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    Un mediatore Trieste-Parigi-Trieste

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    Come in tutte le trame di un intrico che si rispetti, nell’affare Generali-Natixis c’è anche un insider che lavora sotto copertura per lungo tempo e che al momento giusto spunta come trait d’union dell’accordo. Timothy Ryan è il nome, a lungo uomo di totale fiducia di Philippe Donnet, il ceo delle Generali, che al momento giusto assume il ruolo di ufficiale facilitatore rivelando così che l’accordo con il colosso francese non è un’improvvisata dell’ultima ora ma è frutto di un lavorio di mesi, forse di anni, finito sul tavolo del cda della compagnia triestina quando diventa dirimente per gli obiettivi del blocco Mediobanca-Generali.Ryan, 55 anni, cittadinanza statunitense e britannica, è laureato in scienze bancarie e finanziarie internazionali e ha esperienze nel settore dell’asset management. Inizia la propria carriera nel 1992, lavorando nella ricerca quantitativa e nella gestione azionaria in Hsbc. Dopo essere entrato in Axa nel 2000, amplia la propria esperienza quale head of quantitative asset management e nel 2003 diventa chief investment officer (cio) per il business assicurativo in Giappone e quindi per l’Asia. Nel 2008 è nominato ceo responsabile di diverse regioni per la divisione Usa di asset management di AllianceBernstein. Il 15 gennaio 2017 viene chiamato da Donnet, da ormai un anno ceo delle Generali, quale group cio per la divisione assicurativa della compagnia e global ceo dell’asset & wealth management con una supervisione anche su Banca Generali. Col tempo diventa l’alter ego di Donnet, l’uomo di cui il ceo francese si fida più di ogni altro, tanto da sostituire Nikhil Srinivasan nel group management commitee delle Generali. D’improvviso la rottura, e nel marzo 2021 Ryan viene nominato membro del senior management committee di Natixis e lascia Trieste apparentemente in polemica con Donnet («l’uomo ha altre ambizioni e diversità di vedute con il ceo», commentano dall’interno), il che gli consente di ottenere una robusta liquidazione. In Natixis assume la responsabilità della divisione Asset & Wealth Management al posto di Jean Raby. «Le sue qualità – dichiara quel giorno Nicolas Namias, ceo del colosso francese Bcpe-Natixis – saranno fondamentali per il nostro gruppo». Poi, così com’era cominciata, l’avventura di Ryan in Natixis s’interrompe di colpo il 14 dicembre 2023: anche in questo caso, sostengono fonti bene informate, l’addio è accompagnato da una buonuscita stellare. LEGGI TUTTO

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    Auto, l’Ue pensa a sussidi per spingere le elettriche

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    Ok incondizionato all’auto elettrica; no a questa unica soluzione, ma si punti sulla neutralità tecnologica: libertà di scelta da parte dell’utente in un ventaglio di motorizzazioni rispettose dell’ambiente. È scontro tra le due fazioni all’interno dell’Europarlamento in attesa che il 30 gennaio prenda il via il dibattito strategico sul «Green Deal automotive» promosso da Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Ue. Tra i «fissati» sull’elettrico, come unico salvagente per il clima, e praticamente incurante dei gravi e tangibili impatti sul sistema industriale causati da questa transizione, c’è Teresa Ribera, vicepresidente esecutiva della Commissione e commissario al Clima. Il suo obiettivo principale: eliminare gradualmente i motori a benzina e Diesel.La vicepresidente spagnola, come riportato dal Financial Times, fa ora sapere che la Commissione Ue sta valutando l’utilizzo di sussidi europei al fine di aumentare la domanda di veicoli elettrici, in modo da aiutare l’industria automobilistica in difficoltà a contrastare la concorrenza cinese. Quale rischio a suo parere? «L’inizio di una corsa in cui potremmo confrontarci con un modello nazionale rispetto a un altro». Lo stesso cancelliere tedesco in uscita, Olaf Scholz, è intervenuto di recente su questo tema, dichiarando l’assenso di Bruxelles alla domanda di Berlino di armonizzare a livello europeo lo schema di sussidi.E se per Ribera non è in discussione (almeno per quanto la riguarda) la scadenza del 2035 per lo stop alle nuove vendite di motori a combustione interna, c’è invece un’apertura «alla flessibilità sugli obiettivi annuali di vendita di veicoli elettrici e sulle multe che le case auto devono affrontare per non averli rispettati».Da parte opposta, Carlo Fidanza, capo delegazione di FdI a Strasburgo, sottolinea come «i cittadini europei non vogliono morire per l’auto elettrica: è tempo di agire, non soltanto rinviando le multe al settore, ma riaprendo l’intera partita; sostegno pieno all’iniziativa del governo Meloni e del ministro Adolfo Urso che stanno guidando il fronte del buon senso». LEGGI TUTTO

