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Riforme, spunta il modello “sindaco di Londra” per eleggere il premier

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Prima occorrerà terminare di audire tutte le personalità, soprattutto costituzionalisti, chiamate ad esprimersi davanti alla commissione Affari costituzionali della Camera sul premierato all’italiana messo in campo dal governo. Una lunga lista che, considerato che il Ddl Casellati viaggia a settimane alterne con la riforma Nordio sulla separazione delle carriere dei magistrati, prenderà almeno tutto il mese di settembre. Dopodiché si passerà, sempre in commissione, alla discussione generale e alla fase emendativa. E sicuramente, come ha anticipato per tempo il presidente azzurro della prima commissione Nazario Pagano (si veda l’intervista al Sole 24 ore del 6 luglio), qualche modifica al testo ci sarà. Nel frattempo in Aula a Montecitorio, dal 10 settembre, i deputati saranno impegnati nella discussione e nell’approvazione del Ddl sicurezza, già nel mirino delle opposizioni. E infine sarà la volta della legge di bilancio, che quest’anno inizierà il suo percorso alla Camera.

Insomma, il premierato non sarà in Aula prima della fine della sessione di bilancio. Una lunga pausa di riflessione che prenderà tutto l’autunno, insomma, che lo stesso Pagano ritiene «utile per chiarire quali saranno le modifiche necessarie da apportare alla riforma costituzionale» e soprattutto «per mettere a punto il sistema di elezione del premier». L’incaglio nella stessa maggioranza è infatti proprio sulla futura legge elettorale, senza la quale per altro lo stesso premierato non sarebbe applicabile in virtù della norma transitoria fortemente voluta dal ministro Roberto Calderoli e quindi dalla Lega («la presente legge costituzionale si applica a decorrere dalla prima cessazione delle Camere successiva alla data di entrata in vigore della disciplina per l’elezione del presidente del Consiglio dei ministri»). Il punto politico è l’allergia della Lega (ma anche di parte di Fratelli d’Italia) al ballottaggio “classico”, ossia se nessuno raggiunge il 50% dei voti. E così, se il testo della riforma fissa «un premio su base nazionale che garantisca una maggioranza dei seggi in ciascuna delle Camere alle liste e ai candidati collegati al presidente del Consiglio», nulla dice riguardo alla soglia necessaria per far scattare il premio (e di conseguenza che cosa accade se nessuno raggiunge tale soglia).

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La ministra azzurra per le Riforme Elisabetta Casellati ritiene che la soglia al di sotto della quale scatta il ballottaggio nazionale tra i primi due arrivati possa essere fissata al 40%, come accade nelle comunali in Sicilia. Ma Calderoli preferisce un sistema a turno unico, come quello in vigore per l’elezione dei presidenti di regione, anche se tale soluzione potrebbe esporsi alla bocciatura da parte della Corte costituzionale (che in passato ha già fissato nel 15% il tetto massimo per il premio). Tre le altre ipotesi allo studio c’è anche una riedizione del vecchio Mattarellum, ossia 75% di collegi uninominali e il 25% proporzionale, con l’aggiunta di un premio variabile per arrivare al 50% da sottrarre alla parte proporzionale. Non solo. È degli ultimi giorni un’ulteriore suggestione: il voto alternativo all’inglese (ranked choise voting), usato ad esempio in Australia e per eleggere il sindaco di Londra. L’elettore viene chiamato una sola volta alle urne per esprimere il suo voto e anche per mettere i candidati in ordine di preferenza: se, a urne chiuse, un candidato risulta il preferito da più del 50% degli elettori lo si dichiara eletto; in caso contrario si elimina il candidato arrivato ultimo e si assegnano agli altri le seconde preferenze espresse da chi lo ha indicato primo (il processo continua finché uno dei candidati non supera il 50%).

Chiaro che l’intento della maggioranza è quello di evitare il ricompattarsi al ballottaggio di un centrosinistra spesso in ordine sparso al primo turno. Ma in caso di turno unico non c’è la garanzia matematica di una maggioranza certa, e quindi occorrerebbe cambiare la parola “garantisca” nel Ddl Casellati sostituendola con “favorisca”. E questa è una delle possibili modifiche che verranno introdotte dalla Camera se la Lega non si convincerà ad accettare il ballottaggio, sia pure al di sotto del 40%. L’altra possibile modifica, per stessa ammissione di Pagano, dovrebbe riguardare il voto degli italiani all’estero. Ora i cinque milioni di nostri connazionali che non vivono in Italia eleggono 8 deputati e 4 senatori nella circoscrizione estero, ma in caso di elezione diretta del premier un voto vale uno e l’effetto potrebbe essere quello di un vero e proprio ribaltamento: la “ponderazione” del loro voto anche per l’elezione diretta del premier andrebbe insomma prevista in Costituzione, come sostengono da settimane sia il senatore di Fratelli d’Italia Marcello Pera sia i costituzionalisti bipartisan di LibetàEguale e Magna Carta.


Fonte: http://www.ilsole24ore.com/rss/notizie/politica.xml


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