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Un modo discusso per trattare il nanismo

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Nei mesi scorsi, i genitori di alcuni bambini con una particolare forma di nanismo hanno manifestato a Tbilisi, in Georgia, chiedendo al governo di rispettare la promessa di finanziare un costoso trattamento per ridurre gli effetti della condizione che interessa i loro figli. Le proteste sono state documentate dai giornali e dalla georgiana, inducendo infine il governo a finanziare un’iniziativa che entro fine anno consentirà a un gruppo di bambini di ricevere le prime dosi di Voxzogo, un farmaco relativamente recente sviluppato negli Stati Uniti dove l’opportunità del suo utilizzo è piuttosto discussa.

Il (il cui principio attivo si chiama vosoritide) favorisce lo sviluppo delle ossa nelle persone con acondroplasia – la forma di nanismo più comune – e di conseguenza rende più probabile una maggiore crescita in altezza, con uno sviluppo degli arti. Negli Stati Uniti il trattamento può arrivare a costare circa 350mila dollari all’anno e non sempre è coperto dalle assicurazioni sanitarie, mentre in altre parti del mondo dove la sanità è per lo più pubblica la spesa è coperta dai servizi sanitari. In Italia, per esempio, da circa un anno il Voxzogo è dal Servizio sanitario nazionale, a patto che la diagnosi di acondroplasia sia confermata attraverso una «opportuna analisi genetica».

Ma la discussione intorno al Voxzogo non è legata al suo costo, quanto all’opportunità di utilizzare un farmaco che, se da una parte riduce gli effetti più evidenti dell’acondroplasia, e cioè la bassa statura, dall’altra non garantisce di migliorare i problemi di salute che potranno avere le persone con questa condizione per tutta la loro vita. Il trattamento deve essere inoltre iniziato nei primi anni di vita, circostanza che mette i genitori davanti a una scelta difficile poco tempo dopo la nascita di un figlio. Le implicazioni e le sfumature sono moltissime, senza contare che la bassa statura non è di per sé “una malattia” e può essere rischioso vederla e trattarla come tale.

In tutto il mondo ci sono circa 250mila persone con acondroplasia e molte altre con diverse forme di nanismo. Si identificano come “persone di bassa statura” o “persone piccole” (“little people”), soprattutto nei paesi anglosassoni dove vari termini hanno assunto nel tempo una connotazione stereotipata e in alcuni casi dispregiativa. Nonostante le difficoltà date dal vivere in un mondo spesso fuori scala, dall’altezza delle maniglie delle porte a quella degli interruttori solo per fare qualche esempio, la maggior parte di queste persone vive normalmente e grazie ai miglioramenti di terapie e interventi chirurgici ha un’aspettativa di vita più lunga rispetto a un tempo. I problemi comunque non mancano, con casi ricorrenti di discriminazioni e il rischio di .

Il nanismo è dovuto a una grande varietà di fattori genetici, non sempre semplici da ricostruire. La causa dell’acondroplasia, per esempio, è stata scoperta con certezza solo nella prima metà degli anni Novanta, quando si è notato il ruolo di un gene che in una determinata versione porta al malfunzionamento di una proteina (recettore del fattore di crescita del fibroblasto 3, FGFR3). In condizioni normali questa limita la formazione del nuovo tessuto osseo, ma nelle persone con acondroplasia il gene fa sì che questo meccanismo sia quasi sempre attivo, impedendo alle ossa di continuare a svilupparsi.

Ciò compromette buona parte della crescita e fa sì che la statura di una persona non aumenti più di tanto fino alla fine dell’adolescenza, quando il processo normalmente si riduce. Il mancato sviluppo interessa buona parte delle ossa, ma è più evidente nelle gambe e nelle braccia, che appaiono sproporzionate rispetto al resto del corpo. La testa ha una crescita ancora diversa, con un maggiore sviluppo della fronte e in alcuni casi una ridotta dimensione del foro occipitale, l’apertura alla base del cranio che mette in comunicazione la cavità cranica (dove c’è buona parte del cervello) con il canale vertebrale (dove c’è buona parte del resto del sistema nervoso centrale).

