More stories

  • in

    Contributi Inps, dal 23 aprile nuove riduzioni su interessi e sanzioni: cosa cambia

    Ascolta ora

    I punti chiave

    Dal 23 aprile 2025 si applicano nuove misure di riduzione sugli interessi e le sanzioni relativi ai contributi previdenziali dovuti all’Inps. Il provvedimento arriva a seguito della recente decisione della Banca Centrale Europea di abbassare di un quarto di punto il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, portandolo al 2,40%. Una misura di politica monetaria che si riflette anche sulle somme aggiuntive applicate dall’Istituto in caso di omessi o tardivi versamenti, rateizzazioni e differimenti.Vantaggi concretiLa riduzione degli interessi rappresenta un vantaggio concreto per imprese, professionisti e lavoratori autonomi, che si trovino in situazioni di irregolarità contributiva o che intendano regolarizzare la propria posizione nei confronti dell’Inps. Il nuovo quadro si traduce infatti in sanzioni civili più leggere, tassi più contenuti per le rateizzazioni dei debiti e condizioni più favorevoli per chi sceglie di aderire tempestivamente al ravvedimento operoso.Meno interessi su sanzioni, dilazioni e differimentiLa novità riguarda innanzitutto la sanzione civile per omesso o ritardato versamento dei contributi previdenziali, che viene ridotta al 7,90% annuo. Si tratta della misura ordinaria applicata quando non vi è stato alcun adempimento da parte del contribuente, né spontaneo né a seguito di sollecitazione.Per favorire una regolarizzazione volontaria e tempestiva, resta in vigore l’istituto del ravvedimento operoso, ora ulteriormente vantaggioso: se il pagamento avviene entro 120 giorni dalla scadenza, in un’unica soluzione e prima che siano avviate contestazioni o ispezioni, la sanzione scende al 3,15% annuo, senza ulteriori maggiorazioni. Un incentivo importante per chi vuole mettersi in regola, evitando contenziosi e aggravio di costi.Come cambia l’interesse sulle rateizzazioniAnche il tasso di interesse applicato alle rateizzazioni dei debiti contributivi viene aggiornato: dal 23 aprile sale all’8,40% annuo. La variazione, pur rappresentando un aumento rispetto alla precedente rilevazione, risulta comunque inferiore rispetto agli anni in cui i tassi della Banca Centrale Europea erano più elevati, confermando l’andamento discendente rispetto ai picchi toccati nei periodi di inflazione più acuta. Lo stesso tasso si applica anche nei casi di differimento del termine di versamento dei contributi, cioè quando l’azienda, su autorizzazione, posticipa il pagamento rispetto alla scadenza originaria.Effetti anche nelle procedure concorsualiUn ulteriore aggiornamento riguarda i soggetti coinvolti in procedure concorsuali, come fallimenti o concordati preventivi. In questi casi, la normativa prevede una riduzione delle sanzioni civili, calcolata sulla base del tasso BCE vigente. A partire dal 23 aprile, tale parametro scende dunque al 2,40%, determinando una riduzione proporzionale delle somme aggiuntive dovute all’Inps.Perché questo aggiornamento è importanteQueste modifiche rientrano in un quadro più ampio di allineamento delle condizioni applicate dall’ente previdenziale ai movimenti della politica monetaria europea. Ma hanno anche una portata concreta per aziende e professionisti italiani, in un contesto economico che ancora richiede attenzione alla sostenibilità degli impegni contributivi. Regolarizzare in tempi brevi la propria posizione, ora, può risultare più conveniente e meno oneroso. LEGGI TUTTO

