Gli anni passano, alcuni nervi scoperti permangono, altri no. Se dieci anni fa l’Italia era il grande malato d’Europa, adesso il radar si è spostato più a nord, direzione Berlino. «Spesso mettiamo in risalto i nostri difetti, anche giustamente, ma non siamo molto diversi da altre parti d’Europa. Dieci anni fa l’Italia non cresceva ed era considerata il grande malato d’Europa. Oggi non è più così», ha detto ieri il governatore di Banca d’Italia, Fabio Panetta, intervenendo all’università Bocconi. Panetta si è spinto oltre: «Oggi se dovessimo definire un malato d’Europa, questo è probabilmente la Germania. Non durerà per sempre, le cose cambiano».
Tornando all’Italia, la ricetta proposta dal numero uno di via Nazionale vale per il nostro Paese come per l’Europa nel suo complesso: «Dobbiamo proseguire con le riforme strutturali e modernizzare la nostra economia e potenziare la nostra capacità di produrre tecnologia e di incentivare la competizione». Panetta ha colto l’occasione dell’incontro con gli studenti della Bocconi per andare nuovamente in pressing per un cambio di marcia della politica monetaria dell’Eurozona. Il governatore di Bankitalia ritiene necessaria una normalizzare della politica monetaria per «muovere verso la neutralità o anche in territorio espansivo, se necessario». Con l’inflazione vicina all’obiettivo del 2% e la domanda interna stagnante, le condizioni monetarie restrittive non sono più necessarie», ha tagliato corto il membro del board della Bce. A giugno la Bce ha iniziato il percorso di rientro dalle politiche restrittive avviate nel 2022 a contrasto dell’inflazione e il tasso sui depositi bancari è sceso di 75 punti base, al 3,25%. Ancora a livelli alti quindi. Panetta ha espressamente caldeggiato un ritorno a un approccio tradizionale, ossia alla forward guidance, smettendo quindi di far dipendere le mosse di politica monetaria, riunione per riunione, guardando ai dati.
«Si dovrebbe tornare ad adottare un approccio più lungimirante nella definizione della politica monetaria e fornire maggiori indicazioni sulle mosse future ora che gli choc post-pandemia si stanno attenuando e l’inflazione si sta normalizzando». «Ciò – ha aggiunto Panetta – aiuterà le imprese e le famiglie a formarsi un’opinione sul futuro percorso dei tassi, sostenendo così la domanda e la ripresa dell’economia reale». Panetta ha rincarato la dose sulla necessità di una guidance più direzionale in un secondo intervento tenuto sempre a Milano, alla Fondazione Pinardi. «Dobbiamo tornare a fare una politica monetaria più tradizionale. A volte essere tradizionali è la cosa più aggressiva e anticonformista che ci sia». Non è mancato un riferimento ai potenziali riflessi negativi sull’economia del cambio di guardia alla Casa Bianca.
Le politiche protezioniste minacciate da aggiungono anche incertezza alle prospettive dell’inflazione, con da un lato pressioni al rialzo «derivanti da un aumento generalizzato per via dei dazi e da un deprezzamento dell’euro», mentre a fare da contraltare sono i possibili effetti recessivi derivanti da un calo dei flussi commerciali, da una maggiore incertezza economica e da prezzi più bassi delle materie prime. Le parole del governatore di Bankitalia vanno ad unirsi alle preoccupazioni già sollevate sullo stesso versante da Christine Lagarde e Luis de Guindos, rispettivamente presidente e vicepresidente della Bce.