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    Pensioni, cambia la flessibilità in uscita. Le nuove regole per smettere di lavorare a 64 anni

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    Importanti novità sul fronte previdenziale arrivano dalla Camera dei Deputati, dove è stato approvato un emendamento della Lega, a prima firma della deputata Tiziana Nisini, riformulato in commissione Bilancio. Il provvedimento introduce un nuovo meccanismo che permette, per la prima volta in Italia, di cumulare la previdenza obbligatoria e quella complementare, aprendo così la possibilità di anticipare la pensione a 64 anni.Il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon ha espresso grande soddisfazione per il risultato ottenuto, sottolineando come questo intervento rappresenti un passo concreto verso una maggiore flessibilità in uscita: «È stato approvato l’emendamento della Lega, riformulato in commissione Bilancio alla Camera, che premia la flessibilità in uscita. Per la prima volta nella previdenza italiana si potranno cumulare la previdenza obbligatoria e quella complementare per raggiungere un assegno pensionistico pari a tre volte il minimo, riuscendo ad anticipare la pensione a 64 anni».Nuovi requisiti per il pensionamento a 64 anniAttualmente, la pensione anticipata a 64 anni con 20 anni di contributi è prevista per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995 e si trova quindi nel sistema contributivo. Tuttavia, questa possibilità è subordinata al raggiungimento di un assegno pensionistico pari ad almeno tre volte l’assegno sociale, ossia circa 1.600 euro al mese.Grazie all’emendamento approvato, dal 2025 sarà possibile raggiungere questa soglia anche utilizzando la rendita maturata presso un fondo di previdenza integrativa. Tuttavia, saranno necessari requisiti contributivi più stringenti: 25 anni di contributi dal 2025 e 30 anni a partire dal 2030.L’impatto del provvedimento sulle pensioni povereDurigon ha sottolineato l’importanza del provvedimento per contrastare il fenomeno delle pensioni povere, una problematica destinata a crescere a causa della sempre maggiore diffusione del sistema contributivo. «Con questo intervento si affronta concretamente il problema delle pensioni povere, destinate ad aumentare a fronte di un sistema contributivo che sarà più prevalente. Un ringraziamento alla collega Tiziana Nisini per il lavoro portato avanti sul tema e ai ministri Calderone e Giorgetti per il loro supporto», ha dichiarato il sottosegretario.Prospettive futureLa Lega si dichiara convinta che il percorso intrapreso sia quello giusto e punta ad ampliare ulteriormente la platea dei lavoratori interessati nelle prossime manovre finanziarie. «Nella prossima finanziaria cercheremo di ampliare la platea dei lavoratori interessati», ha dichiarato Durigon, confermando l’impegno del governo per una maggiore flessibilità nel sistema pensionistico.Non sono mancate le critiche, in particolare da parte della Cgil, che considera buoni i provvedimenti di flessibilità in uscita solo se non provengono da governi di centrosinistra. La segretaria confederale Lara Ghiglione ha definito l’emendamento un intervento che non risolverebbe i problemi strutturali del sistema previdenziale e che, anzi, consoliderebbe l’applicazione della Legge Fornero, già fortemente criticata. Secondo Ghiglione, il requisito della soglia pensionistica, già difficilmente raggiungibile da molti lavoratori, continuerà a escludere una larga parte delle categorie più deboli.Tuttavia, è curioso notare come misure simili non abbiano mai suscitato altrettanto clamore o indignazione quando proposte dai governi precedenti, che spesso hanno ignorato le richieste di flessibilità o addirittura inasprito le regole di uscita. Oggi, invece, anche soluzioni che aumentano le possibilità di pensionamento anticipato vengono aspramente criticate da chi, in passato, non ha mai alzato la voce su norme restrittive. LEGGI TUTTO

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    Pensioni, come cambiano i coefficienti dal primo gennaio. Tutti i calcoli

