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    Cnpr forum speciale: “La professione del commercialista: work in progress”

    “Non dobbiamo subirne l’impatto, ma imparare a governare i cambiamenti portati dall’Intelligenza Artificiale. Nel mondo delle professioni, in politica e nella vita quotidiana l’IA è ormai una realtà consolidata, e il suo utilizzo cresce di giorno in giorno. Diventa quindi imprescindibile introdurre misure efficaci per tutelare la privacy e gestire in modo responsabile i dati impiegati da questi sistemi. Al contempo, non possiamo ignorare i vantaggi che l’IA offre: pensiamo, per esempio, al supporto che può fornire alle piccole e medie imprese nella prevenzione delle contraffazioni, integrandola con tecnologie come la blockchain. È fondamentale valorizzare gli aspetti positivi di queste innovazioni, controllandone e mitigandone al tempo stesso le criticità”, ha dichiarato Alberto Gusmeroli, presidente della Commissione Attività Produttive della Camera dei deputati, nel corso del Cnpr forum speciale su “La professione del commercialista: work in progress” promosso dalla Cassa di Previdenza dei ragionieri ed esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca.Marco CuchelSull’ingresso dell’IA nel mondo delle professioni si è soffermato Marco Cuchel, presidente di Anc: “L’Intelligenza Artificiale non è più una sfida del futuro ma una realtà già in atto, e molti non ne hanno ancora piena consapevolezza. Per questo, Anc promuove numerosi momenti di confronto e formazione, affinché tutti comprendano le straordinarie opportunità che l’IA offre alla nostra professione. Servono però sensibilizzazione e investimenti adeguati. Dobbiamo garantire trasparenza e accessibilità, definendo regole chiare soprattutto per l’applicazione e la tutela dei dati personali: chiediamo alla politica normative non eccessivamente restrittive ma capaci di offrire certezze”.Cuchel ha aggiunto poi: “L’IA interessa anche la Pubblica Amministrazione, e temiamo un suo utilizzo inappropriato senza il necessario contributo umano nelle decisioni finali. Per questo abbiamo chiesto di sedere ai tavoli tecnici per la formazione degli algoritmi impiegati, ad esempio, nella giustizia tributaria: è essenziale capire come vengono strutturati e quali informazioni elaborano. Senza questo passaggio di trasparenza, rischiamo di generare disservizi ai cittadini anziché sfruttare appieno il potenziale di questa tecnologia”.Andrea De BertoldiOttimista Andrea De Bertoldi (Commissione Finanze a Montecitorio): “L’Intelligenza Artificiale rappresenta la quarta rivoluzione industriale, al pari dell’avvento del motore a scoppio, dell’elettricità, dell’era dei computer, e poi di internet. È una sfida ineludibile che coinvolgerà tutti, senza lasciare nessuno indifferente. Affrontiamo criticità concrete: innanzitutto, l’obbligo di formazione continua per i dipendenti della Pubblica Amministrazione, i lavoratori e i professionisti. Solleciteremo il Governo affinché riconosca e sostenga questa urgente necessità.In secondo luogo, il tema dei dati sensibili e della privacy riguarda tanto il cittadino quanto il know-how e l’avviamento delle imprese. Dobbiamo garantire che l’IA rispetti questi diritti senza trasformarsi in un problema per le persone e per il tessuto produttivo. Sono convinto che questo passaggio non sarà indolore, ma, come per ogni grande trasformazione, il bilancio finale sarà positivo: l’IA potrà davvero spingere innovazione e progresso nella nostra società”.Marco NataliNel corso del forum, condotto da Anna Maria Belforte, sono emerse alcune preoccupazioni da parte di Marco Natali, presidente nazionale di Confprofessioni: “L’IA apprende e conserva enormi quantità di dati, per questo motivo, è fondamentale che la politica ne garantisca la massima sicurezza. I dati contabili dei nostri clienti e le informazioni frutto di attività professionali e intellettuali rischiano altrimenti di essere riutilizzati da soggetti terzi: un pericolo da evitare assolutamente.Come accadde con l’avvento dei computer, l’IA è uno strumento che può potenziare il nostro lavoro, ma richiede di essere gestito correttamente. Chi saprà ‘padroneggiare’ il linguaggio e comprenderne le direzioni, potrà trarne vantaggio. Tuttavia, dipende anche dalle misure di protezione dei dati e dal loro uso responsabile. Non condivido chi teme l’estinzione delle professioni: il rapporto con il cliente si fonda sulla fiducia personale. Noi non siamo solo tecnici, ma consulenti capaci di accompagnare le imprese con esperienza e sensibilità, qualità che nessuna IA potrà mai replicare completamente”.Luigi PagliucaSul rapporto tra politica e professioni alla luce dell’ingresso dell’IA si è soffermato anche Luigi Pagliuca, numero uno della Cnpr: “La politica non può da sola risolvere queste trasformazioni epocali, ma ha il compito di creare il contesto ideale in cui emergano le soluzioni migliori. Sarà compito di professionisti e imprenditori riconoscere rapidamente la portata di questo cambiamento, altrimenti rischiamo di esserne travolti. L’IA potrà rappresentare un pericolo solo per chi non saprà impiegarla efficacemente, aggiornandosi costantemente”.Marcella CaradonnaPer Marcella Caradonna, presidente dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Milano: “Gestire questa fase di transizione è complesso, perché siamo ancora in un costante work in progress e non è sempre chiaro quale direzione stiamo prendendo. Anche il legislatore, comprensibilmente, fa fatica a seguire questi rapidi sviluppi. Di certo, l’ingresso dell’intelligenza artificiale sta trasformando i modelli organizzativi della nostra società, e spetta alla politica riflettere su come impiegare al meglio questi strumenti per massimizzare la loro efficienza”. LEGGI TUTTO