  • in

    Borsa, in arrivo un tesoro di cedole

    Ascolta ora

    Si prepara a partire la stagione dei dividendi a Piazza Affari, un tesoretto da 41 miliardi che, mai come in questo momento, arriva a rassicurare gli investitori di fronte alla volatilità di un mercato scosso dai dazi imposti dal presidente americano Donald Trump.Contrariamente ai timori, nessun dietrofront: per ora i big di Milano continuano a macinare risultati e a premiare gli azionisti. Secondo i calcoli di Intermonte, la Borsa italiana distribuiràù oltre 41 miliardi in cedole, con un aumento del 13,5% rispetto al 2024. E nel 2026 si dovrebbe salire ulteriormente, arrivando a quasi 44 miliardi di euro, vale a dire il 7% in più.A spingere la crescita sono soprattutto le banche, che hanno deciso di premiare gli azionisti con cedole record. Basti pensare che la torta dividendi è composta per quasi 10 miliardi da soli due istituti bancari: per 3,7 miliardi Unicredit, e per 6,1 miliari Intesa Sanpaolo. D’altra parte, come ha ricordato anche l’amministratore delegato di Cà de Sass Carlo Messina, «Intesa ha registrato il miglior risultato di sempre con 9 miliardi di profitti».Ma chi è in grado di offrire i rendimenti più elevati? Il Banco Bpm, Monte dei Paschi, Bper Banca: tutte e tre sopra il 10 per cento. Per tutti i soci il primo appuntamento da segnare sul calendario è oggi, per l’appunto, con le danze che si aprono e rimandano, poi, le altre due date clou saranno il 19 maggio e il 16 giugno. In base al calendario di Borsa Italiana, oggi arriveranno quasi 7,5 miliardi di dividendi (relativi ai bilanci dell’esercizio 2024) da Unicredit, Stellantis, Prysmian, Iveco, Banca Mediolanum, Ferrari e Campari. Fuori dal paniere principe, Maire e Piaggio.A distinguersi in particolare, oltre all’istituto guidato da Andrea Orcel (2,4 euro ad azione) sarà la Ferrari guidata da Benedetto Vigna con un dividendo annuale pari a 2,986 euro per azione, in aumento del 22% rispetto al 2023, per un assegno firmato Maranello di circa 534 milioni di euro.Ad alzare la posta in gioco sono anche Prysmian con 0,80 euro per azione, in crescita del 14,3% e Banca Mediolanum che sale a quota 1 euro per azione, con un incremento del 42% rispetto a quanto realizzato l’anno precedente.Tra le società fuori dal Ftse Mib, Maire Tecnimont distribuirà un dividendo pari a 0,356 euro per azione, in crescita del 50% su base annua e con un pay-out del 50 per cento. LEGGI TUTTO

  • in

    Recessione, nuovi scivoloni a Wall Street. Schwab lascia la guida del Forum di Davos

    Ascolta ora

    Si è aperta ieri a Washington la sessione di primavera del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. È il meeting più decisivo dalla crisi finanziaria del 2008. Stavolta, però, a spaventare i mercati non è solo l’ombra di un rallentamento economico globale, ma il clima incandescente della guerra commerciale scatenata dalla Casa Bianca. Le tariffe imposte dall’amministrazione Trump su tutti i partner internazionali, a partire dalla Cina, hanno stravolto lo scenario economico.Oggi arriveranno le nuove stime del Fondo, contenute nel World Economic Outlook, ma la direttrice Kristalina Georgieva ha già anticipato una «riduzione significativa del tasso di crescita atteso», pur precisando che «al momento non vediamo una recessione». Tuttavia, il sentiment resta pessimistico: il Wto stima ora un calo dello 0,2% nei volumi di scambio di merci per il 2025, contro il +3% previsto a gennaio. Wall Street ieri ha reagito con nuovi forti ribassi: alle 20 ora italiana il Dow Jones perdeva il 3,3%, l’S&P 500 il 3,4% e il Nasdaq il 3%. Una riapertura non certo rassicurante dopo la pausa.Al centro dei lavori dell’Fmi ci saranno gli incontri bilaterali, con ogni Paese intento a negoziare condizioni favorevoli per mitigare l’impatto dei dazi americani. «Il rischio fanno notare diverse fonti diplomatiche è che questa frenetica corsa ai rapporti diretti con la Casa Bianca faccia tramontare l’idea stessa di cooperazione multilaterale che ha retto il sistema di Bretton Woods». Tutti gli occhi sono puntati sull’eventuale confronto tra Stati Uniti e Cina.Non aiuta il clima di tensione l’ultimo affondo del presidente Trump contro la Federal Reserve. Giovedì scorso ha minacciato di licenziare il presidente Jerome Powell, «colpevole di non aver tagliato i tassi di interesse», alimentando dubbi sull’indipendenza della banca centrale. Il rendimento dei Treasury a 10 anni è salito oltre il 4,37%, mentre il dollaro ha perso terreno sull’euro, scivolando a quota 1,1544, il livello più alto per la moneta unica dal novembre 2021. Nel frattempo, i mercati continuano a rifugiarsi nell’oro, che ha toccato un nuovo record a 3.405 dollari l’oncia. «È il segnale di una profonda incertezza degli investitori, preoccupati dall’inasprimento delle tensioni tra Cina e Stati Uniti», commenta Terence Hove, strategist di Exness. LEGGI TUTTO

