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    La prima storica “passeggiata spaziale” privata

    Per la prima volta nella storia due astronauti non professionisti hanno effettuato una “passeggiata spaziale” (attività extraveicolare o EVA) gestita da una società privata.L’iniziativa è stata organizzata nell’ambito della missione Polaris Dawn iniziata martedì 10 settembre, con il lancio da Cape Canaveral in Florida della capsula spaziale Crew Dragon di SpaceX. A bordo della navicella ci sono quattro persone compreso il miliardario Jared Isaacman, che ha finanziato buona parte del viaggio.
    Attualmente Crew Dragon si trova in un’orbita ellittica che porta la capsula ad avere una distanza minima dalla Terra di circa 190 chilometri e ad allontanarsi dal nostro pianeta fino a una distanza di 700 chilometri. Nelle prime fasi della missione, Crew Dragon si era spinta fino a 1.400 chilometri, il punto più distante nello Spazio mai raggiunto da un equipaggio in più di 50 anni, cioè dalla fine del programma spaziale Apollo della NASA per raggiungere la Luna (che si trova a quasi 400mila chilometri dalla Terra).
    L’EVA è stata effettuata da Isaacman e da Sarah Gillis, un’ingegnera di SpaceX, mentre all’interno della capsula sono rimasti i loro due compagni di viaggio: Scott Poteet, un ex pilota di aerei militari, e Anna Menon, un’altra ingegnera di SpaceX. Per la loro escursione all’esterno della capsula, Isaacman e Gillis hanno indossato tute sperimentali progettate da SpaceX per resistere all’ambiente spaziale. Sono state sviluppate partendo dalle tute solitamente utilizzate dagli astronauti che grazie a Crew Dragon possono raggiungere la Stazione Spaziale Internazionale, nell’ambito degli accordi commerciali tra SpaceX e la NASA.
    Le tute non hanno sistemi autonomi di erogazione dell’ossigeno e di mantenimento della pressione, per compensare il vuoto pressoché totale dell’ambiente spaziale. Sono collegate alla capsula attraverso tubi e cavi che permettono il trasferimento dell’ossigeno e dell’azoto, nonché dell’energia necessaria per far funzionare le altre strumentazioni. Dopo circa 40 minuti di preparazione, Isaacman e Gillis sono usciti a turno da un portellone sulla sommità di Crew Dragon e sono rimasti all’esterno della capsula per 15-20 minuti ciascuno. Oltre a essere un’importante prima volta per una missione privata, l’EVA ha lo scopo di verificare la tenuta e l’affidabilità delle tute di SpaceX in vista delle prossime missioni.
    Di solito le EVA richiedono tempi lunghi di preparazione proprio perché gli astronauti devono abituarsi a condizioni di pressione diverse da quelle tipicamente presenti all’interno dei veicoli spaziali (nella tuta la pressione è inferiore per evitare che questa sia troppo rigida, al punto da ostacolare i movimenti). Sulla ISS chi deve compiere l’attività extraveicolare, per esempio, passa attraverso una camera d’equilibrio (airlock) in modo che ci sia un ambiente intermedio tra la Stazione e lo Spazio. L’astronauta si chiude alle spalle il portellone della ISS e apre un secondo portellone verso l’esterno, in modo che la Stazione continui a essere isolata dall’ambiente spaziale (altrimenti perderebbe ossigeno e pressurizzazione con esiti catastrofici per gli altri occupanti).
    Jared Isaacman poco dopo la sua uscita dalla capsula Crew Dragon (SpaceX)
    Su Crew Dragon non c’è un airlock, quindi tutti i quattro membri di Polaris Dawn hanno indossato le tute per rimanere isolati dall’esterno. Al termine del test e dopo la chiusura del portellone impiegato per l’EVA, la pressione all’interno di Crew Dragon è stata ripristinata insieme alla giusta concentrazione di ossigeno per permettere ai suoi occupanti di togliere le tute e proseguire la missione. Fin dall’inizio della missione le condizioni di pressione e la percentuale di azoto erano state progressivamente ridotte, per quanto in modo lieve, per favorire l’acclimatamento in vista dell’EVA, riducendo il rischio di problemi di compensazione per l’equipaggio.
    Le attività extraveicolari sono relativamente sicure e gli astronauti delle principali agenzie spaziali ne hanno effettuate centinaia in quasi 70 anni di storia dell’esplorazione dello Spazio. I rischi naturalmente non mancano e riguardano soprattutto la tenuta delle tute e la possibilità di chi le indossa di muoversi senza troppi impedimenti, soprattutto in una situazione di emergenza.
    L’attività di oggi ha un importante valore storico perché segna l’inizio di una nuova fase delle esplorazioni spaziali da parte dei privati, finora limitate. L’esito del test non era scontato considerato che le tute di SpaceX non erano mai state sperimentate prima nell’ambiente spaziale, né Crew Dragon in una condizione in cui il suo interno viene esposto all’ambiente spaziale per diversi minuti.
    La vista dal casco di Jared Isaacman durante l’EVA (SpaceX)
    Per Isaacman non è la prima volta nello Spazio. Nel settembre del 2021 aveva già raggiunto l’orbita con la missione Inspiration4, sempre gestita da SpaceX e in compagnia di altre tre persone, nessuna delle quali faceva l’astronauta di professione per conto dei governi e di istituzioni pubbliche, come è quasi sempre avvenuto dagli albori delle esplorazioni spaziali oltre 60 anni fa. Come era accaduto con Inspiration4, anche per Polaris Dawn né Isaacman né SpaceX hanno fatto sapere i costi dell’iniziativa, comunque nell’ordine di decine di milioni di dollari, senza contare i costi per lo sviluppo di alcune nuove tecnologie da parte di SpaceX.
    Fino a oggi solamente alcuni astronauti della NASA, dell’Agenzia spaziale europea (ESA) e di quelle del Canada, della Russia e della Cina avevano effettuato un’EVA, per esempio per la costruzione e la manutenzione delle stazioni orbitali costruite nel tempo intorno alla Terra, superando grandi difficoltà tecniche e gestendo i molti rischi che derivano dal trovarsi nel vuoto pressoché totale dello Spazio. Le tute per farlo sono in sostanza delle piccole astronavi da indossare, ce ne sono poche e sono estremamente costose, ma SpaceX come altre aziende private vuole cambiare le cose.
    Polaris Dawn ha una durata di cinque giorni con una quarantina di esperimenti da effettuare a bordo, molti dei quali orientati a valutare gli effetti della permanenza nello Spazio sull’organismo – come si fa da anni sulla ISS – e a sperimentare nuove tecnologie che potrebbero essere impiegate in futuro nelle missioni di lunga durata verso la Luna e forse un giorno Marte. Al termine della missione, Crew Dragon si tufferà al largo della costa della Florida, dove una squadra di recupero si occuperà di riportare sulla terraferma la capsula e i suoi quattro occupanti. Isaacman e SpaceX hanno in programma almeno altre due missioni, ma non hanno ancora fornito informazioni sulle modalità e sui tempi, che in parte dipenderanno dai risultati ottenuti con questa missione. LEGGI TUTTO