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    Rete unica, la guida passa al Mef

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    Si apre una nuova fase dove il ministero dell’Economia è pronto a guidare il dossier rete unica, ovvero l’integrazione delle due società delle reti di telecomunicazione: Fibercop e Open Fiber. Un progetto che permetterebbe di consolidare gli operatori wholesale nel mercato italiano, garantendo efficienze interne e livelli di redditività adeguati, condizione essenziale per sostenere gli investimenti nella connettività in fibra. La grave decisione è stata assunta ieri dopo che l’amministratore delegato Luigi Ferraris aveva presentato le dimissioni che il consiglio d’amministrazione ha accettato. L’ex capo di Terna e di Ferrovie dello Stato ha chiuso così la sua parentesi alla guida della società sette mesi dopo la sua nomina voluta proprio dagli americani di Kkr. Si tratta della storia di un amore mai del tutto sbocciato e che, in corrispondenza con la messa a terra del primo piano industriale post scorporo della rete di Tim, ha visto deflagrare tutte le divergenze.Da una parte, a quanto risulta a Il Giornale, in corso di stesura del piano industriale (che avrebbe dovuto essere presentato a marzo da Ferraris) sarebbero emerse delle divergenze di vedute sull’entità degli investimenti da effettuare, con i soci che si sarebbero trovati a dover sborsare una cifra non lontana da 3 miliardi di euro in più di quanto inizialmente preventivato per rinnovare una rete fissa ormai attempata. C’è poi un’altra questione fondamentale: Ferraris, manager di esperienza che ha guidato con successo altre partecipate pubbliche, avrebbe ritenuto di aver fatto la sua parte portando a termine lo scorporo delle rete. Ora, però, Kkr e probabilmente lo stesso manager si sarebbero resi conto che per il prosieguo è necessario imbarcare una figura più operativa e con grandi competenze tecniche sul settore delle telecomunicazioni, cosa che non può essere Ferraris. Da qui allora un solco che è via via diventato più grande e la decisione del manager di fare un passo indietro.Scricchiolii che si erano subodorati con l’addio a fine anno di Elisabetta Romano, che era stata scelta pochi mesi prima per essere a capo dello sviluppo della rete. Al suo posto è stato indicato Stefano Paggi, che ha un passato ad alto livello in Open Fiber in cui ha ricoperto la carica di direttore operativo e poi direttore acquisti. Qualcuno ha notato che la scelta è ricaduta su di lui non a caso, visto che – almeno sulla carta – i piani di Fibercop puntano decisi verso le nozze con Open Fiber per creare la rete unica nazionale che sta a cuore al governo. Tornando a Ferraris, la somma di queste motivazioni sarebbe la causa dell’addio prematuro a Fibercop. LEGGI TUTTO

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    “Dal Gruppo Mediobanca nessun voto di scambio”

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    A beneficio dei lettori de Il Giornale e al fine di tutelare la reputazione del Gruppo Mediobanca esprimiamo vivo stupore per le affermazioni e le allusioni contenute nell’editoriale pubblicato oggi in prima pagina con il titolo «Il voto di scambio di Mediobanca».Tale articolo allude in maniera esplicita e del tutto infondata all’esistenza di un collegamento tra l’approvazione da parte del cda di Assicurazioni Generali della joint venture con Natixis e una presunta e opaca disponibilità da parte di Natixis a mobilitare «pacchetti di azioni Generali pronti a scattare al semplice richiamo».Tale tesi, sintetizzata nell’affermazione con cui viene attribuito a Mediobanca un «arsenale di voti di scambio» è destituita di ogni fondamento. Le gratuite e infondate illazioni sono ancor più gravi considerando il momento in cui è stato pubblicato l’articolo e il fatto che Mediobanca è società quotata.Nell’articolo viene inoltre citato un presunto conflitto di interessi in relazione al ruolo di advisor finanziario che Mediobanca svolge, insieme ad altri tre primari advisor finanziari internazionali, nel contesto della sopracitata operazione. A tal proposito preme ricordare che Assicurazioni Generali è dotata di un comitato parti correlate che ha espresso parere favorevole con riferimento al ruolo di advisor rivestito da Mediobanca. Tutte le affermazioni e le allusioni sin qui citate e, giova ripeterlo, prive di ogni fondamento, sono state pubblicate senza aver offerto a Mediobanca alcuna possibilità di confronto in relazione ad esse né richiesta di chiarimento. In conclusione, riteniamo quanto da voi pubblicato gravemente lesivo della reputazione del Gruppo Mediobanca e vi informiamo di aver dato mandato ai nostri legali di avviare le opportune procedure per ottenere tutela in sede giudiziaria.Al fine di ristabilire la verità vi chiediamo la pubblicazione per intero della presente lettera.Ufficio Stampa MediobancaPrendiamo atto delle precisazioni fornite dall’ufficio stampa di Mediobanca, assumendoci la piena responsabilità di quanto affermato nell’editoriale. Ciò anche in relazione alle osservazioni a proposito di una sorta di voto di scambio che rientra nella tradizione delle modalità con le quali il gruppo, forte del 12,3% delle Generali, ha spesso gestito, direttamente e indirettamente, il voto nelle assemblee della compagnia triestina convocate per il rinnovo del consiglio di amministrazione. Una modalità di cui peraltro si trova ampia traccia sulla stampa nazionale, finora mai smentita. LEGGI TUTTO

