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    Veneto, Campania e Puglia: ecco i candidati e le sfide nelle coalizioni

    Ascolta la versione audio dell’articoloDomenica 23 (dalle ore 7 alle 23) e lunedì 24 novembre (dalle 7 alle 15) novembre si terranno le elezioni regionali in Veneto, Campania e Puglia per eleggere il nuovo presidente e i nuovi consiglieri regionali. Sono circa 13 milioni gli elettori chiamati alle urne (5 milioni in Campania, 4,3 milioni in Veneto e 3,5 milioni in Puglia). In base ai gli sondaggi pubblicabili, la partita è già decisa in Veneto e Puglia, dove Alberto Stefani (centrodestra) e Antonio Decaro (centrosinistra) sono nettamente in vantaggio sui competitor. Più aperta la partita in Campania dove Antonio Cirielli (centrodestra) affronta Roberto Fico (centrosinistra).I candidati in VenetoIn Veneto si sfidano in cinque per raccogliere l’eredità di Luca Zaia, non più candidabile dopo tre mandati: Alberto Stefani (centrodestra); Giovanni Manildo (centrosinistra); Marco Rizzo di Democrazia Sovrana e Popolare; Fabio Bui (Popolari per il Veneto) e Riccardo Szumski (Resistere Veneto). Gli ultimi sondaggi prima dello stop previsto per legge danno in largo vantaggio Stefani, con una forbice tra il 62% e il 65%, mentre Manildo si attesta tra il 26% e il 32%. Stefani, vicesegretario della Lega è appoggiato da tutto il centrodestra: Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Noi Moderati per Stefani, Unione di Centro e Liga Veneta. Manildo, è sostenuto da tutte le forze di centrosinistra, compresa Azione: (Movimento 5 Stelle, Pd, Avs, Volt Europa, Pace Salute Lavoro (Rifondazione comunista) e le liste Uniti per Manildo Presidente, Civiche Venete.Loading…La partita nel centrodestra La partita nel centrodestra è su chi tra Lega e Fdi si piazzerà al primo posto come voto di lista. I meloniani hanno accettato a fatica di rinunciare a esprimere il candidato presidente in Regione, lasciano il posto alla Lega in cambio di un’opzione sulla Lombardia nel 2028. E ora puntano a confermare il primato registrato alle politiche 2022 e alle europee del 2024. Mentre la Lega, conta sull’effetto Zaia, capolista in tutte le province, per strappare lo scettro a Fdi. Uno degli ultimi sondaggi pubblicati, quello dell’istituto Demos colloca la Lega tra il 22 e il 26% e Fratelli d’Italia vicinissima, tra il 21 e il 25%. Si profila dunque un testa a testa in una partita destinata a condizionare certamente gli equilibri nella futura giunta. Il centrosinistra si accontenterebbe di raggiungere il 30%. Un risultato che consentirebbe di porre le basi per tornare a essere competitivo in una regione dove da sempre fatica a radicarsi (nel 2020 il candidato di centrosinistra Arturo Lorenzoni). Alle ultime elezioni del settembre 2020 il candidato di centrosinistra Arturo Lorenzoni prese solo 15,7% mentre Luca Zaia venne eletto presidente per la terza volta con il 76,8 per cento.La sfida tra Fico e Cirielli in CampaniaIn Campania centrosinistra e il Movimento 5 Stelle schierano l’ex presidente della Camera Roberto Fico. La sua candidatura è sostenuta anche dal Pd, da AVS, Casa Riformista (lista collegata a Italia Viva), “Noi di Centro” (il partito del sindaco di Benevento Clemente Mastella), le liste civiche “Roberto Fico Presidente”, “Avanti Campania” e “A Testa Alta” (la civica del governatore uscente Vincenzo De Luca, non più ricandidabile dopo due mandati). Della coalizione di centrosinistra non fa invece parte Azione.La candidatura di Fico è stata al centro di un lungo confronto con lo stesso De Luca. Il presidente uscente, da sempre critico verso il Movimento 5 Stelle, ha accettato il nome di Fico solo dopo un accordo interno al Pd sulla guida della segreteria del partito in Campania, attribuita al figlio Piero De Luca. More

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    Primo soccorso, Azione propone obbligo di formazione e Iva al 5% sui defibrillatori

