Tra scontri (con Amazon) e dietrofront (sull’auto) continua il cortocircuito sui dazi. Una telenovela commerciale che ieri ha coinvolto per la prima volta una delle quattro Big Four, Amazon, in un botta e risposta senza precedenti con la Casa Bianca.
Il gruppo fondato da Jeff Bezos non ha «mai preso in considerazione la possibilità di esporre nel prezzo dei suoi prodotti il costo dei dazi», ha detto ieri un portavoce della società spiegando che la «squadra che gestisce il negozio ultra low cost Amazon Haul ha considerato l’esposizione del costo dei dazi su alcuni prodotti. Ma alla fine questa iniziativa non è mai stata presa in considerazione dal sito principale». Una precisazione ufficiale, quella del colosso di Seattle, arrivata a stretto giro dalle accuse della Casa Bianca che definivano l’ipotesi come un «atto ostile e politico».
La portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt si era anche domandata: «Perché Amazon non l’ha fatto quando l’amministrazione Biden ha portato l’inflazione al livello più alto degli ultimi 40 anni?». Secondo la Cnn, avrebbe telefonato direttamente a Bezos per lamentarsi. «Certo che era inc…ato – ha riferito un funzionario della Casa Bianca – perché un’azienda multimiliardaria dovrebbe scaricare i costi sui consumatori?». Di lì la marcia indietro della big tech. Nonostante la smentita, però, Amazon ha accusato il colpo e a un’ora dalla chiusura viaggiava in calo di mezzo punto percentuale. Secondo alcuni report, circa il 70% dei beni venduti su Amazon proviene dalla Cina, sottoposta a dazi fino al 145% dagli Usa. Jeff Bezos è un «bravo ragazzo; è stato fantastico, ha risolto il problema molto rapidamente e ha fatto la cosa giusta», ha detto Trump.
In parallelo ieri è arrivata l’attesa scelta distensiva nei confronti del settore auto. Il tycoon ha annunciato durante un comizio in Michigan, patria dell’auto, che ridurrà alcuni dazi sui componenti esteri utilizzati per l’assemblaggio di veicoli negli Usa scongiurando il rischio che le case automobilistiche siano colpite da un cumulo di tariffe – in particolare quelle già in vigore su acciaio e alluminio – oltre a quelle specifiche del comparto auto. Il dazio del 25% sui veicoli prodotti all’estero, entrato in vigore a inizio aprile, non sarà invece revocato, ma verranno introdotti meccanismi di rimborso retroattivi. In particolare, le case auto potranno ottenere un rimborso sui dazi fino a un importo pari al 3,75% del valore dell’auto prodotta negli Usa nel primo anno, una soglia che scenderà al 2,75% nel secondo.
Intanto, è stata raggiunta una prima intesa bilaterale con un Paese sulle tariffe. L’India «sta andando alla grande», «penso che abbiamo un accordo sui dazi», ha detto Trump. Il segretario al Commercio Howard Lutnick aveva annunciato la conclusione di un trattato, ma «devo aspettare che il loro primo ministro e il loro Parlamento l’approvino».
In questo quadro, ieri le Borse europee si sono mosse in ordine sparso con Milano che ha indossato la maglia rosa (+0,8%), sospinta dal risiko bancario. Francoforte sale dello 0,77%, Londra dello 0,55%.
Segno opposto invece per Parigi, che ha registrato una flessione dello 0,24%. Tutt’altro che roseo, invece, lo scenario tratteggiato ieri da Bankitalia secondo cui la guerra dei dazi fa salire i rischi per la stabilità finanziaria globale.