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    È cominciata la missione Polaris Dawn di SpaceX, che dovrebbe rendere possibile la prima “passeggiata spaziale” per un equipaggio privato

    Martedì mattina una capsula di SpaceX che trasporta quattro privati cittadini è decollata dal Kennedy Space Center della NASA, in Florida: sono partiti per una missione di cinque giorni nota come Polaris Dawn, e se tutto andrà secondo i piani saranno i primi non astronauti a fare una “passeggiata spaziale” (EVA, come vengono chiamate informalmente le attività extraveicolari nello spazio): l’equipaggio è composto dall’imprenditore miliardiario quarantunenne Jared Isaacman, che ha finanziato personalmente gran parte della missione, da Scott “Kidd” Poteet, un tenente colonnello dell’aeronautica in pensione, e dalle ingegnere di SpaceX Sarah Gillis e Anna Menon.A oggi solamente alcuni astronauti della NASA, dell’Agenzia spaziale europea e di quelle del Canada, della Russia e della Cina hanno effettuato un’EVA, per esempio per la costruzione e la manutenzione delle stazioni spaziali costruite nel tempo intorno alla Terra. Oltre a questo Polaris Dawn dovrebbe essere la prima missione con un equipaggio ad allontanarsi così tanto dalla Terra dai tempi di Apollo 17, l’ultima missione del programma lunare statunitense che raggiunse la Luna nel 1972: arriverà a quasi 1.400 chilometri dalla Terra.

    Inizialmente Polaris Dawn doveva partire a fine agosto, ma il lancio è stato posticipato prima perché era stata rilevata una perdita di elio sulla rampa di lancio, e poi per via del maltempo al largo della costa della Florida, dove è previsto che la capsula atterrerà alla fine della spedizione. La “passeggiata spaziale” è prevista per il terzo giorno della missione. LEGGI TUTTO

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    Un miliardario vuole passeggiare nello Spazio