    Ascolta la versione audio dell’articoloFormazione obbligatoria per i giovani studenti nelle tecniche di Primo soccorso, quelle che spesso salvano una vita, come l’utilizzo corretto di un defibrillatore. È questo l’obiettivo di una proposta di legge presentata al Senato da Azione. Il senatore Marco Lombardo – primo firmatario insieme a Carlo Calenda – spiega a Parlamento 24 che la pdl disciplina l’obbligo di istruzione sul primo soccorso per le scuole secondarie e professionali e«per talune attività professionali: per esempio, «un bagnino deve saper fare un intervento di Primo soccorso», così come «deve saperlo fare uno steward allo stadio». Prevista poi l’inclusione della formazione obbligatoria in materia di primo soccorso anche nell’ambito dei percorsi universitari, in particolare Scienze motorie, ma con l’idea di estenderlo anche a Medicina e Scienze infermieristiche.La proposta di legge di Azione introduce anche l’obbligo di formazione in primo soccorso «anche all’atto del conseguimento della patente, perché questo renderebbe tutti i neo patentati quindi diciottenni possibili soccorritori», e «aumenterebbe la platea della comunità del primo soccorso», spiega Lombardo, che punta anche il dito contro una disposizione fiscale, attualmente in vigore, che considera «inconcepibile». «Non è possibile che i defibrillatori, oggi, abbiano l’Iva al 22% come un televisore, come un telefonino. Sono dei salvavita, e quindi è giusto che abbiano un’aliquota Iva ridotta», così come i presidi salvavita, conclude Lombardo riferendosi all’aliquota Iva al 5% per i defibrillatori prevista dall’Atto Senato 1550.Loading…Bove “Un onore che la legge sul primo soccorso porti il mio nome”La proposta di legge di Azione è stata ribattezzata dai presentatori “legge Bove”, dal nome del calciatore professionista della Fiorentina Edoardo Bove che a dicembre 2024 ebbe un attacco cardiaco in campo durante una partita contro l’Inter, e fu salvato dal pronto intervento dei medici e del personale sanitari. “Abbiamo chiesto a lui di farsi testimonial non solo per quello che lui può rappresentare, ma anche perché lui può essere un messaggio di speranza per tutti quelli che non ce l’hanno fatta», sottolinea Lombardo. Al momento del malore Bove «era in una situazione protetta in un campo di serie A, ma tanti ragazzi purtroppo perdono la vita, magari in campi minori perché non c’è il defibrillatore o anche se c’è nessuno lo sa usare e quindi ci sembrava giusto che fosse lui il testimonial ideale di questa proposta di legge per arrivare il più possibile all’opinione pubblica italiana», conclude il senatore di Azione. More

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    Toscana, la nuova Giunta di Giani: c’è anche la «delega alla felicità»

    Ascolta la versione audio dell’articoloUna Giunta pluralista grazie «all’equilibrio fra le deleghe» e a «un forte investimento sui giovani». Ha detto così Eugenio Giani, entrato in carica – per la seconda volta – come presidente della Regione Toscana.Le deleghe di GianiUna squadra di otto assessori, già presentata qualche giorno fa. Adesso, però, è chiaro quali saranno tutte le loro competenze. «La prima seduta è stata molto positiva – ha aggiunto Giani – siamo compatti e motivati».Loading…Il presidente avrà le deleghe a bilancio, personale, partecipate, sport ed energia. Il sottosegretario alla presidenza, Bernard Dika, gestirà i rapporti con il Consiglio regionale e il supporto alle deleghe del presidente.Otto assessoriAlla vicepresidente Mia Diop, del Partito democratico, vanno le deleghe a cooperazione internazionale, pace, attività di partecipazione, legalità. Monia Monni (Pd) sarà assessora alla sanità e sociale. Leonardo Marras (Pd) avrà la delega all’economia comprendente attività industriali, artigianali, agricole, cave, terme e turismo.Per Alessandra Nardini, scuola, casa, immigrazione e accoglienza e cultura della memoria. Filippo Boni (Pd) sarà assessore a urbanistica, infrastrutture e trasporti. More

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    Caso Garofani, se il vero «complotto» è contro Schlein e non contro Meloni