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    I nuovi coefficienti di trasformazione, aggiornati dal Ministero del Lavoro, introducono importanti novità per chi va in pensione con il metodo contributivo. Questi parametri sono essenziali per determinare l’importo dell’assegno pensionistico: trasformano il montante contributivo accumulato nel corso della vita lavorativa in una rendita annua. I valori variano in base all’età del lavoratore al momento del pensionamento, partendo dai 57 anni fino a raggiungere i 70 anni. Ecco tutto ciò che c’è da sapere.L’importo della pensioneL’importo della pensione è influenzato dall’età del lavoratore al momento del pensionamento: maggiore è l’età, più elevati saranno i coefficienti di trasformazione utilizzati per il calcolo della rendita pensionistica. Nel caso in cui il trattamento pensionistico venga riconosciuto a soggetti che non abbiano ancora compiuto i 57 anni, come avviene per l’assegno di invalidità o la pensione ai superstiti, viene comunque applicato il coefficiente di trasformazione corrispondente all’età di 57 anni, che rappresenta il valore minimo previsto dalla normativa vigente. Ogni due anni, i coefficienti di trasformazione vengono aggiornati sulla base delle nuove stime relative alla speranza di vita della popolazione. Questo aggiornamento periodico riflette i cambiamenti demografici e, generalmente, porta a una riduzione dei coefficienti, rendendoli meno favorevoli per i lavoratori che andranno in pensione nei bienni successivi. Questo trend si verifica a meno che non si registri una diminuzione della speranza di vita rispetto al biennio precedente, un’eventualità che, pur essendo rara, può determinare coefficienti più vantaggiosi.I nuovi coefficientiÈ stato pubblicato il decreto n. 436 del 20 novembre 2024, adottato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, che prevede la revisione biennale dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo. I nuovi coefficienti entreranno in vigore a partire dal 1° gennaio 2025 e si applicheranno alla quota contributiva della pensione. La revisione interesserà coloro che rientrano interamente nel metodo di calcolo contributivo, quindi i soggetti privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, oltre a chi sceglie l’opzione di calcolo tramite il sistema contributivo. Saranno coinvolti anche coloro che rientrano nel sistema di calcolo misto e i soggetti “pro-rata”, quindi coloro che hanno accumulato almeno 18 anni di contribuzione al 31 dicembre 1995, limitatamente alla quota di anzianità maturata dopo il 31 dicembre 2011.I parametriSono stati stabiliti i nuovi parametri validi per chi accederà alla pensione tra il 1° gennaio 2025 e il 31 dicembre 2026. Questi prevedono, a parità di età, una riduzione compresa tra l’1,5% e il 2,18% rispetto al biennio attuale. Riportiamo i valori aggiornati:4,204% per chi ha 57 anni4,308% per chi ha 58 anni4,419% per chi ha 59 anni4,536% per chi ha 60 anni4,661% per chi ha 61 anni4,795% per chi ha 62 anni4,936% per chi ha 63 anni5,088% per chi ha 64 anni5,250% per chi ha 65 anni5,423% per chi ha 66 anni5,608% per chi ha 67 anni5,808% per chi ha 68 anni6,024% per chi ha 69 anni6,258% per chi ha 70 anni6,510% per chi ha 71 anni.Come funzionano i parametriIl meccanismo è abbastanza semplice. Immaginiamo un lavoratore che ha iniziato a versare contributi dal 1996, con un importo annuale di circa 7mila euro per 20 anni, accumulando un montante rivalutato di 170mila euro. Per calcolare la pensione annua lorda, basta moltiplicare questa cifra per il coefficiente di trasformazione relativo all’età in cui il lavoratore decide di andare in pensione. L’importo della pensione aumenta al crescere dell’età del pensionamento. Per esempio, se il lavoratore decidesse di ritirarsi a 62 anni, riceverebbe circa 8.151 euro lordi all’anno (170mila x 4,795% = 8.151 euro). Se, invece, decidesse di andare in pensione a 71 anni, senza considerare gli effetti della rivalutazione del montante, l’importo salirebbe a 11.067 euro annui (170mila x 6,51% = 11.067 euro). LEGGI TUTTO