    Caricamento playerJared Isaacman ha 41 anni, è statunitense, ha messo insieme una fortuna con Shift4 Payments, la sua società per gestire i pagamenti elettronici, e tra qualche giorno sarà il miliardario a essersi allontanato di più dalla Terra da quando esistono i miliardari. Salvo rinvii, alle 9:38 (ora italiana) di mercoledì, Isaacman partirà per un viaggio oltre l’orbita terrestre insieme a tre compagni di viaggio con la missione Polaris Dawn, che ha in buona parte finanziato lui stesso in collaborazione con SpaceX, la società spaziale di Elon Musk, un altro miliardario.
    La capsula spaziale Crew Dragon si spingerà dove non si erano più avventurati gli esseri umani dopo le missioni Apollo, quelle per raggiungere la Luna, e se tutto procederà secondo i piani renderà possibile la prima “passeggiata spaziale” interamente gestita da privati. Al di là dei due primati, la missione servirà per sperimentare numerose attrezzature sviluppate negli ultimi anni da SpaceX, al lavoro per preparare nuove missioni lunari con equipaggio e per portare un giorno i primi astronauti su Marte, almeno nelle intenzioni molto ottimistiche di Musk.
    Per Isaacman non sarà comunque la prima volta nello Spazio. Nel settembre del 2021 aveva già raggiunto l’orbita con la missione Inspiration4, sempre gestita da SpaceX e in compagnia di altre tre persone, nessuna delle quali faceva l’astronauta di professione per conto dei governi e di istituzioni pubbliche, come è quasi sempre avvenuto dagli albori delle esplorazioni spaziali oltre 60 anni fa. Come era accaduto con Inspiration4, anche per Polaris Dawn né Isaacman né SpaceX hanno fatto sapere i costi dell’iniziativa, comunque nell’ordine di decine di milioni di dollari, senza contare i costi per lo sviluppo di alcune nuove tecnologie da parte di SpaceX.
    La società spaziale ha infatti lavorato negli ultimi anni allo sviluppo di tute spaziali che possano essere utilizzate per le attività extraveicolari (EVA, quelle che informalmente vengono chiamate “passeggiate spaziali”). A oggi solamente alcuni astronauti della NASA, dell’Agenzia spaziale europea (ESA) e di quelle del Canada, della Russia e della Cina hanno effettuato un’EVA, per esempio per la costruzione e la manutenzione delle stazioni orbitali costruite nel tempo intorno alla Terra, superando grandi difficoltà tecniche e gestendo i molti rischi che derivano dal trovarsi nel vuoto pressoché totale dello Spazio. Le tute per farlo sono in sostanza delle piccole astronavi da indossare, ce ne sono poche e sono estremamente costose, ma SpaceX come altre aziende private vuole cambiare le cose.
    Gli astronauti Robert L. Curbeam Jr. e Christer Fuglesang durante un’attività extraveicolare per l’assemblaggio di un modulo della Stazione Spaziale Internazionale nel 2006 (NASA.gov)
    La società sta sviluppando e sperimentando una nuova generazione di tute più leggere e pratiche da usare rispetto a quelle tipicamente impiegate dalla NASA, quando gli astronauti fanno per esempio manutenzione all’esterno della Stazione Spaziale Internazionale (ISS). I gruppi di ricerca e sviluppo di SpaceX sono quindi partiti dalle tute che utilizzano gli astronauti a bordo della sua capsula spaziale Crew Dragon, quando viaggiano verso e dalla ISS, per renderle ancora più resistenti e adatte al loro impiego all’esterno della capsula stessa.
    SpaceX aveva svelato ufficialmente di essere al lavoro sulle tute per le EVA all’inizio dello scorso maggio e da allora ha fornito qualche informazione in più, anche se mancano ancora numerosi dettagli che saranno probabilmente svelati almeno in parte durante Polaris Dawn. Le nuove tute sono progettate per essere impiegate sia all’interno di Crew Dragon, quando forniscono un’ulteriore protezione agli astronauti durante le turbolente fasi del lancio, sia all’esterno quando la capsula è ormai in orbita. Le tute vengono pressurizzate a seconda delle necessità, in pratica chi le indossa è come se si trovasse all’interno di un palloncino, e per le EVA si raggiungono i 35 kilopascal, equivalenti più o meno alla pressione atmosferica che si sperimenta in cima all’Everest, circa un terzo di quella sul mare.
    (SpaceX)
    Di solito le EVA richiedono tempi lunghi di preparazione proprio perché gli astronauti devono abituarsi a condizioni di pressione diverse da quelle tipicamente presenti all’interno dei veicoli spaziali (nella tuta la pressione è inferiore per evitare che questa sia troppo gonfia, al punto da ostacolare i movimenti). Sulla ISS chi deve compiere l’attività extraveicolare, per esempio, passa attraverso una camera d’equilibrio (airlock) in modo che ci sia un ambiente intermedio tra la Stazione e lo Spazio. L’astronauta si chiude alle spalle il portellone della ISS e apre un secondo portellone verso l’esterno, in modo che la Stazione continui a essere isolata dall’ambiente spaziale (altrimenti perderebbe ossigeno e pressurizzazione con esiti catastrofici per gli altri occupanti).
