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    Pensioni, tutte le regole sui ricalcoli dopo la sanatoria contributiva

    Il condono contributivo a favore delle pubbliche amministrazioni, pensato per sanare omissioni risalenti fino al 31 dicembre 2004, rischia di trasformarsi in una partita a premi — o a perdite — solo per pochi fortunati pensionati. L’Inps, infatti, ha chiarito con la circolare n. 118/2025, firmata anche dal ministero del Lavoro, che il ricalcolo delle prestazioni previdenziali conseguente alla “pulizia” delle posizioni contributive sarà possibile esclusivamente per le pensioni liquidate da meno di tre anni. Il che significa che chi è andato in pensione prima di questa finestra temporale non vedrà né aumenti, né arretrati, anche se i nuovi conteggi avrebbero dato un importo più alto.Come funziona la sanatoriaPrevista dalla legge di Bilancio 2024 (legge n. 213/2023), la misura consente alle amministrazioni pubbliche di regolarizzare i debiti contributivi verso l’Inps fino a fine 2004, semplicemente inviando i flussi UniEmens/ListaPosPa — le denunce contributive — senza versare i contributi mancanti. Un colpo di spugna sulle sanzioni e sul rischio, per le amministrazioni, di dover rimborsare somme indebitamente erogate ai pensionati a seguito di ricorsi. La sanatoria riguarda le posizioni contributive mai dichiarate o dichiarate con dati incompleti, spesso “aggiustati” manualmente in prossimità del pensionamento. LEGGI TUTTO

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    500 euro e 15% di sconto sugli acquisti: chi può richiedere la carta “Dedicata a te” 2025

    Con l’arrivo del decreto attuativo, la Carta Dedicata a Te si prepara a tornare anche nel 2025, confermandosi una delle misure sociali più attese e discusse. Finanziata con un fondo da 500 milioni di euro, la carta prepagata del valore di 500 euro sarà destinata a circa 1,1 milioni di famiglie italiane in difficoltà economica. Un aiuto concreto, ma non senza novità e limitazioni rispetto agli anni precedenti.Nessuna domanda da presentareAnche quest’anno, non sarà necessario fare richiesta. L’Inps provvederà a stilare le liste dei beneficiari, basandosi sui dati disponibili e in collaborazione con i Comuni, che avranno il compito di verificarle ed eventualmente integrarle. Chi riceverà la carta per la prima volta, otterrà una Postepay nominativa, mentre chi è già in possesso della card riceverà una semplice ricarica.L’Isee necessarioIl criterio chiave resta l’Isee: per avere diritto al beneficio, è necessario che il valore non superi i 15.000 euro. Ma non basta. La carta sarà assegnata in via prioritaria alle famiglie composte da almeno tre persone, con attenzione particolare ai nuclei con figli minori nati entro il 31 dicembre 2011. In caso di parità, si terrà conto dell’Isee più basso. Escluse invece le famiglie che già ricevono altre forme di sostegno, come l’Assegno di Inclusione, la NASpI, la DIS-COLL, la Carta Acquisti o altri contributi economici regionali o comunali. Una scelta che punta a evitare sovrapposizioni e a distribuire le risorse in modo più equo.Quando arriverà il contributo?La macchina amministrativa si è già messa in moto. Dalla pubblicazione del decreto, l’Inps ha 30 giorni per redigere le liste, che dovranno poi essere validate dai Comuni entro lo stesso termine. Una volta completate le verifiche, i dati saranno trasmessi a Poste Italiane, incaricata della distribuzione delle carte e dell’accredito dei fondi. I primi pagamenti sono previsti a partire da settembre 2025. La comunicazione ufficiale arriverà direttamente dai Comuni, insieme alle indicazioni per il ritiro della carta presso gli uffici postali, su appuntamento. Attenzione però alle scadenze: le carte dovranno essere attivate entro il 16 dicembre 2025, mentre i fondi andranno spesi entro e non oltre il 28 febbraio 2026. LEGGI TUTTO

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    Pensione anche a 64 anni, quali sono i requisiti per andarci prima nel 2025

