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    Manovra, oggi vertice di maggioranza. Fratelli d’Italia insiste sul condono edilizio

    La strada per chiudere la Manovra è ancora lunga: il governo che deve fare ordine tra le migliaia di emendamenti – 5.700 in tutto – presentati anche dalla stessa maggioranza. Toccherà al vertice convocato a Palazzo Chigi intorno alle 18 di oggi (dopo il Consiglio dei ministri delle 17), capitanato dalla premier Meloni e dal ministro dell’Economia Giorgetti, provare a trovare una quadra tra le richieste di modifica al testo della Legge di Bilancio. Fratelli d’Italia conferma tutti i suoi cavalli di battaglia: pagamenti in contanti anche sopra i 5mila euro, previdenza complementare per i nuovi nati, condono edilizio e riserve auree di Bankitalia. Ma non tutti gli alleati sono d’accordo. La Lega di Matteo Salvini si è già detta contraria alle proposte di sanatoria edilizia così come ipotizzate finora, rilanciando con il meccanismo del silenzio-assenso: i Comuni devono rispondere entro sei mesi, se non lo fanno l’immobile è in regola. 

    Salvini: “No condono, ma 6 mesi di silenzio-assenso”

    Al posto del condono, per risolvere il problema dei “milioni di pratiche arretrate”, Salvini spinge quindi per “dare 6 mesi al massimo di tempo agli enti locali per rispondere alle migliaia di cittadini che hanno fatto domanda di condono 5 anni fa o 40 anni fa, pagando”. I Comuni, aggiunge, “devono dare una risposta e se non lo fanno entro sei mesi, vale il silenzio assenso, e vuol dire che quell’immobile ha tutti i diritti e tutti i permessi”.
    Le ipotesi di condono
    Il viceministro dell’Economia Maurizio Leo sembra però confermare che lo spazio per la sanatoria edilizia, in un modo o nell’altro, si troverà. Almeno per la Campania: “La situazione particolare di quella Regione è sotto gli occhi di tutti”. Da capire, però, per quale dei quattro condoni proposti dal partito della premier ci potrà essere il disco verde. In due casi, infatti, si interviene sulla sanatoria del 2003 – quella che riguarderebbe in particolare la Regione Campania – mentre un altro apre ad un condono per sanare opere abusive ultimate entro il 30 settembre 2025 e l’ultimo ipotizza per i Comuni una regolarizzazione abusi edilizi, in seguito ai procedimenti previsti dalle sanatorie del 1985, 1994 e 2003 entro il 31 marzo 2026. LEGGI TUTTO

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    Caso Garofani, se il vero «complotto» è contro Schlein e non contro Meloni

    Ascolta la versione audio dell’articoloE se il complotto intravisto da Fratelli d’Italia dietro le parole del consigliere del Quirinale Francesco Garofani non fosse contro la premier Giorgia Meloni bensì contro la leader del Pd Elly Schlein?E se lo «scossone» evocato da Garofani fosse contro Schlein?Per intenderci: una volta posata la polvere sull’inedita frizione tra Palazzo Chigi e Colle, l’auspicato «scossone» e l’invocato intervento della «provvidenza» sembrano avere nel mirino più Schlein, considerata negli ambienti degli ex popolari del Pd (e non solo) inadeguata a guidare un centrosinistra realmente competitivo in vista delle elezioni politiche del 2027, che Meloni. Con la quale, va ricordato, l’inquilino del Colle ha dall’inizio della legislatura un proficuo rapporto di collaborazione sul fronte più rilevante in questa fase, quello della politica estera: nessuno più di Sergio Mattarella ha aiutato la premier a tenere la linea euroatlantica e di appoggio a Kiev, linea da cui non si è mai fin qui discostata nonostante le ambiguità del rapporto con la Lega di Matteo Salvini e le difficoltà con l’attuale amministrazione Usa.Loading…La preoccupazione degli ex Ppi: non affievolire l’euroatlantismoInsomma, lo «scossone» incautamente evocato da Garofani durante un’occasione privata potrebbe non servire a scalzare Meloni da Palazzo Chigi ma piuttosto Schlein da Largo del Nazareno. Non è d’altra parte un mistero che Garofani ha una storia politica, come è normale che sia, e che ha militato nella stessa “corrente” democristiana del Presidente: nel Ppi, nella Margherita, nell’Ulivo e poi nel Pd di cui è stato parlamentare. Il dato politico non è che Garofani abbia una storia politica, ma che consideri l’attuale dirigenza del Pd non adeguata, troppo schiacciata su posizioni radicali e sul M5s e a rischio di affievolire l’euroatlantismo che ha sempre caratterizzato il partito.Gentiloni, Prodi, Castagnetti, Zanda: tutti i critici di Schlein vicini al ColleLa preoccupazione degli ambienti democratici vicini al Colle è reale ed è ormai uscita all0 scoperto: gli ex premier Paolo Gentiloni e Romano Prodi hanno più di una volta avvertito nelle ultime settimane che al momento un’alternativa alla destra guidata da Meloni non c’è e che è necessario “deradicalizzare” l’offerta politica del centrosinistra per tornare a parlare al mondo cattolico e moderato, così come al ceto medio e ai ceti produttivi del Nord, per sperare di poter vincere le elezioni politiche del 2027. E quindi, di conseguenza, per tenere in mano il mazzo delle carte quando, nel gennaio del 2029, scadrà il secondo mandato di Mattarella al Quirinale. Come Gentiloni e Prodi la pensa anche un frequentatore del Presidente come l’ultimo segretario del Ppi Pierluigi Castagnetti nonché un altro big della passata stagione democratica come Luigi Zanda.Il ruolo di Guerini e dei riformisti dem…E come loro la pensa Lorenzo Guerini, il più importante dei “soldati” dem del Presidente ancora in Parlamento (l’espressione fu usata da Enrico Letta quando fu chiamato da Giorgio Napolitano a ricoprire la carica di presidente del Consiglio dopo il fallimento del tentativo di metter su un governo Pd-M5s da parte dell’allora segretario dem Pier Luigi Bersani). Non a caso Guerini, già ministro della Difesa e ora presidente del Copasir e fiero euroatlantista, è stato tra i promotori – assieme a Giorgio Gori, Graziano Delrio, Pina Picierno, Lia Quartapelle, Filippo Sensi e altri – della nascita della nuova corrente ultra riformista “Crescere” a fine ottobre. Corrente che è stata non a caso benedetta da Prodi e che tornerà a riunirsi a fine mese a Prato, in contemporanea con la convention di Montepulciano del cosiddetto “correntone” pro Schlein di Dario Franceschini, Andrea Orlando e Giuseppe Provenzano. Anche loro, fuor di taccuino, dubbiosi sul fatto che Schlein possa essere un candidato valido nella competizione con Meloni. LEGGI TUTTO