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    “Vendita di Italdesign? È un errore disfarsene”

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    Italdesign e sindacati oggi a confronto dopo che il gruppo Volkswagen, attraverso Audi che ne detiene il controllo, ha messo sul mercato l’azienda di Moncalieri fondata nel 1968 da Giorgetto Giugiaro e Aldo Mantovani. Per i sindacati metalmeccanici, già alle prese con il futuro sempre più nebuloso di Stellantis e della componentistica piemontese, il sacrificio di Italdesign suona come un affronto in quanto considerata un «peso».Dopo aver annunciato 35mila tagli entro il 2030, chiusure di impianti e abbassato gli stipendi ai manager, ecco che l’impellente necessità di fare cassa (-41% gli utili del gruppo nel primo trimestre) comincia a intaccare i gioielli della corona. E, guarda caso, i riflettori di Wolfsburg sono stati subito puntati sull’azienda italiana guidata dall’ad Antonio Casu.L’azienda torinese, che ai tempi d’oro aveva ideato modelli passati alla storia, come la Volkswagen Golf e la Fiat Panda, dev’essere sacrificata. Troppo elevati gli investimenti portati avanti in nome di una transizione green imposta dalla Commissione Ue che ogni giorno si rivela sempre più fallimentare. Per i Giugiaro, Giorgetto e il figlio Fabrizio, attuale ceo di GFG Style, il possibile passaggio di mano di quella che rimane la creatura di famiglia rappresenta un duro colpo. E nulla c’entra che non abbiano più in mano un’azione dopo la vendita definitiva, nel 2019, del rimanente 10 per cento. Un passo obbligato dopo la scomparsa di Ferdinand Piëch, grande capo di Volkswagen, amico sincero e punto di riferimento di Giorgetto. «È ovvio che siamo profondamente dispiaciuti – commenta Fabrizio Giugiaro -: Italdesign era nelle mani giuste, a quei tempi il gruppo più forte in assoluto. Ora, per consegnare Italdesign a qualcun altro, devono mandare via almeno qualche centinaio di persone».Perché questo possibile taglio di personale?«Semplice: Volkswagen ha appesantito l’azienda di personale in eccesso. Per ogni posizione ne hanno messi due. Noi italiani, invece, con poco siamo riusciti a fare tanto».Italdesign, da sempre considerata un’eccellenza del settore. Eppure…«È doloroso vedere la non volontà tedesca di capire le opportunità che può avere il gruppo continuando a utilizzare Italdesign. All’interno sono più bravi, veloci e anche economici, però sono italiani e gli italiani vanno brasati. È un errore mettere Italdesign sul mercato per fare un po’ di cassa. Prima che cedessimo Italdesign a Volkswagen, papà Giorgetto e io in un solo anno avevamo realizzato 50 modelli. Un errore disfarsene in quanto è un fiore all’occhiello, un’azienda che per i loro marchi è perfetta».C’è stata una sorta di declassamento progressivo di Italdesign in questi ultimi anni?«Il vertice attuale di Volkswagen avrebbe dovuto verificare che ogni lavoro assegnato a fornitori esterni sarebbe dovuto prima passare al vaglio di Italdesign, come dagli accordi presi con Ferdinand Piëch e sempre rispettati durante gli anni del suo governo a Wolfsburg».Quale futuro, a questo punto, per l’azienda torinese? LEGGI TUTTO