    Su Crew Dragon non c’è un airlock, quindi tutti i quattro membri di Polaris Dawn dovranno indossare le tute per rimanere isolati dall’esterno. Solo due partecipanti si affacceranno a turno all’esterno della capsula per 15-20 minuti, in modo da effettuare ulteriori test sulla tenuta e le funzionalità delle nuove tute. Nonostante alcune illustrazioni grafiche suggerissero il contrario, non è previsto che i partecipanti all’EVA si allontanino dalla capsula rimanendo collegati con un cavo e un tubo per l’ossigeno. Al termine del test e dopo la chiusura del portellone impiegato per l’EVA, la pressione all’interno di Crew Dragon sarà ripristinata insieme alla giusta concentrazione di ossigeno per permettere ai suoi occupanti di togliere le tute e proseguire la missione.
    Una rappresentazione grafica dell’EVA di Polaris Dawn
    L’EVA sarà la parte più importante dell’intera missione e ha richiesto anni di preparazione sia per la costruzione delle tute sia per l’addestramento di Isaacman e dei suoi tre compagni di viaggio. Anche se temporaneamente, Crew Dragon perderà buona parte dei propri supporti vitali in una procedura mai sperimentata prima con esseri umani a bordo di quella capsula in orbita. Bill Gerstenmaier, ex responsabile dei voli con esseri umani per la NASA e ora vicepresidente di SpaceX, ha ammesso che: «Una EVA è un’avventura rischiosa, ma – di nuovo – abbiamo fatto tutta la preparazione necessaria. La effettueremo nel modo più sicuro possibile, abbiamo elaborato i giusti protocolli e abbiamo fatto tutti i test per essere pronti».
    Oltre a Isaacman a bordo di Crew Dragon ci saranno due impiegati di SpaceX, a conferma della particolare collaborazione tra il miliardario e l’azienda: Sarah Gillis, preparatrice degli astronauti per le missioni solitamente realizzate per conto della NASA, e Anna Menon, a capo delle operazioni spaziali. Il quarto membro dell’equipaggio sarà Scott Poteet, ex pilota dell’aeronautica statunitense e amico di lunga data di Isaacman.
    L’equipaggio di Polaris Dawn – Jared Isaacman, Sarah Gillis, Anna Menon e Scott Poteet – e sullo sfondo Crew Dragon collegata al Falcon 9 (SpaceX)
    Dopo il lancio da Cape Canaveral (Florida, Stati Uniti) spinta da un razzo Falcon 9, la capsula spaziale sarà collocata in un’orbita il cui punto di maggior distanza (apogeo) dalla Terra sarà di 1.200 chilometri. In seguito, la distanza massima sarà aumentata fino a 1.400 chilometri, rendendo Polaris Dawn la prima missione con un equipaggio ad allontanarsi così tanto dalla Terra dai tempi di Apollo 17, l’ultima missione del programma lunare statunitense che raggiunse la Luna nel 1972, a quasi 400mila chilometri dalla Terra.
    Nel farlo, attraverserà la cosiddetta “anomalia del Sud Atlantico”, una zona in cui il campo magnetico terrestre ha un’intensità inferiore rispetto alla media e che per questo rende possibile un maggiore avvicinamento delle particelle cariche altamente energetiche provenienti dal vento solare (fasce di Van Allen). In poche ore l’equipaggio sarà esposto a una dose di radiazioni equivalente a quella che in media ricevono gli astronauti dopo tre mesi di permanenza sulla Stazione spaziale internazionale. Sono dosi comunque minime: anche gli astronauti delle missioni Apollo dovettero fare i conti con le fasce di Van Allen, senza conseguenze per la loro salute.
    Dopo una decina di ore, l’orbita sarà ridotta in modo da raggiungere una distanza massima dalla Terra di 700 chilometri ai quali sarà effettuata l’attività extraveicolare. Sarà il test più importante, ma nei cinque giorni della missione sarà eseguita una quarantina di esperimenti, molti dei quali orientati a valutare gli effetti della permanenza nello Spazio sull’organismo – come si fa da anni sulla ISS – e a sperimentare nuove tecnologie che potrebbero essere impiegate in futuro nelle missioni di lunga durata verso la Luna e forse un giorno Marte.
    Alcuni esperimenti saranno più creativi di altri, come un test per verificare se si possano effettuare radiografie sfruttando direttamente le radiazioni presenti nell’ambiente spaziale. Poteet si era inoltre sottoposto a un piccolo intervento chirurgico al cranio per farsi installare un dispositivo per misurare la pressione del fluido in cui è immerso il cervello. Le differenti condizioni di gravità fanno sì che i fluidi nel corpo tendano a fluire verso l’alto più di quanto facciano sulla Terra e questo può avere conseguenze di vario tipo. È il motivo per cui gli astronauti nei primi giorni in orbita appaiono spesso paonazzi, proprio per il maggiore afflusso di sangue verso la testa, e si sospetta possa essere una delle cause del lieve schiacciamento dei bulbi oculari che talvolta porta ad alcuni problemi di vista.
    Il dispositivo avrebbe dovuto permettere di rilevare le variazioni nel corso dell’intera missione, ma dopo l’intervento si è visto che non funzionava come previsto ed è stato rimosso dalla testa di Poteet. Difficilmente sarebbe accaduto qualcosa di analogo con un esperimento della NASA o dell’ESA, ma SpaceX lavora diversamente e si può prendere qualche rischio in più, come sta ampiamente dimostrando con lo sviluppo della sua enorme astronave Starship.
    Polaris Dawn finirà dopo cinque giorni con un tuffo di Crew Dragon al largo della costa della Florida, dove una squadra di recupero si occuperà di riportare sulla terraferma la capsula e i suoi quattro occupanti. Isaacman e SpaceX hanno in programma almeno altre due missioni, ma non hanno ancora fornito informazioni sulle modalità e i tempi che in parte dipenderanno dai risultati ottenuti con questa missione. LEGGI TUTTO

