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    Ryanair rimborsa i costi extra sul check-in online. Chi ne ha diritto e come richiederlo

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    I punti chiave

    Una vittoria importante per tutti i cittadini che hanno dovuto sostenere costi extra nel momento del check-in online con la compagnia irlandese Ryanair: l’Antitrust ha deciso che dovranno esseere rimborsati per la cifra di 55 euro perché le indicazioni della low-cost potevano risultare ingannevoli. La stima sui rimborsi complessivi ammonta a circa un milione e mezzo di euro.La chiusura dell’istruttoriaSecondo l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm) sarebbero stati violati gli articoli 21 e 22 del Codice del Consumo: nella nota viene sottolineato che il possibile inganno ai passeggeri derivava dal fatto che non c’erano indicazioni sufficientemente adeguate fornite dalla compagnia aerea “perché non informavano adeguatamente i consumatori sul periodo di disponibilità del servizio e sul possibile aggravio di costi in caso di mancato check-in online entro il termine di scadenza fissato da Ryanair”.Il caso dei bagagli a manoMa non è soltanto un discorso relativo alla mancanza di informazioni: l’Antitrust ha anche scoperto che quando si prenotava in un’unica soluzione un biglietto di andata e ritorno, selezionando la scelta della “priority” e del bagaglio a mano, questa opzione “veniva automaticamente estesa ad entrambe le tratte”. Per questi episodi è stata decisa la cifra di 55 euro come rimborso agli utenti che corrisponde al costo complessivo del check-in che veniva effettuato in aeroporto (invece di farlo online in tempo utile per la partenza).Chi ne potrà usufruireI rimborsi riguarderanno tutti i consumatori che “tra il 2021 e il 2023 hanno inviato un reclamo alla società non conoscendo le condizioni applicabili al check-in online”. Avranno invece un voucher di 15 o 20 euro tutti i passeggeri che nell’arco di quei tre anni hanno prenotato un volo (sono stati oltre 100mila) e il check-in aeroportuale dovendo pagare il relativo supplemento. Nel secondo caso (per avere 20 euro) si dovranno comprare servizi di Ryanair Dac. “La cifra che la società si è impegnata a rimborsare si aggira intorno al milione e mezzo di euro”, spiega l’Antitrust.Cosa cambia adessoDopo questa vicenda l’Agcm rassicura i passeggeri che Ryanair modificherà “le modalità di selezione dell’opzione priorità e bagaglio a mano, così da consentire agli utenti la selezione disgiunta dello stesso servizio nei viaggi di andata e ritorno e la visualizzazione del relativo differente prezzo unitario, nonché a rimborsare i consumatori che avevano presentato un reclamo a riguardo”. Non solo, ma c’è un’altra piccola vittoria con la compagnia irlandese che dovrà apportare modifiche al sito web e all’applicazione cambiando anche le mail specificando bene entro quando ogni passeggero potrà effettuare gratis il check-in e quali saranno i costi se lo effettuerà in aeroporto. LEGGI TUTTO

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    Mfe marcia su Prosieben. Ora è a ridosso dell’Opa

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    Mfe rafforza la presa su ProSiebenSat. L’ex Mediaset ha aumentato la propria partecipazione nel gruppo televisivo tedesco raggiungendo il 29,99% del capitale, a un soffio dalla soglia di Opa. La comunicazione è arrivata dalla Commissione tedesca sulla concentrazione nei media in quanto Mfe non ha alcun obbligo di notifica. Va precisato che l’aumento della quota non conferisce a Mfe alcuna influenza di controllo. Il gruppo media di Cologno Monzese in precedenza era al 28,9% del capitale e al 29,9% di diritti di voto. Adesso, oltre a sfiorare la soglia del 30% del capitale, si assicura il 30,8% dei diritti di voto.Una mossa che può essere interpretata come ulteriore elemento di pressing sui tedeschi. Il gruppo guidato da Pier Silvio Berlusconi spinge per la cessione da parte di ProSiebenSat delle sue attività non strategiche, ossia quelle esterne al business televisivo quali i siti di ecommerce Verivox e Flaconi. In pressing sul broadcaster tedesco c’è anche il gruppo ceco Ppf, secondo maggiore azionista con una quota del 15% circa; nei giorni scorsi il ceo di Ppf, Jiri Smejc, ha esternato l’insoddisfazione per l’attuale gestione. «Non abbiamo la sensazione che il management stia facendo un lavoro abbastanza buono», sono state le dure parole di Smejc che vede il potenziale per una gestione migliore dell’azienda tedesca.Sempre ieri dalla galassia Berlusconi sono arrivati i conti di Mondadori. Nei primi nove mesi dell’anno i ricavi consolidati si sono portati a 705,8 milioni di euro, in crescita del 3,8% rispetto all’analogo periodo del 2023. In progresso anche il margine operativo lordo (ebitda) che a livello rettificato risulta di 133,3 milioni (+3,1%) grazie prevalentemente alle aree Libri Trade, Retail e Media. Arretra invece l’utile netto a 59,3 milioni, in contrazione di 7 milioni, di cui circa 5 milioni derivanti da maggiori ammortamenti, ed i restanti 2 milioni da una maggiore quota del risultato di pertinenza di terzi (+1,3 milioni) e da maggiori oneri fiscali.«La dinamica positiva di ricavi ed ebitda adjusted e la rilevante generazione di cassa ci hanno consentito di finanziare le acquisizioni, di aumentare la remunerazione agli azionisti e di confermare gli obiettivi che ci eravamo posti come target per l’esercizio 2024», ha commentato Antonio Porro, amministratore delegato e direttore generale del gruppo di Segrate. LEGGI TUTTO