    Lasciare il lavoro prima dei 67 anni è ancora possibile? Chi conosce le regole può trovare strade alternative per congedarsi prima dal lavoro. E in alcuni casi, si può andare in pensione già a 64 anni.L’opzione ordinaria: tanti contributi, nessun limite d’etàLa via più tradizionale resta la pensione anticipata ordinaria, che non impone limiti anagrafici ma richiede un’anzianità contributiva elevata: 42 anni e 10 mesi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne. Una volta maturati i requisiti, si attende una finestra temporale di circa tre mesi — o anche nove per alcune categorie, come i dipendenti pubblici — prima dell’erogazione dell’assegno. L’importo non subisce penalizzazioni, ma può risultare inferiore rispetto a chi va in pensione all’età standard di 67 anni.Pensione a 64 anni: la via contributivaUna delle opzioni meno conosciute, ma potenzialmente interessanti, è quella della pensione contributiva anticipata. Consente di uscire dal lavoro a 64 anni, a condizione di avere almeno 20 anni di contributi versati. Tuttavia, c’è un limite: l’importo della pensione non può superare cinque volte quello dell’assegno sociale, rendendola accessibile solo a chi ha avuto carriere lunghe e ben retribuite. Inoltre, fino al compimento dei 67 anni, l’assegno non sarà pieno, e potrebbe quindi risultare economicamente deludente per alcuni.Quota 103: si può andare prima, ma con un tettoAncora valida nel 2025 è anche la Quota 103, che permette l’uscita dal lavoro a 62 anni, con almeno 41 anni di contributi. Si tratta di una misura straordinaria, che però ha suscitato poco entusiasmo perché comporta un limite mensile all’importo dell’assegno: circa 1.860 euro netti. Questo tetto resterà in vigore fino al raggiungimento dell’età pensionabile ordinaria, quando sarà rimosso. Una via flessibile, ma non esente da penalizzazioni.Opzione Donna: misura specifica per lavoratriciPer le donne, resta attiva l’Opzione Donna, pensata per chi ha almeno 61 anni d’età e 35 anni di contributi maturati entro il 31 dicembre 2024. Ma non tutte possono beneficiarne: è riservata a determinate categorie come caregiver, invalide civili, disoccupate o lavoratrici in aziende in crisi. Il calcolo della pensione avviene interamente con il sistema contributivo, che può risultare meno vantaggioso rispetto al retributivo. Resta comunque una possibilità concreta per chi desidera anticipare l’uscita dal lavoro.Bonus Maroni: premio a chi rinuncia alla pensione anticipataIl governo ha rilanciato nel 2025 il cosiddetto Bonus Maroni, un incentivo per chi rinuncia alla pensione anticipata e decide di continuare a lavorare. Il bonus consente ai lavoratori di ricevere una parte dei contributi versati direttamente in busta paga, senza impatti negativi sulla pensione futura. L’incentivo riguarda sia chi potrebbe andare in pensione con Quota 103, sia chi ha diritto alla pensione anticipata ordinaria. L’erogazione del bonus termina una volta raggiunti i requisiti per la pensione di vecchiaia.Ape Sociale: supporto per chi è in difficoltàPensata per disoccupati, invalidi civili, caregiver o lavoratori impegnati in mansioni usuranti, l’Ape Sociale permette di accedere a un’indennità temporanea a partire dai 63 anni e 5 mesi. Questa misura rappresenta una rete di protezione per chi, per motivi di salute o sociali, non può proseguire il proprio lavoro fino all’età pensionabile. L’indennità accompagna il lavoratore fino al momento in cui matura il diritto alla pensione di vecchiaia.Anticipo per chi ha iniziato a versare i contributi dopo il 1996 LEGGI TUTTO

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    Pensione anticipata, quali sono i requisiti per andarci a 62 anni con Quota 41 flessibile: le ipotesi

    Una nuova formula per il pensionamento anticipato potrebbe presto entrare nel lessico previdenziale italiano. Si chiama “Quota 41 flessibile” e rappresenta una delle ipotesi attualmente al vaglio del Governo, in vista della prossima legge di bilancio. Il progetto, che nasce nel contesto delle riflessioni sulla flessibilità in uscita, punta a offrire un’opzione in più ai lavoratori con carriere lunghe, permettendo loro di lasciare il lavoro a 62 anni, con 41 anni di contributi, ma accettando una riduzione sull’assegno pensionistico.La questioneIl dibattito si inserisce in una fase delicata per il sistema pensionistico italiano. Negli ultimi anni, infatti, l’accesso anticipato alla pensione è stato progressivamente limitato. Quota 103, Opzione donna e Ape sociale hanno subito revisioni restrittive, nel tentativo di contenere la spesa pubblica e rispettare gli equilibri di bilancio. Ora, tuttavia, l’ipotesi di una nuova misura sembra segnare un possibile cambio di passo, almeno sul piano della narrazione politica.Quota 41 flessibileQuota 41 flessibile non si configurerebbe come una riforma organica della previdenza, bensì come un’aggiunta all’attuale impianto normativo. Si tratterebbe, secondo le anticipazioni, di una possibilità riservata a chi, entro il 31 dicembre 2025, raggiungerà contemporaneamente i 62 anni di età e i 41 anni di contributi. A quel punto, il lavoratore avrebbe la facoltà di anticipare l’uscita dal lavoro rispetto ai 67 anni fissati dalla legge Fornero, accettando però una penalizzazione sull’importo mensile dell’assegno. Diversamente da quanto avviene con Quota 103, dove si applica il ricalcolo contributivo che può determinare tagli significativi alla pensione, la Quota 41 flessibile prevede una decurtazione fissa, pari al due per cento per ogni anno di anticipo rispetto all’età ordinaria. Nel caso limite di un’uscita a 62 anni, la riduzione complessiva arriverebbe quindi al dieci per cento. Un’ulteriore clausola attualmente allo studio escluderebbe da qualsiasi penalizzazione i lavoratori con redditi inferiori ai 35 mila euro annui.L’impatto sui conti pubbliciL’adozione di questa misura comporterebbe inevitabilmente un impatto sui conti pubblici. Negli anni recenti, la direzione intrapresa dal Governo è stata quella della prudenza, con l’obiettivo di ridurre gradualmente l’incidenza della spesa previdenziale sul bilancio dello Stato. Le modifiche restrittive alle finestre di uscita hanno consentito di contenere i costi, ma hanno anche innalzato l’età media di pensionamento. Secondo i dati diffusi da Istat, nel 2024 l’età media effettiva per accedere alla pensione è salita a 64,8 anni, con un incremento di sette mesi rispetto al 2023. Il progressivo irrigidimento delle regole ha infatti ridotto il numero di lavoratori in grado di lasciare il lavoro in anticipo. LEGGI TUTTO