La dimensioni ridotte del foro occipitale possono costituire un serio rischio per la salute. Al crescere del sistema nervoso aumentano anche le dimensioni del , la struttura alla base del cervello che si collega poi al canale vertebrale all’altezza del collo: se il foro occipitale non ha dimensioni adeguate, questa parte del sistema nervoso può schiacciarsi e può portare a una morte improvvisa. Nei bambini di cinque anni con acondroplasia il rischio è 50 volte superiore rispetto al resto della popolazione. L’andamento dello sviluppo del foro occipitale deve quindi essere tenuto sotto controllo nei primi anni di vita e in media un bambino su cinque deve essere sottoposto a un intervento chirurgico per allargare l’apertura. L’intervento è di solito risolutivo, ma in alcuni casi è necessaria una nuova operazione dopo qualche tempo se lo sviluppo porta nuovamente il foro occipitale a essere insufficiente.

Lo sviluppo ridotto del tessuto cartilagineo, che ha molto in comune con quello osseo, influisce anche sulla crescita delle cartilagini del naso e può comportare problemi respiratori. Fin dai primi anni di vita c’è un alto rischio di , cioè fasi in cui durante il sonno si interrompe per qualche momento il respiro, mettendo sotto stress il cuore. Ci sono comunque accorgimenti che si possono adottare, a cominciare dalla posizione mentre si è distesi, per ridurre i rischi. In età adulta possono manifestarsi problemi legati alla postura, con dolori alle articolazioni, anche se fare attività fisica aiuta di solito a ridurre i sintomi (che in misura diversa interessano in generale la popolazione con l’invecchiamento).

Come segnala un lungo pubblicato di recente sul sito di Nature, una ventina di anni fa iniziarono a essere sviluppati trattamenti per ridurre gli effetti dell’acondroplasia, con risultati incoraggianti in laboratorio su una proteina (CNP) coinvolta nella crescita delle ossa. Quelle prime esperienze portarono allo sviluppo del Voxzogo, che non agisce direttamente sulla proteina FGFR3 (quella che per chi ha una specifica variante genetica ferma quasi completamente la crescita), ma con un altro meccanismo che se attivato interferisce con i segnali che fermano la crescita delle ossa.

Una decina di anni fa l’azienda farmaceutica statunitense aveva avviato i primi test clinici del Voxzogo. La sperimentazione iniziale aveva dato esiti promettenti e, avvicinandosi il momento in cui la società avrebbe chiesto l’autorizzazione per mettere in commercio il farmaco, la Food and Drug Administration (l’agenzia governativa statunitense che si occupa di farmaci) aveva organizzato un gruppo di lavoro e consulenza per capire con quali parametri dovesse essere valutato il Voxzogo. Nel 2018 furono presi in considerazione i possibili effetti e infine si che il modo migliore per fare una valutazione fosse misurare il cambiamento in altezza dei partecipanti alla sperimentazione, su base annuale.

Nel 2021 il farmaco fu dalla FDA, e in seguito dall’Agenzia europea per i medicinali, sulla base di un test clinico che aveva coinvolto 120 partecipanti con un’età compresa tra i 5 e i 15 anni: alcuni avevano ricevuto il farmaco vero e proprio e altri, in un gruppo di controllo, una sostanza che non faceva nulla (placebo). In media, la somministrazione del Voxzogo aveva portato a un aumento dell’altezza di 1,57 centimetri in più rispetto al gruppo di controllo. Il farmaco era stato quindi approvato con una procedura accelerata, in mancanza di altri trattamenti, con la richiesta a BioMarin di proseguire gli studi negli anni seguenti per valutare l’effetto complessivo del farmaco sulla statura delle persone interessate.

Dal momento dell’approvazione, la società ha lavorato molto per far conoscere il proprio prodotto ai genitori di bambini con acondroplasia e la richiesta del trattamento è aumentata sensibilmente. Sempre secondo i dati forniti da Nature, nel primo trimestre del 2022 le vendite hanno fruttato a BioMarin circa 19,7 milioni di dollari, mentre nel secondo trimestre di quest’anno hanno raggiunto i 113 milioni di dollari. Sono cifre relativamente contenute per il settore farmaceutico, ma l’azienda confida di potere aumentare le vendite, soprattutto se FDA ed EMA daranno a breve l’autorizzazione per iniziare la somministrazione del farmaco prima dei due anni di età.

