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Bpm: “Unicredit dica se andrà avanti”

Banco Bpm, da destra il presidente Tononi e l’Ad Castagna

L’offerta di Unicredit è del tutto inadeguata e la banca guidata da Andrea Orcel decida cosa fare e quanto può costare l’uscita dalla Russia. È il messaggio mandato ieri dai vertici del Banco Bpm davanti ai soci riuniti ieri in assemblea (presente il 64,2% del capitale dell’istituto) che ha dato il via libera al bilancio 2024. Sia il presidente Massimo Tononi sia l’ad Giuseppe Castagna hanno sollecitato l’istituto di piazza Gae Aulenti a chiarire se intende procedere con l’Ops oppure rinunciare, visto che alcune condizioni essenziali «non si sono verificate e non si verificheranno». Il riferimento è al prezzo pagato per Anima, al Danish compromise e al Golden power esercitato dal governo.

«Questa incertezza dell’offerta Unicredit che dura ormai diversi mesi, inizia ad essere poco apprezzabile, poco ragionevole» ha osservato Tononi. «Non conosciamo il piano industriale congiunto delle due banche in caso di fusione non conosciamo l’intenzione dell’offerente in merito ad Anima, non conosciamo l’iniziativa che l’offerente intende mettere in atto per conseguire le sinergie: e tutto questo perché l’offerente non l’ha comunicato». L’ad Castagna ha poi rincarato la dose sottolineando che il «prezzo è assolutamente incongruo e il fatto che ci sia un’offerta per ora di scambio senza cash, e che questo eventuale rilancio sia solo ventilato e non sia chiarito» porta a maggiore incertezza per gli azionisti. Quanto ai paletti del Golden power all’Ops di Unicredit sulla stessa Banco Bpm, in particolare per quanto riguarda gli investimenti di Anima (paletti non richiesti a Banco per l’acquisizione della sgr), Castagna ha spiegato: «Noi siamo una banca che lavora solo sull’Italia, che si è fatta promotrice di spingere il più possibile i fondi verso i titoli italiani e non solo titoli di Stato ma anche gli investimenti in un mercato borsistico abbastanza debole» e dunque «nessuno si pone la domanda se Anima in una banca al 100% in Italia continui a investire in Italia. Evidentemente non si pensa lo stesso dell’altra banca, che ha il 65% delle attività sull’estero», ha aggiunto riferendosi alla richiesta a Unicredit fatta dall’esecutivo di uscire dal mercato russo in nove mesi. «Ne voglio fare un tema economico. Unicredit stessa ha dichiarato che l’uscita dalla Russia potrebbe portare ad una svalutazione contabile del conto economico di 5,5 miliardi», ha precisato.

A margine dell’assemblea, l’ad è stato infine incalzato sulla partita Mediobanca-Generali: «Ci sono assemblee che devono pronunciarsi», ma «dal punto di vista industriale se Mps si trovasse

dentro Banca Generali, come azionista, non ne sarei scontento». In ogni caso, «Generali non è assolutamente nel perimetro della nostra crescita futura e anche se fosse sul mercato noi sicuramente non saremmo interessati».


Fonte: https://www.ilgiornale.it/taxonomy/term/40822/feed


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