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    Best of bestie

    Da anni ogni weekend sul Post pubblichiamo una raccolta di foto di animali (o “bestie”, come le chiamiamo affettuosamente). La rubrica, il cui scopo è mostrare animali di specie diverse ma anche intrattenere, ha il limite che gli animali mostrati sono solo una piccolissima parte di quelli con cui condividiamo il pianeta: le immagini vengono dalle agenzie fotografiche, i cui fotografi le scattano per lo più negli zoo, in riserve naturali o situazioni di vita quotidiana urbana, e tra questo materiale gli animali non in cattività scarseggiano (da un certo punto di vista anche giustamente, visto che l’attività dei fotografi naturalistici può anche essere una fonte di disturbo per i selvatici). A volte le foto vengono scelte perché sono semplicemente bellissime, in altri casi perché raccontano una storia (come quelle del pinguino arrivato per sbaglio in Australia o dei macachi a Lopburi). Spesso dicono qualcosa di una specie o del contesto in cui vive,  ci insegnano un nome nuovo o una curiosità in più su un pezzo di mondo. Qui trovate la nostra selezione delle migliori dell’anno. LEGGI TUTTO

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    Quando scoprimmo l’animale più longevo di sempre, uccidendolo

    Caricamento playerPochi anni dopo l’arrivo di Cristoforo Colombo nelle Americhe nel 1492, nelle acque intorno all’Islanda nacque una vongola artica, all’apparenza come le altre. Mentre il mondo continuava a cambiare, tra scoperte sensazionali e guerre sanguinarie, quel mollusco continuò a vivere e a svilupparsi per secoli, diventando l’animale più longevo conosciuto. Poco meno di venti anni fa un gruppo di ricerca ebbe il merito di scoprire quella vongola anzianissima, ma ebbe anche la responsabilità di determinarne la fine.
    Tutto era iniziato nell’autunno del 2006 quando alcuni ricercatori della Bangor University (Regno Unito) avevano organizzato una spedizione per lo studio della piattaforma settentrionale islandese, che si estende dalla costa settentrionale dell’Islanda verso l’oceano Atlantico del nord. In molte aree non è particolarmente profonda, qualche centinaio di metri, e la raccolta di campioni dal fondale può essere utile per studiare come sono cambiati gli ecosistemi che ospita, in particolare nella recente fase di riscaldamento globale.
    Con una nave da esplorazione, i ricercatori avevano effettuato il dragaggio di parte del fondale, cioè la rimozione di sedimenti e detriti, per selezionare campioni da analizzare. Le attività avevano portato alla raccolta di vari tipi di molluschi, comprese alcune vongole artiche (Arctica islandica) di particolare interesse, per via delle loro dimensioni e di altre caratteristiche, anche se non si pensava che una di queste di circa 9 centimetri per 7 potesse essere così antica.
    Inizialmente si riteneva che buona parte dei molluschi bivalvi come le vongole raggiungesse al massimo i 100 anni di vita. Verso la fine degli anni Ottanta questa convinzione era stata però messa in crisi da alcuni ricercatori, che avevano sviluppato un sistema per calcolare l’età di questi animali contando gli anelli di accrescimento delle loro conchiglie, un po’ come si fa con gli anelli degli alberi.
    Man mano che i molluschi bivalvi invecchiano diventando più grandi, le conchiglie che li racchiudono si espandono e il segno di questa espansione sono le linee che le attraversano. Fu necessario un po’ di tempo prima che venisse accettato il calcolo degli anni in questo modo, ma è ormai un sistema condiviso in particolare per alcune conchiglie come quelle delle vongole artiche.
    Il conteggio degli anelli non è particolarmente difficile, ma può comunque portare a qualche errore di calcolo. Dopo avere analizzato una delle conchiglie raccolte dalla spedizione in Islanda, il gruppo di ricerca concluse inizialmente che avesse 405 anni e che fosse quindi l’animale vivente più antico mai osservato, anche attraverso analisi per la datazione al radiocarbonio. Nel 2013 la stima fu rivista grazie a un calcolo più accurato degli anelli, in particolare nella zona dove si congiungono le due valve, cioè le parti distinte e pressoché simmetriche della conchiglia. In quel punto gli anelli sono molto più vicini tra loro e distinguerli chiaramente richiede analisi più accurate. Il gruppo di ricerca concluse che la vongola artica fosse ancora più vecchia e avesse 507 anni.
    Caratteristiche di Ming, nella ricerca svolta nel 2006 (Radiocarbon)
    Il mollusco era però già morto nel 2006 proprio a causa delle attività di ricerca. Dopo essere stato prelevato dal fondale, era stato congelato direttamente sulla nave, una pratica che viene seguita spesso per preservare le caratteristiche dei campioni. La morte del mollusco fu confermata in seguito, quando la conchiglia era stata aperta per effettuare la datazione.
    Al momento della scoperta la vongola artica era stata chiamata Ming come la famosa dinastia cinese, che era già al potere quando il mollusco era nato. Il nome non cambiò quando l’età passò da 405 a 507 anni, perché i Ming erano al potere anche considerando la nuova datazione. Ma la conchiglia ha anche un altro nome, forse più appropriato.
    Alcuni dei partecipanti alla spedizione iniziarono a chiamare il mollusco “Hafrún”, dalle parole islandesi “haf” che significa “oceano” e “rún”, cioè mistero. È un nome femminile, anche se il genere del mollusco non fu ricostruito, perché la sua capacità riproduttiva era ormai esaurita.
    Il quadrato sulla mappa indica l’area dell’oceano Atlantico in cui fu trovata Ming (Radiocarbon)
    Al di là del nome, lo studio di questa vongola artica e di altre sue colleghe può essere utile per ricostruire l’andamento dei loro ecosistemi nel corso dei secoli. A seconda della disponibilità di cibo, della temperatura dell’acqua e di altri fattori gli anelli di accrescimento hanno infatti dimensioni diverse, utili per ricostruire particolari periodi storici. Lo studio di Ming potrebbe inoltre offrire spunti per comprendere meglio i processi di invecchiamento negli animali, con potenziali riflessi nella ricerca di nuove soluzioni per lo studio di come invecchiano anche gli esseri umani.
    Prima della scoperta di Ming, l’essere vivente più longevo mai scoperto era un’altra vongola con un’età stimata di 220 anni, trovata lungo la costa del Nord America. Il primato era comunque conteso da un’altra vongola artica trovata al largo dell’Islanda. Ogni anno vengono comunque raccolte migliaia di vongole artiche per uso commerciale, quindi è altamente probabile che qualche peschereccio abbia pescato inconsapevolmente animali ancora più longevi di Ming.
    Stabilire la longevità degli esseri viventi non è comunque semplice e i primati sono comunque dibattuti e contesi. Secondo alcune stime gli organismi viventi più antichi sono alcuni individui di spugne vitree (classe delle Hyalospongiae), che potrebbero avere più di 10mila anni. Datarle non è però semplice e per questo ci si orienta spesso verso specie su cui si possono avere maggiori certezze, vongole comprese. Molte specie altamente longeve sono inoltre clonali, cioè formate da individui che producono nel tempo nuovi individui geneticamente identici che a loro volta ne produrranno altri, e sono quindi una cosa diversa da un singolo individuo per come lo intendiamo di solito. LEGGI TUTTO