  • in

    Festività non godute, come vengono conteggiate Pasqua e Pasquetta in busta paga

    Ascolta ora

    Anche se può sembrare strano, per quanto concerne le festività di questo periodo non è Pasqua a dare diritto al lavoratore di ottenere dei bonus in busta paga. Considerata una delle feste più importanti della religione cattolica, da un punto di vista prettamente giuridico nel mondo del lavoro non cambia invece nulla, dal momento che essa non rientra tra quelle nazionali che vengono riconosciute dalla legge. In sostanza, nonostante che sia una delle celebrazioni più tipiche dell’intero anno, essa non prevede i benefici accordati per le altre festività civili: uno su tutti quello di ottenere un riconoscimento economico nel caso in cui tale appuntamento cada di domenica, attivando le procedure previste in genere per i “festivi non goduti”.Per il nostro ordinamento in occasione di questi festivi il dipendente può scegliere di non lavorare, senza che ciò comporti la rinuncia alla sua retribuzione. Non solo: qualora tale circostanza capiti di domenica, ciò dà diritto a beneficiare in busta paga di un’indennità, tradizionalmente corrispondente a un’ulteriore giornata lavorativa. Nel caso in cui questa ricorrenza cada in altri giorni della settimana, una buona fetta dei contratti collettivi nazionali dà diritto al lavoratore di avere a propria disposizione in un qualunque momento dell’anno un giorno di permesso retribuito in più.Pasqua non rientra tra questo tipo di festività: nel nostro calendario infatti, a parte le domeniche, questi benefici sono previsti solo in 10 giorni dell’anno, ovvero Capodanno (1 gennaio), Epifania (6 gennaio), Lunedì dell’Angelo (il giorno dopo Pasqua), Festa della Liberazione (25 aprile), Festa del Lavoro (1 maggio), Assuzione di Maria (15 agosto), Tutti i Santi (1 novembre), Immacolata Concezione (8 dicembre), Natale (25 dicembre), e Santo Stefano (26 dicembre).Ciò significa che la maggior parte dei dipendenti non ha lavorato il 20 aprile, senza tuttavia maturare il diritto di beneficiare di un extra in busta paga. Chi invece ha lavorato potrà ottenere una maggiorazione solo nel caso in cui sia prevista per il lavoro domenicale dal proprio Ccln. LEGGI TUTTO

  • in

    Al via il cambio di pneumatici: cosa fare dal 15 ottobre

    Anche se il clima è tutt’altro che invernale, può essere molto pericoloso avventurarsi in strade di montagna senza avere i giusti pneumatici nella propria auto. Anche se il regolamento nazionale impone l’obbligo di gomme invernali dal 15 novembre al 15 aprile, da sabato 15 ottobre l’Anas ricorda che in Val d’Aosta prenderà il via l’obbligo di catene a bordo o pneumatici invernali sulle proprie strade “particolarmente esposte al rischio di precipitazioni nevose o formazione di ghiaccio”.Perché si cambiano le gommeRispetto a quelle estive, l’aderenza di quelle invernali è migliore e rende i rischi minimi anche su strade dove sull’asfalto sono presenti criticità dovute alla stagione che avanza. È bene che tutti gli automobilisti abbiano un mese di tempo per organizzarsi nel cambio degli pneumatici o sbrigarsi nel caso in cui debbano imbattersi su strade d’alta quota. Per effettuare il cambio basta recarsi da un gommista o da un rivenditore autorizzato.Temperatura e condizioni stradaliCome si legge su Drivercenter, i pneumatici invernali sono progettati e realizzati “per reagire attivamente ad una temperatura esterna bassa, orientativamente inferiore ai 7°C”. Qualsiasi siano le condizioni del fondo stradale (bagnato, con neve o ghiaccio), dai sette gradi in giù si possono percepire i benefici della tipologia di pneumatico progettato e costruito per far fronte a quel tipo di criticità. “Grazie a uno specifico disegno battistrada e all’utilizzo di lamelle, i pneumatici invernali massimizzano l’aderenza su superfici bagnate, innevate o ghiacciate”, sottolineano gli specialisti. L’aderenza è sicuramente maggiore in queste condizioni (sia in motricità che in frenata) ma si mantengono ottime anche se la strada è asciutta.Per quanto riguarda la frenata, la differenza tra uno pneumatico normale e pneumatico invernale è abissale: secondo alcuni test, su fondo bagnato e con una velocità dell’auto pari a 90 Km/h, nel primo caso saranno necessari 59,2 metri, con quello invernale 53,8. Con un fondo innevato, invece, quello estivo frena in 43,8 metri, quello invernale in 35,5 metri e senza la possibilità di sbandate.Le gomme quattro stagioniNegli ultimi anni, però, vanno molto di moda gli pneumatici “quattro stagioni”, riconoscibili dalla scritta M+S (Mud+ Snow, fango e neve), alcuni con accanto il simbolo del fiocco di neve a indicare la loro idoneità all’utilizzo invernale e su fondi innevati. In generale, però, le gomme “all seasons” hanno un’aderenza minore rispetto a quelle termiche quando il fondo è ghiacciato o c’è la presenza di neve così come i tempi di frenata, ridotti nel secondo caso rispetto al primo. LEGGI TUTTO

