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    Stangate Meta e Apple. Antitrust a gamba tesa

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    L’Antitrust Ue ha emesso le prime sanzioni nell’ambito del Digital Markets Act (Dma), colpendo due colossi americani: Apple e Meta. Le multe, rispettivamente di 500 e 200 milioni di euro, segnano un momento storico nell’attuazione della nuova normativa comunitaria volta a regolamentare i grandi player digitali. Apple è stata sanzionata per aver limitato agli sviluppatori la possibilità di comunicare con gli utenti circa offerte alternative esterne all’App Store, violando così il principio dello steering, ovvero il diritto di indirizzare i consumatori verso opzioni più vantaggiose. Secondo la Commissione, Apple ha imposto «restrizioni tecniche e commerciali» che impedivano agli sviluppatori di promuovere acquisti esterni, non riuscendo inoltre a dimostrare che tali restrizioni fossero «necessarie e proporzionate». Di conseguenza, l’azienda di Cupertino è stata obbligata a rimuovere queste limitazioni e ad astenersi dal reiterare comportamenti simili. Meta, invece, è stata punita per il modello consent or pay lanciato nel novembre 2023, che obbligava gli utenti a scegliere tra acconsentire all’uso dei propri dati per pubblicità personalizzata o pagare per un’esperienza senza annunci. LEGGI TUTTO

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    Le mosse della Ue e dell’Italia nella morsa tra Usa e Cina