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    Chiesta una nuova rottamazione

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    Una nuova rottamazione per le cartelle fino al 31 dicembre 2023. La prevede un emendamento della Lega (a prima firma Massimo Garavaglia, in foto) al dl Milleproroghe che riprende quello alla legge di Bilancio bocciato a dicembre. L’attuale rottamazione-quater riguarda i carichi affidati all’agente della riscossione dal primo gennaio 2000 al 30 giugno 2022. Questa modifica estende la definizione agevolata ampliandola di un anno e mezzo, fino a fine 2023. Si prevede la possibilità di estinguere i debiti versando solo le somme dovute a titolo di capitale e quelle maturate a titolo di rimborso spese per procedure esecutive e di notificazione. Il pagamento può essere effettuato con un «numero fino ad un massimo di 120 rate uguali». La Lega chiede anche di riaprire la rottamazione-quater consentendo le adesioni fino al 30 aprile con prima o unica rata da pagare entro il 31 luglio. Proposto anche il rinvio della tassazione sulle plusvalenze da criptovalute al 33% dal 2026 al 2027. LEGGI TUTTO

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    Fibercop, Luigi Ferraris si è dimesso da amministratore delegato

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    Luigi Ferraris si è dimesso dalla carica di amministratore delegato, con effetto immediato, dalla Fibercop. Il Consiglio di amministrazione, presieduto da Massimo Sarni, ha accettato all’unanimità le dimissioni. Nella nota in cui sono stati annunciati i cambiamenti si legge che “il presidente gestirà la società insieme a una squadra manageriale collaudata ed esperta per continuare ad assicurare il raggiungimento degli obiettivi strategici e operativi della società”. Nel frattempo, il consiglio cercherà il nuovo amministratore delegato. Il presidente e i membri del Cda esprimono “la loro gratitudine a Luigi Ferraris e gli augurano il meglio per il suo futuro professionale”.Fibercop è operativa dal 2021 e al suo interno sono confluite la rete secondaria di TIM e la rete in fibra ottica sviluppata da Flash Fiber. Dal 1 luglio 2024 è interamente controllata dal fondo d’investimento americano KKR insieme al MEF del Governo Italiano, l’ADIA, la CPP Investment e F2i. Luigi Ferraris aveva assunto la carica il 1 luglio. Ferraris insegna Corporate Strategy presso l’Università Luiss Guido Carli di Roma ed è titolare della cattedra di Planning and Control, Sistemi di controllo di Gestione ed Energy management (nell’ambito del Master in Business Administration). In passato è stato Chief Financial Officer per il Gruppo Poste Italiane di cui ha seguito la quotazione in borsa, oltre che consigliere di amministrazione sia di Banca del Mezzogiorno-Mediocredito Centrale e di Erg. LEGGI TUTTO

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    Autostrade, in Italia i pedaggi più bassi d’Europa: i dati

