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Italia bocciata all’esame d’impresa e ora calano anche le nuove realtà

L’Italia non è un Paese semplice per fare impresa. Un primato negativo che è stato certificato anche quest’anno dal rapporto Global Entrepreneurship Monitor (Gem) Italia 2023-24. Il report, intitolato Un paese che osa? L’imprenditorialità come risorsa per l’Italia e realizzato con più di 100mila interviste in tutto il mondo, è stato presentato ieri alla Sala Longhi di Unioncamere da Universitas Mercatorum, l’Università delle Camere di Commercio Italiane del Gruppo Multiversity, e mostra per la prima volta dal 2019 un’inversione di tendenza.

Il rapporto Gem dichiara il rettore Giovanni Cannata è stato realizzato da Universitas Mercatorum che ha deciso di dare il proprio contributo scientifico e sociale supportando interamente l’indagine nazionale che ha consentito di approfondire i fattori che incentivano e quelli che ostacolano la formazione di nuove imprese nel nostro Paese, tema che sta a cuore alla nostra università».

Nel ranking globale, l’Italia si posiziona 36esima su 46 nazioni esaminate per la propensione imprenditoriale, con un evidente gap di genere. Il rapporto tra donne che si attivano imprenditorialmente e uomini è pari al 40%, nel caso di imprese già avviate, mentre sale al 60% all’avvio di un’attività.

Beninteso, non si tratta di un dato sorprendente. D’altra parte, l’Italia è storicamente uno dei Paesi coi più bassi coefficienti di libertà economica e di impresa, attestandosi sempre nella parte bassa della classifica dell’Economic Freedom dell’Heritage Foundation. La ripresa post-Covid sta iniziando ad arrestarsi. Il Tea (Total Early Stage Entrepreneurial Activity), indicatore usato per calcolare l’attività imprenditoriale, è passato dal 2% del 2020 all’8% nel 2023. Osservando poi le dinamiche tra laureati e non laureati, emerge che tra i primi persiste un maggiore spirito di imprenditorialità. «Purtroppo in Italia le imprese giovanili evidenzia il segretario generale di Unioncamere, Giuseppe Tripoli si sono ridotte di oltre 40mila unità negli ultimi dieci anni con perdite in tutti i settori tranne nei servizi principalmente in quelli innovativi. Infatti, soprattutto negli ultimi anni il numero di start up innovative è più che raddoppiato (circa 15mila unità) crescendo soprattutto nei settori a più alta intensità di tecnologia e innovazione». Il ritardo nella formazione all’imprenditorialità è un problema indifferibile. «È fondamentale afferma Alessandra Micozzi, docente di economia applicata dell’Universitas Mercatorum incorporare all’interno del sistema di istruzione la formazione all’imprenditorialità.

Su questo ambito, la nostra Università attiverà a giugno il Contamination Lab, un programma di alta formazione all’imprenditorialità aperto a studenti, dottorandi e assegnisti».


Fonte: https://www.ilgiornale.it/taxonomy/term/40822/feed


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