    Incassato il successo diplomatico della missione negli Stati Uniti, Giorgia Meloni dovrà ora affrontare forse la sfida più impegnativa da quando ricopre il ruolo di presidente del Consiglio: quella di mediatrice nelle future trattative tra Washington e Bruxelles. Trattative che saranno molto complicate perché, inutile nasconderlo, le richieste che gli americani avanzeranno nei confronti degli europei saranno draconiane. In quest’ottica sarà molto importante conoscere i termini dell’accordo tra Washington e Tokyo in quanto serviranno da riferimento anche per gli altri negoziati.La posta in gioco è altissima: la disarticolazione dell’ordine mondiale in vigore dal secondo Dopoguerra. Secondo quanto lasciato trapelare dalla Casa Bianca, il cardine delle richieste americane ruoterebbe intorno al «desiderio», rivolto ai Paesi che si candidano a entrare nel circuito americano Treasury, di acquisti a lunga scadenza di prodotti statunitensi, per permettere così a Washington di ristrutturare il debito pubblico. In questa maniera non solo si deprezzerebbe strutturalmente il dollaro, ribilanciando l’economia mondiale, ma si libererebbero risorse per dare il via a un Piano Marshall 2.0 che, se nella prima versione aveva come obiettivo la costruzione dell’Europa, in quella attuale intende finanziare il decoupling da Pechino. Un tema, quello delle relazioni con il Governo cinese, che metterà alla prova la coesione europea. Perché se da un lato accontentare Trump con maggiori acquisti di GNL e nella Difesa e investimenti negli States rappresenta una mossa per noi relativamente indolore, allontanarsi da Pechino è un altro paio di maniche perché l’assenza di un’alternativa presuppone dei sacrifici che né le imprese né l’opinione pubblica europea sembrano disposti a sostenere. La maggior parte degli osservatori ritiene che alla fine Washington «mollerà la presa» perché la locomotiva a stelle e strisce non riuscirà a sostenere una guerra commerciale con mezzo mondo. Scenario assolutamente fattibile, anche se quel «a Trump i dazi non convengono» ricorda quel «a Putin non conviene invadere l’Ucraina». L’errore di metodo è sempre lo stesso: la tendenza a leggere gli eventi solo in chiave di ritorno economico di breve termine, e non in chiave egemonica, concetto oramai cruciale nel post globalizzazione. Insomma, sarebbe un grave errore sottovalutare la determinazione dell’attuale amministrazione Usa di voler colpire al cuore il modello mercantilistico cinese.La decisione di Apple di rimpatriare la produzione di iPhone dalla Cina al Brasile è il segnale che le politiche trumpiane siano prese sul serio dalle stesse Big Tech statunitensi, ma per riuscire nell’obiettivo, Washington deve costruire massa critica e coinvolgere quanti più Paesi possibili nel chiudere le porte all’import cinese. A Pechino il nervosismo cresce di giorno in giorno. Tanto che a Pasquetta il Governo cinese ha lanciato un chiaro avvertimento ai Paesi ancora titubanti: chi si metterà contro di noi subirà ritorsioni. Ma anche gli americani non ci andranno leggeri. Nel caso in cui le offerte statunitensi non soddisfino gli alleati, le armi di persuasione a disposizione di Washington sono molteplici. Se infatti nello scenario migliore le ritorsioni americane passerebbero solo attraverso l’innalzamento dei dazi, in quello peggiore potrebbero prevedere la militarizzazione delle swap line della Federal Reserve (soprattutto una volta insediato il sostituto di Jerome Powell) nonché delle leve nell’ambito energetico e militare per esercitare pressioni sull’Europa. Il Vecchio Continente appare sempre di più come il vaso di coccio in questa nuova Guerra Fredda. Se però la ricetta statunitense, seppur dolorosa, salverebbe l’Occidente, quella cinese lo cancellerebbe definitivamente. Il mancato disaccoppiamento da Pechino si tradurrebbe per l’Europa in dazi punitivi da parte di Washington con il risultato che interi settori industriali verrebbero assorbiti da aziende cinesi. Inoltre, se Pechino dovesse accelerare il travaso di liquidità dai Treasury ai Bund, non solo finirebbe per controllare il mercato obbligazionario europeo, ma conferirebbe all’EURUSD una spinta tale da portarlo ben oltre la soglia di 1.20 (1.40?), sancendo la fine definitiva per il nostro export che invece, aderendo al circuito americano, potrebbe sostituirsi a quello cinese come fornitore di componentistica alle aziende statunitensi.Il tema pertanto non è se opporsi o meno al Governo dell’economia americano, quanto negoziare alla morte per modellarlo affinché non intacchi troppo il nostro stato sociale. Gli accordi di Bretton Woods e del Plaza hanno dimostrato che Washington è in grado di portare avanti iniziative capaci di rafforzare il sistema internazionale. Se però oggi mancano di visione di insieme, è anche perché l’Europa, anziché accettare la sfida posta da Washington, le si sta opponendo in maniera pregiudiziale. Forse perché l’ordine finanziario attualmente in vigore, basato sul primato del dollaro come valuta di riserva, di cui Bruxelles è sponsor, si attaglia perfettamente sul modello economico europeo incentrato sull’export a basso costo e sulla compressione dei salari. Modello che però perpetua lo squilibrio dell’economia mondiale.Ecco pertanto che, dopo aver proposto alla Casa Bianca l’aumento di import di beni statunitensi, il prossimo passo che Giorgia Meloni dovrebbe compiere è elaborare insieme ai partner europei (con Berlino soprattutto) un piano di ristrutturazione dell’economia europea da «export led» a «consumer led». Per far questo occorre però come prima cosa dotarsi di una vera politica industriale, sganciandosi una volta per tutte dal green deal e conferendo alla Bce la funzione a prestatrice di ultima istanza per finanziare le spese in Difesa dei Paesi membri. Va però al tempo stesso evidenziato come i problemi che attualmente riguardano i principali dossier di politica industriale del nostro Paese giungono per nostra manifesta incapacità a elaborare una visione strategica. L’ex Ilva rappresenta il caso più eclatante. Pur di chiudere una partita che non è stato in grado di gestire sin dall’inizio, il Governo sta cedendo un impianto strategico a un altro Governo straniero (azero) dopo averci rimesso circa 4 miliardi. Ma se la perdita è tanto cospicua, non vale allora forse prendere in considerazione la nazionalizzazione dell’impianto che abbia come obiettivo il revamping delle linee per la produzione delle lamiere da treno e la produzione di acciai balistici per rispondere alle esigenze della Difesa seguendo l’esempio del Governo di Londra? Ma Baku non guarda solo a Taranto. La mano azera sta provando ad allungarsi anche sulle raffinerie del Gruppo Api e ad altri asset del Paese. Mentre insomma noi continuiamo a gestire i dossier singolarmente, gli altri Paesi adottano un approccio di sistema. Anche il recente allontanamento di Metinvest da Piombino evidenzia quanta fatica faccia l’esecutivo sulle tematiche attinenti alla siderurgia. Ma anche sui altri dossier di politica industriale non stiamo dando prova di particolare lungimiranza. Relativamente a Isab-Priolo sono state applicate delle prescrizioni dal comitato Golden Power che hanno agito da cappio al collo della raffineria, ora alla ricerca disperata di un acquirente. Sulle centrali a carbone ancora operanti non si capisce se sia intenzione dell’esecutivo tenerle in vita (come sarebbe opportuno visti i tempi) o cedere ai dettami green e chiuderle. LEGGI TUTTO

