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    Meloni: l’impegno dell’Italia è consolidare il dialogo Ue-Usa

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaLa scelta di essere presente all’inauguration day di Donald Trump è di per sé eloquente. Giorgia Meloni vuole però ribadirlo esplicitamente al termine della cerimonia del giuramento: l’impegno dell’Italia sarà «consolidare il dialogo tra Stati Uniti ed Europa». Un ruolo da pontiere che sarà complicato portare avanti e che già nelle prossime ore sarà messo alla prova dopo l’annuncio, per ora generico, da parte del presidente Usa sulla nuova politica di dazi alle importazioni. Una partita fondamentale anche per l’Italia, secondo esportatore negli States dopo la Germania.Proprio la debolezza di Berlino (le elezioni saranno tra un mese) parallelamente alle difficoltà di Emmanuel Macron in Francia le offrono un trampolino che la premier intende sfruttare fino in fondo. «Sono certa che l’amicizia tra le nostre Nazioni e i valori che ci uniscono continueranno a rafforzare la collaborazione tra Italia e USA, affrontando insieme le sfide globali e costruendo un futuro di prosperità e sicurezza per i nostri popoli», scrive nel suo messaggio di auguri su X dopo aver assistito in Campidoglio alla cerimonia.Loading…Più o meno quello che aveva già detto poche ore dopo a Washington, lei unica leader europea ad essere stata inviata, che di primo mattino era nella chiesa episcopale di st John, proprio di fronte alla Casa Bianca per partecipare alla messa di «benedizione» del nuovo Commander in Chief. Un segnale di attenzione da parte di Trump, già emerso nel breve faccia a faccia a Parigi in occasione della riapertura di Notre Dame prima di Natale e – ancora più evidente – durante il blitz di poche ore a Mar-a-Lago della premier e culminato ieri nella presenza alla cerimonia a Capitol Hill.Meloni seduta vicino al Presidente argentino Javier Milei e poco distante dal vicepresidente cinese Han Zheng, e dai “big tech Ceo”, tra cui ovviamente spicca elon Musk, non lesina applausi a Trump e si alza in piedi quando il nuovo inquilino della Casa Bianca, con riferimento alle guerre in corso e a quelle che potrebbero arrivare, dichiara l’intenzione di indossare i panni del «pacificatore».La presidente del Consiglio sta bene attenta a non perdere l’aplomb istituzionale. Non ha alcuna intenzione di essere etichettata come una “fan” di Trump come invece rivendica il suo alleato Matteo Salvini che probabilmente sarebbe atterrato ieri a Washington se lei non fosse stata presente. Fino all’ultimo infatti la premier ha evitato di far sapere (anche ai suoi vice) quali fossero le sue intenzioni. Una riservatezza che certamente l’aiuta a mantenere buoni rapporti sull’altro fronte, quello europeo, come conferma la telefonata intercorsa con la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, prima di decollare da Roma. LEGGI TUTTO

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    Autonomia differenziata, dopo il no al referendum che cosa succede ora?