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    Un nuovo successo per Starship

    Caricamento playerStarship, l’enorme astronave della società spaziale privata statunitense SpaceX, è tornata per la prima volta intera sulla Terra dopo un lancio sperimentale. Il lancio è avvenuto dalla base di Boca Chica, in Texas, senza equipaggio ed è considerato un nuovo importante progresso dopo i miglioramenti ottenuti con i tre test svolti in precedenza. SpaceX deve comunque effettuare ancora molti lanci prima di poter gestire i viaggi verso la Luna, come previsto dagli accordi con la NASA.

    SpaceX lavora a Starship da una decina di anni con l’obiettivo di sviluppare un sistema di lancio e un’astronave molto più potenti dei razzi che attualmente utilizza per portare satelliti in orbita ed equipaggi verso la Stazione Spaziale Internazionale. Oltre al contratto miliardario con la NASA, che vincola l’azienda ai piani lunari, SpaceX ha in programma di utilizzare Starship per trasportare in orbita satelliti e per far raggiungere un giorno agli astronauti Marte, il progetto più ambizioso di Elon Musk, il CEO della società e capo di Tesla e X.
    Il lancio è avvenuto alle 14:50 (ora italiana) con la grande astronave alta 50 metri che ha superato l’atmosfera, spinta da Super Heavy, il razzo alto 70 metri e dotato di 33 motori alimentati a ossigeno liquido e metano liquido. Il precedente volo sperimentale di Starship era avvenuto il 14 marzo scorso.
    Raggiunto l’ambiente spaziale, Super Heavy si è separato da Starship e ha avviato una manovra per tornare verso la Terra. A poche migliaia di metri dalle acque del Golfo del Messico, il razzo ha riacceso i motori per effettuare un ammaraggio controllato in assetto verticale. Non era mai accaduto prima che Super Heavy tornasse integro sulla Terra, uno dei principali progressi rispetto al test sperimentale dello scorso marzo quando si era distrutto nelle fasi di rientro.
    Starship inquadrata dal lato dello scudo termico (nero), montata sopra Super Heavy sulla rampa di lancio (SpaceX)
    Oggi come a marzo, SpaceX non aveva intenzione di recuperare né Super Heavy né Starship, ma sperimentare rientri meno traumatici è essenziale per mettere a punto le prossime versioni del sistema, quando sia il razzo sia l’astronave saranno riutilizzabili per più lanci.
    Il lancio di oggi aveva diverse somiglianze con il test dello scorso marzo, anche se SpaceX ha rivisto alcuni obiettivi, rinunciando per esempio ai test di riaccensione nell’ambiente spaziale di alcuni motori di Starship. L’obiettivo principale era riuscire a governare l’astronave, in modo che si potesse orientare nel modo corretto per effettuare il rientro circa 50 minuti dopo il lancio, resistendo alle temperature fino a 1.400 °C che si sviluppano a causa dell’interazione con l’atmosfera.
    L’astronave è protetta da 18mila piastrelle di ceramica esagonali, ciascuna grande più o meno quanto un piatto, e il test serviva per verificare la loro resistenza e soprattutto la capacità di rimanere saldamente attaccate al resto dell’astronave.
    Il piano di manovra di Starship per il lancio sperimentale di oggi (SpaceX)
    Starship è rientrata nell’atmosfera in assetto orizzontale e ha poi terminato il proprio viaggio nell’oceano Indiano. Per quanto malconcia a causa delle forti sollecitazioni subite durante il rientro, quando si trovava a poca distanza dall’acqua Starship ha acceso i motori per compiere un’ultima manovra e mettersi nuovamente in assetto verticale in modo da rallentare la discesa prima del contatto con l’oceano. Non era mai successo prima che l’astronave riuscisse a raggiungere l’acqua: nel test dello scorso marzo si era disintegrata durante il rientro.

    SpaceX ha in più occasioni ricordato che in questa fase i lanci sono semplicemente dei test, cioè un modo per sperimentare un sistema mai utilizzato prima e raccogliere una grande quantità di dati, che saranno utilizzati per i futuri lanci. LEGGI TUTTO

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    SpaceX ci riprova con Starship

