Milano, patria dei riformisti fin dai tempi di Filippo Turati. Milano, dove i partiti cosiddetti “centristi” (da Italia Viva ad Azione ai radicali di Più Europa) occupano un’area stimata attorno al 15% e dove di contro il M5s non raggiunge le due cifre. Milano, alla ricerca di una difficile successione ai due mandati del sindaco Giuseppe Sala per le comunali del 2027. Fatto sta che proprio nella “capitale morale” d’Italia nasce il primo circolo politico interpartitico che il cronista ricordi, e nasce nel segno dell’antischleinismo: intitolato non a caso al socialista riformista Giacomo Matteotti (sì, proprio lui, il deputato rapito e ucciso dalle squadracce fasciste di Benito Mussolini nel 1924), viene inaugurato dai democratici della minoranza riformista Lorenzo Guerini, Pina Picierno, Lia Quartapelle e Simona Malpezzi, dalla presidente di Azione Elena Bonetti, dal deputato di Più Europa Benedetto Della Vedova, dalla renziana Lisa Noja.
Europa, Ucraina, Jobs Act: il manifesto dell’«orgoglio» dem
Una prova generale di un nuovo partito alla destra del Pd di Elly Schlein? La ricerca di una cosa rosa, di una casa del riformismo italiano? Da Guerini a Picierno, i big della minoranza dem rispondono con un secco no: «La casa dei riformisti è il Pd». Ma servirà pure un luogo – è la riflessione – per ribadire le posizioni riformiste: mentre Schlein si stringe nell’alleanza a sinistra con il M5s di Giuseppe Conte e con Alleanza Verdi Sinistra, loro aprono le porte al centro («non possiamo lasciarli fuori dall’alleanza»); mentre Schlein si fa sempre più sensibile alla propaganda contiana sul pacifismo e sul no al riarmo europeo, loro ribadiscono il fermo sostegno alla resistenza ucraina contro l’aggressione della Russia di Putin e la necessità per l’Europa di investire sulla Difesa; mentre Schlein prova a schierare tutto il partito sui referendum promossi dalla Cgil contro quel che resta del renziano Jobs Act, loro difendono quella stagione di riforme, allora condivisa da tutto il Pd, e si rifiutano di sottomettersi ad una pubblica abiura dichiarando che non voteranno a favore. E così via.
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Un luogo di confronto, non un partito (per ora)
Quasi un manifesto di partito senza per ora voler davvero percorrere la strada di un nuovo partito, dunque. Piuttosto una palestra per scaldare i muscoli in vista del congresso del Pd che seguirà la probabile sconfitta del centrosinistra alle elezioni politiche del 2027. E un luogo di confronto ed elaborazione politica che – sulla falsariga di quanto l’associazione LibertàEguale di Enrico Morando, Stefano Ceccanti e Giorgio Tonini fa ogni anno ad Orvieto – punta a riunire i diversi riformismi indipendentemente dalle famiglie politiche di provenienza: liberali, cattolici democratici, socialisti.
E due messaggi: uno a Schlein, l’altro a Bonaccini
Con due messaggi chiari: uno alla segretaria dem, invitata a non disfarsi della storia stessa del suo partito in nome del cambiamento, pena ritrovarsi con una scatola vuota; e uno ai dirigenti della minoranza di Energia popolare che fanno riferimento a Stefano Bonaccini, accusato di eccessiva accondiscendenza nei confronti di Schlein. Intanto il circolo Matteotti parte. Per arrivare dove si vedrà.