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    Monito dell’Ue al governo: “Più cautela su Unicredit”

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    Bordata della Commissione Ue sulle prescrizioni del Golden Power relative all’operazione Unicredit-Banco Bpm. Le dichiarazioni, come da prassi di Bruxelles, sono da interpretare, ma diciamo che il tempismo e le parole utilizzate lasciano spazio a pochi dubbi sul destinatario del messaggio. «Non commentiamo casi individuali», ha detto il portavoce della Commissione europea Thomas Regnier interpellato in un briefing con la stampa sulle modalità di esercizio del Golden Power da parte del governo italiano. Tuttavia, ha aggiunto, «se è vero che dal punto di vista della sicurezza e dell’ordine pubblico, gli Stati membri mantengono la responsabilità di attuare soluzioni per le libertà di mercato attraverso le loro leggi nazionali, ciò che è molto importante per noi è che queste restrizioni alle libertà individuali siano consentite solo se proporzionate e basate su un legittimo interesse pubblico». Insomma, il messaggio è chiaro, soprattutto se a questo si aggiunge che nelle scorse settimane dall’Europa si era acceso un faro sul dossier già prima che diventassero note le prescrizioni. Evidentemente, ai vertici dell’Unione c’è qualche perplessità in merito alla vicenda. Il Dpcm del governo, infatti, prevede diverse condizioni rigide per acconsentire alle nozze tra i due istituti come il mantenimento del rapporto prestiti-depositi (che per Bpm è il 125% e per Unicredit il 94%); il mantenimento degli investimenti in titoli di emittenti italiani in Anima; l’introduzione di salvaguardie occupazionali e di mantenimento degli sportelli; infine, la cessazione entro nove mesi di ogni attività in Russia. La mancata osservanza di queste prescrizioni può portare a multe da 300 e fino alla cifra astronomica di 20 miliardi (il doppio del valore dell’operazione). Il numero uno di Unicredit, Andrea Orcel, pur lasciando trasparire irritazione per «l’uso dei poteri speciali in un’operazione domestica tra due banche italiane» e per prescrizioni «non pienamente in linea con la normativa nazionale e comunitaria», vuole però prima cercare il dialogo. L’idea è trattare per una mitigazione del Dpcm, sfruttando proprio la porticina lasciata socchiusa dal dispositivo che invita Unicredit a comunicare subito «all’autorità se non fosse possibile attuare – in tutto o in parte – le prescrizioni». La banca ha già inviato una missiva al governo e vorrebbe un faccia a faccia con i vertici del Mef, guidato da Giancarlo Giorgetti, giusto per esaurire ogni canale di dialogo possibile. L’arma successiva, invece, è quella, già pronta: il ricorso al Tribunale amministrativo regionale contro quelli che vengono ritenuti vincoli eccessivi e ingiusti. LEGGI TUTTO

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    Previdenza, approvato il bilancio 2024 della Cnpr