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    Spazi comuni inutilizzati: come possono essere riconvertiti

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    I punti chiave

    In molti condomìni, soprattutto quelli costruiti tra gli anni Settanta e Novanta, capita spesso di imbattersi in spazi comuni che col tempo hanno perso la loro funzione originaria. Un classico esempio è il campo da tennis, una volta molto in voga ma oggi raramente utilizzato. Lo stesso vale per vecchie lavanderie condominiali, portinerie dismesse, locali caldaia ormai inutilizzati o giardini lasciati all’incuria.La domanda che molti si pongono è: si possono trasformare questi spazi in qualcosa di più utile per i condomini di oggi? La risposta è sì, purché si seguano alcune regole fondamentali. Vediamo quali.Cosa dice la leggeIl riferimento principale è l’articolo 1120 del Codice civile, che permette di apportare delle modifiche alle parti comuni del condominio – le cosiddette innovazioni – se queste risultano utili al miglioramento o all’uso più comodo delle cose comuni. Ovviamente, non devono danneggiare le strutture dell’edificio né limitare i diritti degli altri condòmini.Tradotto in parole semplici: se uno spazio non serve più a nessuno e non è vincolato a usi particolari, i condòmini, con un’adeguata maggioranza in assemblea, possono decidere di destinarlo ad altro.Dal campo da tennis all’area giochiImmaginiamo, ad esempio, un campo da tennis ormai impraticabile e inutilizzato da anni. Potrebbe diventare un’area giochi per bambini, un piccolo giardino attrezzato o addirittura uno spazio per il fitness all’aperto.E lo stesso discorso si può fare per tanti altri spazi dimenticati: una lavanderia condominiale in disuso potrebbe diventare un deposito biciclette o una sala hobby; una vecchia portineria potrebbe trasformarsi in magazzino, baby room o sala riunioni; un locale caldaia non più in uso potrebbe ospitare una mini-palestra o un archivio condominiale; un giardino trascurato potrebbe rinascere come orto urbano condiviso.In tutti questi casi, l’obiettivo è lo stesso: recuperare uno spazio comune e renderlo di nuovo funzionale, utile, vivo.Come procedere, passo dopo passoNaturalmente, non basta una buona idea. Per trasformare uno spazio comune serve seguire un percorso chiaro: proporre la riconversione all’assemblea condominiale; raggiungere la maggioranza necessaria, quella degli intervenuti, che rappresentino almeno due terzi dei millesimi (667/1000); verificare il regolamento condominiale, soprattutto se è contrattuale, potrebbe contenere divieti o vincoli particolari; controllare le norme urbanistiche del Comune, per essere sicuri che la nuova destinazione d’uso sia compatibile.Una volta approvata la trasformazione, è importante anche pensare alla gestione futura: chi userà lo spazio? Chi lo manuterrà? Ci saranno costi da sostenere? Tutti aspetti che vanno chiariti, magari con un regolamento d’uso interno. LEGGI TUTTO