    Dopo due tentativi non riusciti, oggi la società spaziale privata statunitense SpaceX proverà a raggiungere lo Spazio con la sua enorme astronave Starship e a farla poi rientrare nell’atmosfera fino alla sua distruzione nell’oceano Indiano.Salvo rinvii, il test sarà effettuato intorno alle 14 (ora italiana, inizialmente era previsto per le 13) e servirà a verificare i nuovi progressi nello sviluppo del sistema di lancio e dell’astronave, entrambi essenziali per il programma lunare Artemis della NASA per tornare a esplorare la Luna con esseri umani, a più di 50 anni dall’ultimo allunaggio delle missioni Apollo. Come i precedenti, anche questo lancio è sperimentale e svolto senza persone a bordo: potrebbe finire con un grande successo, o con una nuova gigantesca esplosione.
    SpaceX sta lavorando a Starship ormai da una decina di anni, con l’obiettivo di avere un sistema di lancio e un’astronave molto più potenti dei razzi che attualmente utilizza per portare satelliti in orbita ed equipaggi e rifornimenti verso la Stazione Spaziale Internazionale. Lo sviluppo si è rivelato molto più lungo e complesso rispetto a quanto previsto da Elon Musk, il CEO di SpaceX, che inizialmente aveva prospettato la possibilità di raggiungere Marte nei primi anni di questo decennio. Le cose sono andate molto diversamente e si sono accumulati ritardi che potrebbero condizionare anche il programma Artemis, i cui obiettivi lunari non sono da poco, ma comunque meno ambiziosi di quelli marziani.
    Starship è un’astronave alta 50 metri, quanto un palazzo di 16 piani, e ha un diametro di 9 metri circa: utilizza sei motori alimentati con ossigeno liquido e metano liquido, che a pieno carico raggiungono circa 300 delle mille tonnellate della massa dell’astronave. Quando sarà funzionante potrà essere impiegata per il trasporto in orbita di satelliti di grandi dimensioni, di moduli per le stazioni spaziali e degli equipaggi verso la Luna. Starship è progettata per raggiungere l’orbita terrestre o altri corpi celesti e tornare sulla Terra con un atterraggio controllato, per poter essere riutilizzata.
    Starship sulla rampa di lancio a Boca Chica in Texas (Brandon Bell/Getty Images)
    L’astronave non ha però la potenza sufficiente per superare da sola l’atmosfera terrestre. Per darle la spinta necessaria viene utilizzato Super Heavy, un grande razzo alto quasi 70 metri e dotato di 33 motori, sempre alimentati da ossigeno liquido e metano liquido. Super Heavy è stato progettato per spingere Starship oltre l’atmosfera ed effettuare una manovra per tornare in seguito sulla Terra, come fanno già i Falcon 9, i razzi parzialmente riutilizzabili di SpaceX. Con questa soluzione non è necessario costruire nuovi razzi per ogni lancio e si possono ridurre molto i costi per i lanci e renderli più frequenti.
    Se nella teoria tutto questo funziona senza problemi, nella pratica il sistema si è rivelato complesso da sviluppare e gestire sia per le grandi sfide tecniche, sia banalmente per avere elaborato una soluzione completamente nuova che deve essere sperimentata. I due lanci svolti finora sono serviti proprio a questo: due test su grande scala per scoprire che cosa funziona, cosa no e cosa deve essere cambiato. Soprattutto grazie a un appalto da 2,9 miliardi di dollari affidato dalla NASA per realizzare Artemis, SpaceX può permettersi di sperimentare sul campo i propri sistemi e vederli distruggere raccogliendo nel frattempo quanti più dati possibili per migliorare le versioni successive dei propri razzi dal costo di svariate centinaia di milioni di dollari.
    Il primo test effettuato nell’aprile del 2023 era stato in questo senso molto istruttivo. I motori Raptor di Super Heavy avevano danneggiato la rampa di lancio, poi diversi di loro avevano smesso di funzionare correttamente rendendo necessaria la distruzione del razzo e di Starship per motivi di sicurezza. I dati raccolti avevano portato alla costruzione di una piattaforma di lancio rinforzata, con getti d’acqua per attutire l’onda d’urto generata all’accensione dei motori, e alla revisione del funzionamento stesso dei motori e dei tempi di accensione di quelli che si trovano su Starship quando questa si separa da Super Heavy per proseguire il proprio viaggio verso lo Spazio.
    Starship poco dopo l’esplosione nell’aprile del 2023 (AP Photo/Eric Gay)
    Il secondo test a novembre 2023 aveva mostrato importanti progressi: la prima fase del lancio si era svolta regolarmente, con la separazione tra Super Heavy e Starship. Un problema ai motori rese però necessaria l’autodistruzione di Super Heavy quando era ancora negli strati più alti dell’atmosfera, annullando quindi il rientro previsto nelle acque del Golfo del Messico. A causa di una perdita fu necessario interrompere anche il volo di Starship, che nei piani avrebbe dovuto raggiungere un punto dell’oceano Pacifico non molto distante dalle isole Hawaii.
    In un certo senso il lancio di novembre era stato un grande fallimento, ma di successo: Starship aveva raggiunto per la prima volta lo Spazio, seppure per pochissimo tempo, dimostrando la tenuta di molti sistemi.
    Per il lancio di oggi SpaceX ha previsto diverse novità, a cominciare da come sarà gestito il rifornimento di Super Heavy e Starship a Boca Chica, la base di lancio che la società ha costruito e via via espanso in questi anni in Texas. Il rifornimento sarà effettuato a ridosso del lancio, terminando pochi minuti prima dell’accensione dei motori, grazie a un sistema più rapido e potente per trasferire metano liquido e ossigeno liquido nei grandi serbatoi.
    Quando mancheranno tre secondi alla fine del conto alla rovescia, Super Heavy accenderà i motori in modo da raggiungere la potenza necessaria a 0 secondi. Il razzo con in cima Starship sarà diretto verso est e dopo poco meno di 3 minuti si separerà dall’astronave, che a quel punto avrà già acceso i propri motori e proseguirà la salita per superare l’atmosfera terrestre. Raggiunto lo Spazio, non compirà comunque un giro completo intorno alla Terra, ma una lunga parabola che la porterà a rientrare quando si troverà sopra l’oceano Indiano.
    (SpaceX)
    Prima del rientro, SpaceX proverà a sperimentare l’apertura e la chiusura del grande portellone dell’astronave, che in futuro servirà per depositare in orbita satelliti e altro materiale. Saranno anche testati alcuni sistemi per effettuare il rifornimento in orbita di Starship, con altre astronavi simili, necessario per le missioni verso la Luna e oltre. Un rifornimento orbitale di questo tipo non è mai stato sperimentato prima e aggiunge ulteriori complicazioni per i piani lunari della NASA (qui è spiegato più estesamente). SpaceX proverà inoltre a far accendere nuovamente alcuni dei motori Raptor di Starship nell’ambiente spaziale, per verificare il loro funzionamento visto che non sono mai stati sperimentati oltre l’atmosfera terrestre.
    Terminati i test nello Spazio, Starship orienterà la parte dell’astronave dotata di uno scudo termico, formato da migliaia di piccole piastrelle per resistere alle alte temperature che si sviluppano durante il rientro nell’atmosfera. Se tutto procederà secondo i piani, l’astronave raggiungerà intera l’oceano Indiano disintegrandosi nell’impatto ad alta velocità con l’acqua (SpaceX non recupererà né Starship né Super Heavy).
    Il piano per il lancio di oggi è quindi molto più ricco e articolato di quelli dei precedenti due test, finiti con spettacolari esplosioni. I responsabili della missione sperano che il lancio di oggi sia spettacolare in altro modo. LEGGI TUTTO

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    SpaceX ci riprova con Starship