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    Weekly Beasts

    Tre delle fotografie di animali scelte questa settimana vengono da un concorso per giovani fotografi organizzato dalla Royal Society for the Prevention of Cruelty to Animals (RSPCA), ente benefico britannico che promuove il benessere degli animali, e che ha compiuto quest’anno duecento anni dalla sua fondazione. L’RSPCA Young Photographer Awards, questo il nome del concorso, è stato vinto dalla quindicenne Anwen Whitehead, che ha fotografato una pulcinella di mare. Ma oltre al premio generale c’erano anche altri riconoscimenti, divisi per fasce d’età dei fotografi o per tema, e abbiamo selezionato anche la fotografia di una volpe e quella di un barbagianni. Poi ci sono un leone marino finito su una spiaggia di Rio de Janeiro, in un periodo dell’anno in cui è insolito che questi animali vengano spinti fin lì dalle correnti oceaniche, il primo piano di una lince pardina e per finire un uistitì che penzola da un ramo mentre mangia una banana. LEGGI TUTTO

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    Weekly Beasts

    Due delle foto di animali che valeva la pena fotografare questa settimana vengono da uno zoo a Brugelette, in Belgio: una mostra un sitatunga, che è un tipo di antilope, mentre mangia una delle carote che addobbano un pacco natalizio; l’altra uno dei tre panda che nei giorni scorsi sono partiti per tornare in Cina, come previsto da un accordo di cooperazione tra i due paesi per la conservazione della specie. Poi ci sono un po’ di foto che sembrano ritratti: di un cervo della Virginia, di un cucciolo di puma e di un piccione a una fiera di allevatori. LEGGI TUTTO

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    Weekly Beasts

    Una centrale elettrica ad Apollo Beach, in Florida, ha costruito un centro di osservazione di lamantini sfruttando l’interesse di questi mammiferi marini per l’acqua calda scaricata dalla centrale. In inverno, infatti, le acque del Golfo del Messico sono troppo fredde per i lamantini, e alcuni si rifugiano nella baia di Tampa, dove la centrale riversa l’acqua calda utilizzata per raffreddare gli impianti: nella nostra raccolta settimanale di animali c’è proprio la fotografia di una femmina di lamantino e del suo cucciolo mentre emergono dalle acque della baia. Poi ci sono uccelli di ogni sorta, un giaguaro, e una tartaruga di Kemp, ma anche ippopotami e panda. Per finire: due suricati e una farfalla monarca. LEGGI TUTTO