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    Al via il cambio di pneumatici: cosa fare dal 15 ottobre

    Anche se il clima è tutt’altro che invernale, può essere molto pericoloso avventurarsi in strade di montagna senza avere i giusti pneumatici nella propria auto. Anche se il regolamento nazionale impone l’obbligo di gomme invernali dal 15 novembre al 15 aprile, da sabato 15 ottobre l’Anas ricorda che in Val d’Aosta prenderà il via l’obbligo di catene a bordo o pneumatici invernali sulle proprie strade “particolarmente esposte al rischio di precipitazioni nevose o formazione di ghiaccio”.Perché si cambiano le gommeRispetto a quelle estive, l’aderenza di quelle invernali è migliore e rende i rischi minimi anche su strade dove sull’asfalto sono presenti criticità dovute alla stagione che avanza. È bene che tutti gli automobilisti abbiano un mese di tempo per organizzarsi nel cambio degli pneumatici o sbrigarsi nel caso in cui debbano imbattersi su strade d’alta quota. Per effettuare il cambio basta recarsi da un gommista o da un rivenditore autorizzato.Temperatura e condizioni stradaliCome si legge su Drivercenter, i pneumatici invernali sono progettati e realizzati “per reagire attivamente ad una temperatura esterna bassa, orientativamente inferiore ai 7°C”. Qualsiasi siano le condizioni del fondo stradale (bagnato, con neve o ghiaccio), dai sette gradi in giù si possono percepire i benefici della tipologia di pneumatico progettato e costruito per far fronte a quel tipo di criticità. “Grazie a uno specifico disegno battistrada e all’utilizzo di lamelle, i pneumatici invernali massimizzano l’aderenza su superfici bagnate, innevate o ghiacciate”, sottolineano gli specialisti. L’aderenza è sicuramente maggiore in queste condizioni (sia in motricità che in frenata) ma si mantengono ottime anche se la strada è asciutta.Per quanto riguarda la frenata, la differenza tra uno pneumatico normale e pneumatico invernale è abissale: secondo alcuni test, su fondo bagnato e con una velocità dell’auto pari a 90 Km/h, nel primo caso saranno necessari 59,2 metri, con quello invernale 53,8. Con un fondo innevato, invece, quello estivo frena in 43,8 metri, quello invernale in 35,5 metri e senza la possibilità di sbandate.Le gomme quattro stagioniNegli ultimi anni, però, vanno molto di moda gli pneumatici “quattro stagioni”, riconoscibili dalla scritta M+S (Mud+ Snow, fango e neve), alcuni con accanto il simbolo del fiocco di neve a indicare la loro idoneità all’utilizzo invernale e su fondi innevati. In generale, però, le gomme “all seasons” hanno un’aderenza minore rispetto a quelle termiche quando il fondo è ghiacciato o c’è la presenza di neve così come i tempi di frenata, ridotti nel secondo caso rispetto al primo. LEGGI TUTTO

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    Patente per la moto, cambia tutto: ecco le novità