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    Il trasporto su gomma si conferma un asse portante per lo sviluppo economico e sociale dell’Italia, con risultati che ne evidenziano la centralità sia nel trasporto passeggeri sia in quello delle merci. Questo ruolo strategico si afferma non a caso in un Paese – il nostro – in cui le autostrade non sono soltanto le più complesse e le più utilizzate, ma anche le meno costose d’Europa. A scattare questa fotografia è uno studio realizzato da Nomisma con il contributo scientifico di Aiscat, che analizza la rilevanza del sistema autostradale nel trasporto nazionale attraverso il confronto con i sistemi degli altri Paesi Europei.Secondo quanto documentato dal report, nel 2023, con oltre 86,6 miliardi di veicoli-km, l’Italia ha superato un nuovo record di traffico per il settore autostradale, diventando sempre più attrattiva. Nomisma ha rilevato come il traffico sia composto per oltre i 3/4 del totale da veicoli leggeri, tendenza che dal 1976 è in continua espansione. Considerando il suo grado di utilizzo, oggi la rete autostradale italiana presenta un traffico sei volte superiore a quello degli anni Settanta, con 65,7 miliardi di chilometri percorsi da veicoli leggeri e 20,9 miliardi percorsi da quelli pesanti. L’incremento di traffico passeggeri negli ultimi 10 anni ha registrato un aumento del 13% rispetto al 4% della media generale, mentre per le merci è stato del 24% contro il 21% degli altri comparti.”Il sistema autostradale italiano rappresenta un comparto vitale per l’economia nazionale”, ha sottolineato Francesco Capobianco, Head of Public Policy di Nomisma. Su un totale di oltre 881 miliardi di passeggeri-km, quasi il 90% si muove infatti su strada. Tale preminenza appare evidente anche nel settore merci, dove, su un totale di 582,1 miliardi di tonnellate-km, più dell’87% del traffico è movimentato su strada. Alla luce di questi numeri, presentati oggi presso l’Associazione della stampa estera in Italia, emerge la rilevanza del sistema autostradale come spina dorsale della rete logistica nazionale. Non solo oggi, ma anche nel futuro. Anche gli scenari tendenziali al 2030 e al 2050 tendono infatti a confermare su scala europea il contributo della “gomma” nella mobilità. Si stima che i volumi di traffico continueranno a crescere tra il 2015 e il 2030 del 14% per i passeggeri e del 31% per le merci.Un ulteriore specificità del sistema autostradale italiano evidenziata dal rapporto di Nomisma è legata ai pedaggi. Nel nostro Paese, infatti, le tariffe si caratterizzano per una migliore competitività di prezzo rispetto agli altri principali sistemi a pedaggio vigenti in Europa (Spagna, Francia e Portogallo). Le tariffe applicate ai veicoli leggeri in Italia sono in assoluto le più basse, ma anche quelle che – nel tempo – sono cresciute di meno. Sulla base dello studio comparato Oxera (2016), poi aggiornato dall’Osservatorio CPI (2018), l’Italia risulta essere il Paese con il più contenuto rapporto Euro cent/km tra i paesi con autostrade a pedaggio. Ad esempio, simulando un viaggio autostradale in auto di circa 650km, il pedaggio incide per poco più del 10% sul totale della spesa viaggio, percentuale che scende all’8% nel caso del trasporto merci. LEGGI TUTTO

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    Timbratura del cartellino per colf e badanti: ecco cosa cambia

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    Novità in arrivo per i datori di lavoro di colf, badanti e operatori del settore del “lavoro domestico”.Secondo una recentissima sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, difatti, i professionisti dell’assistenza domestica dovranno timbrare il cartellino per registrare l’effettivo orario di lavoro giornaliero.Si tratta di una pronuncia, quella della Corte, che mira a tutelare i lavoratori dagli eventuali abusi sugli orari di servizio, obbligando il datore di lavoro a predisporre un sistema ad hoc per registrare le ore di lavoro di colf e badanti.Cosa è successoLa novità è legata alla causa C-531/23, i cui effetti saranno validi per tutti gli Stati membri dell’UE. In Spagna, una collaboratrice domestica aveva impugnato il licenziamento e l’excursu giuridico è arrivato sino in corte che ha ribadito che gli Stati UE devono prevedere l’obbligo per i datori di lavoro, anche del settore domestico, di registrare le ore di lavoro effettive.Nel caso specifico, la lavoratrice aveva impugnato il licenziamento che poi era stato dichiarato illegittimo e il tribunale aveva imposto ai datori di lavoro il pagamento delle somme spettanti anche per le ferie non godute e gli straordinari.La verifica degli effettivi importi non era stato possibile perché la lavoratrice non aveva alcuno strumento che provasse le ore di lavoro svolte, in quanto la normativa spagnola non prevede per le famiglie l’obbligo di registrare l’orario di lavoro dei dipendenti.La collaboratrice domestica, a questo punto, aveva ricorso in appello direttamente sulla normativa nazionale che, a suo avviso, era contraria alla legge europea definita con la direttiva europea 2003/88/CE.A seguito di questa richiesta il tribunale spagnolo aveva chiesto una pronuncia alla Corte di Giustizia che alla fine si è espressa con effetti non solo in Spagna.Anche la nostra legislazione, difatti, non prevede obbligo di registrazione dell’orario di lavoro effettivo per colf e badanti e pertanto è incompatibile con la direttiva europea in quanto non permette ai lavoratori domestici in grado di determinare con sistemi ad hoc il numero di ore lavorate.Cosa prevede il Ccnl in ItaliaSecondo quanto previsto nel contratto collettivo del lavoro del settore domestico, i lavoratori domestici a tempo pieno non possono superare le 54 ore se vivono con il datore di lavoro e le 40 ore, distribuite su un massimo di cinque o sei giorni, per i non conviventi. LEGGI TUTTO