    Ascolta la versione audio dell’articolo4′ di letturaDiciamo pure subito, senza timore di essere smentiti, che una campagna elettorale con le regioni del Nord e quelle del Sud le une contro le altre armate non era una prospettiva troppo gradita nei due palazzi che si fronteggiano sul Colle più alto di Roma, il Quirinale e la Consulta. Ma naturalmente la decisione dei giudici costituzionali di stoppare il referendum abrogativo sulla legge Calderoli, legge ordinaria in attuazione dell’articolo 116 della Costituzione sull’autonomia differenziata, ha una ragione giuridica evidente: dopo la sentenza della stessa Corte costituzionale 192 del 14 novembre scorso in seguito al ricorso di quattro regioni a guida centrosinistra – sentenza che ha di fatto smontato la legge impugnata cancellandone 7 punti e riscrivendone in modo “costituzionalmente corretto” altri 5 – della Calderoli resta ben poco.Lo stop della Consulta: no a un referendum su una legge che non c’è più«La Corte ha rilevato che l’oggetto e la finalità del quesito non risultano chiari. Ciò pregiudica la possibilità di una scelta consapevole da parte dell’elettore», recita la nota serale della Consulta per la stampa, in attesa del deposito delle motivazioni. Come a dire: se non c’è più l’oggetto, su cosa si vota? Non solo. Proprio perché a restare in piedi è di fatto solo il principio dell’autonomia differenziata, principio contenuto nell’articolo 116 con la riforma del Titolo V voluta dall’allora centrosinistra nell’ormai lontano 2001, «il referendum verrebbe ad avere una portata che ne altera la funzione, risolvendosi in una scelta dell’autonomia differenziata, come tale, e in definitiva sull’articolo 116, terzo comma della Costituzione; il che non può essere oggetto di referendum abrogativo, ma solo eventualmente di una revisione costituzionale».Loading…Il sospiro di sollievo di Palazzo Chigi, che evita lo scontro su tema divisivoIl primo grande sospiro di sollievo arriva da Oltre Oceano, ed è quello di Giorgia Meloni. La premier, impegnata nella cerimonia di insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti Donald Trump, si evita infatti una campagna elettorale insidiosissima, campagna che la avrebbe costretta a difendere una legge che non ha mai sentito sua e che la avrebbe costretta a subire la propaganda di un’opposizione per una volta unita attorno alla bandiera dell’unità del Paese contro la legge “spacca Italia”. E tutto sommato a tirare un sospiro di sollievo è la stessa Lega. Che con il governatore del Veneto Luca Zaia sostiene che «la Corte ha prima affermato la costituzionalità della legge, suggerendo i correttivi, e oggi pone la parola fine al referendum togliendo incertezza alla fase operativa».E ora? Primo step nuova legge delega sui Lep. Ma con calmaFase operativa che, tuttavia, dopo l’intervento della Consulta con la sentenza 192 del 2024 avrà per forza di cose tempi lunghi. Le Camere, hanno dettato i giudici costituzionali, si devono poter esprimere compiutamente su tutti i passaggi fondamentali della riforma, dai provvedimenti che fissano gli ormai famosi quanto ancora imprecisati Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) fino alle intese con le singole regioni, che potranno essere emendate dal Parlamento a differenza di quanto previsto fin qui dalla legge quadro. Inoltre ad essere trasferite non potranno essere le materie in blocco ma solo singole funzioni. Dulcis in fundo, va preventivamente calcolato l’impatto dei Lep e del loro finanziamento integrale su saldi di finanza pubblica che difficilmente possono sopportare nuova spesa, e che ora sono stati fissati in un Piano strutturale di bilancio non più modificabile a meno di eventi eccezionali.I tempi lunghi investiranno per par condicio anche il premieratoNell’immediato il primo passaggio obbligato è la riscrittura in modo puntuale e non generico della legge delega sui Livelli essenziali di prestazione (Lep). «La Corte ha detto che la delega deve essere chiara, non può essere generica, e ha chiesto un maggior coinvolgimento del Parlamento. Faremo in modo che le Camere possano emendare le intese», conferma il presidente meloniano della commissione Affari costituzionali Alberto Balboni. Ma né Meloni né Forza Italia hanno voglia di riaprire subito la questione («scriveremo una legge equilibrata», dice il vicepremier e leader azzurro Antonio Tajani). Insomma, tempi lunghi. Che investiranno anche – per par condicio – l’altra riforma costituzionale in campo, quella del premierato. Tanto che la stessa premier, nella conferenza stampa di inizio anno, ha evocato il referendum confermativo sulla “sua” riforma dopo le prossime elezioni politiche. LEGGI TUTTO

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    Referendum, Consulta boccia quesito su Autonomia. Ammissibili gli altri 5