    Per ottenere la patente di categoria A3, vale a dire quella che consente di guidare moto senza alcun limite di cilindrata, non sarà più necessario sostenere alcun esame pratico. Verrà infatti ritenuta sufficiente la partecipazione a uno specifico corso della durata minima di 7 ore, organizzato presso le autoscuole autorizzate.Chi potrà beneficiarneStando a quanto stabilito all’interno del decreto Infrastrutture-bis, questa novità risulterà accessibile unicamente a quanti abbiano già conseguito le patenti di categoria A1 o A2. La prima, ottenibile a 16 anni, abilita alla guida di motocicli con cilindrata pari a 125 cm³ e con potenza non superiore a 11 kw, mentre la seconda, conseguibile dai 18 anni, consente di condurre motocicli con potenza massima di 35 kW e con un rapporto peso-potenza massimo di 0,2 kW/kg.La motivazione ufficiale di questo genere di novità è quella di ridurre i tempi delle pratiche, nonché quello di affrontare lo spinoso problema del drastico calo di personale presso le Motorizzazioni civili. Ecco perché sarà sufficiente attendere 2 anni dal conseguimento della propria patente di guida A1 o A2 per poter beneficiare dello scatto automatico, che consentirà di raggiungere la categoria A3 semplicemente seguendo un corso di teoria e pratica in autoscuola senza dover affrontare lo scoglio del consueto esame finale.Prima di questa novità, i possessori della patente A1 potevano ottenere la A2 solo dopo il compimento dei 18 anni e a seguito del superamento di un esame pratico di guida, mentre chi aveva la A2 poteva passare alla A3 dopo ulteriori 2 anni di tempo, previo superamento di un esame pratico.Le dateLa nuova normativa introdotta dal decreto Infrastrutture-bis entrerà in vigore tra il 10 e il 15 di agosto. Al momento l’approvazione è già avvenuta in Senato e si attende il via libera da parte della Camera, che dovrebbe avvenire al più presto con lo scopo di evitare il rischio di scadenza del Dl, previsto poco prima di ferragosto. LEGGI TUTTO

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    Mosca chiude l’Agenzia. L’ira di Israele

    Nella nuova avventura che il mondo, bendato, sta intraprendendo, Israele e Russia confliggono. Putin ha annunciato la chiusura dell’Agenzia Ebraica in Russia, la «Sochnut» che divenne il primo governo di Israele: nata nel 1923, divenne nel ’48 il primo governo di Ben Gurion; tiene insieme nel mondo il bandolo della diaspora, laica e religiosa, del ritorno in Israele del popolo ebraico. Paese per Paese, città per città, il nesso fra identità culturale e religiosa delle varie comunità e Israele è là.Il ministero della Giustizia russo ha accusato la «Sochnut» di raccogliere informazioni sui cittadini russi, e questo è illegale. La risposta tecnica è stata l’incarico a un gruppo di legislatori israeliani di partire per Mosca per trovare il modo di far cessare l’inquisizione, ma per ora il gruppetto aspetta presso il ministero degli Esteri e non ottiene il permesso di presentarsi in Russia. L’Agenzia ha deciso al momento di spostare la sua attività online e a Gerusalemme, una sconfitta momentanea, accompagnata dalla protesta simile a una vera e propria minaccia di rappresaglia da parte del primo ministro e ministro degli Esteri Yair Lapid. Insieme a un gruppo di ministri in un incontro a porte chiuse ha segnalato rabbia, decisione, ma soprattutto un grande sconcerto insieme alla promessa di rivedere i rapporti con la Russia. Lapid pensa di richiamare l’ambasciatore per consultazioni, di rimandare la consegna del consegna alla Russia del complesso di una chiesa a Gerusalemme da tempo promesso, e soprattutto, si capisce senza dirlo, di spostarsi dalla scelta di non fornire armi agli Ucraini, né aiuto strategico.Non saranno certo le minacce a spaventare Putin: nella sua irritazione oltre alla spallata da bullo, probabilmente c’è anche un elemento personale. Lapid, al contrario di Bennett, e del rapporto molto cortese con l’accordo di non ingerenza del 2015 con Netanyahu, non ha contatti con Putin, e ha inveito parecchio contro i «crimini di guerra», le «stragi», le «aggressioni non provocate», pur mantenendosi sulla linea degli aiuti puramente umanitari e del sostegno morale a Zelensky.Israele, che sapeva bene di camminare su un’asse di equilibrio data la presenza militare massiccia della Russia in Siria, ha votato all’Onu il 7 aprile per espellere Putin dal Comitato per i diritti umani, ha spinto molto l’aiuto sanitario e l’immigrazione, Lapid è apparso come il miglior amico di Biden durante la visita di pochi giorni fa. L’incontro di Putin a Teheran e i nuovi accordi con gli ayatollah, anche se non hanno contemplato un aspetto esplicitamente anti israeliano, pure devono non averne escluso qualcuno. L’asse fra Russia, Iran e Turchia ha un tratto anti americano e anti israeliano. E in Siria Israele contrattacca il disegno iraniano di creare un fronte nemico pronto alla guerra, come quello degli Hezbollah in Libano. Adesso, vedremo se la Russia seguiterà a chiudere un occhio. Difficile che voglia confrontarsi militarmente con Israele, che sul campo resta un nemico molto temibile, e Putin è già molto occupato. Ma la chiusura dell’Agenzia è un atto duro, che mette insieme un attacco agli ebrei russi e a Israele, così catturato nello scontro mondiale di cui ha cercato invano di restare ai margini.Israele non può ignorare l’incubo degli ebrei bloccati come ai tempi di Nathan Sharansky, che dovette trascorrere 9 anni in prigione fra gli anni ’70 e ’80, quando l’Unione Sovietica perseguitava gli ebrei refusenik. Per ora siamo agli inizi di quello che si può trasformare in una prigione per circa un milione di ebrei russi. Un milione giunsero negli anni ’90 dopo la fine dell’Urss. Ma quando c’è una crisi mondiale, è raro che non risuoni un ritornello anti ebraico. Funziona. LEGGI TUTTO