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    Alcune orche usano i salmoni morti come cappellini

    Caricamento playerNello stretto di Puget, una lunga insenatura nel nord-ovest Pacifico, nello Stato di Washington, è stata osservata un’orca che nuotava tenendo in equilibrio sulla testa un salmone morto. Il particolare comportamento era già stato notato in passato, tanto che la pratica è nota come quella del “cappellino di salmone morto”, ma sembrava essere passata di moda tra le orche che frequentano la costa occidentale degli Stati Uniti. Perché lo facciano è ancora oggi un mistero.
    I primi casi di cappellini di salmone erano stati segnalati negli anni Ottanta: un’orca aveva iniziato a farlo e altre, forse per imitazione, si erano messe a fare altrettanto. Il comportamento era stato osservato non solo tra orche appartenenti allo stesso gruppo, ma anche tra individui di gruppi diversi, a conferma di una certa diffusione della moda. A un certo punto le orche avevano smesso di farlo e non si erano più visti cappellini di salmone morto nelle acque dell’oceano Pacifico.
    Alcune settimane fa l’organizzazione Orca Network, che si occupa di fare divulgazione su questi animali, ha però pubblicato nella propria newsletter la fotografia di un’orca che nuotava con un pesce sulla propria testa. La fotografia è stata ripresa molto sui social network ed è finita su diverse televisioni e giornali statunitensi, portando a una nuova attenzione per il particolare fenomeno. Un solo avvistamento (ce n’è stato un secondo da confermare) non è però sufficiente per dichiarare il ritorno di una moda e il comportamento dell’orca nello stretto di Puget potrebbe rimanere un caso isolato.

    Ci sono molti appassionati di orche e tour organizzati per avvistarle nello stretto, quindi se i cappellini fossero di nuovo molto diffusi a quest’ora sarebbero circolate altre fotografie. In mancanza di nuove immagini è quindi difficile fare ipotesi e soprattutto studiare meglio il comportamento, come vorrebbero fare i gruppi di ricerca. Negli anni sono circolate varie teorie, ma nessuna è ancora soddisfacente.
    Secondo alcuni esperti, i cappellini potrebbero essere un modo per conservare uno spuntino da consumare in un secondo momento, soprattutto nei momenti in cui c’è una grande quantità di pesce a disposizione da cacciare. Le orche sono note per conservare il cibo per qualche tempo, per esempio pizzicandolo con una delle loro pinne. I salmoni potrebbero essere troppo piccoli e sfuggenti per conservarli in quel modo e quindi un’orca più creativa delle altre avrebbe iniziato a tenerli sulla testa.
    È inoltre noto che le orche si tengono molto d’occhio l’una con l’altra e tendono a imitarsi, adottando comportamenti che hanno notato in altri individui. Sono di solito abitudini temporanee, che tendono a sparire con la crescita, il cambiamento delle condizioni ambientali e altre variabili. LEGGI TUTTO

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    Weekly Beasts

    Ogni anno alla Casa Bianca, in occasione del Ringraziamento, si tiene una cerimonia risalente agli anni Quaranta, conosciuta come National Thanksgiving Turkey Presentation: il presidente degli Stati Uniti riceve in dono uno o più tacchini domestici che fino agli anni Settanta venivano solitamente macellati e mangiati. Da tempo però la prassi prevede che i tacchini vengano risparmiati, con tanto di cerimonia per “graziarli”: quelli di quest’anno si chiamano Blossom e Peach, dopo la cerimonia torneranno nel Minnesota meridionale ed è ormai consuetudine che appaiano anche in questa raccolta. Poi ci sono tartarughe e galline alle Hawaii, un marà della Patagonia a Dubai, bufali d’acqua dolce, cacatua e un ciuffolotto. Per finire con due oche egiziane che si sono appropriate di un nido in precedenza occupato da cicogne, ora migrate a sud. LEGGI TUTTO

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    Weekly Beasts

    A Bruges, in Belgio, c’è un parco a tema, il Boudewijn Seapark, con un delfinario in cui sono tenuti in cattività sei delfini, ospiti della raccolta di foto animalesche della settimana. È l’ultimo delfinario rimasto nella regione belga delle Fiandre e Ben Weyts, il ministro del governo regionale fiammingo che fra le altre cose è responsabile anche del benessere animale, ha annunciato l’intenzione del governo di farlo chiudere entro il 2037, anno entro il quale sarà definitivamente vietata la possibilità di tenere in cattività questi animali. Poi ci sono un picchio villoso, un cucciolo di panda minore, oche indiane in volo, e per finire, il pinguino imperatore arrivato per sbaglio in Australia che viene rilasciato nell’oceano. LEGGI TUTTO