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Bari e Torino, cosa sta succedendo nel Pd tra inchieste e candidature alle elezioni?

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L’intreccio tra politica e affari, emerso dalle inchieste in Puglia e Piemonte, con lo spettro di voti comprati ed elezioni truccate, ha messo a dura prova il Pd, a due mesi dalle elezioni Europee e delle regionali di giugno. I prossimi giorni saranno determinanti nella partita per le liste. Intanto non manca chi nel partito, come il deputato Andrea Orlando, chiede con forza una riforma e una maggiore e più capillare selezione della classe dirigente. Ad ogni livello.

A Bari i primi interrogatori nell’inchiesta sul voto di scambio

Continuano le indagini della magistratura di Bari sul rischio di compravendita dei voti per le prossime comunali e per le elezioni Europee. Un pericolo che viene evidenziato nelle carte dell’inchiesta che lo scorso 4 aprile ha portato a 8 arresti e 2 divieti di dimora, con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale per le amministrative di Triggiano e Grumo Appula. Tra gli indagati, per corruzione elettorale l’assessora ai Trasporti della Regione Puglia, Anita Maurodinoia , quota Pd, che si è dimessa. Nell’inchiesta sono coinvolti, tra gli altri, il marito dell’ex assessora Sandro Cataldo, e il sindaco di Triggiano (sospeso dal prefetto) Antonio Donatelli, entrambi ai domiciliari, che saranno interrogati lunedì 8 aprile dal gip. Un sistema al quale non era estranea Maurodinoia che ha preso parte – secondo l’accusa – alle due associazioni per delinquere finalizzate alla corruzione elettorale in occasione delle amministrative del 26 maggio 2019 (sindaco e consiglio comunale di Bari) e delle elezioni amministrative del 20 e 21 settembre 2020 (sindaco e consiglio comunale di Grumo Appula, presidente e Consiglio regionale). L’inchiesta sul presunto voto di scambio, la terza in pochi mesi, ha convinto il leader di M5s Giuseppe Conte e il candidato Michele Laforgia che non ci fossero più le condizioni per ricorrere alle primarie per scegliere il candidato del cosiddetto “campo largo” con il Pd. Un passo indietro che ha acceso lo scontro Pd-MoVimento proprio quando sembrava che Bari potesse essere il laboratorio per un esperimento politico: i pentastellati non avevano mai accettato di confrontarsi alle primarie, quella pugliese sarebbe stata la prima volta.

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In Piemonte Gallo jr si ritira, braccio di ferro tra bonacciniani e fazione che fa capo a Schlein

Dopo il “caso Bari” che ha portato allo strappo tra Conte e la segretaria del Pd Elly Schlein, in Piemonte si è dimesso il capogruppo regionale Dem, Raffaelle Gallo, figlio di Salvatore Gallo, ex manager di Sitaf indagato per estorsione, peculato e violazione della normativa elettorale. Gallo jr, esponente dell’area bonacciniana che era stato designato come capolista alle prossime regionali dell’8 e 9 giugno, ha lasciato il suo incarico in Consiglio regionale e ritirato la propria candidatura. In Piemonte il terremoto giudiziario scatenato dall’inchiesta “Echidna” della procura di Torino, sugli interessi della ’ndrangheta sull’autostrada Torino-Bardonecchia, ha portato all’apertura di un nuovo fronte nella battaglia politica tra la fazione che fa capo a Stefano Bonaccini e quella collegata a Schlein. Il passo indietro di Raffaele Gallo era nell’aria dopo l’iscrizione nel registro degli indagati di suo padre Salvatore, 83 anni, considerato uomo forte all’interno del partito, in particolare nello spostare voti e assicurare un elevato numero di tessere. L’ex manager di Sitaf, concessionaria autostradale dell’A32, è accusato di corruzione elettorale, estorsione e peculato. Gallo Jr, invece, nell’inchiesta non è coinvolto. La decisione di ritirarsi è stata presa dopo un colloquio avuto con il segretario regionale Domenico Rossi, che nelle scorse ore, oltre a chiedere alla commissione di garanzia interna di valutare il comportamento di Salvatore Gallo, aveva accennato all’ipotesi di riaprire alcuni ragionamenti alla lista di Torino. Ora, dopo il duro colpo subito dall’area bonacciniana, la palla passa in mano ai sostenitori della mozione della segretaria nazionale Elly Schlein, che sono pronti a presentare il nome di Nadia Conticelli, presidente regionale del partito, oltre che capogruppo a Palazzo Civico, per ricoprire il vuoto lasciato in cima alla lista. Ma i bonacciniani non vogliono restare alla finestra. I telefoni in queste ore sono roventi e fonti autorevoli parlano di una corsa a trovare entro pochi giorni chi possa sostituire Gallo. Meglio se donna, come l’assessora alla cultura del Comune di Moncalieri Laura Pompeo. Oppure un nome non necessariamente appartenente al partito Per questo si starebbe tornando a guardare nell’ambito della società civile. Idea già accarezzata quando il Pd e M5s si erano seduti a un tavolo per discutere di alleanze e progetti comuni. Da allora sembra passato un secolo: i Cinque Stelle ha anche in Piemonte sceglie la corsa in solitaria candidando Sarah Disabato.

Arriva il codice di autoregolamentazione per i candidati

Intanto, in vista dei prossimi appuntamenti elettorali, il Pd ha fatto sapere di avere già in cantiere delle contromisure contro questi casi. Contromisure che potrebbero partire dalla Campania. Qui, infatti, il senatore Dem e Commissario regionale del partito, Antonio Misiani, ha messo a punto, insieme ai segretari provinciali, un nuovo “Codice di autoregolamentazione” per i candidati che «potrebbe benissimo essere esteso ovunque», adattato ad ogni realtà regionale e comunale. E che verrà ufficializzato per la prima volta nelle prossime ore in una riunione di partito campano. Si tratta di un pacchetto di misure che inchioda il candidato all’obbligo di trasparenza e moralità. Prima di tutto, chi vuole rappresentare il partito nelle varie istituzioni dovrà fornire il proprio certificato penale. Poi, dovrà sottoscrivere un’autodichiarazione in cui si impegna a denunciare eventuali fenomeni di condizionamento del voto; episodi di voto di scambio; intimidazioni nel corso della campagna elettorale e tentativi di corruzione o concussione durante il mandato elettivo o amministrativo. Tra i vari impegni che si chiedono ai candidati democratici ci sono anche quelli di sottoscrivere il “codice etico” e di dichiarare di non essere in condizioni di incandidabilità rispetto al “Codice di autoregolamentazione antimafia”.


Fonte: http://www.ilsole24ore.com/rss/notizie/politica.xml


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