    Luigi Pagliuca

    Si è riunita a Catania l’assemblea dei delegati dell’Associazione Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca, che ha approvato a larga maggioranza il bilancio d’esercizio dell’anno 2024, che chiude con un utile al lordo di accantonamenti e rettifiche di valore pari a 164,2 milioni di euro (utile netto pari a 70,02 milioni).Un grande risultatoIl risultato a consuntivo, rispetto al preventivo assestato di novembre 2024, è influenzato positivamente dai risultati conseguiti dalle gestioni patrimoniali che nel corso dell’ultimo trimestre hanno conseguito un incremento di valore per effetto della crescita dei mercati azionari. Ciò è stato fortemente influenzato dalle aspettative sulla riduzione dei tassi d’interesse.Inoltre, la crescita dei redditi e dei volumi d’affari degli iscritti per l’anno 2023 ha permesso di accertare a consuntivo una maggiore contribuzione soggettiva di 6,7 milioni e una maggiore contribuzione integrativa di 4,1 milioni rispetto all’assestamento del budget, altro contributo positivo deriva dalla rivalutazione di alcune immobilizzazioni finanziarie e dei valori mobiliari iscritti nell’attivo circolante per circa 25,2, milioni, mentre l’andamento dei mercati finanziari nell’ultimo mese di trimestre 2024, ha comportato una svalutazione dei titoli iscritti nell’attivo circolante di 37,8 milioni in forte contrazione rispetto alla svalutazione iscritta nel 2023 che stimava la rettifica di valore delle gestioni patrimoniali per le minusvalenze in formazione in 46,5 milioni di euro.Gli altri elementiAltro elemento che ha inciso positivamente sul risultato è stato il decremento della svalutazione dei crediti verso iscritti accertato per euro 75,7 milioni con un incremento di circa 43,5 milioni rispetto al budget, dovuto al maggior accertamento delle sanzioni e degli interessi per mancato pagamento a consuntivo. La svalutazione appostata include il residuo dei crediti contributivi del 2012 ammonta complessivamente a 18,8 milioni. Il fondo svalutazione crediti verso iscritti alla fine dell’esercizio ammonta a 296,9. Il valore dei crediti verso iscritti per contributi al netto del fondo ammonta a 381,9 milioni di euro, contro i 395,8 del 2023.L’andamento dei mercati mobiliari nell’ultimo trimestre del 2024 ha mantenuto una ridotta volatilità facendo registrare un sensibile incremento del valore di mercato degli investimenti mobiliari gestiti mediante i mandati di Gestione Patrimoniale Mobiliare che ha conseguito un rendimento finanziario del 9,04% del benchmark a fronte del 10,55% dell’anno 2023.Il portafoglio delle GPM ha conseguito un rendimento del 9,31% con una overperformance rispetto al benchmark dello 0,27%. Il patrimonio complessivo dell’ente ha conseguito un rendimento finanziario positivo del 5,1% grazie al contributo positivo degli investimenti in fondi alternativi e agli investimenti diretti. La componente immobiliare in gestione diretta ha conseguito un rendimento lordo del 4,3% in calo del 0,6% rispetto al precedente esercizio.Il valore dei creditiLe poste che portano alla rilevazione del risultato lordo di 164,2 milioni, sono ascrivibili alle rettifiche di valore dei crediti verso iscritti e conduttori di immobili che assommano a 76 milioni di euro circa (in crescita rispetto al 2023 di circa 52,6 milioni, per effetto dell’accertamento delle maggiori sanzioni ed interessi determinate in base al nuovo regolamento e del volume dei crediti residui riferiti al 2012), alla svalutazione delle immobilizzazioni finanziarie e dei titoli dell’attivo circolante per 43,4 milioni a fronte della perdita di valore ritenute durevoli e dall’accantonamento del fondo oscillazione titoli del circolante per le minusvalenze implicite, mitigato dalla rivalutazione dei titoli iscritti nell’attivo circolante per 25,2 milioni.Gli scritti al fondoTra attivi e pensionati attivi sono pari 26.399 (26.875 a fine 2023), a fronte della stima