A oggi i bambini cui viene somministrata una dose di Voxzogo sono circa duemila, molti negli Stati Uniti e nell’Unione Europea, ma anche in altre parti del mondo. Per i loro genitori è una speranza per ridurre le difficoltà che i figli potrebbero incontrare con l’età, secondo chi sceglie di non ricorrere al farmaco è invece una scelta rischiosa perché problematizza la bassa statura, lasciando in secondo piano gli altri problemi di salute che comunque le persone con acondroplasia potrebbero avere e che non sono necessariamente legati all’altezza.

Il confronto intorno al Voxzogo potrebbe cambiare nei prossimi anni se si rivelasse utile anche nel ridurre i rischi legati allo scarso sviluppo del foro occipitale. Un test clinico in merito è già in corso e si sono alcuni effetti positivi, ma saranno necessari altri quattro anni prima di avere dati a sufficienza per trarre qualche conclusione. Il farmaco è del resto disponibile da poco e interviene su processi come quelli della crescita che non solo richiedono tempo, ma che hanno esiti diversi e molto soggettivi. È anche per questo motivo che i genitori di bambini con acondroplasia sono spesso in difficoltà quando viene proposto loro di avviare il percorso terapeutico. Da tempo medici e associazioni lavorano per mostrare ai genitori di bambini con forme di nanismo che la loro condizione – se tenuta sotto controllo – è gestibile e che trattarla in altro modo può avere effetti psicologici imprevisti.

L’acondroplasia può essere trasmessa dai genitori ai figli, ma nella maggior parte dei casi la mutazione genetica si manifesta spontaneamente. La prima diagnosi avviene di solito in fase prenatale, dopo un’ecografia di routine durante il terzo trimestre nella quale inizia a essere visibile il diverso sviluppo delle ossa lunghe. Un test del DNA fetale può inoltre portare ad avere una conferma diagnostica, che in casi di procreazione assistita può anche essere effettuato prima della gravidanza (analisi preimpianto).

Per chi se ne occupa, è importante che le circostanze aleatorie che portano al nanismo siano spiegate ai genitori, prima di essere messi davanti alla scelta sull’avviare o meno un trattamento come quello a base di Voxzogo. Deve essere chiaro il rapporto tra costi e benefici, nel caso in cui si scelga di procedere con il farmaco o meno, così come si devono avere presenti gli eventuali effetti avversi.

Dal canto suo BioMarin sostiene di non avere sviluppato il Voxzogo solamente per l’aumento della statura. Oltre alla sperimentazione sul foro occipitale, la società dice di avere in programma l’analisi di altri potenziali effetti del farmaco nel ridurre le apnee notturne e gli interventi medici, oltre a valutare l’eventuale miglioramento della qualità della vita. Il settore potrebbe del resto rivelarsi molto redditizio e questo spiega perché varie altre aziende farmaceutiche abbiano sperimentazioni in corso, alcune in fase di conclusione.

Insieme alla società californiana Tyra Biosciences, la multinazionale farmaceutica Sanofi sta come utilizzare in ambiti diversi da quelli per cui era stato sviluppato un farmaco antitumorale. Il suo principio attivo interviene sempre su FGFR3 con lo scopo di rallentare la crescita delle cellule di alcuni tipi di tumore. Una versione a basso dosaggio del farmaco potrebbe essere impiegata per contrastare gli effetti dell’acondroplasia, ma saranno necessari ancora alcuni anni prima di terminare i test clinici. Altre società stanno invece sviluppando sistemi basati su anticorpi per inibire FGFR3.

In Italia a metà luglio sono state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale le per la rimborsabilità e il prezzo del Voxzogo nella fascia di età compresa tra i 2 e i 5 anni. Viene erogato in ambito ospedaliero (classe H) con un prezzo per dieci fiale di quasi 11mila euro, rimborsato dal Servizio sanitario nazionale. In queste settimane le regioni hanno iniziato a recepire le indicazioni, di conseguenza il farmaco potrebbe essere disponibile in tempi diversi sul territorio nazionale.


Fonte: https://www.ilpost.it/scienza/feed/


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