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Un altro fallimento per i vaccini contro l’HIV

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L’unica sperimentazione avanzata (“fase 3”) ancora in corso di un vaccino contro l’HIV è stata terminata in seguito ai risultati deludenti ottenuti nei test clinici, segnando un nuovo fallimento nello sviluppo dei vaccini contro il virus collegato all’AIDS. Janssen, la divisione della società Johnson & Johnson che si occupa di vaccini, questa settimana l’interruzione della sperimentazione che stava coinvolgendo 3.900 volontari tra Nord America, Sud America ed Europa e una 50ina di centri per la somministrazione e il controllo del trattamento.

Il risultato negativo si aggiunge a quello di altre decine di vaccini sperimentali contro l’HIV sviluppati negli ultimi decenni e che sono stati poi scartati. Vari osservatori ritengono che il nuovo esito porti la ricerca di tre-cinque anni, considerato che nuovi vaccini sono ancora in fase di sviluppo e passerà del tempo prima dell’avvio dei test clinici per verificarne sicurezza ed efficacia.

Il test clinico ora interrotto si chiamava ed era stato avviato nel 2019, utilizzando un particolare vaccino che conteneva una varietà (un “mosaico”, appunto) di componenti contro alcuni sottotipi di HIV, tra i più diffusi e riscontrati nella maggior parte dei contagi. Dai test era però emerso che la somministrazione non portava a una risposta immunitaria adeguata, soprattutto per quanto riguarda la produzione di anticorpi neutralizzanti, importanti nel rendere innocuo un determinato patogeno, come un virus.

L’analisi dei dati preliminari aveva indotto il gruppo di controllo indipendente sul test clinico a dichiarare sicuro il vaccino, ma non in grado di prevenire più infezioni da HIV di quanto facesse una sostanza che non fa nulla (placebo). Di conseguenza era stata consigliata l’interruzione del test clinico per motivi etici e pratici. Qualcosa di analogo era successo nel 2021 con un altro studio sul vaccino, in alcuni paesi dell’Africa sub-sahariana.

Almeno in un primo momento, Mosaico sembrava essere diretto verso risultati più promettenti visti i dati raccolti nelle precedenti fasi della sperimentazione (“fase 1” e “fase 2”), che avevano coinvolto un minor numero di persone e il cui obiettivo principale era verificare la sicurezza del sistema. In precedenza, almeno altri cinque vaccini sperimentali contro l’HIV non avevano dato i risultati sperati in nove test clinici che avevano raggiunto la “fase 3”, a conferma di quanto sia difficile sviluppare un vaccino atteso da molto tempo.

Quando l’HIV fu per la prima volta come la causa dell’AIDS, nei primi anni Ottanta, si pensò che un vaccino contro il virus potesse essere realizzato in tempi relativamente brevi, come del resto era avvenuto per diverse altre malattie nei decenni precedenti. Furono però sufficienti alcuni anni perché diventasse evidente quanto fosse difficile riuscirci. L’HIV tende a mutare velocemente, eludendo le del nostro organismo e rendendo difficile l’impiego di un vaccino, specialmente se questo è calibrato su alcune specifiche caratteristiche del virus. Inoltre, l’HIV ha numerosi sottotipi e crea delle “riserve” nell’organismo, che possono rimanere inattive per anni senza che si manifesti l’AIDS.

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Si che ogni anno l’HIV infetti circa 1,5 milioni di persone e causi 650mila morti. Dall’inizio dell’epidemia di AIDS secondo le stime più condivise sono morti oltre 75 milioni di persone, soprattutto nei paesi economicamente meno avanzati, dove è più difficile ottenere cure adeguate per tenere sotto controllo la malattia e non c’è sempre grande consapevolezza sulla prevenzione. Alcuni tipi di farmaci come quelli antivirali impediscono al virus di continuare a moltiplicarsi nelle persone che lo hanno contratto. Alcuni trattamenti consistono nell’assunzione periodica di pillole o nel sottoporsi a iniezioni e trasfusioni. Non essendoci cura, il trattamento deve essere effettuato per tutta la vita e in alcuni soggetti può comportare effetti avversi, sia nel breve sia nel lungo periodo.

Oltre a ridurre i rischi di infezione, un vaccino efficace contro l’HIV costituirebbe un importante beneficio per i paesi dove i trattamenti non sono accessibili perché troppo cari, o dove non possono essere effettuati seguendo in maniera adeguata i pazienti. L’interesse verso un vaccino rimane quindi alto, anche se il nuovo risultato negativo avrà ripercussioni sullo sviluppo di nuove soluzioni.

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Vari esperti hanno iniziato a chiedersi se sia necessario un cambiamento di approccio, partendo proprio dal ripensare tecniche e modalità per indurre un’adeguata risposta immunitaria. Un nuovo ambito che potrebbe offrire qualche risultato promettente dai vaccini a RNA messaggero, come quelli utilizzati contro il coronavirus in questi anni di pandemia. Alcune sperimentazioni sono già in corso, ma si dovrà ancora attendere per l’avvio dei test clinici, che a loro volta richiederanno diverso tempo prima di poter verificare l’efficacia del nuovo approccio.


Fonte: https://www.ilpost.it/scienza/feed/


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