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    Aspi ha investito 1,7 miliardi nel potenziamento della rete

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    Numeri in crescita per il gruppo Autostrade per l’Italia (Aspi). La società che gestisce oltre 3mila chilometri di rete autostradale in Italia ha chiuso i primi nove mesi dell’anno con un utile netto di pertinenza del gruppo pari a 867 milioni di euro, in deciso progresso rispetto ai 807 milioni dell’analogo periodo del 2023. Su base omogenea l’utile del periodo segna un incremento di 54 milioni. I ricavi operativi di Aspi risultano pari a 3,34 miliardi sui nove mesi, in progresso di 32 milioni, mentre il margine operativo lordo (ebitda) evidenzia una crescita del 5% a 2,115 miliardi (ebitda cash +4%). Al 30 settembre l’indebitamento finanziario netto del gruppo risulta pari a 9,77 miliardi. Il cash flow operativo ammonta a 1.409 milioni, con riserve di liquidità pari a 4,9 miliardi che «assicurano il pieno supporto agli impegni di investimento in programma», rimarca la società guidata da Roberto Tomasi (in foto).Da inizio anno sono stati sostenuti investimenti per 1,7 miliardi (in aumento di oltre 0,3 miliardi rispetto ai primi nove mesi 2023) nell’ambito del piano di manutenzione della rete autostradale, in linea con il programma che prevede circa 2,3 miliardi per l’intero 2024.Lo scorso mese Tomasi ha rimarcato come su un orizzonte di 15-20 anni serviranno 14 miliardi di investimenti per l’ammodernamento della rete a cui andranno aggiunti 19 miliardi circa per il potenziamento di alcuni nodi in grandi città quali Bologna e Genova. LEGGI TUTTO

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    Faro punta a 1 miliardo. Focus sulle pmi del lusso

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    Capeggia il nome di Marco Bizzarri, ex numero uno di Gucci, nella squadra messa insieme da Augusto Balestra (foto) per attirare l’interesse di grandi investitori a supporto del tessuto imprenditoriale italiano. Il fondo Faro Alternative Investments, presentato ieri in Borsa Italiana a una platea di circa 500 investitori, mira a raccogliere oltre 1 miliardo di euro entro il 2026 con i quali andare a caccia di opportunità in Italia e non solo. Il fondo di private equity, costituito ad aprile, ha già raccolto quasi 150 milioni tra investitori privati e family office e buona parte sono già stati investiti; adesso l’obiettivo è accelerare la raccolta allargando il raggio d’azione a investitori istituzionali. Balestra, ceo di Faro Value, lead advisor di Faro Alternative Investments, ha anticipato che sono in atto cinque due diligence con importanti investitori istituzionali italiani ed esteri. «Siamo imprenditori che hanno deciso di investire supportando le pmi italiane. È un progetto ambizioso con un forte potenziale di sviluppo internazionale grazie a un ecosistema capace di aggregare competenze verticali e diversificate in un’unica piattaforma», ha detto Balestra, spiegando che il progetto Faro è in continuità con quanto fatto con Orienta Capital Partners, di cui è socio fondatore e che ha fatto in questi anni 25 investimenti con delle exit mediamente otto volte l’investito. Il fondo di investimenti alternativi vanta già tre comparti: uno dedicato all’economia reale, uno al lusso e uno all’innovazione; un quarto comparto, destinato al mercato dei capitali, è in fase di costituzione e si focalizzerà su aziende già quotate o prossime alla quotazione. LEGGI TUTTO

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    Tim prosegue sulla linea del risanamento