    Oggi la compagnia spaziale statunitense SpaceX tenterà per la seconda volta di raggiungere lo Spazio con la sua gigantesca astronave Starship, che nel suo sistema di lancio comprende Super Heavy, il razzo più potente mai realizzato nella storia delle esplorazioni spaziali. Il lancio è previsto intorno alle 14 (ora italiana) ed è un secondo tentativo dopo quello non andato a buon fine dello scorso aprile, quando i tecnici avevano deciso di fare esplodere il veicolo spaziale a causa di vari malfunzionamenti emersi nei primi minuti di volo. Il nuovo test è considerato essenziale per dimostrare le capacità di Starship, che un giorno sarà impiegata per il primo allunaggio del programma lunare Artemis e in futuro per l’esplorazione con astronauti di Marte, almeno nei piani di Elon Musk, il fondatore di SpaceX.Il lancio avverrà da Boca Chica, la piccola località a pochi chilometri di distanza dalla costa del Golfo del Messico in Texas. In quella zona nell’ultima decina di anni SpaceX ha costruito un grande complesso che ha chiamato Starbase. L’area è servita sia all’assemblaggio di Starship e Super Heavy sia ai test delle prime versioni di prova dell’astronave, con grandi esplosioni e un solo tentativo riuscito di riportare al suolo intero il veicolo spaziale, seppure con qualche danno.Esteticamente, Starship ricorda l’astronave di Tintin nel raconto a fumetti Obiettivo Luna, ma è molto più grande e meno colorata. È alta 50 metri, quanto un palazzo di 16 piani, e ha un diametro di circa 9 metri; utilizza sei motori alimentati con ossigeno liquido e metano liquido, che a pieno carico aggiungono circa 300 tonnellate alle mille della massa dell’astronave. Una volta funzionante, potrà essere impiegata per il trasporto in orbita di satelliti di grandi dimensioni, di moduli per stazioni spaziali (compresa la base Gateway che dovrà essere costruita intorno alla Luna nell’ambito di Artemis) e di equipaggi anche verso la Luna o Marte.Per raggiungere l’orbita terrestre, la potenza di Starship non è sufficiente e per questo per darle la spinta necessaria viene utilizzato il grande razzo Super Heavy, alto quasi 70 metri e dotato di 33 motori, sempre alimentati da ossigeno liquido e metano liquido. Il lanciatore spinge Starship oltre l’atmosfera, poi compie una manovra per tornare sulla Terra come fanno già i Falcon 9, i razzi parzialmente riutilizzabili di SpaceX. Il sistema consente di non dovere costruire nuovi razzi per ogni lancio, come fanno diversi concorrenti di SpaceX, e ciò permette di ridurre molto i costi per i lanci e di renderli più frequenti.Super Heavy e Starship montata sulla sua sommità, sulla rampa di lancio (AP Photo/Eric Gay, File)Per Starship e Super Heavy l’obiettivo è ancora più ambizioso, perché la compagnia spaziale vuole ottenere un sistema di lancio che sia completamente riutilizzabile. Entrambi i veicoli spaziali dovrebbero avere la capacità di tornare sulla Terra effettuando un atterraggio controllato, in modo da essere pronti per un nuovo lancio dopo il rifornimento, un po’ come fanno gli aeroplani. Riuscirci non è però semplice, il sistema è complesso e questo spiega le numerose esplosioni che si sono viste in questi anni a Boca Chica, compresa quella fragorosa dello scorso aprile.La partenza del razzo era stata molto più energetica del previsto, aveva distrutto la piattaforma della rampa di lancio e aveva prodotto una forte onda d’urto, con conseguenze nel raggio di diversi chilometri. Starship non si era separata da Super Heavy per proseguire il proprio viaggio e aveva perso la traiettoria corretta, rendendo necessario l’innesco di alcune cariche esplosive per distruggere l’intero sistema. Nei mesi seguenti i tecnici di SpaceX si erano messi al lavoro per analizzare l’incidente e rivedere alcuni componenti e meccanismi sia su Starship sia su Super Heavy. In un rapporto pubblicato lo scorso settembre, SpaceX aveva segnalato che la causa principale dei problemi era stata una perdita di propellente da Super Heavy, che aveva poi avuto ripercussioni su altri componenti.L’incidente aveva portato la Federal Aviation Administration (FAA), l’agenzia governativa statunitense che si occupa delle autorizzazioni per l’aviazione civile, ad avviare una propria indagine che era terminata con la pubblicazione di un rapporto contenente 63 richieste a SpaceX, soprattutto per mettere in sicurezza l’area di lancio. L’onda d’urto aveva provocato il danneggiamento di vari edifici intorno a Boca Chica, alcuni detriti avevano colpito almeno un veicolo e le associazioni ambientaliste avevano segnalato il rischio di contaminazioni e inquinamento. SpaceX ha quindi dovuto rispettare le indicazioni della FAA per ottenere il nuovo permesso per un lancio sperimentale.Oltre ad apportare modifiche a Starship e Super Heavy, negli ultimi mesi SpaceX ha lavorato per rinforzare la base della rampa di lancio, aggiungendo un sistema più elaborato e potente di getti d’acqua, che si attivano per ridurre l’onda d’urto dei motori prodotta nei primi istanti dalla loro accensione. Sono stati assunti diversi altri accorgimenti legati alla riduzione del rischio nella dispersione di inquinanti.SpaceX proverà inoltre una procedura di separazione diversa tra Super Heavy e Starship, facendo accendere i motori all’astronave prima che si separi dal razzo. È una pratica seguita da tempo soprattutto sui razzi russi e consente di perdere meno potenza quando il lanciatore ha quasi terminato la propria spinta e si separa dal resto, visto che farebbe solamente da zavorra. Il passaggio a questa soluzione ha reso necessaria la revisione del funzionamento di alcuni sistemi e potrebbe aggiungere qualche complicazione. Dopo il primo tentativo ad aprile, Musk aveva detto che le probabilità di successo con un secondo lancio sarebbero state superiori al 50 per cento.Come in primavera, il lancio di oggi avverrà utilizzando “Mechazilla”, la particolare rampa di lancio dotata di due grandi bracci meccanici chiamati informalmente “chopsticks” (“bacchette” in inglese) che un giorno dovranno pinzare i razzi di ritorno: in questo secondo test non è previsto il recupero.Le “bacchette” di Mechazilla durante un test dei motori (SpaceX)Al termine del conto alla rovescia, Super Heavy accenderà i 33 motori e spingerà Starship per circa tre minuti, bruciando in poco tempo la grande quantità di propellente nei propri serbatoi. Si separerà poi da Starship e tornerà sulla Terra, effettuando un atterraggio controllato nelle acque del Golfo del Messico: si inabisserà e non sarà riutilizzato, mentre le sue versioni future torneranno automaticamente verso Mechazilla per essere recuperate e riutilizzate. Starship intanto proseguirà il proprio viaggio spingendosi oltre l’atmosfera terrestre e si inserirà in un’orbita per iniziare a girare intorno alla Terra a un’altitudine di circa 230 chilometri. I piani prevedono che sia effettuata un’orbita parziale, poi Starship effettuerà una manovra per rientrare nell’atmosfera e finire nell’oceano Pacifico, dove non sarà recuperata.Il nuovo lancio è molto atteso perché dallo sviluppo di Starship e Super Heavy dipende una parte importante dei piani per tornare sulla Luna e per costruire una stazione spaziale nella sua orbita. La NASA ha dato un appalto da 2,9 miliardi di dollari a SpaceX per realizzare il nuovo sistema e utilizzarlo come veicolo da trasporto per compiere gli allunaggi a partire dalla missione Artemis 3, in programma non prima della fine del 2025 (ci saranno probabilmente ritardi). Negli ultimi mesi sono stati sollevati dubbi e qualche preoccupazione sulla lentezza dei progressi raggiunti, soprattutto se confrontati con gli annunci fatti in passato da Musk che in più occasioni aveva definito imminente un volo orbitale di Starship, senza che questo venisse realizzato a causa dei ritardi e di vari inconvenienti tecnici.SpaceX confida comunque di accelerare i tempi di sviluppo, seguendo una strategia simile a quella adottata nei primi anni di realizzazione dei Falcon 9, i razzi che ormai impiega regolarmente per trasportare satelliti in orbita, materiale ed equipaggi verso la Stazione Spaziale Internazionale, sempre per conto della NASA. La compagnia spaziale ha un approccio alquanto aggressivo: sperimenta i propri sistemi consapevole dell’alta probabilità di un insuccesso, ma in questo modo può raccogliere grandi quantità di dati per correggere gli errori e produrre sistemi di lancio via via più affidabili. I primi voli orbitali di Starship saranno inoltre sfruttati per portare nello Spazio grandi quantità di satelliti Starlink, il sistema per fornire connessioni a Internet per le aree della Terra non raggiunte dai cavi in fibra ottica o dai ripetitori delle reti cellulari. Starlink è diventata un’importante fonte di ricavo per SpaceX e si parla di una sua probabile quotazione in borsa, anche se per ora Musk ha escluso che possa avvenire in tempi brevi. LEGGI TUTTO