    Ascolta la versione audio dell’articoloE se il complotto intravisto da Fratelli d’Italia dietro le parole del consigliere del Quirinale Francesco Garofani non fosse contro la premier Giorgia Meloni bensì contro la leader del Pd Elly Schlein?E se lo «scossone» evocato da Garofani fosse contro Schlein?Per intenderci: una volta posata la polvere sull’inedita frizione tra Palazzo Chigi e Colle, l’auspicato «scossone» e l’invocato intervento della «provvidenza» sembrano avere nel mirino più Schlein, considerata negli ambienti degli ex popolari del Pd (e non solo) inadeguata a guidare un centrosinistra realmente competitivo in vista delle elezioni politiche del 2027, che Meloni. Con la quale, va ricordato, l’inquilino del Colle ha dall’inizio della legislatura un proficuo rapporto di collaborazione sul fronte più rilevante in questa fase, quello della politica estera: nessuno più di Sergio Mattarella ha aiutato la premier a tenere la linea euroatlantica e di appoggio a Kiev, linea da cui non si è mai fin qui discostata nonostante le ambiguità del rapporto con la Lega di Matteo Salvini e le difficoltà con l’attuale amministrazione Usa.Loading…La preoccupazione degli ex Ppi: non affievolire l’euroatlantismoInsomma, lo «scossone» incautamente evocato da Garofani durante un’occasione privata potrebbe non servire a scalzare Meloni da Palazzo Chigi ma piuttosto Schlein da Largo del Nazareno. Non è d’altra parte un mistero che Garofani ha una storia politica, come è normale che sia, e che ha militato nella stessa “corrente” democristiana del Presidente: nel Ppi, nella Margherita, nell’Ulivo e poi nel Pd di cui è stato parlamentare. Il dato politico non è che Garofani abbia una storia politica, ma che consideri l’attuale dirigenza del Pd non adeguata, troppo schiacciata su posizioni radicali e sul M5s e a rischio di affievolire l’euroatlantismo che ha sempre caratterizzato il partito.Gentiloni, Prodi, Castagnetti, Zanda: tutti i critici di Schlein vicini al ColleLa preoccupazione degli ambienti democratici vicini al Colle è reale ed è ormai uscita all0 scoperto: gli ex premier Paolo Gentiloni e Romano Prodi hanno più di una volta avvertito nelle ultime settimane che al momento un’alternativa alla destra guidata da Meloni non c’è e che è necessario “deradicalizzare” l’offerta politica del centrosinistra per tornare a parlare al mondo cattolico e moderato, così come al ceto medio e ai ceti produttivi del Nord, per sperare di poter vincere le elezioni politiche del 2027. E quindi, di conseguenza, per tenere in mano il mazzo delle carte quando, nel gennaio del 2029, scadrà il secondo mandato di Mattarella al Quirinale. Come Gentiloni e Prodi la pensa anche un frequentatore del Presidente come l’ultimo segretario del Ppi Pierluigi Castagnetti nonché un altro big della passata stagione democratica come Luigi Zanda.Il ruolo di Guerini e dei riformisti dem…E come loro la pensa Lorenzo Guerini, il più importante dei “soldati” dem del Presidente ancora in Parlamento (l’espressione fu usata da Enrico Letta quando fu chiamato da Giorgio Napolitano a ricoprire la carica di presidente del Consiglio dopo il fallimento del tentativo di metter su un governo Pd-M5s da parte dell’allora segretario dem Pier Luigi Bersani). Non a caso Guerini, già ministro della Difesa e ora presidente del Copasir e fiero euroatlantista, è stato tra i promotori – assieme a Giorgio Gori, Graziano Delrio, Pina Picierno, Lia Quartapelle, Filippo Sensi e altri – della nascita della nuova corrente ultra riformista “Crescere” a fine ottobre. Corrente che è stata non a caso benedetta da Prodi e che tornerà a riunirsi a fine mese a Prato, in contemporanea con la convention di Montepulciano del cosiddetto “correntone” pro Schlein di Dario Franceschini, Andrea Orlando e Giuseppe Provenzano. Anche loro, fuor di taccuino, dubbiosi sul fatto che Schlein possa essere un candidato valido nella competizione con Meloni. More

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    Il caso Garofani e l’incontro tra Meloni e Mattarella. Cosa è successo, dall’inizio