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    Tutto procede secondo i piani in Tim, che proprio ieri ha diffuso i dati della prima trimestrale senza il contributo della rete e confermando le promesse fatte al mercato. Il gruppo guidato da Pietro Labriola (nella foto) ha visto scendere sotto 8 miliardi di euro l’indebitamento finanziario netto (di oltre un centinaio di milioni) e mostra una serie non breve di segni più, perfino per la sua tanto vituperata divisione Consumer (quella della telefonia mobile) che ha visto ricavi in lieve aumento (+0,2% sullo stesso periodo di un anno fa) a 4,5 miliardi nei nove mesi. Una dinamica supportata dai ritocchi di prezzo e dall’ottimo andamento di Tim Vision (+23%).La parte più significativa della torta dei ricavi (cresciuti del 3,4% a 10,7 miliardi, bene anche quelli domestici a 7,4 miliardi +1,8%) è composta dalle due divisioni rampanti: la controllata Tim Brasil ed Enterprise, società dei servizi alle imprese. Ebbene, la prima ha fatturato 3,3 miliardi (+7,1%) e la seconda 2,3 miliardi (+5,8%). A fare da traino, in particolare, sono i servizi di connettività e la grande crescita sul cloud (+22% «grazie anche alla spinta del Polo Strategico Nazionale», si legge sulla nota di Tim), della Security (+84% anno su anno) e dell’IoT (+27% anno su anno). Il futuro di questa divisione pare destinato ad evolvere sotto una buona stella: il valore dei contratti firmati nei nove mesi sono infatti saliti del 67% a 3,5 miliardi. Tornando ai dati complessivi di gruppo, da evidenziare la crescita dell’Ebitda (il margine operativo lordo) che è aumentato dell’8,7% anno su anno a 3,3 miliardi (+8,3% il domestico a 1,6 miliardi di euro e +9% il Brasile a 1,6 miliardi di euro): dato che, nella sua versione al netto dei canoni di locazione, sale all’11,1% a quota 2,7 miliardi. Dimezzata anche la perdita all’ultima riga di bilancio, passata da 1,12 miliardi di un anno fa ai 509 milioni odierni.Tutti questi numeri, ha precisato il gruppo tlc nella sua nota, sono stati presentati con «informazioni economico-finanziarie gestionali che, per i trimestri anteriori al closing della cessione» della rete a Fibercop (avvenuta a luglio), «simulano gli effetti dell’operazione di separazione di NetCo come se la cessione della stessa fosse avvenuta l’1 gennaio 2023». Le informazioni, inoltre, «considerano anche gli effetti dei rapporti commerciali con FiberCop spa, che derivano dal Msa (Master Service Agreement) e, a partire dal terzo trimestre 2024, anche del Transitional Services Agreement, nonché gli impatti derivanti dalla contestuale riorganizzazione delle attività domestiche negli ambiti Tim Consumer e Tim Enterprise». LEGGI TUTTO

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    Devi sostituire frigo e lavatrice? Ecco come ottenere gli incentivi

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    Frigo o lavatrice troppo vecchi? Il Bonus elettrodomestici è la soluzione! La misura offre una detrazione Irpef per chi acquista nuovi mobili e grandi elettrodomestici in case ristrutturate. La proposta riguarda un incentivo per sostituire vecchi elettrodomestici con modelli almeno di classe energetica B, coprendo il 30% della spesa, fino a 100 euro o 200 euro. Ecco tutto ciò che c’è da sapere.La misureLa proposta arriva dal Carroccio. “La Lega al governo promuove misure concrete per sostenere le famiglie, innescando al contempo meccanismi virtuosi con molteplici benefici per la nostra salute economica. In quest’ottica si inserisce la proposta di legge a mia prima firma, tradotta in emendamento alla manovra finanziaria, per incentivare la sostituzione di grandi elettrodomestici obsoleti (frigo, lavatrice e lavastoviglie) con apparecchi a più elevata classe energetica, non inferiore alla B”, lo annuncia in una nota Alberto Luigi Gusmeroli, presidente della commissione Attività produttive della Camera e responsabile Fisco della Lega.Quanto vale la misuraL’agevolazione coprirà il 30% della spesa, fino a un massimo di 100 euro (o 200 euro per famiglie con reddito annuo sotto i 25mila euro), con un fondo di 100 milioni di euro annui per il triennio 2025-2027. “Con questo intervento -afferma Gusmeroli – si svecchia il parco grandi elettrodomestici italiani, in gran parte vetusto: il conseguente incremento dell’efficienza farà risparmiare le famiglie sul costo della bolletta (e minori consumi significano minor inquinamento), stimolando il nostro sistema industriale con tutela dei relativi livelli occupazionali e della competitività dei diversi siti produttivi operanti nel comparto, e in ultimo supportando il settore del riciclo dei vecchi elettrodomestici, dove pure l’Italia ricopre un ruolo di leadership a livello europeo. Una dimostrazione concreta di come si debba e si possa fare sostenibilità e transizione ecologica guardando alla ‘sostenibilità’ anche sociale ed economica dei provvedimenti”.Proroga del Bonus mobili ed elettrodomestici per il 2025In questo contesto è bene specificare che il Bonus mobili, che inizialmente doveva concludersi alla fine del 2024, è stato prorogato fino al 2025 grazie alla recente Manovra annunciata dal viceministro dell’Economia Maurizio Leo. Questo incentivo fiscale è pensato per chi deve acquistare mobili e grandi elettrodomestici nuovi con una determinata classe energetica. Per poter beneficiare dell’agevolazione, i forni devono appartenere almeno alla classe A, le lavatrici, lavasciugatrici e lavastoviglie alla classe E, e frigoriferi e congelatori alla classe F. Anche le spese per trasporto e montaggio possono essere incluse, purché il pagamento avvenga con modalità tracciabili come bonifico, carta di credito o debito. LEGGI TUTTO