di 27.708 con i quali si sono stimate le entrate contributive del 2024 nel bilancio di previsione. Il minor numero di iscritti consuntivati, non ha però comportato un minor accertamento a consuntivo della contribuzione che rileva a fine 2024 per 401,8 milioni a fronte dei 326,1 milioni dell’esercizio 2023: il dato è sensibilmente influenzato dal maggior accertamento di sanzioni ed interessi per tardivo versamento della contribuzione per 52,7 milioni, mentre i restanti 23 milioni di differenza sono derivanti dal maggior gettito contributivo.Le pensioni erogateTra quelle dirette e indirette rilevano 11.985 prestazioni (11.423 nel 2023, si incrementano di 562 prestazioni tra dirette, e indirette pari al 4,69% in più) a fronte di una stima previsionale di 11.903: il rapporto iscritti pensionati è pari a 1,85 contro il 2 del 2023. L’incremento è fortemente influenzato dalle 268 pensioni di vecchiaia dirette erogate nel 2024, nonché dalle 257 pensioni in cumulo (203 pensioni di vecchiaia e 54 pensioni anticipate). Il decremento delle prestazioni (-0,25% rispetto alla previsione assestata), ha condotto la spesa previdenziale ad attestarsi a 282,5 milioni a fronte di una previsione assestata di 283,2. L’accertamento delle entrate per contributi è pari a 401,8 milioni (incluse le sanzioni e gli interessi per ritardato pagamento) a fronte di una previsione assestata di 340,4 milioni.Il patrimonio d’investimentoIl patrimonio investito è pari a 2.479,8 milioni di euro a fronte di una valutazione a mercato di 2.608,8 milioni di euro. Il rendimento finanziario delle gestioni patrimoniali mobiliari si è attestato al +9,31%, registrando un risultato superiore rispetto all’asset allocation strategica che ha chiuso il 2024 al 9,04%. Dal conferimento dei mandati ai gestori selezionati mediante gara europea il rendimento dal 25/06/2015 al 31/12/2024 è pari a +45,24% contro il rendimento del benchmark dell’AAS che registra da inizio mandato un +48,01% (i dati sono riferiti ai mandati delle quattro case di gestione che hanno visto confermato il mandato nell’ambito della gara europea aggiudicata lo scorso 21 aprile 2022).Il nuovo gestore aggiudicatario ha conseguito un rendimento da inizio mandato al 31/12/2024 (due anni e sei mesi) positivo del 15,75% a fronte di un rendimento dell’AAS nel medesimo periodo di +19,47%.La ripresa dei mercatiNel 2024 l’andamento dei mercati finanziari è stato contraddistinto dalla prosecuzione di ripresa dei mercati che hanno ripristinato la correlazione positiva tra azionario e obbligazionario, con un recupero pressoché costante nel corso dell’anno, nonostante gli eventi geopolitici che hanno visto il proseguimento della guerra con l’Ucraina da parte della Russia, a cui si è aggiunta la nuova offensiva tra Israeliani e Palestinesi nella striscia di Gaza a fronte del Pogrom del 7 ottobre 2023.Gli eventi geo-politici e le politiche monetarie che volgono verso una riduzione moderata dei tassi hanno frenato la crescita economica mondiale. Pur registrando una contrazione dell’inflazione nel corso dell’anno, non ci sono stati riflessi negativi sui mercati, consentendo il recupero di valore sul patrimonio investito dell’ente. Tale situazione positiva è rimasta invariata fino ai primi mesi del 2025, salvo deteriorarsi verso la fine del primo trimestre per effetto dell’imprinting della politica commerciale dell’amministrazione Trump, che sta generando profonda incertezza sulla crescita economica e sugli scambi commerciali.La modifica al regolamentoL’assemblea dei delegati nel corso dell’adunanza ha inoltre approvato una modifica al regolamento della previdenza con riguardo all’assoggettamento a contribuzione previdenziale dei redditi prodotti dai soci amministratori di STP e una variazione al regolamento di assistenza al fine di meglio valutare i limiti di accesso alle prestazioni assistenziali basati sul reddito complessivo medio del nucleo familiare. LEGGI TUTTO