    Ascolta la versione audio dell’articoloUn articolo pubblicato martedì 18 novembre dal direttore della Verità Maurizio Belpietro e intitolato “Il piano del Quirinale per fermare Meloni” con scenari politici, attribuiti a Francesco Saverio Garofani, consigliere del presidente della Repubblica ed ex deputato Pd, carpiti – secondo il giornale – in un locale pubblico. E’ il casus belli che ha fatto impennare al livello massimo la tensione tra Fratelli d’Italia ed il Quirinale. Prima della parziale distensione propiziata da un incontro al Colle, il giorno successivo, tra Giorgia Meloni e Sergio Mattarella.Gli articoli sulla VeritàNell’articolo di Belpietro scrive che «consiglieri di Mattarella, a quanto pare si agitano nella speranza di fare lo sgambetto a Meloni». L’obiettivo sarebbe di non solo «di impedire una vittoria di Giorgia Meloni (alle prossime elezioni politiche, ndr) ma anche «che una maggioranza non di sinistra nella prossima legislatura possa decidere il sostituto di Sergio Mattarella». Ecco perché si «ragiona di “una grande lista civica nazionale”, una specie di riedizione dell’Ulivo». Ma questo «potrebbe non essere sufficiente e allora il consigliere di Mattarella, Francesco Saverio Garofani, invoca la provvidenza: «Un anno e mezzo non basta per trovare qualcuno che batta il centrodestra, ci vorrebbe un provvidenziale scossone”». Ma non è tutto, nella stessa pagina c’è un secondo pezzo firmato da Ignazio Mangrano, uno pseudonimo «per coprire le fonti», in cui si raccontano i dettagli «dell’incontro informale» in cui Garofani avrebbe spiegato ai suoi interlocutori altri dettagli auspicando tra l’altro «un intervento ancora più decisivo di Romano Prodi».Loading…La richiesta di smentitaA chiedere una smentita è il capogruppo di FdI alla Camera, Galeazzo Bignami (ufficialmente di sua iniziativa e senza consultare preventivamente la premier) che senza giri di parole invita il consigliere del Capo dello Stato a chiarire quanto raccontato dal quotidiano.Lo stupore del ColleUna richiesta a cui risponde il Colle che in poche righe manifesta «stupore» per la dichiarazione del capogruppo meloniano «che sembra dar credito a un ennesimo attacco alla Presidenza della Repubblica costruito sconfinando nel ridicolo»La presa di posizione di FazzolariBignami prova a correggere il tiro precisando di non riferirsi al presidente della Repubblica «non mi permetto di tirare in mezzo il Colle». Ma insiste nel chiedere una smentita al diretto interessato: «Se non c’è – dice – ne prendiamo atto che è l’opinione di Garofani». Una linea condivisa anche dalla prima linea del partito, a partire dal potente sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari, coordinatore della comunicazione di Fdi e del governo. Nessun dubbio del partito nè di Palazzo Chigi sulla lealtà istituzionale di Mattarella, mette a verbale Fazzolari, ma «Bignami ha semplicemente chiesto una smentita» di Garofani che avrebbe risolto ogni tipo di polemica. More

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    Meloni da Mattarella, «sintonia ma parole di Garofani inopportune». In serata nota di Fdi chiude il caso

