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    Arriva il Btp Più: 8 anni, cedola ogni 3 mesi e rimborso anticipato. Come funziona

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    Il Btp Più, in emissione dal 17 al 21 febbraio 2025, rappresenta un’ulteriore evoluzione della famiglia Btp Valore, lanciata nel giugno 2023 e capace di raggiungere record di raccolta. Questo nuovo strumento introduce importanti novità che si affiancano alle caratteristiche consolidate dei titoli di Stato dedicati ai risparmiatori retail.L’opzione “put”: uscita anticipata garantitaUna delle principali innovazioni è la possibilità di richiedere il rimborso anticipato del capitale investito a inizio 2029. Questa opzione, detta “put”, consente agli investitori di ottenere l’intero capitale versato senza subire le fluttuazioni del mercato secondario, a condizione che il titolo sia stato acquistato durante l’emissione iniziale di febbraio e mantenuto fino alla data della finestra di esercizio. La comunicazione delle modalità e del periodo esatto per l’esercizio dell’opzione sarà fornita dal Mef.Questa opzione garantisce maggiore flessibilità rispetto ai titoli tradizionali, che possono sempre essere venduti sul mercato secondario, ma la cui liquidità e quotazione dipendono dalle condizioni di mercato al momento della vendita.Cedole trimestrali e rendimenti “step up”Il Btp Più conferma la struttura dei rendimenti a “step up”, già apprezzata nei titoli della famiglia Valore. Il meccanismo prevede cedole crescenti nel tempo, con una remunerazione maggiore negli ultimi quattro anni dell’orizzonte di investimento (durata complessiva: 8 anni). Questo rappresenta un premio implicito per chi mantiene il titolo fino alla scadenza naturale nel 2033.I tassi minimi garantiti per ciascun quadriennio saranno comunicati il 14 febbraio, tre giorni prima dell’avvio del collocamento. L’attuale contesto di tassi al rialzo, combinato con l’approccio del Btp Più, potrebbe rendere particolarmente attraente questa nuova emissione per chi cerca stabilità e opportunità di rendimento nel medio-lungo termine.Un’evoluzione aperta al mercatoIl Btp Più riflette la volontà del Tesoro di rispondere alle dinamiche di mercato con strumenti innovativi e flessibili, come promesso al lancio della famiglia Valore. L’opzione “put” e il meccanismo step up confermano l’impegno a fornire strumenti adatti sia a chi cerca sicurezza che a chi punta a ottimizzare i rendimenti mantenendo l’investimento nel tempo. LEGGI TUTTO

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    I diamanti di Cartier trascinano al rialzo le Borse

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    La trimestrale di Richemont, il colosso svizzero del lusso che controlla Cartier, Buccellati e Van Cleef & Arpels, ha superato di gran lunga le attese, determinando un rally delle Borse europee. Con ricavi record nel terzo trimestre chiuso al 31 dicembre, pari a 6,2 miliardi di euro (+10% su base annua), Richemont ha ribadito la propria posizione di leader del settore, registrando incrementi a doppia cifra in quasi tutti i mercati ad eccezione della regione Asia-Pacifico, frenata dalla Cina (-18%). A Zurigo il titolo ha chiuso con un rialzo del 15,5%, trascinando con sé il comparto del lusso a livello continentale. A Parigi, Lvmh (+9,2%), Christian Dior (+8,6%) e Kering (+6,2%) hanno segnato forti progressi, mentre a Milano Moncler (+6,3%) e Ferragamo (+2,7%) hanno seguito la scia positiva. Un recente report di Barclays sul 2025 sottolinea un contesto di incertezza per il settore del lusso, con una crescita prevista del +2% rispetto al calo organico del 2024. Gli Stati Uniti, grazie a un rafforzato feel-good factor post-elezioni e a una maggiore spesa dei consumatori, dovrebbero essere il principale driver di crescita (+6%), mentre la Cina, pur mostrando segnali di stabilizzazione, è attesa in calo dell’1%. In questo scenario, Richemont e Hermès emergono come i titoli più promettenti grazie alla loro quota di mercato tra i consumatori di fascia alta. Richemont, in particolare, è stato capace di compensare il rallentamento in Cina con risultati solidi in Europa e nelle Americhe, dimostrandosi un investimento difensivo e di qualità. LEGGI TUTTO

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    I grandi investitori rispolverano il mattone: tornano centrali case e centri commerciali

