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M5s, da Di Maio a Di Battista: dopo il voto scoppia il tutti contro tutti degli ex sodali

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L’ex cerchio magico lo attacca, gli eletti lo blindano. All’indomani delle elezioni europee, che hanno fatto registrare un tracollo per il M5s, Giuseppe Conte è alle prese con un Movimento provato e scosso da turbolenze interne. La profonda riflessione annunciata a urne ancora calde, è iniziata con la riunione dei gruppi pentastellati di Camera e Senato e sfocerà in un’assemblea costituente tra settembre e ottobre. In ballo, probabilmente, ci saranno le regole, come quella sul limite dei due mandati, ma anche i temi politici. Qualcuno sogna, addirittura, di cambiare nome e simbolo per inaugurare un nuovo inizio con Conte, ma dal suo entourage frenano: «Non è sicuramente questa la priorità».

Gli attacchi alla linea di Conte, da Di Maio a Di Battista

Il leader nei prossimi giorni sarà sui territori per fare campagna elettorale in vista dei ballottaggi. “Siamo carichi, si va avanti. Non siamo chiusi per lutto”, la battuta di chi gli è vicino. Nel caos post-elettorale, interviene l’ex enfant prodige dei 5 stelle, Luigi Di Maio, secondo cui la principale responsabilità di Giuseppe Conte è quella di “aver snaturato il Movimento, che oggi è un partito ancora più chiuso e verticistico del passato. Conte lo ha modellato a sua immagine e somiglianza”, “senza che nessuno alzasse un dito. Quanto a Grillo, ha 300 mila buoni motivi per restare in silenzio”.

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Il garante, Beppe Grillo, benché invocato da più parti, continua a non intervenire nel dibattito politico: sui social parla dei «segreti nascosti che minacciano la pace», nessun accenno alle urne. Quanto all’altro volto noto del Movimento della prima ora, Alessandro Di Battista, dopo aver sentenziato che alla base del crollo nei consensi del partito c’è “un problema politico”, a sua volta se la prende con Di Maio: «E’ uno dei responsabili dello snaturamento del M5S. Fino all’altro ieri gli andava bene tutto quanto perché faceva il ministro». Bordata a cui si aggiunge l’affondo di Casaleggio jr che è arrivato ad invocare le dimissioni del capo dei pentastellati e che spiega che il movimento «ha perso di identità» e con essa le persone che lo votavano. Come lui, che non è andato alle urne «perché non ho trovato sulla scheda qualcosa che volessi votare».

Il nodo politico del limite dei due mandati

Se i volti noti del movimento delle origini attaccano il leader, lo zoccolo duro degli eletti in Parlamento lo blinda. Dopo che Conte ha offerto la sua «disponibilità» a farsi da parte, durante l’assemblea dei gruppi (che si è interrotta all’una di notte per proseguire nei prossimi giorni) molti parlamentari gli hanno chiesto di restare: impensabile un suo passo indietro, il refrain nell’assemblea che riprende in serata. La riflessione interna, dunque, è destinata a proseguire e ad affrontare diversi nodi: limite dei mandati, nome e simbolo, alleanze e, chissà, magari anche una ridiscussione dei pilastri politici del Movimento. Un parlamentare, per esempio, durante il primo round della congiunta dei gruppi, avrebbe esortato, dopo tanti anni, a rielaborare alcuni “no” come quello ai termovalorizzatori valutando anche le nuove tecnologie esistenti.

Appendino e Raggi i nomi per il cambio al vertice

«Non c’è nessun processo a Giuseppe Conte, c’è una riflessione generale che va fatta tutti uniti», esorta l’ex presidente della Camera Roberto Fico. Che – secondo indiscrezioni – in una riorganizzazione ai vertici potrebbe diventare uno dei nuovi vicepresidenti di Conte. Salvo scossoni, per ora la scadenza naturale del mandato dell’’avvocato del popolo’ sarebbe fissata al 2025, poi potrebbe ripresentarsi o cedere il passo ad una nuova leadership. Per il cambio al vertice che ci sarà prima o poi, nel toto nomi, spiccano due donne: Chiara Appendino e Virginia Raggi. Per ora, l’ex sindaca di Torino svicola: «La leadership non è il tema, serve un vero confronto sul futuro».


Fonte: http://www.ilsole24ore.com/rss/notizie/politica.xml


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