    Ascolta la versione audio dell’articoloVenti minuti di colloquio chiesti dalla premier Giorgia Meloni al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Venti minuti di chiarimento doveroso dopo l’anomalo botta e risposta di ieri tra il capogruppo alla Camera di Fdi, Galeazzo Bignami, e il Quirinale. Ma per arrivare ai titoli di coda di un film che rischiava di sfociare in un conflitto istituzionale gravissimo c’è voluta un’altra nota, stavolta congiunta di Bignami e del presidente dei senatori Lucio Malan, arrivata in serata. «Dopo il colloquio Fratelli d’Italia ritiene la questione chiusa – mettono a verbale i maggiorenti del partito di Meloni – e non reputa di aggiungere altro». È il segnale che il Colle aspettava.Le tensioni di martedì dopo l’articolo de La Verità L’antefatto è ormai noto. Martedì Bignami aveva chiesto la smentita di un presunto piano anti-Meloni auspicato dal consigliere del Colle Francesco Saverio Garofani secondo un articolo pubblicato da La Verità. Una dura nota del Quirinale ha replicato esprimendo «stupore» per aver dato «credito a un ennesimo attacco alla presidenza della Repubblica costruito sconfinando nel ridicolo». Ore di tensione, in cui le opposizioni hanno attaccato Fdi e Meloni evocando il rischio di un conflitto istituzionale senza precedenti.Loading…Garofani al Corriere: «Chiacchiere tra amici»Dalla premier nessuna telefonata era partita all’indirizzo di Mattarella. Il potente e fedele sottosegretario Giovanbattista Fazzolari si era limitato a intervenire, insieme a Giovanni Donzelli, per sottolineare come quello di Bignami non fosse un affondo contro il Colle, ma una richiesta di smentita a un singolo consigliere. Stamane Garofani, ex deputato Pd e segretario del Consiglio supremo di difesa, attraverso il Corriere della Sera ha derubricato le conversazioni intercettate – che gli attribuivano l’augurio di uno «scossone provvidenziale» per far terminare l’era Meloni – a «chiacchiere tra amici», dicendosi spaventato «dalla violenza dell’attacco» e dalla «sensazione di essere stato utilizzato per colpire il presidente». Parole che dentro Fdi sono state salutate come un’ammissione.L’incontro Meloni-MattarellaIl faccia a faccia Meloni-Mattarella puntava a stemperare i toni e scongiurare un inedito scontro tra le massime istituzioni della Repubblica. Ma non tutto è andato secondo i piani. Non tanto per lo scambio, che viene descritto come franco ma cortese, quanto per il racconto diffuso al termine da fonti di Palazzo Chigi. Che ribadiva sì la «sintonia istituzionale che esiste con il Quirinale, mai venuta meno fin dall’insediamento di questo Governo e di cui nessuno ha mai dubitato», ma anche il rammarico espresso dalla premier al capo dello Stato per le parole «istituzionalmente e politicamente inopportune pronunciate in un contesto pubblico» dal consigliere.L’irritazione del Colle e poi la schiaritaLe stesse fonti giustificano le affermazioni di Bignami del giorno precedente come l’intenzione, «da parte del partito di maggioranza relativa, di intervenire per fugare ogni ipotesi di scontro tra due istituzioni che invece collaborano insieme per il bene della Nazione». Non sono i passaggi che il Quirinale si aspettava. Meloni non avrebbe chiesto esplicitamente un passo indietro di Garofani. Perché, dunque, insistere? Da qui il grande freddo, con il dubbio se intervenire o meno di nuovo con una nota. Ma poi da Fratelli d’Italia, con la nota dei capigruppo, hanno issato la bandiera bianca. Si volta pagina, domani è un altro giorno. Il vero interrogativo ora è uno: se ci saranno eventuali strascichi. E quali. More

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    Ucraina, la Lega si smarca: chiarezza o no a nuove armi a Kiev

