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Il killer dei fidanzati di Lecce rinuncia al ricorso, perché Antonio De Marco ha scelto la condanna definitiva



Antonio De Marco, che uccise con settantanove coltellate i fidanzati Daniele De Santis ed Eleonora Manta il 21 settembre del 2020, è stato condannato in via definitiva all’ergastolo.

Il giovane killer, che  aggredì mortalmente i due giovani perché a suo dire “erano troppo felici”, ha chiesto espressamente ai suoi legali, gli avv. Giovanni Bellisario e Andrea Starace, di non presentare ricorso in Cassazione.  Così, i relativi termini sono scaduti lo scorso 25 giugno. Dunque, per volontà del ventitreenne, è passata in giudicato la condanna all’ergastolo emessa dai giudici di appello. Una condanna che, lo ricordiamo, prevedeva anche l’isolamento diurno per tre anni. Dopo essere stato fermato e tradotto nel carcere di Lecce, De Marco passa le sue giornate all’interno di una cella singola dalla quale, hanno fatto sapere i suoi legali, non esce mai.

Qual è la personalità di Antonio De Marco?

Antonio De Marco ha dichiarato di aver ucciso gli amici di sempre Eleonora e Daniele perché, come ricordato, erano troppo felici. Ha inveito contro di loro a colpi di coltello dimostrando una spietatezza propria di un narcisista maligno, totalmente incapace di provare empatia e compassione per gli altri. Ma anche di non essere in grado di gestire la frustrazione né di relazionarsi con gli altri. De Marco probabilmente si sentiva messo da parte da quando Daniele aveva deciso di condividere la vita con Eleonora. Così, aveva iniziato a covare un odio profondo nei confronti dei due amici. Un odio che si è rivelato patologico e distruttivo. Del resto, queste sono le caratteristiche del narcisista maligno. Un soggetto animato da un senso distorto di grandiosità e da un bisogno costante di ammirazione e attenzione. Quella attenzione e quella ammirazione che avevano iniziato a venire meno da quando Daniele si era fidanzato. Uno smacco intollerabile per De Marco. Il solito copione che si ripete in tutti i soggetti affetti da un simile disturbo della personalità.  Soggetti totalmente privi di empatia, che tendono a vedere gli altri come mere estensioni di sé stessi e cercano di manipolare le persone per ottenere gratificazione personale.

Perché Antonio De Marco ha rinunciato al ricorso in Cassazione?

La risposta è rintracciabile nella sua personalità. Contrariamente a quanto si possa credere, la ragione non ha niente a che fare con la presa di coscienza di quanto commesso. Dunque, nessun pentimento, nessuna remora nei confronti degli amici da lui barbaramente uccisi.

L’unico obiettivo di Antonio De Marco si è infatti rivelato ancora una volta quello di assumere il controllo completo della situazione di quanto commesso. L’illusione di avere l’ultima parola gli permetterà, e gli ha permesso, di mantenere un senso di potere e superiorità anche dopo la condanna all’ergastolo. Ciò perché rinunciando al ricorso, nella sua versione distorta e disfunzionale, l’assassino di Eleonora Manta e Daniele De Sanctis ha preservato l’immagine distorta che lui ha di sé stesso. Difatti, si è voluto assicurare che la sua voce sia l’unica considerata importante e che il suo punto di vista sia l’unico accettato. Si tratta di un meccanismo di difesa per preservare la sua superiorità e per evitare che la realtà dei fatti minacci il suo senso di grandiosità e invulnerabilità. In concreto, rinunciando alla Cassazione, l’assassino di Eleonora e Daniele ha attuato un estremo ed illusorio tentativo di esercitare una qualche forma di controllo psicologico sugli altri.

Ha voluto assicurarsi che le sue opinioni, i suoi punti di vista e la sua versione degli eventi continuino a trionfare. Questo gli consente, e gli consentirà, di mantenere un dominio sulla narrativa dei fatti. In soldoni, è lui che decide di rinunciare a fare ricorso in Corte di Cassazione. Non i giudici a condannarlo per tre volte all’ergastolo. Un modo per De Marco, quindi, per avere l’ultima parola e per dimostrare ancora una volta la sua superiorità emotiva sugli altri. Ma non solo. Anche per mostrarsi più intelligente, più forte e più influente di chiunque altro, anche della legge. In definitiva, il killer dei fidanzati ha cercato di ottenere questo risultato affermando sempre la sua opinione come l’unica valida e riconosciuta.


Fonte: https://www.nanopress.it/s/cronaca/feed/


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