La chiave di lettura della semestrale di Eni è tutta nell’andamento registrato ieri dal titolo a Piazza Affari. Un andamento crescente, dopo una partenza titubante, che ha visto l’azione chiudere in rialzo dell’1,82% a 14,66 euro grazie a un mercato persuaso dai risultati migliori delle attese e dal successo della strategia avviata tre anni fa (e preparata da oltre 10 anni), e mai modificata in questi anni di «forte turbolenza ». E così, gli investitori hanno incassato senza problemi gli effetti negativi generati dal calo del petrolio (-20%) e dall’euro forte (+5%), guardando alle prospettive: dividendi crescenti, un leverage proforma ai minimi storici e la promessa di importanti sviluppi. L’ad Claudio Descalzi ha detto che c’è «margine per aumentare il buyback e che è lecito aspettarsi una seconda metà dell’anno positiva ed un 2026 ancora più promettente».
Seppur in calo, il risultato operativo e l’utile netto hanno battuto le aspettative di mercato (l’utile netto le ha battute del 25%). Nel dettaglio, l’ebit proforma adjusted è sceso a 6,36 miliardi, in calo del 23% rispetto allo stesso periodo del 2024. L’utile netto adjusted di competenza degli azionisti si è fermato a 2,55 miliardi di euro (-18%) e l’utile netto del gruppo a 1,715 miliardi (-8%). Il flusso di cassa operativo, ha superato 6 miliardi e, seppure in discesa del 21%, ha coperto gli investimenti per 3,9 miliardi e generato un free cash flow organico per 2,3 miliardi. Mentre gli altri competitor hanno visto aumentare il loro debito, Eni ha conseguito un leverage proforma del 10%, il più basso nella storia del gruppo.
Per quanto riguarda i settori della transizione, la valorizzazione del 30% delle partecipazioni in Plenitude ed Enilive ha generato benefici di cassa per 6,4 miliardi
di euro, rafforzando la capacità finanziaria ed accelerando l’esecuzione del piano. Inoltre, l’accordo di trattativa esclusiva con Gip, una volta finalizzato, è destinato a rafforzare il posizionamento nel settore della cattura e dello stoccaggio dell’anidride carbonica dove Eni ha acquisito una posizione di leadership.
Nel secondo trimestre il business Enilive ha registrato un utile operativo proforma adjusted di 129 milioni, sostanzialmente in linea, così come l’ebitda proforma adjusted che si è attestata a 209 milioni. Plenitude ha invece conseguito un utile operativo proforma adjusted di 133 milioni in riduzione dell’11% rispetto allo stesso periodo di confronto e un ebitda proforma adjusted a 256 milioni.
A livello annuale, le stime 2025 sono state confermate con importanti miglioramenti: si registra un incremento delle aspettative di risultato di GGP (la divisione global gas) da 800 milioni a 1 miliardo; la conferma dei risultati di Enilive e Plenitude a oltre 2 miliardi di ebitda complessivi e l’incremento del cash flow operativo da 11 a 11,5 miliardi in uno scenario con il petrolio a 70 dollari.
Inoltre, le iniziative di incremento della cassa attraverso le attività sul circolante, l’ottimizzazione del portafoglio e la valorizzazione delle scorte determina un contributo di 3 miliardi dai 2 inizialmente previsti. In questo contesto la strategia adottata e la robustezza del bilancio hanno permesso al gruppo di confermare il dividendo di 1,05 euro per azione e un buyback che per ora si attesta a 1,5 miliardi.