  • in

    Patente per la moto, cambia tutto: ecco le novità

    Per ottenere la patente di categoria A3, vale a dire quella che consente di guidare moto senza alcun limite di cilindrata, non sarà più necessario sostenere alcun esame pratico. Verrà infatti ritenuta sufficiente la partecipazione a uno specifico corso della durata minima di 7 ore, organizzato presso le autoscuole autorizzate.Chi potrà beneficiarneStando a quanto stabilito all’interno del decreto Infrastrutture-bis, questa novità risulterà accessibile unicamente a quanti abbiano già conseguito le patenti di categoria A1 o A2. La prima, ottenibile a 16 anni, abilita alla guida di motocicli con cilindrata pari a 125 cm³ e con potenza non superiore a 11 kw, mentre la seconda, conseguibile dai 18 anni, consente di condurre motocicli con potenza massima di 35 kW e con un rapporto peso-potenza massimo di 0,2 kW/kg.La motivazione ufficiale di questo genere di novità è quella di ridurre i tempi delle pratiche, nonché quello di affrontare lo spinoso problema del drastico calo di personale presso le Motorizzazioni civili. Ecco perché sarà sufficiente attendere 2 anni dal conseguimento della propria patente di guida A1 o A2 per poter beneficiare dello scatto automatico, che consentirà di raggiungere la categoria A3 semplicemente seguendo un corso di teoria e pratica in autoscuola senza dover affrontare lo scoglio del consueto esame finale.Prima di questa novità, i possessori della patente A1 potevano ottenere la A2 solo dopo il compimento dei 18 anni e a seguito del superamento di un esame pratico di guida, mentre chi aveva la A2 poteva passare alla A3 dopo ulteriori 2 anni di tempo, previo superamento di un esame pratico.Le dateLa nuova normativa introdotta dal decreto Infrastrutture-bis entrerà in vigore tra il 10 e il 15 di agosto. Al momento l’approvazione è già avvenuta in Senato e si attende il via libera da parte della Camera, che dovrebbe avvenire al più presto con lo scopo di evitare il rischio di scadenza del Dl, previsto poco prima di ferragosto. LEGGI TUTTO