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    Mps, il ministero dell’Economia vende un altro 7%: incasso da mezzo miliardo

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    Il Ministero dell’Economia dà seguito alle sue promesse e piazza sul mercato un altro 7% di Mps. A comunicarlo è lo stesso ministero guidato da Giancarlo Giorgetti, che ha così avviato una procedura accelerata di raccolta (un modo per piazzare attraverso il mercato la quota agli investitori istituzionali) per 88.178.280 milioni di azioni ordinarie dell’istituto guidato da Luigi Lovaglio. Una volta andata a segno, quindi, l’operazione vedrà scendere l’azionista pubblico sotto il 20% (a circa il 19,7%), una soglia che dovrebbe accontentare l’Europa, con la quale lo Stato italiano aveva preso un impegno per abbandonare gradualmente il capitale di Mps. LEGGI TUTTO

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    Bollette, il rebus dei “vulnerabili”

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    Società elettriche in allarme per il ddl Concorrenza. In commissione Attività produttive della Camera entra nel vivo il voto degli emendamenti in vista del passaggio in Aula previsto per il 26 novembre prossimo. Una proposta di modifica, in particolare, ha messo in allarme le utility italiane. L’ha firmata Alberto Gusmeroli, deputato della Lega e presidente della stessa commissione, e mira a tutelare gli utenti.Dopo la piena liberalizzazione del mercato, infatti, a partire dallo scorso luglio i clienti del servizio di maggior tutela che non hanno esercitato nessuna opzione di passaggio a un nuovo contratto sono diventati utenti delle società che si sono aggiudicate le aste area per area e a loro viene applicata la tariffa Stg (servizio a tutele graduali). Non tutti, però, sono “migrati”. Gli anziani over 75, i disabili cui si applica la legge 104, le persone in difficoltà economica (che accedono al bonus elettrico con l’Isee), le persone gravemente malate che necessitano di apparecchiature alimentate elettricamente per la sopravvivenza, coloro che vivono in abitazioni di fortuna a causa di eventi calamitosi e gli abitanti delle isole non interconnesse alla rete elettrica nazionale sono rimasti con il vecchio fornitore con il nuovo servizio di maggior tutela per i vulnerabili.Nello scorso settembre, tuttavia, questi ultimi hanno ricevuto un’amara sorpresa. Le tariffe per i vulnerabili sono, infatti, meno convenienti di quelle applicate per l’Stg. Si stima che l’aggravio si aggiri attorno ai 120 euro annui con punte di 170 euro. L’emendamento Gusmeroli al ddl Concorrenza propone di consentire agli utenti vulnerabili, attualmente nel mercato libero o in maggior tutela, di accedere all’Stg. Questo passaggio, si spiega, permetterebbe loro di beneficiare di tariffe più basse, con un risparmio stimato di circa 113 euro all’anno a famiglia e un risparmio complessivo nazionale di oltre 1,3 miliardi di euro. La proposta include anche l’istituzione di un numero unico, gestito dallo Sportello del Consumatore Arera (l’Authority dell’Energia e delle Reti), per facilitare il passaggio e ridurre le barriere burocratiche per questi utenti.Il dibattito è aperto, ma le società elettriche sono preoccupate. Si tratta di un aggravio che potrebbe avvicinarsi ai 2 miliardi di euro in tre anni. Non si tratta, infatti, di computare nel calcolo i circa 3,7 milioni di attuali clienti vulnerabili ma di estendere la portata del beneficio a circa 5 milioni di utenze considerati sia il trend demografico che la possibilità per i clienti del mercato libero di tornare sui propri passi. In pratica, ogni aggiudicatario potrebbe veder raddoppiare la propria clientela. A questo tipo di valutazione sistemica se ne deve aggiungere un’altra di natura “statistica”. Un cliente vulnerabile per sua natura è maggiormente “rischioso” in quanto la probabilità di insoluto è più elevata e il servizio non si può interrompere proprio per la sua funzione di utilità sociale. LEGGI TUTTO