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Diritti umani, tra razzismo e violenza sulle minoranze: ecco perché l’Italia dovrebbe introdurre un’Indu

“Sono pervenute nuove segnalazioni di tortura e altro maltrattamento da parte di agenti carcerari e di polizia. Gli attivisti per la giustizia climatica sono incorsi in restrizioni sproporzionate al diritto di riunione pacifica. La violenza di genere è rimasta a livelli inaccettabilmente elevati”, così apre il Rapporto 2023-2024 di Amnesty International rispetto la tutela dei diritti umani all’interno del nostro Paese. 

“L’accesso all’asilo è stato notevolmente limitato, anche attraverso misure illegali. E’ perdurata la preoccupazione per i discorsi d’odio e i crimini d’odio, mentre le garanzie contro la discriminazione sono risultate inadeguate – continua il report – L’accesso all’aborto è rimasto difficile in alcune parti del Paese. L’Italia rischiava di non riuscire a raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di carbonio”.

Ora, dopo mesi dall’inizio del 2024, la situazione non è cambiata. Al contrario, l’emergenza rispetto la tutela dei diritti umani si è solo accentuata.

La condizione dei diritti umani in Italia

A tal proposito, dunque, basta citare solo alcuni dei più recenti fatti che hanno coinvolto le istituzioni italiane in tal senso.

Tra questi, il caso di Ousmane Sylla. Il ragazzo di 22 anni originario della Guinea che – dimenticato, maltrattato e privato della propria libertà personale proprio dalle istituzioni italiane – lo scorso 4 febbraio, ha deciso di togliersi la vita impiccandosi alla cancellata del Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Ponte Galeria, nella periferia di Roma.

Ancora, si possono citare le numerose manifestazioni pro-Palestina represse, in diversi casi, con misure particolarmente violente da parte delle forze dell’ordine. E seppur i dati – come riportato in Aula dopo le cariche agli studenti di Pisa e Firenze dal ministro Piantedosi – dimostrano che a parità del numero di manifestazioni, le situazioni di “criticità” che hanno generato repressioni violente da parte della polizia, sono quantitativamente inferiori; analizzando i fatti concreti, si può arrivare alla conclusione che in nessuna di esse il fine giustificava effettivamente i mezzi (messi in atto dalle forze dell’ordine).

Per non parlare dei provvedimenti che l’attuale governo sta introducendo: a partire dal forte attacco che la libertà di stampa e di informazione sta subendo all’interno del Paese. Fino ad  arrivare a mettere a repentaglio il diritto all’aborto – e dunque il diritto all’autodeterminazione della donna – attraverso l’introduzione di volontari Pro vita all’interno dei consultori.

I numerosi (e in molti casi) tragici eventi che hanno, e continuano, a caratterizzare il nostro Paese, dimostrano chiaramente che avremmo urgentemente bisogno di un’istituzione nazionale per i diritti umani (Indu).

Cosa sono le Indu

Un’Istituzione nazionale per i diritti umani è un ente indipendente che ha lo scopo di controllare, supportare e indirizzare l’amministrazione statale rispetto la tutela dei diritti umani, fungendo da ponte tra il diritto interno e quello internazionale.

Al giorno d’oggi, su 193 Stati riconosciuti dall’Onu, ben 120 sono dotati di un’Indu. L’Italia, purtroppo, fa parte della minoranza di Paesi che non ne posseggono una.

In particolare, in Europa, solo cinque Paesi sono ancora privi di Indu. Tra questi, oltre alla nostra penisola, anche la Repubblica Ceca, l’Estonia, Malta e la Romania. 

Va detto che, nonostante l’Italia si sia sempre mostrata aperta nell’acquisizione di obblighi internazionali riguardanti la tutela dei diritti umani, anche attraverso la creazione di organi interni, come il Garante per la protezione dei dati personali o il Garante diritti dei detenuti. Purtroppo, questo tipo di tutele si sono rilevate non abbastanza efficienti, settoriali e limitate, dunque, a specifici ambiti, lasciandone scoperti molti altri.

Le Istituzioni nazionali per i diritti umani (classificate come attori internazionali di terzo tipo), invece, nascono proprio con lo scopo di controllare e supportare lo Stato nella tutela indipendente e completa dei diritti umani. Andando, dunque, a prevenire le violazioni in tal senso, anche attraverso una stretta collaborazione con le organizzazioni internazionali, regionali e interregionali.

Perché non ne possediamo una in Italia?

Attualmente la questione delle Indu è completamente scomparsa dall’agenda politica nazionale. Nonostante la vicenda va avanti ormai da decenni – essendo giunta in più occasioni sia alla Camera che in Senato – nessuna proposta di legge in tal senso ha mai avuto seguito.

A pochi giorni dalle elezioni europee, ci si augura che il governo, prima o poi, possa comprendere i numerosi vantaggi che l’acquisizione di tali istituzioni potrebbe comportare per il Paese.

In primo luogo, esse permetterebbero di “restaurare” e/o migliorare la reputazione internazionale dell’Italia in termini di tutela dei diritti. Ma, ancor di più, un’istituzione di questo tipo – potendo ricevere ricorsi individuali rispetto violazioni di diritti umani – garantirebbe uno smaltimento burocratico, alleggerendo così la stracolma macchina giudiziaria italiana.


Fonte: https://www.nanopress.it/s/cronaca/feed/


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