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    “Richiamate 40mila auto”. Cosa sta succedendo a Porsche

    Ancora una volta Porsche è costretta a richiamare numerose unità, per la precisione in questo nuovo caso 40.421, del modello elettrico Taycan vendute in tutto il mondo: una situazione che riguarderebbe tutte le tipologie della vettura, comprese le versioni Cross Turismo e Sport Turismo.Esisterebbe, infatti, la concreta possibilità che il cablaggio realizzato sotto il sedili anteriori (quindi sia dal lato conducente che da quello passeggero) possa essere danneggiato durante la regolazione longitudinale degli stessi. Il rischio è che sia gli airbag che i pretensionatori delle cinture di sicurezza possano essere disattivati e divenire quindi inutilizzabili. Il richiamo, identificabile con il codice interno “Ana5” riguarda modelli realizzati in fabbrica tra il 10 luglio del 2019 e il 18 maggio del 2021.Non si tratta del primo problema che i clienti Porsche hanno riscontrato nel modello in questione. Già poco dopo il primo lancio sul mercato, infatti furono segnalati dei difetti relativi alla connettività, risolti in un secondo momento tramite aggiornamenti al software.I primi richiami di Porsche Taycan (maggio 2022) hanno riguardato circa 6mila modelli venduti in Cina e fabbricati tra gennaio 2020 e marzo 2021, sempre per il problema connesso al rischio di danno del cablaggio sotto i sedili anteriori. Nel medesimo periodo dell’anno, il richiamo è stato effettuato anche per numerose vetture vendute nel mercato Australiano. Si parla complessivamente di oltre 75mila Taycan già richiamate in tutto il mondo.Oltre al controllo di eventuali danni rilevabili nel cablaggio, i tecnici dovrebbero procedere con l’applicazione di una fascia protettiva in tessuto flessibile con lo scopo di evitare che i cavi entrino in contatto diretto con le parti mobili dei meccanismi del sedile. L’intervento previsto per i veicoli richiamati da Porsche sarà gratuito. LEGGI TUTTO