    La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile il referendum abrogativo della legge sull’Autonomia differenziata delle Regioni. Per la  Corte, formata oggi dai soli 11 giudici, “l’oggetto e la finalità del quesito non risultano chiari”. La Consulta si era già espressa il mese scorso in merito alla cosiddetta ‘legge Calderoli’, sottolineando – ai fini di compatibilità costituzionali – la necessità di correzioni su sette profili della stessa legge: dai Livelli essenziali di prestazione (Lep) alle aliquote sui tributi. 
    La Corte costituzionale ha sancito che “il referendum verrebbe ad avere una portata che ne altera la funzione, risolvendosi in una scelta sull’autonomia differenziata, come tale, e in definitiva sull’art. 116, terzo comma, della Costituzione”: ciò “non può essere oggetto di referendum abrogativo, ma solo eventualmente di una revisione costituzionale”.  La sentenza sarà depositata nei prossimi giorni.  LEGGI TUTTO

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    Autonomia, per la Consulta inammissibile il referendum abrogativo

    Tajani: scriveremo una legge equilibrataLo stop della Consulta ad una proposta di referendum che aveva «oggetto e finalità del quesito non chiari», presentato «come è evidente solo nel vano tentativo di indebolire maggioranza e il governo, consentirà al Parlamento di rimettersi subito al lavoro. Saremo impegnati a scrivere un testo equilibrato, che tenga conto dei rilievi della Corte, a partire da quelli sui servizi minimi essenziali che, come abbiamo sempre detto, devono essere garantiti a tutti i cittadini, ovunque siano nati o si trovino. Forza Italia sarà garante che la legittima richiesta di una maggiore autonomia da parte delle regioni che hanno un più alto residuo fiscale non si traduca in alcun modo in una penalizzazione delle altre, che devono al contrario essere messe nelle condizioni di aumentare qualità e quantità dei servizi offerti ai cittadini. Siamo fiduciosi di poter approvare una legge che promuova e valorizzi le specificità e le ricchezze dei territori, facendo crescere l’Italia tutta insieme». Così in una nota Antonio Tajani, segretario nazionale di Forza Italia.Zaia: Consulta chiarisce ogni dubbio su percorso autonomia Tra le prime reazioni alla decisione della Consulta di non ritenere ammissibile il quesito referendario per l’abrogazione della legge dell’autonomia differenziata, quella del presidente del Veneto. «Con questa nuova sentenza la Corte Costituzionale mette fine alla vicenda referendaria con l’assoluta imparzialità che deve esserle propria. Questo pronunciamento contribuisce a chiarire ogni dubbio sul percorso dell’autonomia, che continuerà a svilupparsi nel pieno rispetto della Costituzione, delle indicazioni della Consulta e del principio di Unità nazionale, mantenendo al centro i valori di sussidiarietà e solidarietà», è il commento di Luca Zaia.Pd: avanti con la mobilitazione di questi mesi«L’autonomia differenziata è probabilmente la peggiore legge di questa legislatura ed era nei fatti già stata demolita dalla Corte per vari motivi: dal tema del trasferimento delle funzioni alla definizione dei Lep, fino alla centralità del Parlamento, sono tanti i pasticci di una destra che a parole si è autoproclamata patriota, ma che nei fatti ha aumentato divari e disuguaglianze, definito che le opportunità dipendano dal luogo in cui nasci, legittimato l’idea che in Italia debbano esistere cittadini di serie A e di serie B. Il PD continuerà a battersi in Parlamento valorizzando gli argomenti e la straordinaria mobilitazione di questi mesi grazie alla quale sono state raccolte centinaia di migliaia di firme in pochissimo tempo. Calderoli ed i presidenti di Regione del nord che hanno sottoscritto le intese si arrendano, la loro secessione mascherata non si realizzerà mai». Così in una nota Marco Sarracino della segreteria del Partito Democratico, responsabile Mezzogiorno.M5S: legge già demolita e svuotata da ConsultaLa legge Calderoli «è già stata smantellata nei suoi pilastri portanti e di fatto svuotata dalla stessa Corte Costituzionale poche settimane fa. Ora governo e maggioranza sono obbligati o ad abbandonare del tutto il progetto o a confrontarsi con il M5S e le altre opposizioni in Parlamento con una completa riscrittura della disciplina in conformità ai dettami costituzionali. Il progetto che la Lega e tutto il governo Meloni volevano propinare agli italiani avrebbe messo in ginocchio non solo il Sud Italia ma anche tanti territori del Centro e del Nord e quindi, in poco tempo, tutta l’Italia. La Consulta lo ha fatto a pezzi articolo per articolo. La nostra battaglia per difendere e rafforzare la coesione sociale, la qualità dei servizi pubblici essenziali e la loro capillarità va avanti con la determinazione di sempre». A dirlo i rappresentanti del M5S nelle commissioni Affari Costituzionali della Camera e del Senato Enrica Alifano, Carmela Auriemma, Roberto Cataldi, Alfonso Colucci, Felicia Gaudiano, Alessandra Maiorino e Pasqualino Penza.Ceccanti: nodo era mancanza chiarezza quesito«Il nodo insuperabile per l’ammissibilità del referendum sull’autonomia come riformulato dalla Cassazione era costituito dalla mancanza di chiarezza del quesito che avrebbe portato a un anomalo plebiscito su un articolo della Costituzione». Il costituzionalista Stefano Ceccanti commenta così la decisione della Consulta di dichiarare inammissibile il quesito per l’abrogazione della legge sull’autonomia differenziata. LEGGI TUTTO