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    Il comparto degli investimenti immobiliari nel settore retail torna a ricoprire un ruolo centrale nelle scelte strategiche di investimento degli operatori istituzionali. È quanto emerge dalla seconda edizione dell’EY Retail Property Investments Barometer, sondaggio annuale di EY in collaborazione del Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali (Cncc) che coinvolge i vertici delle principali società immobiliari, di gestione di fondi e di asset immobiliari e investitori finanziari del settore che rappresentano più di 20 miliardi di assets retail.Circa l’80% dei manager ha dichiarato di avere attese positive o neutre nel confronto con le altre asset class, per il comparto retail, ed oltre un terzo afferma di aver cambiato strategia di approccio e investimento, con una propensione per il 30% degli stessi ad effettuare investimenti per oltre 100 milioni di euro ciascuno nei prossimi 12 mesi, a testimonianza di un ritorno di appeal del comparto e delle performance positive dei retailer all’interno dei centri commerciali.Dall’analisi si riscontrano performance positive nei centri commerciali per circa l’80% degli intervistati, con benefici registrati in termini di incremento dell’occupazione degli spazi e dei canoni. I gestori e gli operatori specializzati dichiarano di essere pronti, nei prossimi 12 mesi, ad impiegare risorse in media pari al 35% delle masse in gestione o di proprietà per interventi di valorizzazione degli asset, di cui circa il 50% destinato a interventi di efficientamento energetico. LEGGI TUTTO

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    I tagli Fed si allontanano. Giù le Borse e i bond Usa

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    L’economia a stelle e strisce non mostra segnali di cedimento, anzi accelera. E questo fa storcere il naso ai mercati in quanto appare sempre più probabile che la Federal Reserve interrompa il percorso di taglio dei tassi di interesse. Il mercato del lavoro statunitense a fine 2024 ha messo il piede sull’acceleratore, spingendo giù la disoccupazione. A dicembre sono stati creati 256mila nuovi posti di lavoro, ben al di sopra dei 165mila delle stime di consensus e superiori anche ai +212mila registrati a novembre. Siamo davanti al miglior mese dal marzo 2023, a cui si associa la discesa del tasso di disoccupazione dal 4,2 al 4,1 percento. Non si è invece discostata dalle attese la dinamica dei salari, indicatore importante per misurare le pressioni inflazionistiche e che segna un +0,3% a dicembre, in linea con le attese e al di sotto dello 0,4% registrato a novembre. Il primo grande dato dell’anno conferma l’«eccezionalismo degli Stati Uniti» con un’economia decisamente solida. La Fed di Jerome Powell (in foto) dovrà quindi prenderne atto e i futures sui fed funds scontano ora una probabilità quasi nulla di un taglio dei tassi alla prossima riunione in agenda a fine mese. «Un nulla di fatto nel prossimo meeting Fed è ora garantito – taglia corto James Knightley di Ing – e in un contesto di inflazione rigida i rischi sono sempre più orientati verso una pausa prolungata».I dati di ieri non fanno altro che gettare ulteriore benzina su un contesto reso fragile dai timori di politiche fiscali inflazionistiche da parte della nuova amministrazione Trump. I mercati ne sono consci e Wall Street si è mossa in deciso ribasso con i principali indici in rosso di oltre l’1% a circa un’ora dalla chiusura. Segno meno anche per l’Europa (Milano -0,64%). «I dati sono negativi sia per il reddito fisso che per l’azionario che, a questo punto, comincia ad essere penalizzato da un contesto di rendimenti strutturalmente elevati», evidenzia Nicolò Nunziata di The Lighthouse, ufficio studi Finint Private Bank.A patire maggiormente sono stati i Treasury. I rendimenti dei titoli governativi decennali Usa sono balzati al livello più alto da novembre 2023, in aumento di oltre 10 punti base al 4,8%. E il Treasury trentennale ha sfondato il muro del 5 percento. Le vendite sui bond statunitensi non sono certo una novità, da settembre a oggi i rendimenti si sono infiammati di oltre 100 punti base. Proprio a settembre era andato in scena il taglio «jumbo» dello 0,5% della Fed e da lì in avanti lo scenario si è progressivamente capovolto. Solo quattro mesi fa i tassi erano attesi scendere fino al 3% mentre ad oggi sembra poco probabile che si smuovano in tempi brevi dal 4% attuale. LEGGI TUTTO

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    Asta Bot non delude, il 2,5% del titolo annuale fa gola a tanti

