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«Non vorrei anticipare discussioni che in questi giorni sono un po’ complicate, ma bisogna porsi il problema di come rendiamo» i migranti «nostri cittadini».
Così il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi al Meeting di Rimini sottolineando la necessità di «dare soddisfazione a quella tendenza di ogni persona di trovare un ruolo e sentirsi utile nella società».
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La sostenibilità dei processi migratori, ha aggiunto, “si nutre anche del fatto che si tratta di persone di cui dobbiamo immaginare la centralità nella società da qualsiasi parte provengano”. E dunque “non basta dare soddisfazione solo ai bisogni primari” ma bisogna porsi il problema di come rendere queste persone “nostri cittadini”.
Cittadinanza, la discussione va affrontata
“Se questa discussione serve ad aggiornare il panorama delle valutazioni che un Paese come il nostro deve fare su questo tema importante dei nuovi cittadini, va benissimo e va fatto. Secondo me la discussione che è stata sollevata deve servire ad aprire una valutazione che dev’essere anche un po’ tecnica: farlo alla luce di dati concreti e realistici potrebbe aiutarci non a negare il problema e a respingerlo al mittente, ma aiutarci ma a fare qualcosa di più mirato e importante per le nostre esigenze, che sono di massima integrazione delle persone che arrivano. Sono esigenze non solo economiche, ma anche alloggiative, culturali e di adesione. Interroghiamoci su cosa serve a completare un percorso che in Italia ha portato ai risultati che abbiamo oggi”. Così il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, al meeting di Rimini.
“Credo però – ha aggiunto Piantedosi – che questa discussione vada fatta scevra da condizionamenti ideologici. Bisogna partire da un dato: la nostra legislazione è quella che consente il maggior numero di concessioni n tutta Europa. Siamo il Paese al primo posto per concessioni in termini assoluti di cittadinanze. In alcuni casi arriviamo quasi al doppio di Paesi come Germania e Francia. Non abbiamo quindi un quadro di chiusura totale”