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    Pensioni di maggio più “leggere”, ecco perché: il calendario dei pagamenti

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    Nelle scorse ore l’Inps ha messo a disposizione dei contribuenti il cedolino relativo alle pensioni di maggio. Una volta effettuato il login tramite Spid, Cie o Cns nell’area personale MyInps, i pensionati potranno quindi prendere visione del dettaglio delle voci che compongono l’assegno spettante il prossimo mese: bisogna tener sempicemente conto del fatto che, essendo il 1° maggio un festivo, il pagamento slitterà di un giorno rispetto al tradizionale calendario.Ma per quale motivo, come qualcuno ha già avuto modo di verificare, l’importo in questa circostanza è più “leggero”? In realtà a maggio c’è semplicemente la conferma di un taglio già applicato per alcuni pensionati a partire dal mese scorso, per cui non dovrebbero essere rilevabili eccessive differenze. E questo in sostanza perché da aprile l’Istituto nazionale di previdenza sociale ha dato avvio all’applicazione di una delle novità inserite in legge di Bilancio che vanno a influire anche sulle pensioni: si fa riferimento più precisamente all’aggiornamento delle detrazioni d’iposta, più nello specifico quelle relative ai carichi familiari. A parità di lordo, quindi, diminuisce il netto percepito.Come detto, con la Finanziaria l’esecutivo ha apportato modifiche circa le detrazioni per carichi di famiglia, e queste hanno avuto conseguenze dirette anche sulle pensioni, una su tutte l’addio alla detrazione per figli over 30. Nello specifico la detrazione è riconosciuta perfigli a carico di età compresa tra 21 e 30 anni non compiuti e oltre i 30 anni ma solo in caso di disabilità accertata, nei limiti di reddito previsti;altri familiari ma solo se conviventi e ascendenti del sostituto, pertanto i genitori, detrazione “suddivisa pro quota tra gli aventi diritto, nel rispetto delle previste soglie reddituali”.Adeguando le norme, l’Inps ha quindi ricalcolato la tassazione applicata sull’assegno mensile pensionistico e determinato un conguaglio a debito per le prime tre mensilità del 2025, recuperandolo ad aprile. Nessun conguaglio a maggio, ma resta confermato l’addio a queste detrazioni: in sostanza sono state azzerate quelle per figli a carico over 30 non disabili e quelle per altri familiari a carico ad eccezione degli ascendenti conviventi (non sono più inclusi quindi fratelli e sorelle, suoceri, generi, nuore né coniugi legalmente separati). LEGGI TUTTO

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    L’Ue avverte l’Italia sul caso Unicredit-Bpm: “Uso Golden power sia proporzionato”

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    L’uso del golden power da parte degli Stati membri deve essere “proporzionato”. Il richiamo è arrivato stamattina dal portavoce della Commissione Europea Thomas Regnier, che durante il briefing con la stampa a Bruxelles è stato incalzato in merito alle condizioni poste dal governo italiano all’Ops annunciata da Unicredit su Banco Bpm. Il portavoce ha premesso che “la Commissione non commenta mai casi singoli”, ma poi, a domanda puntuale ha aggiunto che “da una prospettiva di sicurezza e ordine pubblico, gli Stati membri hanno la responsabilità di attuare restrizioni alle libertà dei mercati attraverso le loro leggi nazionali. E’ molto importante per noi che queste restrizioni alle libertà fondamentali siano consentite solo se sono proporzionate”.La Dg Fisma della Commissione Europea ha già scritto una lettera al governo italiano, di cui ha dato conto per primo il quotidiano Libero, chiedendo informazioni sulle intenzioni di usare il golden power per porre paletti ad un’acquisizione di una banca italiana da parte di un’altra banca italiana. Sulla questione è aperto un “pilot” alla Commissione, ovvero un meccanismo informale utilizzato per indagare , in via preliminare, su eventuali violazioni del diritto Ue. “Stiamo interagendo con le autorità italiane – ha confermato Regnier – in modo strutturato per ricevere informazioni aggiuntive” sull’uso del golden power per limitare l’Ops di Unicredit su Banco Bpm. LEGGI TUTTO