in

I progetti di Nagel su Medio-Generali


Il numero uno di Mediobanca, Alberto Nagel, ha pensato nel dettaglio la manovra difensiva nei confronti dell’Offerta pubblica di scambio lanciata dal Montepaschi. Secondo indiscrezioni, qualora l’offerta riuscisse a superare le non poche forche caudine che ha davanti, il capo di Piazzetta Cuccia vorrebbe fondere le due società e far sedere sulla poltrona di ceo Gian Maria Mossa, attuale timoniere di Banca Generali; mentre per sé avrebbe pensato alla presidenza del nuovo gruppo, che punterebbe a diventare un leader nel comparto del risparmio gestito unendo la rete di Mediobanca Premier con quella di Banca Generali. Un’operazione che ha un senso industriale, a maggior ragione se alla fine dovesse comprendere anche Mps. Tant’è che gli analisti di Barclays hanno alzato il prezzo obiettivo di Banca Generali, incrementandolo a 60,6 euro da 52,2 euro (ieri il titolo della società è salito del 2,1% a 53,2 euro) raccomandando agli investitori di «sovrappesarla» nei portafogli. Valutazione che però non considera il contributo al conto economico di Intermonte. L’accento degli esperti viene posto sui benefici del rinnovo dello scorso 17 aprile – pochi giorni prima dell’Ops di Mediobanca su Banca Generali – della partnership con la controllata del Leone, Generali Italia. Per Barclays, si tratta addirittura di «un punto di svolta», che consentirà al gruppo di «raggiungere un bacino di clienti più ampio e di creare opportunità di cross-selling».

L’entusiasmo degli analisti, peraltro, lascia più di qualche perplessità sulla valutazione riconosciuta da Mediobanca a Banca Generali. Del resto, l’addio alla costola guidata con un certo successo da Mossa provocherebbe a Trieste una voragine da centinaia di milioni di utili, a fronte di un 6,5% di azioni proprie – peraltro bloccate per un anno – destinate a svalutarsi proprio in ragione dello scambio con Mediobanca. L’operazione, che vista da Piazzetta Cuccia ha certamente il pregio di preservare ai vertici Nagel, sarebbe una mina di non poco conto sulla tanto difesa (dal ceo di Generali Philippe Donnet) joint venture sul risparmio gestito tra Natixis e Generali. C’è da scommettere che in Francia non vedrebbero più di così buon occhio la jv, soprattutto se venisse a mancare una rete da migliaia di consulenti nella distribuzione dei fondi (o comunque lo facesse dovendo pagare le commissioni a Mediobanca). E allora la già fragile architettura del deal sarebbe destinata a schiantarsi.

Nel frattempo, il cda di Generali è convocato per mercoledì 7 maggio. All’ordine del giorno c’è la composizione dei Comitati interni, a partire da quello sulle Parti correlate, che giocherà un ruolo cruciale rispetto all’Ops di Mediobanca su Banca Generali, dal momento che il suo compito è istruire la discussione, che toccherà poi al board, sull’operazione. I consiglieri valuteranno, probabilmente più avanti, anche l’opportunità di passare attraverso l’assemblea dei soci.

Ai più alti livelli della finanza nazionale, intanto, continua a infuriare il dibattito sulla decisione di Mediobanca di far approvare l’offerta su Banca Generali dall’assemblea ordinaria e non da quella straordinaria (un fatto che agevolerebbe l’operazione voluta da Nagel, perché basterebbe il 50% più un voto per farla passare). «Si apre un interrogativo se sarà sufficiente una convocazione ordinaria o servirà una straordinaria», afferma Marcello Messori, ex presidente di Ferrovie dello Stato ed economista dell’Istituto Universitario Europeo di Firenze.

«Permangono dubbi», infatti, «legati alla possibile modifica del perimetro delle attività di Mediobanca». Se questo venisse appurato, per Messori «sarebbe necessaria un’assemblea straordinaria, anche in virtù del fatto che Mediobanca è soggetta alla passivity rule» dopo l’Ops di Mps.


Fonte: https://www.ilgiornale.it/taxonomy/term/40822/feed


Tagcloud:

La coscienza del capitale

Urge trasparenza su Mediobanca-Generali