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    La Naspi adesso è anche per i lavoratori che si licenziano: ecco come richiederla

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    Una svolta per i lavoratori: dal 1° gennaio 2025, la Naspi sarà concessa anche a chi si dimette volontariamente da un impiego a tempo indeterminato. La condizione per accedere all’indennità è aver accumulato almeno 13 settimane di contribuzione dall’ultima cessazione del rapporto di lavoro. La novità è stata introdotta attraverso un emendamento presentato dai relatori nella serata di ieri, 15 dicembre 2024. Ecco tutto ciò che c’è da sapere.La misuraCome anticipato, dal 1° gennaio 2025 entrerà in vigore un’importante novità riguardante la Naspi, l’indennità mensile di disoccupazione destinata ai lavoratori subordinati che perdono il lavoro. Grazie a un emendamento alla legge di bilancio presentato dai relatori, l’accesso alla Naspi sarà esteso anche ai lavoratori che si dimettono volontariamente da un contratto a tempo indeterminato, ampliando così le tutele per una categoria finora esclusa. Il criterio per cui il lavoratore dovrà aver accumulato almeno 13 settimane di contribuzione è stato introdotto per garantire che l’indennità sia destinata a chi ha effettivamente contribuito al sistema previdenziale in modo continuativo.La NaspiLa Naspi, istituita originariamente il 1° maggio 2015, rappresenta un sostegno economico per chi si trova in stato di disoccupazione involontaria. L’importo dell’indennità viene calcolato sulla base dei contributi maturati negli ultimi quattro anni lavorativi e viene erogato per un periodo di tempo pari alla metà delle settimane contributive accumulate. Per esempio, un lavoratore con due anni di contributi potrà ricevere l’indennità per un massimo di un anno.Requisiti attualiLa Naspi è attualmente accessibile rispettando alcuni requisiti specifici. È necessario trovarsi in uno stato di disoccupazione involontaria e aver maturato almeno 13 settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione. Inoltre, chi si trova in questa condizione deve dichiarare la propria immediata disponibilità al lavoro, presentando un’apposita istanza tramite il sistema informativo unitario delle politiche del lavoro. L’erogazione della Naspi inizia dall’ottavo giorno successivo alla cessazione del rapporto di lavoro e viene corrisposta mensilmente per un periodo pari alla metà delle settimane contributive accumulate negli ultimi quattro anni. L’importo della Naspi viene calcolato in base alla retribuzione media mensile: per i primi quattro mesi è pari al 75% di quest’ultima, fino a un massimo di 1.335,40 euro al mese; successivamente, a partire dal quinto mese, l’importo si riduce e viene determinato sommando il 75% di 1.335,40 euro al 25% della differenza tra la retribuzione media mensile e tale soglia. LEGGI TUTTO

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    Bonus Natale 2024: come funziona per chi non riceve la tredicesima