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    Dai riformisti ai cattolici, la partita al centro interroga il Pd

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaGuarda al dibattito interno e sul centro con una certa di dose di pragmatismo, la segretaria Dem Elly Schlein. I contributi di questi giorni dal mondo cattolico a Milano e da quello riformista a Orvieto sono, di fatto, un segno costruttivo di vitalità. Quella del Pd, a differenza dei partiti della maggioranza, avrebbe ragionato con i suoi, è una comunità che discute. Certo, la richiesta di avere più voce in capitolo dell’area riformista con un big come Paolo Gentiloni a tracciare la linea non è passata inosservata. Ma, d’altra parte, c’è stato anche il riconoscimento chiaro – viene fatto notare al Nazareno – di un partito che ha ripreso quota con la sua segreteria passando in due anni e mezzo dal 14 al 24%.L’opposizione al governo MeloniL’impegno, in questo momento, è comunque concentrato sull’opposizione al governo di Giorgia Meloni, per i dibattiti sulle alleanze – ragiona qualcuno dalla segreteria – ci sarà tempo. In ogni caso, il weekend segnato dai due appuntamenti di Milano e Orvieto ha riportato nel dibattito interno una serie di questioni. Quelle poste da un lato dal fronte cattolico con la prima uscita pubblica di Ernesto Maria Ruffini e quello dell’area riformista con l’appuntamento di Libertà Eguale di Enrico Morando a Orvieto che ha visto la presa di posizione chiara di Paolo Gentiloni. L’idea dell’ex premier del fare qualcosa in più per “delineare l’alternativa” è la linea indicata anche da Morando nel suo intervento nel quale ha evidenziato la necessità di «lavorare per organizzare una scossa riformista». Insomma, la richiesta venuta da Orvieto appare ancora una volta quella di evitare un eccessivo schiacciamento a sinistra del partito. Intanto anche l’area cattolica si è fatta sentire.Loading…La ricerca di una sintesi sulle questioni divisiveInsomma, da un lato e dall’altro, in questo weekend gli input alla segretaria non sono mancati. Lei, per il momento, tira dritto sulla strada, appunto, della concretezza, assicurano i suoi. Certo, la discussione può, di sicuro essere segno di vivacità interna ma il punto ora sarà trovare una sintesi anche a fronte di una serie di questioni che rischiano di essere divisive. Tra le altre, certamente, quella del terzo mandato con le prese di posizione del sindaco di Milano Beppe Sala e del presidente del Copasir Lorenzo Guerini. E ancora quella del lavoro soprattutto se la Consulta dovesse dare il via libera ai referendum, in particolare a quello che riguarda il job act. Un tema sul quale non c’è completa assonanza di vedute tra tutte le anime del partito.Il consiglio nazionale M5sIntanto oggi è prevista la riunione del consiglio nazionale M5s. Ed è di oggi l’annuncio del capogruppo alla Camera uscente Francesco Silvestri che non si ricandiderà per quel ruolo per dare il proprio contributo per la costruzione del partito. «Dopo due anni e mezzo, e soprattutto dopo le traiettorie delineate dall’assemblea costituente – ha spiegato – ho deciso di dedicare tutto me stesso alla costruzione del partito. E per questo di non ricandidarmi per il ruolo di capogruppo alla Camera. Ora a cambiare sarà il contesto, ma il mio impegno e la mia determinazione per la crescita del Movimento saranno sempre le stesse». LEGGI TUTTO

