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Svolta nell’inchiesta per la morte dell’operaio di Sassari



C’è una svolta nelle indagini sul caso della morte di Antonio Masia, operaio morto alla Gesam di Sassari nel 2022.

L’operaio di 53 anni venne ritrovato senza vita nello stabilimento di trattamento rifiuti che si trovava nella zona industriale di Truncu Reale. La Procura aprì subito le indagini, che presero subito la pista dell’omicidio colposo ipotizzando che l’uomo fosse rimasto vittima di un incidente sul lavoro. In effetti iniziarono subito le indagini verso i colleghi e vennero messi a setaccio i cellulari fra gli appelli disperati della vedova che incolpava chi lavorava con lui dicendo “Non avete un peso sulla coscienza?”.

Svolta nel caso dell’operaio morto a Sassari

Continua l’inchiesta sulla morte di Antonio Masia, operario 53enne che l’anno scorso ha perso la vita all’interno dello stabilimento di trattamento rifiuti Gesam, nell’area industriale di Truncu Reale.

La Procura ha iniziato subito le indagini pensando al malore ma poi è emersa una verità molto più sconvolgente, sembra infatti che un suo collega l’avesse travolto con un muletto e poi avesse nascosto il cadavere per accreditare l’ipotesi di decesso a causa di un infarto.

A Rita e Antonella, corse ai cancelli della Gesam dopo essere state avvisate, era stato detto che si era sentito male sul posto di lavoro la poi gli inquirenti hanno scoperto un macabro omicidio, seppur involontario, aggravato dal tentativo di sopprimere la salma.

L’area venne sottoposta a sequestro ma poi successe qualcosa di inaspettato e molte prove sparirono per sempre.

Venne iscritto nel registro degli indagati un collega, Luri Arben. L’albanese di 48 anni era da tempo residente in Sardegna e i sospetti si concentrarono su di lui perché proprio lo stesso giorno della morte, il 25 luglio del 2022, i due avevano discusso animatamente. Masia era il responsabile del settore cernita e non è chiaro per quale motivo avessero discusso, ad ogni modo gli inquirenti pensano che proprio quella discussione sia poi sfociata in omicidio.

Questo che abbiamo descritto è il secondo colpo di scena per l’inchiesta da quando sono iniziate le indagini. Il primo chiaramente è stata la svolta che ha indicato il caso non come una morte naturale e nemmeno, successiva ipotesti, come un incidente sul lavoro. Ancor peggio, si trattava di omicidio.

A compierlo probabilmente Luri Arben, che avrebbe ricevuto dal capo una punizione qualche ora prima dei fatti, ritenuta ingiusta.

L’incendio e il ritrovamento del corpo

Se leggiamo i primissimi articoli che riguardano il caso Masia ci accorgiamo di come gli inquirenti pensassero a una morte per infarto. Il corpo venne trovato in un angolo dello stabilimento nascosto sotto dei sacchi della spazzatura. Era la tarda serata del 25 luglio quando arrivò alla sua famiglia l’agghiacciante telefonata che annunciava cosa era successo.

La donna era molto preoccupata perché il marito non le rispondeva, era ore che lo chiamava e a un certo punto è stata proprio lei a lanciare l’allarme, chissà se si aspettava un risvolto simile.

Venne disposta l’autopsia e l’esito rese evidente che Masia non poteva essere morto per un malore ma qualcuno lo aveva ucciso per poi tentare di occultare il cadavere sotto i rifiuti dello stabilimento o comunque ritardarne il ritrovamento in modo da confondere le forze dell’ordine che già si erano mobilitate dopo la segnalazione di Rita.

Però il nome dell’albanese non venne subito fuori, quello che invece apparve chiaro era il coinvolgimento di un altro collega, Fabio Mario Saba, accusato di omicidio colposo, occultamento di cadavere, incendio doloso e inquinamento ambientale. Infatti, non dimentichiamo che 12 giorni dopo venne appiccato un incendio che distrusse gran parte dello stabilimento, incenerendo oltre a tonnellate di rifiuti anche prove utili per ricostruire l’accaduto.

Successivamente vennero fuori altri nomi, infatti dopo aver analizzato le versioni dei dipendenti dell’azienda, nel mirino della Procura sono finite altre tre persone che potrebbero essere coinvolte e avere delle responsabilità, parliamo di Stefano Squintu, dirigente Gesam, il collega Innocenzo Maria Giannasi e l’imprenditore Federico Soro che all’epoca dei fatti era in trattative per rilevare la Gesam per circa 11 milioni di euro.

Il sostituto procuratore ha chiesto di prorogare le indagini perché intende approfondire ulteriormente la posizione di queste persone, l’unico dettaglio molto chiaro infatti al momento è l’ipotesi di omicidio sul posto di lavoro. Ci sono tante prove a supportare questa tesi e ora si attendono i nuovi aggiornamenti.

Un duro colpo per la famiglia dell’operaio che a quanto pare, ha trovato la morte perché stava svolgendo il suo giornaliero ruolo di supervisione di un settore importante della Gesam. Incredibile e sconcertante il piano messo a punto anche dopo, con estrema lucidità, per far sparire quante più prove possibili. Chissà che quello che è andato in fumo non potesse celare particolare chiave per le indagini.


Fonte: https://www.nanopress.it/s/cronaca/feed/


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