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Il boomerang della mossa su Trieste scompagina gli equilibri in Italia


Se l’offerta di Mediobanca andrà a buon fine su Banca Generali, nel risparmio gestito italiano inizierà una nuova era. Il nuovo maxi polo che si andrebbe a formare, unendo le masse gestite delle due entità alla fine del 2024 in base ai dati divulgati da Assoreti, avrà un patrimonio complessivo di 148,6 miliardi di euro e una rete da 3.564 consulenti, il che ne farebbe il secondo gruppo dietro a Fideuram. Quest’ultima, che fa capo a Intesa Sanpaolo, sarebbe comunque di gran lunga prima con il suo patrimonio da 394 miliardi e una rete di 6.814 tra consulenti finanziari e private banker. In termini di asset, il podio sarebbe completato da Banca Mediolanum (oltre 123 miliardi). A poca distanza FinecoBank (oltre 121 miliardi).

Un consolidamento di questa portata, quindi, cambierebbe gli equilibri del settore, dove le sinergie tra fabbrica prodotto e rete distributiva diventano sempre più determinanti. Per Mediobanca, l’operazione rappresenterebbe la realizzazione di un progetto che era rimasto nel cassetto per lungo tempo. Per Generali, tuttavia, il dossier è molto più delicato e non è detto che alla fine a Trieste decida di privarsi di una così importante fonte di redditività (intorno al 10% del totale) in cambio di azioni proprie che non potrebbero essere toccate per un anno. Il Leone ha oggi il 50,2% di Banca Generali, cedere quella quota significherebbe rinunciare a un pilastro del proprio modello. Peraltro, sarebbe una picconata molto pesante all’accordo tra Generali e Natixis Investment Managers, partner francese con la quale si vorrebbe realizzare una joint venture molto controversa. Il patto prevede, tra le altre cose, una cooperazione nella distribuzione dei fondi e la cessione di Banca Generali a Mediobanca depotenzierebbe l’intesa, probabilmente facendola finire su un binario morto o, comunque, rendendo necessaria una rivisitazione dei rapporti di forza (non favorevole a Generali). Anche in considerazione del fatto che l’ingresso di un nuovo socio forte come Unicredit (che controlla il 6,7% del Leone), potrebbe già di per sé portare la società verso altre strategie che, al pari dell’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone e a Delfin (soci forti con il 6,9 e il 10% delle quote), non ama in particolar modo l’affare Natixis.

Nel

frattempo, Intesa Sanpaolo rimane abbottonata, ma certo non vorrebbe veder messa in discussione la sua leadership nel risparmio italiano, nemmeno potenzialmente. Per questo non è da escludere del tutto una mossa su Generali.


Fonte: https://www.ilgiornale.it/taxonomy/term/40822/feed


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