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Leone XIV nel mirino del fisco Usa, il Papa americano e l’ombra delle tasse di Washington


I punti chiave

Un Papa americano e un dilemma fiscale senza precedenti. L’elezione di Leone XIV, primo Pontefice nato negli Stati Uniti, ha acceso i riflettori non solo sul futuro della Chiesa cattolica, ma anche su una questione spinosa che da anni divide Washington e le capitali europee: il diritto — e i limiti — del fisco statunitense di tassare i propri cittadini ovunque si trovino nel mondo. E ora, tra i contribuenti potenziali, c’è anche il nuovo capo della Chiesa.

Il fisco segue il passaporto

Negli Stati Uniti, la tassazione è legata alla cittadinanza, non alla residenza. È un’eccezione globale condivisa solo con l’Eritrea. In base a questo principio, ogni cittadino americano è tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi all’Internal Revenue Service (IRS), l’equivalente dell’Agenzia delle Entrate, anche se vive stabilmente all’estero e non percepisce redditi negli Stati Uniti.

Il braccio operativo: il FATCA

A rendere ancora più pervasivo il sistema fiscale statunitense è il FATCA, il Foreign Account Tax Compliance Act, in vigore dal 2010. La normativa impone alle banche e istituzioni finanziarie estere di identificare i clienti con cittadinanza americana e trasmettere i relativi dati finanziari all’IRS. Sulla carta, quindi, anche Leone XIV potrebbe rientrare nei meccanismi di sorveglianza previsti dalla legge, con obbligo di trasparenza su eventuali conti o investimenti detenuti all’estero.

Gli “americani accidentali” e la reazione dell’Europa

Il sistema coinvolge milioni di cittadini americani residenti all’estero, compresi gli “americani accidentali”: individui nati negli Stati Uniti da genitori stranieri, o con doppia cittadinanza, che spesso ignorano di avere obblighi fiscali verso Washington. Un regime che l’Europa guarda con crescente preoccupazione. A fine aprile, il Belgio ha deciso di sospendere lo scambio automatico di informazioni con gli Stati Uniti, proprio nell’ambito del FATCA. Secondo l’Autorità per la protezione dei dati belga, il trasferimento sistematico di dati personali verso un Paese terzo viola i principi di proporzionalità e adeguatezza previsti dal Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR).

Un contenzioso che supera i confini fiscali

Il blocco è arrivato in seguito al ricorso presentato da un cittadino coinvolto direttamente e dall’Associazione belga degli “accidental Americans”, che denuncia da anni la mancanza di

tutele legali e pratiche nei confronti dei contribuenti coinvolti. Il caso rischia di aprire una crepa nei rapporti fiscali transatlantici e potrebbe spingere altri Paesi europei a rivedere la propria adesione al regime FATCA.


Fonte: https://www.ilgiornale.it/taxonomy/term/40822/feed


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