    Ascolta la versione audio dell’articoloLa Lega continua a smarcarsi sull’invio di armi a Kiev. Il Consiglio Supremo di Difesa (che ha confermato “il pieno sostegno” all’Ucraina) riguardava «aiuti già decisi», sottolinea il vicepremier Matteo Salvini. Il leader del Carroccio, dopo il monito dei giorni scorsi («Non vorrei che con i soldi per le armi si andasse ad alimentare ulteriore corruzione in Ucraina») lancia un avvertimento chiaro agli alleati: «Non è così che finisce la guerra e non è così che intendiamo andare avanti. Per il futuro chiediamo chiarezza».La nuova autorizzazione del ParlamentoE il futuro è dietro l’angolo: messo in sicurezza il dodicesimo pacchetto di aiuti, che dovrebbe essere formalizzato tra fine novembre e inizi dicembre, subito dopo si dovrà votare in Parlamento la nuova autorizzazione annuale. Sarà quella l’occasione in cui la maggioranza dovrà necessariamente tirare le fila su Kiev e il confronto potrebbe rivelarsi non indolore.Loading…L’adesione al programma PurlAnche perché in ballo ci sono anche le armi destinate all’Ucraina che gli Usa vorrebbero vendere all’Italia: l’adesione al programma Purl (per ora in stand-by) su cui i leader di centrodestra potrebbero decidere dopo le ultime regionali. FdI e FI per ora smorzano i toni: si dicono certi che, alla fine, i leghisti si adegueranno «come sempre hanno fatto» sul supporto a Vladimir Zelensky e che, quindi, il fronte del centrodestra ne uscirà intatto.Borghi e Vannacci già smarcatiMa agli atti c’è già un annuncio che fa rumore: «Non ho alcuna intenzione di votare un’altra» autorizzazione, fa sapere il senatore Claudio Borghi rimarcando i «dubbi sulla corretta gestione dei fondi» dati a Kiev. Un tasto su cui battono lo stesso Salvini e il suo vice Roberto Vannacci. «Non vorrei che ci fosse la strana triangolazione: pensionato italiano dà soldi a Bruxelles, che li gira a Zelensky; una parte finiscono in corruzione, l’altra parte finisce a comprare armi ai francesi», ragiona il leader leghista. E l’ex generale rincara la dose parlato di soldi europei dispersi «in gabinetti d’oro, ville, yacht». Il consenso popolare al «supporto» a Kiev «è drammaticamente scemato», avverte, prospettando conseguenze sulle urne.Il dodicesimo pacchetto di armi in arrivoDiversissima la linea di Forza Italia secondo cui «il supporto militare all’Ucraina è necessario se non vogliamo buttare tutti gli sforzi fatti finora. Dobbiamo proseguire per forza, cercando di arrivare alla pace. La Lega su questo tema ha sempre dimostrato responsabilità». Sulla stessa scia le esternazioni di Fratelli d’Italia, con il vicecapogruppo vicario in Senato, Raffaele Speranzon, che getta acqua sul fuoco: «Borghi? Se un parlamentare si asterrà non cambierà la sostanza». E poi, “siamo anche in campagna elettorale, vedremo…». E’ in questo clima che la Difesa sta limando i contenuti del dodicesimo pacchetto di armi che sarebbe in dirittura di arrivo al Copasir. Smentito nei giorni scorsi l’invio di missili Samp/T, i contenuti dovrebbero rispecchiare quelli dei precedenti “pacchetti”. More

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    «Senza consenso è violenza sessuale»: sì unanime della Camera

    Ascolta la versione audio dell’articoloSenza «consenso libero e attuale» si configura il reato di violenza sessuale. Lo prevede la proposta di legge approvata dalla Camera all’unanimità con 227 sì. Il testo, che passa al Senato, è frutto dell’approvazione di un emendamento in commissione Giustizia delle relatrici Carolina Varchi di FdI e Michela Di Biase del Pd, dopo una trattativa che ha coinvolto anche la premier Giorgia Meloni e la segretaria Elly Schlein. Viene riscritto integralmente l’art. 609-bis del codice penale introducendo la nozione di consenso, in linea con la Convenzione di Istanbul, di cui le componenti sono la libertà e l’attualità.Schlein: una rivoluzione culturale«Siamo felicissimi di questo grande passo avanti per il Paese, una piccola grande rivoluzione culturale. Finalmente si inserisce nella legge italiana il principio del consenso libero e attuale che prima non c’era. Finalmente si chiarisce che ogni atto sessuale senza il consenso è violenza, è stupro e quindi è reato» è stato il commento della leader dem Schlein.Loading…Che ha aggiunto: «È stato un lavoro importante trasversale: per questo ci siamo parlate con la presidente del Consiglio, c’è stato un lavoro ottimo delle relatrici Michela Di Biase e Carolina Varchi. Avete sentito anche oggi gli ottimi interventi di Varchi e di Boldrini. È stato un lavoro trasversale perché, come sosteniamo sempre, su questo terreno del contrasto alla violenza di genere, bisogna saper mettere da parte le forti divergenze politiche che abbiamo e provare a far fare un salto in avanti al Paese per contrastare e prevenire la violenza di genere».Fdi: buona pagina parlamentare, con riforma basta confusioneOggi «scriviamo una pagina di buona prassi parlamentare perché abbiamo deciso di lasciar prevalere ciò che unisce rispetto a ciò che divide e questo è stato possibile grazie alla generosità della presidente Boldrini, che con il senso istituzionale tipico di chi ha rappresentato le istituzioni ai massimi livelli ha compreso che era più importante rinunciare a qualcosa per affermare un principio»: lo ha detto in Aula la correlatrice – insieme alla collega dem Di Biase- la deputata di Fratelli d’Italia Varchi, durante le dichiarazioni di voto. «Questa riforma ha la pretesa di eliminare dal campo la confusione, perché su un reato così delicato, che genera un allarme sociale, non ci può essere un dubbio interpretativo e non ci può essere una esagerata discrezionalità» ha aggiunto. More