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    Il Bonus Natale, un contributo una tantum di 100 euro esente da Irpef, è stato introdotto con il Decreto Legge 113/2024 e successivamente modificato dal Decreto Legge 167/2024. Ma come viene erogato a chi non riceve la Tredicesima a dicembre, come gli operai edili, i lavoratori intermittenti e gli operai agricoli Otd? Ecco le possibili soluzioni per garantire che anche queste categorie possano beneficiare del bonus, con la necessità di una richiesta tramite autocertificazione.Il bonusIl bonus è destinato ai lavoratori subordinati con figli e con un reddito inferiore ai 2mila euro, ed è generalmente erogato insieme alla tredicesima mensilità. Tuttavia, per alcune categorie che non percepiscono la tredicesima a dicembre, si sono sollevati dubbi operativi. In particolare, ciò riguarda i lavoratori con contratto a chiamata e quelli che ricevono la gratifica natalizia mensilmente, gli operai del settore edile che la ricevono come una maggiorazione sulla retribuzione versata dalla Cassa Edile, e gli operai agricoli a tempo determinato, per i quali la tredicesima è già inclusa nel terzo elemento retributivo previsto dal contratto collettivo.L’alternativa alla 13ªChi non riceve la tredicesima a dicembre può ricevere il Bonus Natale attraverso diverse modalità. Una possibilità è l’erogazione tramite un cedolino aggiuntivo durante il periodo natalizio, che indichi chiaramente il bonus. Un’altra soluzione consiste nell’anticiparlo con la busta paga di novembre o dicembre, evitando invece l’utilizzo della busta paga di gennaio. In alternativa, se non è possibile l’erogazione diretta, si può ricorrere alla compensazione con le imposte nella dichiarazione dei redditi successiva. LEGGI TUTTO

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    Pensioni 2025: il calendario ufficiale dei pagamenti

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    L’anno volge al termine e, con l’arrivo della tredicesima e della quattordicesima, i pensionati guardano al 2025 con attenzione. Ma quando verranno erogate le pensioni? Quali sono le date chiave stabilite dall’Inps? Ecco tutto ciò che c’è da sapere.Le pensioni nel 2025Nel 2025, le pensioni verranno accreditate il primo giorno bancabile di ogni mese, seguendo le regole stabilite dalla legge n. 205 del 2017. Questa normativa prevede che, se il primo giorno del mese cade in un giorno non bancabile (come sabato, domenica o festivo), il pagamento venga effettuato il giorno utile successivo. Per gennaio, l’eccezione rimane: il pagamento avviene sempre il secondo giorno utile dopo Capodanno. Per esempio, se il primo giorno del mese è festivo o durante il weekend, bisognerà attendere il giorno successivo in cui banche e Poste sono operative.I giorni bancabiliI giorni bancabili sono quelli in cui banche e Poste effettuano operazioni finanziarie regolari. La differenza tra le due istituzioni è sottile ma significativa: le banche considerano giorni bancabili dal lunedì al venerdì, mentre Poste Italiane include anche il sabato, oltre ai giorni feriali. I giorni festivi non rientrano nei giorni bancabili. Pertanto, se il primo giorno del mese è una domenica o un giorno festivo, il pagamento viene rinviato al primo giorno utile. Nel caso in cui il primo giorno utile sia un sabato, chi ritira la pensione presso Poste può farlo solo di mattina, mentre chi riceve l’accredito in banca deve attendere il lunedì.Il calendarioDi norma, la pensione viene accreditata il primo giorno bancabile di ogni mese, che spesso coincide con il primo giorno del mese. Tuttavia, se questa data cade durante il fine settimana o in un giorno festivo, il pagamento slitta al giorno successivo utile. Per il 2025, i pagamenti avverranno venerdì 3 gennaio, sabato 1° febbraio per chi utilizza le Poste e lunedì 3 febbraio per chi ha il conto in banca. Stessa situazione a marzo, con accrediti fissati per sabato 1° alle Poste e lunedì 3 nelle banche. Invece, per aprile i pagamenti saranno erogati martedì 1°, così come a maggio, venerdì 2, e a giugno, martedì 3. Anche a luglio e agosto il primo giorno utile sarà rispettivamente martedì 1° e venerdì 1°, mentre a settembre e ottobre i pagamenti avverranno lunedì 1° e mercoledì 1°. Infine, a novembre e dicembre, le date fissate saranno lunedì 3 novembre e lunedì 1° dicembre. Non sempre, dunque, i pagamenti saranno effettuati il primo giorno del mese, con chi ha il conto in banca che in alcuni casi dovrà aspettare più a lungo rispetto a chi riceve la pensione alle Poste. LEGGI TUTTO