavano nemmeno i minimi tabellari. Il costo del prodotto finito, dunque, sarebbe frutto di una catena di approvvigionamento dove i risparmi ottenuti dallo sfruttamento del lavoro incidevano direttamente sul margine di profitto.


Fonte: https://www.ilgiornale.it/taxonomy/term/40822/feed


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