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    Guerra Ucraina, Crosetto: “Utile mandare militari sul posto per capire il conflitto”

    Mondo
    Armi nucleari tattiche: cosa sono, differenze con strategiche, effetti

    Le armi nucleari tattiche hanno un potenziale e una gittata inferiori rispetto a quelle strategiche, in modo da colpire obiettivi specifici sul campo, e sono trasportabili in modo più facile. Stando ad alcune stime, la Russia ne avrebbe circa 1.900-2.000. Per capirne l’impatto, abbiamo simulato un lancio sul Colosseo a Roma

    Sale ancora una volta la paura che la guerra tra Russia e Ucraina possa portare a un’escalation che coinvolge anche armi nucleari. Dopo aver portato armi nucleari tattiche in Bielorussia e condotto esercitazioni con lo stesso tipo di testate ai confini del territorio ucraino, Putin ha firmato alcune modifiche alla dottrina nucleare di Mosca che regola l’utilizzo delle testate in caso di attacco al territorio russo: potranno essere usate anche se l’offensiva viene condotta da una potenza non nucleare appoggiata però da uno Stato che possiede le atomiche

    Ma quali sono e come funzionano e armi nucleari esistenti? Queste si dividono in “strategiche” e “tattiche”. Le armi nucleari tattiche sono degli ordigni nucleari a bassa intensità: hanno un potere distruttivo non su larga scala ma limitato a obiettivi specifici, come un bunker o una diga. Sono ordigni di piccole dimensioni, facilmente trasportabili, utilizzabili senza l’utilizzo di mezzi aerei e direttamente dalle truppe sul campo

    Secondo Iriad Review, il periodico dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo, stando ad alcune stime la Russia dispone di circa 1.900 armi nucleari tattiche. Gli Stati Uniti ne hanno 230 LEGGI TUTTO

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    Lega, proposta di legge contro il velo islamico nei luoghi pubblici: cosa prevede

    La proposta di legge interviene con una stretta sulla norma del 1975 che, per motivi di sicurezza, vieta di non mostrare il proprio volto in luogo pubblico ma salvo “giustificato motivo”. La ratio della pdl, si specifica nella relazione al testo, “risponde non solo ad esigenze di carattere securitario ma, soprattutto, di integrazione”

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    Stop a burqa e niqab (il velo che copre anche il viso) nei luoghi pubblici. La Lega torna all’attacco su un suo cavallo di battaglia con una proposta di legge a prima firma del capogruppo in commissione Affari Costituzionali alla Camera Igor Iezzi nella quale chiede una stretta sulla legge del 1975 che vieta, per motivi di sicurezza pubblica, di nascondere il viso in luoghi pubblici. Il testo del ’75 prevede, infatti, una deroga in caso di “giustificato motivo” che la Lega propone di cancellare. Il testo della Lega, in 4 articoli, cancella quest’ultima previsione e puntualizza gli unici casi in cui il divieto non viene applicato: “nei luoghi di culto, nei casi di necessità per proteggere la salute propria o di terzi, in materia di sicurezza stradale e per i partecipanti alle gare in occasione delle manifestazioni di carattere sportivo che prevedono l’uso di caschi, nonché nei casi di attività artistiche o di intrattenimento”

