Per i big cinesi dell’auto i dazi verso gli Usa non rappresentano una minaccia e difficilmente fermeranno la loro ascesa globale: solo il 2% dei veicoli e il 12% dei componenti, infatti, sono direttamente esportati negli States. Dei 400 miliardi di beni spediti negli Usa, solo il 5% riguarda il settore automotive.
È quanto risulta dal rapporto che AlixPartners, società di consulenza leader nel mondo, ha presentato in concomitanza con lo svolgimento del Salone dell’Auto di Shanghai. Diverso, invece, il discorso per le case europee. Dario Duse, managing director di AlixPartners, descrive i dazi Usa, se confermati, come una vera minaccia. L’esempio portato: Germania e Italia, insieme, inviano negli Usa circa 45 miliardi di dollari tra veicoli e componenti, circa un quinto del totale esportato. Come tutelarsi? «Per le aziende – la ricetta di Duse – è fondamentale agire rapidamente sulle leve tattiche disponibili per stabilire un costante monitoraggio sull’evoluzione dei dazi e, di conseguenza, attivare azioni di contenimento, quali ottimizzazione doganale, protezione della liquidità o ribilanciamento dei prezzi».
Con i dazi confermati ai livelli attuali, ma anche ridotti, a subire le conseguenze sarà sempre l’accessibilità all’acquisto delle auto a causa dell’impennata dei listini. Negli Usa, in proposito, i prezzi sono già saliti da una media di 31mila a una media di 48mila dollari tra il 2019 e il 2024 e, con le tariffe, potranno crescere di altri 10-15mila dollari. Secondo AlixPartners, «quello dei prezzi sarà un tema che nell’anno diventerà ancora più centrale». Nel 2024 le esportazioni cinesi sono cresciute del 23%, raggiungendo quota 6,4 milioni di veicoli, oltre il 50% del Giappone. I marchi di Pechino, entro il 2030, varranno per il 30% del mercato globale (+21% sul 2024).
Da parte sua, il mercato interno cinese salirà quest’anno a 26,8 milioni (+4%), in netto contrasto con i cali in Europa e Usa. In più, a causa della forte sovracapacità produttiva (un centinaio i brand locali attivi), costruttori e fornitori continueranno a cercare nuovi sbocchi all’estero. Ungheria, Spagna e Turchia i Paesi preferiti per produrre in Europa dove, per fine decennio, la quota cinese passerà dall’8% attuale al 12%, con una produzione di oltre 1 milione di veicoli. Duse, reduce dal Salone di Shanghai, spiega anche il cambio di strategia delle case occidentali (Audi e Volkswagen, in particolare) costrette, per rimanere competitive sul quel mercato, a «cinesizzarsi», cioè a «sviluppare prodotti in Cina per la Cina».
Ma a
favorire la crescita cinese in volumi, tecnologie e a rafforzarsi come primo esportatore, sono anche i rapporti con la Russia, «una fonte stabile di domanda per Pechino anche grazie alla tempesta dazi», avverte AlixPartners.