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”Ho un tumore che non lascia scampo, mi resta poco da vivere”: il giornalista Franco Di Mare rivela la malattia

  • Il volto tv 68enne ha un mesotelioma, non ci sono cure efficaci per questo tipo di cancro
  • Ha raccontato di sapere come mai la malattia lo ha attaccato, tutta colpa di quanto successo decenni fa

Franco Di Mare, 68 anni, ha rivelato a ‘Il Corriere della Sera’ di avere un mesotelioma, un cancro ai polmoni incurabile causato dall’esposizione all’amianto.

E’ stato anche in tv, ospite di Fabio Fazio a ‘Che Tempo Che Fa’, proprio stasera, domenica 28 aprile.

Si è mostrato con un tubicino nel naso, un macchinario che lo aiuta a respirare. Non gli resta molto da vivere, non è sicuro di arrivare a festeggiare il 69esimo compleanno a luglio.

Il giornalista, ex direttore di Raitre, inviato di guerra per tanti anni, ha ripercorso il momento in cui ha saputo.

“Ero seduto davanti alla sua scrivania. ‘Houston, abbiamo un problema’, mi disse il professore. ‘Francesco, non so come dirtelo. In questo momento vorrei tanto essere l’animatore di un villaggio e non un dottore. Hai un mesotelioma. Aggressivo’. ‘Quanto?’. ‘Alto grado’”, ha raccontato.

“Sapevo bene cos’era. Mi sono piegato in avanti, muto, con le mani sulla testa. E il prof si è inca***to. ‘Ehi! E che è adesso? Si reagisce, si combatte, vedrai che ce la facciamo’”, ha aggiunto.

Ho un tumore che non lascia scampo. Mi resta poco da vivere, quanto non lo so. Però non mollo. Confido nella ricerca”, ha spiegato.

Usa una grande bombola con le rotelle collegata al naso con un tubicino: “È un diffusore di ossigeno, è lui ora il mio polmone. Prima mi aiutava soltanto di notte. Da una decina di giorni invece non posso più staccarmi. Sono legato come gli astronauti. A guardarlo bene assomiglia a R2-D2, il robottino di Guerre Stellari”.

Sebbene, sottolinea, il cancro “oggi ci si cura e spesso si guarisce, da questo no. Non se ne va, al massimo lo puoi rallentare, ma resta lì ed è uno dei più cattivi”.

Franco racconta di sapere perché si è ammalato: Perché sono stato a lungo nei Balcani, tra proiettili all’uranio impoverito, iper-veloci, iper-distruttivi, capaci di buttare giù un edificio. Ogni esplosione liberava nell’aria infinite particelle di amianto. Ne bastava una. Seimila volte più leggera di un capello”.

“Magari l’ho incontrata proprio a Sarajevo, nel luglio del 1992, la mia prima missione. O all’ultima, nel 2000, chissà. Non potevo saperlo, ma avevo respirato la morte. Il periodo di incubazione può durare anche 30 anni. Eccoci”, ha continuato.

Ha scritto un libro per parlare della sua esperienza, “Le parole per dirlo” (Sem, Feltrinelli).

Ha anche ripercorso i primi sintomi della malattia. Era un pomeriggio di tre anni fa: “Ero seduto qui su questo divano, guardavo un programma scemo in tv. Una fitta terribile mi è esplosa tra le scapole, una coltellata. Credevo fosse un dolore intercostale. Invece era il collasso della pleura, uno pneumotorace. Pensai: non è niente, passerà. Ho cambiato posizione, mi sembrava di sentirla meno”.

“Ci ho dormito su, però respiravo male. Credevo di avere il Covid, ma i test risultavano negativi. Dopo 20 giorni così, mi decisi a fare dei controlli al Policlinico Gemelli, ha proseguito

Nell’ospedale romano è arrivata “la diagnosi che non mi lascia scampo”.


Fonte: https://www.gossip.it/feed/


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