    Deroga

     Il testo elenca i casi in cui il divieto non viene applicato: “nei luoghi di culto, nei casi di necessità per proteggere la salute propria o di terzi, in materia di sicurezza stradale e per i partecipanti alle gare in occasione delle manifestazioni di carattere sportivo che prevedono l’uso di caschi, nonché nei casi di attività artistiche o di intrattenimento”.  LEGGI TUTTO

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    Tajani in Israele e Palestina: “L’Italia fornirà uomini per un’eventuale missione di pace”

    Il titolare della Farnesina incontra il suo omologo Gideon Sa’ar, il presidente israeliano Isaac Herzog e il premier e ministro degli Esteri palestinese Mohammed Mustafa, per “incoraggiarli e sostenerli, perché oggi la tregua è ancora fragile”. Sul futuro “credo sarebbe una buona idea avere una missione di interposizione promossa da un ente internazionale come l’Onu. Purché sia a guida araba”

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    L’Italia fornirà uomini e donne a un’eventuale missione di pace a guida araba a Gaza. A dirlo è il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, oggi in missione in Israele e poi in Palestina, aggiugendo che “non potrà essere Hamas” a gestire Gaza in futuro. Tajani ha incontrato il suo omologo Gideon Sa’ar e il premier e ministro degli Esteri palestinese Mohammed Mustafa, per “incoraggiarli e sostenerli, perché oggi la tregua è ancora fragile” (IL RACCONTO IN DIRETTA). Una visita per “testimoniare l’impegno dell’Italia a consolidare la pace tramite il dialogo e per costruire un futuro di speranza in Medio Oriente”. Nel tardo pomeriggio il faccia a faccia con il presidente israeliano Isaac Herzog. Il leader di Forza Italia, in un’intervista a La Stampa, ha detto che “siamo all’alba di una possibile pace che potrebbe coinvolgere l’intera regione”. Tajani teme che “i nemici della pace, contrari a una stabilizzazione, compiano delle provocazioni, e che Hamas rompa l’accordo”.

    Tajani: “Vorremmo che ripartissero gli accordi di Abramo”

    “L’obiettivo di questa visita in Israele e Palestina è sostenere la tregua. Vorremmo che ripartissero gli accordi di Abramo – ha detto Tajani in conferenza stampa a Gerusalemme – Ho ribadito l’impegno forte per il cessate il fuoco, la nostra amicizia con Israele ma anche la necessità di risolvere tutti i problemi che ci sono in Palestina. Ho parlato con il ministro degli Esteri Gideon Sa’ar degli aiuti a Gaza. A Ramallah ho parlato con il premier Mustafa della ricostruzione. Stesso argomento l’ho affrontato con il patriarca Pizzaballa”. Poi ha annunciato che l’Italia stanzierà ulteriori 10 milioni di euro di aiuti, oltre ai 15 milioni già stanziati, per gli aiuti alla popolazione palestinese.
    Tajani: “Hamas non tornerà a governare la Striscia di Gaza”
    “Chi governerà Gaza dopo la fine della guerra è un processo che è in continuo movimento, il primo obiettivo è il raggiungimento della pace, è ovvio che Hamas non può governare la Palestina, per tutto ciò che è accaduto – ha proseguito Tajani – L’Anp è l’interlocutore unico dell’Unione Europea, deve modernizzarsi, rafforzare la sua posizione e dovrà essere sostenuta dalla popolazione palestinese. Non credo che a Gaza la popolazione dopo quello che è successo voglia ancora essere guidata da Hamas. Noi vogliamo un processo in cui Israele riconosca la Palestina e la Palestina riconosca Israele”. LEGGI TUTTO