I cosmetici sono un tema su cui si trovano tantissime informazioni in giro per internet, ma molto spesso poco accurate scientificamente. Anche per questo, oltre che per le formule spesso oscure usate dal marketing promozionale dei prodotti, non è sempre facile capire a cosa servano e cosa facciano davvero. Da anni Beatrice Mautino, divulgatrice scientifica e co-autrice del podcast del Post , dà numerose e accurate dritte per riuscire a farsi un’idea spiegando la chimica e la fisica dei cosmetici. Lo fa sui suoi canali social, in eventi pubblici e con una serie di libri: il terzo è appena uscito in libreria, pubblicato da Gribaudo, e si intitola . Ne pubblichiamo un estratto che spiega che, diversamente da come pensano molte persone, le creme cosmetiche non penetrano nella pelle, né vengono assorbite.
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Un’amica che formula cosmetici per una grossa azienda mi ha confessato che odia l’acido ialuronico perché glielo fanno mettere dappertutto. In questo libro nomineremo spesso i cosiddetti ingredienti emozionali, quelli che non hanno nessun ruolo effettivo in un cosmetico, ma vengono aggiunti alle formule perché creano un certo immaginario, suscitano determinate emozioni e aiutano il dipartimento marketing a presentare il prodotto come diverso da quello dell’anno precedente che aveva una formula pressoché identica con l’unica differenza di quell’ingrediente emozionale attorno al quale viene fatto girare tutto.
Ci sono però degli ingredienti che un ruolo ce l’hanno, magari anche molto importante, ma nel tempo sono diventati anch’essi emozionali, caricati di aspettative che non possono mantenere. L’acido ialuronico è fra questi e viene raccontato dal marketing come ingrediente che “penetra in profondità”, restaura la pelle cadente e rimpolpa le rughe.
L’analogia non dichiarata, ma suggerita, è quella con i filler, cioè le iniezioni con acido ialuronico che si fanno in medicina estetica e che, trattandosi di iniezioni, possono penetrare davvero in profondità grazie all’ago. Il cosmetico con acido ialuronico può fare la stessa cosa? Ovviamente no, non ci si può nemmeno avvicinare. Chimicamente parlando, l’acido ialuronico è un grosso polimero, costituito da migliaia di unità di acido glucuronico e N-acetilglucosammina, appartenente alla famiglia dei glicosamminoglicani, ed è uno dei principali componenti del tessuto connettivo e della matrice extracellulare, dove svolge funzioni molto importanti all’umor vitreo dell’occhio.
La sua struttura molecolare lo rende una spugna efficientissima, in grado di assorbire per ogni grammo di polvere di acido ialuronico fino a 6 litri d’acqua, e quindi è un umettante molto efficace, in grado di trattenere acqua sulla superficie della pelle.
Il passaggio da umettante molto efficace a ingrediente emozionale è dovuto, come dicevamo, all’analogia con i trattamenti di medicina estetica e un certo rimando dei cosmetici in commercio a quello che chiamano “effetto filler”, cioè all’illusione di riuscire a ottenere un rimpolpamento della pelle e una riduzione della profondità delle rughe grazie all’azione “in profondità” dell’acido ialuronico. La verità è che questa molecola è enorme e non riesce a superare lo strato corneo. Non ci riesce neanche nelle sue versioni “a basso peso molecolare”, cioè spezzettato, perché per quanto siano spezzettate rimangono comunque troppo grandi e inadatte a superare la barriera molto selettiva della pelle. L’acido ialuronico, così come pressoché tutti gli ingredienti cosmetici, non penetra in profondità e svolge la sua azione dall’esterno.
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Se non penetrano in profondità, come mai quando stendiamo le creme sulla pelle le vediamo “assorbire” velocemente?
Questa domanda mi è stata posta diverse volte nel corso della mia attività di divulgazione sui cosmetici. In rete circolano articoli allarmistici sulla percentuale altissima, superiore al 60-70%, di ingredienti di un cosmetico che verrebbero assorbiti. Una volta, un gentile lettore di Le Scienze, la rivista per la quale scrivo ormai da molti anni, mi ha chiesto se poteva incolpare la crema idratante per i valori un po’ troppo alti di colesterolo nel sangue, dato che la crema lo conteneva. In effetti, se ci pensate, l’effetto più evidente che notiamo dopo aver steso un prodotto idratante è la sua scomparsa in un tempo che può essere anche molto veloce. D’altronde, se non viene assorbita dove va?
