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L’Italia si difende alla Cpi: “Su Almasri nessuna violazione”

L’Italia ha confermato e ribadito, davanti alla Corte penale internazionale, di non aver violato gli obblighi di cooperazione nel caso Almasri. In un documento – di cui ha preso visione l’agenzia Ansa – di 15 pagine trasmesso all’Aja, il governo italiano contesta le “incertezze” presenti nel mandato d’arresto della Cpi, sottolineando di aver agito “in buona fede”.  L’Italia, inoltre, critica il ruolo assunto dal procuratore, sostenendo che la Cpi “non ha il compito di giudicare eventuali violazioni della cooperazione né il potere di interpretare le disposizioni interne” e “non può deferire la questione agli Stati parte” o al “Consiglio di Sicurezza dell’Onu”. 

Le tappe del caso

Nijeem Osama Almasri, generale libico, è al vertice della Polizia giudiziaria e opera alle dirette dipendenze funzionali della magistratura e dello stesso Procuratore generale nazionale, Sadiq Al-Sur, cui viene delegata l’attività di indagine di moltissimi reati, solitamente gravi, perpetrati nel Paese. Il suo caso ha avuto inizio lo scorso 6 gennaio, quando il capo della polizia giudiziaria libica ha iniziato il suo viaggio per l’Europa, volando da Tripoli a Londra e facendo scalo all’aeroporto di Roma-Fiumicino. Dopo essersi trattenuto nella capitale britannica per sette giorni, il 13 gennaio Almasri si è trasferito a Bruxelles in treno per poi proseguire diretto in Germania, viaggiando in macchina con un amico. Durante il suo tragitto verso Monaco, il 16 gennaio, è stato fermato dalla polizia per un controllo di routine e gli agenti lo hanno lasciato proseguire. Infine è arrivato a Torino in auto, per assistere a una partita di calcio. Sabato 18 gennaio, la Corte penale internazionale spicca un mandato d’arresto sul generale per crimini di guerra e contro l’umanità commessi nella  prigione di Mittiga, vicino a Tripoli, dal febbraio 2011. In quel carcere sotto il suo comando, secondo i documenti dell’Aia, sarebbero state uccise 34 persone e un bimbo violentato. Il 19 gennaio Almasri, da poco arrivato nel capoluogo piemontese, viene fermato e messo in carcere dalla polizia italiana ma viene in seguito rilasciato il 21 gennaio su disposizione della Corte d’Appello a causa di un errore procedurale: si è trattato di un arresto irrituale, perché la Corte penale internazionale non aveva in precedenza trasmesso gli atti al Guardasigilli Nordio. L’arresto non è stato “preceduto dalle interlocuzioni con il ministro della Giustizia, titolare dei rapporti con la Corte penale internazionale; ministro interessato da questo ufficio in data 20 gennaio, immediatamente dopo aver ricevuto gli atti dalla Questura di Torino, e che, ad oggi, non ha fatto pervenire nessuna richiesta in merito”, si legge nell’ordinanza della corte di Appello di Roma, che dispone l’immediata scarcerazione. Poco dopo il suo rilascio, nello stesso giorno, il comandante libico è stato rimpatriato dall’Italia su un volo di Stato, prima di essere portato in trionfo da decine di suoi sostenitori che lo hanno accolto festanti. 


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