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Cos’è questa storia del riso alla carne coltivata

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La notizia di un nuovo riso arricchito con carne coltivata ha portato ulteriori elementi al già ampio e talvolta agguerrito dibattito sulle nuove tecnologie per produrre carne in modo più sostenibile. La novità è stata ripresa da molti giornali italiani, talvolta con qualche titolo creativo o allarmato, con il rischio di portare ulteriore confusione in un argomento complesso e dalle numerose implicazioni che ci riguarderanno sempre di più.

Sulla rivista scientifica Matter, che fa parte del gruppo editoriale che pubblica anche la più famosa Cell, un gruppo di ricerca della Corea del Sud ha di essere riuscito a utilizzare il riso come “impalcatura” per far crescere piccole quantità di tessuto muscolare e di grasso sui chicchi, ottenendo un alimento con valori nutrizionali lievemente diversi rispetto a quelli del riso normale.

L’esperimento non ha quindi riguardato in alcun modo la modifica genetica della pianta del riso e di conseguenza non ha portato alla formazione di nessun “ibrido” propriamente detto, anche se da alcuni articoli su agenzie di stampa e giornali poteva sembrare il contrario. Il lavoro di ricerca è consistito nello sperimentare un sistema alternativo per far crescere la carne, rispetto a quelli in numerosi laboratori in giro per il mondo.

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A causa della mancanza di prodotti alternativi che si avvicinino all’esperienza di mangiare della carne (in particolare di bovino, la cui produzione ha un alto impatto ambientale), da tempo si cerca di creare della carne in vitro, cioè partendo da cellule animali che vengono fatte crescere e differenziare per produrre tessuti, imitando ciò che avviene normalmente con la crescita di un essere vivente. Le tecniche più diffuse prevedono di partire da cellule staminali, che non sono quindi ancora specializzate e che hanno la potenzialità di differenziarsi nei vari tipi di cellule mature che costituiscono poi un tessuto.

Le cellule non sono “sintetiche”, ma derivano da un prelievo effettuato da animali già vivi o da embrioni, a seconda delle tecniche utilizzate. Dopo essere state selezionate e isolate, le cellule staminali vengono inserite in contenitori nei quali è presente un terreno di coltura, di solito una soluzione che contiene sostanze nutrienti di vario tipo. In questo modo le cellule iniziano a crescere e a replicarsi, ma il procedimento non è sufficiente per arrivare a un tessuto paragonabile al muscolo di un animale, cioè alla carne che si consuma normalmente. Le cellule hanno bisogno di una sorta di impalcatura che le sostenga, che le aiuti a svilupparsi e a continuare a differenziarsi e proliferare.

La costruzione di questa impalcatura si è rivelata il passaggio più difficile da realizzare nella produzione della carne coltivata e per questo, da diverso tempo, vari gruppi di ricerca sono al lavoro per trovare il giusto sistema per realizzarlo. Il gruppo di ricerca sudcoreano si è quindi chiesto se non fosse possibile cambiare approccio, rinunciando a una impalcatura troppo complessa e sfruttando un alimento molto diffuso come il riso, sul quale far crescere minuscoli pezzi di carne.

Come spiega lo studio su Matter, un primo tentativo era consistito nel far crescere cellule di bovino direttamente nelle minuscole fessure e irregolarità di ogni singolo chicco di riso, ma non aveva portato ai risultati sperati perché le cellule non si fissavano sulla sua superficie. Il gruppo di ricerca aveva allora esplorato varie alternative per favorire il legame tra riso e cellule, scoprendo di poter ottenere buoni risultati con la colla di pesce e la transglutaminasi, un enzima molto utilizzato nelle preparazioni di alimenti come alcuni tipi di salsicce, würstel o nel surimi (l’imitazione della polpa di granchio).

(Yonsei University)

I chicchi di riso crudi erano stati quindi glassati con quei due ingredienti e poi sottoposti al processo di coltivazione, usandoli come impalcatura sulla quale far aggregare e crescere le cellule di muscolo e grasso animale. Il preparato era stato tenuto poi in un terreno di coltura per circa una settimana, dando il tempo alle cellule di espandersi.

Terminato il periodo di coltura, il riso era stato lavato e fatto bollire, come per la preparazione di un normale piatto di riso. Il gruppo di ricerca ha poi assaggiato il risultato finale, di avere assaggiato chicchi con un sapore lievemente diverso dal solito, con note di frutta secca, probabilmente dovute alla presenza dei minuscoli pezzi di carne.

Il riso è stato poi analizzato per calcolarne i valori nutrizionali rispetto a una porzione identica, ma non sottoposta all’aggiunta della carne coltivata. Le differenze riscontrate non sono state enormi, ma comunque non trascurabili: tra riso normale e trattato c’è una differenza del 9 per cento di proteine e del 7 per cento di grasso a favore del secondo. Mangiarne circa 100 grammi equivale a mangiare poco meno di un etto di riso e un grammo di bistecca di manzo. Il contenuto di carne è quindi minimo, probabilmente perché le cellule creano una sottilissima pellicola intorno a ogni chicco, ma secondo il gruppo di ricerca ci sono margini per aumentarne in modo significativo la quantità.

La produzione potrebbe essere relativamente semplice, perché esclude buona parte delle complicazioni legate alla costruzione dell’impalcatura per produrre pezzi di carne più grandi e dalla giusta consistenza, paragonabili quindi a una normale bistecca. Il riso con carne coltivata sarebbe meno costoso e avrebbe inoltre il pregio di avere un basso impatto ambientale, soprattutto dal punto di vista delle emissioni, se confrontato con la carne ottenuta dagli allevamenti. Il riso è inoltre uno degli alimenti più consumati in Asia e potrebbe aiutare a risolvere i problemi della malnutrizione, legata a un’assunzione non adeguata di proteine. Ci sono però molti aspetti da chiarire sulla praticità del sistema, soprattutto se confrontato con alternative per rendere direttamente più proteico il riso, intervenendo con tecniche di editing genetico.

Come avviene spesso in questo ambito, al momento il lavoro svolto in Corea del Sud è sperimentale e dimostrativo: sarà necessario ancora del tempo prima di una eventuale messa in vendita, anche perché al momento solamente Stati Uniti e Singapore rendono possibile la commercializzazione di prodotti contenenti carne coltivata. Secondo il gruppo di ricerca, una produzione su scala industriale potrebbe comunque consentire di contenere i costi e di avere un riso con carne coltivata che costa l’equivalente di pochi centesimi di euro in più al chilogrammo rispetto al riso non trattato.


Fonte: https://www.ilpost.it/scienza/feed/


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