Ho dovuto rispondere al gentile lettore che la causa probabilmente la doveva cercare nella sua passione per i formaggi più che nell’idratazione, perché la pelle, anche per ciò che riguarda i grassi, il suo lavoro di bloccarne la penetrazione in profondità lo fa bene.
Gli ingredienti emollienti come il colesterolo possono essere incorporati nelle riserve di grassi dello strato corneo, soprattutto se la loro composizione mima quella naturalmente presente nella pelle, come abbiamo visto. Alcuni di questi possono anche penetrare attraverso i venti strati di cellule morte che compongono lo strato corneo, ma man mano che si addentrano nell’epidermide, l’ambiente diventa sempre più acquoso e, di conseguenza, inospitale per loro. Per contro, a fermare l’acqua e a impedire che ogni bagno possa trasformarci in spugne, c’è proprio lo strato di grassi idrorepellente che cementa lo strato corneo.
Questi sono solo due esempi che rendono l’idea di come la barriera della pelle, per quanto non sia totalmente impermeabile, è comunque molto selettiva. L’approccio è quello descritto dal “modello del formaggio svizzero” che si usa per gestire la sicurezza di ambiti molto complessi come l’assistenza sanitaria o l’ingegneria, in cui si dà per scontato che ci siano dei buchi, cioè delle falle nel sistema, ma la presenza di tante fette fa sì che i buchi siano quasi sempre tappati dalla fetta successiva.
Ogni tanto qualcosa riesce a superare tutte le barriere, infilando una serie di buchi particolarmente fortunata, ma si tratta di eccezioni che, nel caso della pelle, dipendono dalle condizioni della pelle stessa, dalle dimensioni della sostanza, dalla sua struttura chimica, dalla presenza di eventuali cariche elettriche, dalla temperatura e anche dal tempo di contatto.
Tutto il resto rimane fuori o, al massimo, si va a integrare nello strato corneo; quindi, la risposta alla domanda iniziale sul destino delle creme e degli altri prodotti è che, molto banalmente, evaporano. L’acqua, i grassi o gli oli siliconici usati come base per produrre i cosmetici sono “solventi”, cioè sono dei vettori che hanno la funzione principale di trasportare le sostanze funzionali rimangono lì sulla superficie dove possono svolgere la loro azione. È l’evaporazione a darci quella sensazione di leggerezza e freschezza che proviamo quando vediamo un idratante “assorbirsi bene”.
Ma quindi, se niente si assorbe, come fanno i medicinali a passare? Questa è un’altra delle domande che ricevo spesso quando spiego che gli ingredienti cosmetici non sono pensati per essere assorbiti dalla pelle. Tendiamo a prendere la parte per il tutto. Se si parla di cosmetici non si parla di medicinali. Il fatto che abbiano lo stesso aspetto non significa che lavorino allo stesso modo. Le pomate medicinali sono formulate per far penetrare i principi attivi alla profondità necessaria (e comunque non è facile nemmeno in quel caso), ma la parte cosmetica di una pomata medicinale si comporta esattamente come le creme cosmetiche, cioè in parte evapora e in parte si deposita.
Ma quindi, allora, i cosmetici non servono? In genere questo è l’ultimo round, quello della delusione.
Nella primavera 2023 sono stata invitata da Cosmetica Italia, l’associazione di categorie delle aziende cosmetiche, al Cosmoprof di Bologna, la più importante fiera cosmetica al mondo. Mi è stato chiesto di tenere una breve relazione sulla comunicazione dell’efficacia dei cosmetici dal punto di vista di chi fa informazione scientifica e si trova spesso e volentieri a ridimensionare le pubblicità o a spiegare il funzionamento di qualche meccanismo apparentemente oscuro. Avevo di fronte a me qualche centinaio di aziende a cui ho detto che a forza di giocare continuamente al rialzo con la medicalizzazione dei cosmetici e la promozione di effetti “impossibili” ci saremmo fatti tutti male: sia chi i prodotti li compra e ripone in loro troppe aspettative rimanendone poi inevitabilmente deluso, sia chi li produce perché poi è difficile tornare indietro al “vero valore del cosmetico” come ripetono spesso tutti gli addetti ai lavori. Se la comunicazione dei cosmetici fa passare l’idea che per funzionare debbano “penetrare in profondità”, poi è inevitabile rimanerci male e pensare che “allora non servono a niente” quando si scopre che non penetrano. Non so se il mio appello sia stato raccolto da qualcuno, ma fermiamoci a pensare: è così importante che un cosmetico sia assorbito? Non ci basta che funzioni, cioè che faccia quello per cui l’abbiamo comprato e, per esempio, idrati la nostra pelle? Se lo fa rimanendo all’esterno non va bene lo stesso?
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