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    Il primo lancio nello Spazio di Starship

    Caricamento playerDopo le 14 di oggi (ora italiana), la società spaziale privata statunitense SpaceX, fondata nel 2002 da Elon Musk, tenterà per la prima volta di raggiungere lo Spazio con la sua enorme astronave Starship. Il test servirà a verificare la capacità del sistema di lancio, che comprende il razzo più potente mai realizzato nella storia delle esplorazioni spaziali. Sull’esito dell’esperimento ci sono molte incertezze: il lancio potrebbe essere rinviato per problemi tecnici o legati al meteo, oppure potrebbe concludersi prima del previsto con una grande esplosione. Il test è però considerato essenziale per dimostrare le capacità di Starship, che dovrà essere impiegata per il primo allunaggio del programma lunare Artemis e un giorno per trasportare i primi esseri umani su Marte, forse.Il lancio è in programma da Boca Chica, una piccola località in Texas a pochi chilometri di distanza dalla costa del Golfo del Messico. SpaceX ha costruito lì Starbase, cioè la propria base di sviluppo e lancio di Starship, costruendo nuovi edifici e hangar a partire dal 2014. Sempre nella zona, negli ultimi anni SpaceX aveva condotto test su alcune versioni di prova della propria astronave, tra grandi esplosioni e un solo tentativo riuscito di riportare al suolo l’intero veicolo spaziale.I test con i primi prototipi di Starship erano iniziati a marzo del 2019, con modelli via via più grandi e simili alla versione finale dell’astronave, che assomiglia a quella di Tintin nel racconto a fumetti Obiettivo Luna. Il veicolo spaziale è alto 50 metri, più o meno quanto un palazzo di 15 piani e ha un diametro di circa 9 metri, con una punta a cono che ricorda vagamente quella degli Space Shuttle. Utilizza sei motori che vengono alimentati con ossigeno liquido e metano liquido. Nelle intenzioni di SpaceX, all’interno di Starship potranno essere trasportati satelliti di grandi dimensioni, moduli per stazioni spaziali ed equipaggi in viaggio verso la Luna o Marte.Una delle versioni di Starship verso la rampa di lancio nel luglio del 2022 (SpaceX)Starship da sola pesa 100 tonnellate, che diventano 1.300 con l’aggiunta del propellente, di conseguenza ha bisogno di una forte spinta per superare l’atmosfera terrestre e raggiungere lo Spazio. Quella iniziale è fornita da Super Heavy, un razzo alto quasi 70 metri con 33 motori, sempre alimentati da ossigeno liquido e metano liquido. Il lanciatore spinge Starship oltre l’atmosfera, poi compie una manovra per tornare sulla Terra come fanno già i razzi Falcon 9 che SpaceX impiega ormai da tempo per trasportare i satelliti in orbita e gli equipaggi verso la Stazione Spaziale Internazionale.In una ventina di anni di esistenza, SpaceX ha perfezionato un sistema per rendere parzialmente riutilizzabili i propri Falcon 9, invece di doverne costruire di nuovi per ogni lancio come i concorrenti, riducendo sensibilmente i costi per i lanci spaziali e rendendoli molto più frequenti. Con Starship la società vuole raggiungere il passo successivo: avere un sistema di lancio completamente riutilizzabile. Anche Starship, come Super Heavy, avrà la capacità di tornare sulla Terra con un atterraggio controllato, di essere rifornita e di tornare nello Spazio un po’ come fanno gli aeroplani. È un obiettivo estremamente ambizioso e per questo il test di oggi è così importante.Tra sabato e domenica, SpaceX ha condotto le ultime verifiche e ha posizionato Starship e Super Heavy nella loro configurazione finale, con l’astronave sopra il lanciatore. Messi insieme, raggiungono un’altezza di quasi 120 metri e sono visibili a chilometri di distanza nell’area di Boca Chica. La rampa di lancio stessa è particolare: oltre a essere enorme ha due grandi bracci meccanici che in futuro saranno utilizzati per bloccare il sistema di lancio al suo rientro sulla Terra. Informalmente viene chiamata “Mechazilla”, che ricorda Mechagodzilla, il grande robot utilizzato per difendere il Giappone in varie opere di fantasia su Godzilla. I due bracci meccanici sono chiamati spesso “chopsticks”, bacchette in inglese, perché un giorno pinzeranno i razzi di ritorno un po’ come si fa con un involtino primavera.Super Heavy, il grande cilindro metallico in basso, collegato a Starship su Mechazilla con i suoi due bracci meccanici (SpaceX)Per il lancio di oggi Mechazilla sarà comunque impiegato solo per la partenza di Starship e Super Heavy, ma non per il recupero che non è previsto in questo primo test. SpaceX accenderà i 33 motori di Super Heavy poco dopo le 14 e il grande razzo spingerà Starship per tre minuti, bruciando le migliaia di tonnellate di propellente nei suoi serbatoi, prima di staccarsi dal resto dell’astronave e tornare sulla Terra, effettuando un atterraggio controllato che lo porterà nelle acque del Golfo del Messico e debita distanza da Boca Chica. Super Heavy si inabisserà e non sarà riutilizzato: le versioni future torneranno invece alla rampa di lancio per essere impiegate nuovamente.La separazione è necessaria perché una volta esaurito il propellente Super Heavy diventerebbe un’inutile zavorra per il resto di Starship. È per questo motivo che in generale i razzi perdono via via i pezzi (“stadi”) man mano che effettuano la loro ascesa verso l’ambiente spaziale.Dopo la separazione, Starship accenderà i propri motori e si spingerà oltre l’atmosfera terrestre raggiungendo una velocità di poco inferiore a quella che le consentirebbe di inserirsi in un’orbita per iniziare a girare intorno alla Terra. A poco meno di dieci minuti dal lancio, l’astronave spegnerà i propri motori spingendosi fino a un’altitudine di 230 chilometri. Il piano della missione non prevede che Starship effettui un’orbita completa: quando sarà in vista delle isole Hawaii, effettuerà una manovra per rientrare nell’atmosfera e tuffarsi nell’oceano Pacifico.Il rientro sarà una delle operazioni critiche del test, perché servirà per verificare la tenuta e l’efficacia delle piastrelle isolanti che costituiscono lo scudo termico di Starship. In sua assenza, l’astronave non potrebbe reggere le alte temperature che si sviluppano mentre si attraversa ad alta velocità l’atmosfera. Il rivestimento a piastrelle di materiale isolante ricorda quello impiegato dagli Space Shuttle, ma con alcuni nuovi accorgimenti per ridurre i rischi di incendi e malfunzionamenti che in passato avevano riguardato quei veicoli spaziali.Nel complesso, il test servirà per verificare il sistema di separazione di Super Heavy da Starship e la capacità dell’astronave di raggiungere l’ambiente spaziale, compiere un volo quasi orbitale e superare poi il rientro nell’atmosfera. Il lancio sarà inoltre importante per verificare i sistemi di Super Heavy, mai lanciato prima e probabilmente una delle più grandi incognite di tutto il test.Il grande razzo utilizza 33 motori controllati da migliaia di sensori, di conseguenza prima del lancio potrebbero emergere problemi e imprevisti su alcuni dei sistemi di bordo. Un test di accensione dei motori effettuato in precedenza non aveva comportato imprevisti, ma ciò non esclude che qualcosa possa andare storto nelle ultime verifiche a ridosso del lancio. Le condizioni meteorologiche, soprattutto legate ai venti in alta quota, potrebbero inoltre rendere necessario un rinvio del lancio. Elon Musk, il CEO di SpaceX, ha stimato che ci sia un 50 per cento circa di probabilità di successo, ma secondo diversi osservatori è probabile che abbia mantenuto più basse del solito le sue stime in genere ottimistiche per non creare troppe aspettative.In passato Musk aveva in più occasioni promesso un imminente primo volo orbitale di Starship, senza che questo poi avvenisse. Oltre agli imprevisti tecnici, lo scorso anno si erano aggiunti alcuni problemi burocratici per l’ottenimento delle autorizzazioni da parte del governo statunitense per effettuare i test sperimentali. La Federal Aviation Administration, agenzia governativa che si occupa dell’aviazione civile negli Stati Uniti, aveva indicato numerose attività da svolgere per ridurre l’impatto dei test, anche dal punto di vista ambientale. SpaceX aveva seguito le indicazioni ottenendo infine un’autorizzazione per cinque anni lo scorso 14 aprile.La rampa di lancio a Starbase a Boca Chica, Texas, Stati Uniti (SpaceX)La pressione nei confronti di SpaceX è piuttosto alta, soprattutto per le grandi aspettative che ripone la NASA nel nuovo sistema di lancio. L’agenzia spaziale statunitense ha dato un appalto da 2,9 miliardi di dollari a SpaceX per sviluppare Starship come veicolo da trasporto per compiere gli allunaggi, a cominciare dalla missione Artemis 3 in programma non prima della fine del 2025. Prima di allora, l’intero sistema di lancio dovrà dimostrare non solo di essere completamente riutilizzabile, ma sicuro e affidabile per il trasporto di esseri umani.SpaceX intende sperimentare tutti i sistemi più volte nei prossimi anni attraverso missioni per il trasporto di materiale in orbita, a cominciare dai propri satelliti Starlink, impiegati per fornire connessioni a Internet dallo Spazio per le aree della Terra non raggiunte dai cavi di fibra ottica o dai ripetitori dei telefoni cellulari. Nei programmi di SpaceX c’è inoltre l’impiego di Starship come astronave per compiere un giro intorno alla Luna, senza raggiungere il suolo lunare, nel quale saranno coinvolti comuni passeggeri e non astronauti di professione.Quando e se Starship avrà dimostrato di essere affidabile, SpaceX sperimenterà una variante del sistema che prevederà di fare rifornimento in orbita dell’astronave, in modo da avere propellente a sufficienza per raggiungere Marte. Musk sostiene da tempo che la specie umana debba diventare “multiplanetaria” e che debba quindi fondare una colonia su Marte. Nonostante abbia illustrato in più occasioni i suoi piani, il programma per raggiungere questo obiettivo è ancora piuttosto vago e da definire, ammesso sia praticabile. Anche quel piano dipenderà da come andranno le cose oggi. LEGGI TUTTO