  • in

    Mosca chiude l’Agenzia. L’ira di Israele

    Nella nuova avventura che il mondo, bendato, sta intraprendendo, Israele e Russia confliggono. Putin ha annunciato la chiusura dell’Agenzia Ebraica in Russia, la «Sochnut» che divenne il primo governo di Israele: nata nel 1923, divenne nel ’48 il primo governo di Ben Gurion; tiene insieme nel mondo il bandolo della diaspora, laica e religiosa, del ritorno in Israele del popolo ebraico. Paese per Paese, città per città, il nesso fra identità culturale e religiosa delle varie comunità e Israele è là.Il ministero della Giustizia russo ha accusato la «Sochnut» di raccogliere informazioni sui cittadini russi, e questo è illegale. La risposta tecnica è stata l’incarico a un gruppo di legislatori israeliani di partire per Mosca per trovare il modo di far cessare l’inquisizione, ma per ora il gruppetto aspetta presso il ministero degli Esteri e non ottiene il permesso di presentarsi in Russia. L’Agenzia ha deciso al momento di spostare la sua attività online e a Gerusalemme, una sconfitta momentanea, accompagnata dalla protesta simile a una vera e propria minaccia di rappresaglia da parte del primo ministro e ministro degli Esteri Yair Lapid. Insieme a un gruppo di ministri in un incontro a porte chiuse ha segnalato rabbia, decisione, ma soprattutto un grande sconcerto insieme alla promessa di rivedere i rapporti con la Russia. Lapid pensa di richiamare l’ambasciatore per consultazioni, di rimandare la consegna del consegna alla Russia del complesso di una chiesa a Gerusalemme da tempo promesso, e soprattutto, si capisce senza dirlo, di spostarsi dalla scelta di non fornire armi agli Ucraini, né aiuto strategico.Non saranno certo le minacce a spaventare Putin: nella sua irritazione oltre alla spallata da bullo, probabilmente c’è anche un elemento personale. Lapid, al contrario di Bennett, e del rapporto molto cortese con l’accordo di non ingerenza del 2015 con Netanyahu, non ha contatti con Putin, e ha inveito parecchio contro i «crimini di guerra», le «stragi», le «aggressioni non provocate», pur mantenendosi sulla linea degli aiuti puramente umanitari e del sostegno morale a Zelensky.Israele, che sapeva bene di camminare su un’asse di equilibrio data la presenza militare massiccia della Russia in Siria, ha votato all’Onu il 7 aprile per espellere Putin dal Comitato per i diritti umani, ha spinto molto l’aiuto sanitario e l’immigrazione, Lapid è apparso come il miglior amico di Biden durante la visita di pochi giorni fa. L’incontro di Putin a Teheran e i nuovi accordi con gli ayatollah, anche se non hanno contemplato un aspetto esplicitamente anti israeliano, pure devono non averne escluso qualcuno. L’asse fra Russia, Iran e Turchia ha un tratto anti americano e anti israeliano. E in Siria Israele contrattacca il disegno iraniano di creare un fronte nemico pronto alla guerra, come quello degli Hezbollah in Libano. Adesso, vedremo se la Russia seguiterà a chiudere un occhio. Difficile che voglia confrontarsi militarmente con Israele, che sul campo resta un nemico molto temibile, e Putin è già molto occupato. Ma la chiusura dell’Agenzia è un atto duro, che mette insieme un attacco agli ebrei russi e a Israele, così catturato nello scontro mondiale di cui ha cercato invano di restare ai margini.Israele non può ignorare l’incubo degli ebrei bloccati come ai tempi di Nathan Sharansky, che dovette trascorrere 9 anni in prigione fra gli anni ’70 e ’80, quando l’Unione Sovietica perseguitava gli ebrei refusenik. Per ora siamo agli inizi di quello che si può trasformare in una prigione per circa un milione di ebrei russi. Un milione giunsero negli anni ’90 dopo la fine dell’Urss. Ma quando c’è una crisi mondiale, è raro che non risuoni un ritornello anti ebraico. Funziona. LEGGI TUTTO

  • in

    “Richiamate 40mila auto”. Cosa sta succedendo a Porsche

    Ancora una volta Porsche è costretta a richiamare numerose unità, per la precisione in questo nuovo caso 40.421, del modello elettrico Taycan vendute in tutto il mondo: una situazione che riguarderebbe tutte le tipologie della vettura, comprese le versioni Cross Turismo e Sport Turismo.Esisterebbe, infatti, la concreta possibilità che il cablaggio realizzato sotto il sedili anteriori (quindi sia dal lato conducente che da quello passeggero) possa essere danneggiato durante la regolazione longitudinale degli stessi. Il rischio è che sia gli airbag che i pretensionatori delle cinture di sicurezza possano essere disattivati e divenire quindi inutilizzabili. Il richiamo, identificabile con il codice interno “Ana5” riguarda modelli realizzati in fabbrica tra il 10 luglio del 2019 e il 18 maggio del 2021.Non si tratta del primo problema che i clienti Porsche hanno riscontrato nel modello in questione. Già poco dopo il primo lancio sul mercato, infatti furono segnalati dei difetti relativi alla connettività, risolti in un secondo momento tramite aggiornamenti al software.I primi richiami di Porsche Taycan (maggio 2022) hanno riguardato circa 6mila modelli venduti in Cina e fabbricati tra gennaio 2020 e marzo 2021, sempre per il problema connesso al rischio di danno del cablaggio sotto i sedili anteriori. Nel medesimo periodo dell’anno, il richiamo è stato effettuato anche per numerose vetture vendute nel mercato Australiano. Si parla complessivamente di oltre 75mila Taycan già richiamate in tutto il mondo.Oltre al controllo di eventuali danni rilevabili nel cablaggio, i tecnici dovrebbero procedere con l’applicazione di una fascia protettiva in tessuto flessibile con lo scopo di evitare che i cavi entrino in contatto diretto con le parti mobili dei meccanismi del sedile. L’intervento previsto per i veicoli richiamati da Porsche sarà gratuito. LEGGI TUTTO