Secondo diverse ricerche l’infertilità secondaria, cioè la difficoltà a rimanere incinte di nuovo o a portare a termine una gravidanza dopo che si è già partorito, è molto comune ed è un problema di salute pubblica che ha conseguenze significative sulle persone coinvolte e sulla società in generale.
L’infertilità può dipendere sia dalla donna che dall’uomo. Quella primaria viene definita come l’incapacità di concepire di una coppia in relazione da almeno cinque anni che ha avuto per un determinato periodo di tempo regolari rapporti sessuali non protetti. Il periodo di tempo di sesso non protetto che viene considerato per arrivare a parlare di infertilità può variare, ma è generalmente pari a un anno e diminuisce con l’aumentare dell’età. L’infertilità secondaria è invece l’incapacità di concepire o di portare a termine una gravidanza dopo almeno una precedente gravidanza andata a buon fine senza trattamenti per la fertilità. I medici solitamente diagnosticano l’infertilità secondaria dopo che una coppia ha tentato di concepire per 6-12 mesi senza successo.
Secondo i dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC), il più importante organo di controllo sulla sanità pubblica negli Stati Uniti, l’infertilità secondaria riguarda il 6 per cento delle donne in una relazione fissa tra i 15 e i 49 anni che, dopo aver partorito una prima volta, hanno difficoltà a rimanere incinta di nuovo dopo un anno di tentativi. Il 14 per cento ha difficoltà a rimanere incinta di nuovo o a portare a termine una gravidanza. dallo Huffington Post, il ginecologo e specialista in endocrinologia riproduttiva Banafsheh Kashani ha anche fornito un’indicazione sui tempi: l’infertilità secondaria «si verifica se si sta cercando di rimanere incinta da più di un anno e si hanno meno di 35 anni o se si sta provando da più di 6 mesi e si hanno più di 35 anni». Questa situazione non è comunque rara, dicono gli esperti: l’infertilità secondaria è comune quasi quanto l’infertilità primaria.
Uno del 2022 condotto da un gruppo di ricercatori e ricercatrici iraniane e pubblicato sull’International Journal of Reproductive BioMedicine (IJRM) ha analizzato il fenomeno dell’infertilità a livello globale basandosi sulle informazioni del Global Burden of Disease (GBD) che raccoglie i più recenti dati epidemiologici di 195 paesi nel mondo per valutare qual è il peso sulla salute delle diverse malattie e fattori di rischio. Lo studio copre gli anni che vanno dal 1993 al 2017 e prende in considerazione sette regioni del mondo. I risultati hanno dimostrato che, in tutte le regioni studiate, i tassi di infertilità secondaria sono molto più alti nelle donne che negli uomini e che nei paesi ad alto reddito, che comprendono anche l’Europa, sono inferiori che altrove, molto probabilmente a causa di un migliore e di un maggiore accesso a medici specializzati e a cliniche per il trattamento del problema.
Le cause dell’infertilità secondaria possono essere diverse e sono simili a quelle dell’infertilità primaria: , squilibri ormonali, sovrappeso o sottopeso, ostruzione delle tube uterine, cicatrici nell’utero dovute a un taglio cesareo, patologie che colpiscono il sistema riproduttivo maschile, alterazioni del tratto genitale, uso di alcol o tabacco. Ma una delle cause più comuni è l’età avanzata, oltre cioè i 35 anni. In Italia, ma anche in molti altri paesi, l’età media delle madri alla nascita del primo figlio è aumentata: poiché nell’infertilità secondaria si tratta di concepire un secondo figlio, l’età è di conseguenza ancora più alta e il passare del tempo influisce sul numero e sulla qualità sia degli ovociti che degli spermatozoi. L’infertilità secondaria, proprio come l’infertilità primaria, può essere però diagnosticata come inspiegabile.
L’infertilità è un problema di salute pubblica che ha un forte impatto sulle persone coinvolte. E questi effetti collaterali negativi rappresentano a loro volta un onere sociale. Jonah Bardos, direttore di una clinica della fertilità a Miami, che l’infertilità secondaria può causare diversi disagi: può far nascere la sensazione «che prima tutto funzionasse» e che poi qualcosa non funzioni più, mentre in altre persone ancora crea un forte senso di colpa dovuto al desiderio di volere un altro figlio quando altri non sono stati in grado di concepire nemmeno il primo. «Essere presenti e sostenere i propri cari durante questo processo è una parte importante», dice il medico che ha dato anche alcuni semplici suggerimenti. È ad esempio importante evitare di fare alcuni commenti molto comuni che non sono però affatto «innocui»: chiedere a una coppia quando avrà il secondo figlio, quando darà un fratello o una sorella maggiore al bambino che già c’è o dire: «Non vorrai viziare tuo figlio facendolo rimanere figlio unico».
Priyanka Ghosh, che lavora presso il centro di fertilità della Columbia University, dice che «l’infertilità secondaria può essere un’esperienza frustrante» ma spiega anche che «molte persone riescono ad avere un secondo figlio dopo una valutazione e un trattamento». Il suggerimento degli specialisti è dunque quello di rivolgersi a dei centri specializzati: «Spesso le persone rimandano il consulto», spiega Banafsheh Kashani: «Questo perché potrebbero essere occupate con il figlio che già hanno o perché sono convinte che, visto che ha già funzionato, funzionerà ancora». I controlli vengono dunque ritardati, riducendo la probabilità che gli interventi possano poi essere efficaci.
I test che vengono fatti per diagnosticare l’infertilità secondaria sono gli stessi dei casi di infertilità primaria: storia clinica delle persone coinvolte, studi ormonali, ecografie, esami delle tube, valutazione della qualità del seme e altri esami ancora che possono poi consentire di scegliere i trattamenti e le tecniche più adatte.