    L’asta Bot tenuta oggi dal Tesoro ha visto l’allocazione di titoli a 12 mesi per 8 miliardi di euro. Il rendimento lordo di assegnazione dei titoli annuali è stato del 2,517%, in rialzo di 11 punti base rispetto all’asta di un mese fa. Si conferma forte la domanda, pari a 11,9 miliardi, ossia 1,49 volte l’importo offerto.Rimane quindi alto l’interesse degli investitori per questi titoli, con i rendimenti in moderata risalita in sintonia con quanto sta succedendo a livello internazionale complici le attese di una Fed meno attiva nel tagliare i tassi nel corso di quest’anno.Ieri la Bce ha sottolineato come l’Italia si distingue per la buona performance dei suoi titoli di Stato, segno di una maggiore fiducia dei mercati. L’Eurotower ha evidenziato come la Germania ha visto un ampliamento di 23 punti base nel differenziale tra i rendimenti dei Bund a dieci anni e i tassi privi di rischio (OIS, l’interbancario overnight). Per la prima volta dal 2016, questo spread è diventato positivo, evidenziando il crescente peso della crisi tedesca sui mercati finanziari. Anche altri Paesi come Spagna e Portogallo vedono aumentare i loro spread e solo l’Italia si distingue per la riduzione del differenziale tra il rendimento dei suoi titoli di Stato decennali e i tassi OIS, con un calo di 9 punti base. Questo risultato è stato attribuito dalla BCE a un “migliore clima di fiducia” legato alla gestione del bilancio pubblico.Lunedì asta Btp. È appetito record per il debito tricoloreLunedì prossimo ci sarà invece l’asta di Btp a medio-lungo termine dell’anno. Il Ministero dell’economia e delle finanze collocherà titoli di Stato a 3 e 7 anni per un importo complessivo fino a 5,75 miliardi di euro.Questa settimana il Tesoro aveva bagnato il nuovo anno con l’emissione di due titoli, il nuovo Btp decennale e un Btp Green, per complessivi 18 miliardi e che ha attirato la domanda record di 270 miliardi. La carta italiana sta attirando sempre più forti richieste da investitori esteri in virtù dei rendimenti ancora allettanti abbinati all’attuale stabilità politica del Paese che si contrappone a un contesto decisamente più incerto di paesi quali Francia e Gran Bretagna.I due collocamenti hanno visto una partecipazione diversificata (circa 35 paesi per entrambi i titoli), con una quota pari al 76,7% andata a investitori esteri per il titolo a 10 anni e all’80,2% per il Btp Green. Gli investitori domestici hanno sottoscritto rispettivamente il 23,3% e il 19,8%.Tra gli investitori esteri, la quota più rilevante del collocamento è stata sottoscritta in Europa, in particolare da Regno Unito (26,8% sul 10 anni e 27,2% sul BTP Green), Francia (rispettivamente 7,3% e 12,6%), Penisola Iberica (rispettivamente 12,6% e 11%).Le linee guida 2025 del Tesoro per la gestione del debito pubblico prevedono nel corso di quest’anno anche il ritorno del Btp Italia tra le possibili emissioni dedicate anche agli investitori retail, insieme a una o più emissioni del Btp valore. LEGGI TUTTO

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    Wall Street in ansia per la rivoluzione IA

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    Coloro che fanno un mestiere ripetitivo e lavorano a Wall Street, potrebbero presto avere cattive notizie. Secondo una ricerca dell’agenzia Bloomberg, infatti, l’intelligenza artificiale minaccia 200mila posti di lavoro nei prossimi 3-5 anni, praticamente l’equivalente della popolazione di città italiane come Brescia o Trieste. Il prezzo più alto fatalmente lo pagheranno coloro che svolgono compiti di routine e ripetitivi: i loro posti sono quelli che più traballano e che rischiano di essere travolti dalla quarta rivoluzione industriale indotta dall’intelligenza artificiale, che infatti riesce a svolgere certe incombenze nel giro di pochi secondi.In media, i manager dei maggiori istituti prevedono un taglio della forza lavoro del 3% nel prossimo quinquennio, mentre quelli più spietati stimano riduzioni ben più consistenti del 5-10 per cento. Molti dei posti di lavoro travolti dall’IA non saranno comunque eliminati interamente. La nuova tecnologia infatti appare destinata a innescare una trasformazione della forza lavoro e nell’industria finanziaria in generale, innescando un aumento della produttività che, secondo otto manager su dieci, sarà di almeno il 5% nei prossimi cinque anni. La ricerca di Bloomberg stima inoltre utili ante imposte del 12-17% più alti grazie all’IA e alla maggiore produttività che è in grado di avviare. LEGGI TUTTO