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    M5S, voto online per la Costituente dal 21 al 24 novembre su garante e limite dei mandati

    ServizioLa transizione dei Cinque stelleI quesiti saranno resi noti giovedì. L’esito delle consultazioni comunicato all’evento “Nova” dal 23 al 24 novembredi Redazione Roma12 novembre 2024Beppe Grillo attacca Giuseppe Conte: “Chiedo l’estinzione del M5S, il movimento è evaporato”Ascolta la versione audio dell’articolo1′ di letturaIl M5s convoca i suoi iscritti per le votazioni dei quesiti che saranno posti all’Assemblea costituente. Consultazione in rete dalle ore 10 del 21 novembre alle ore 15 del 24 novembre. Ai voti, tra le altre proposte emerse nel processo costituente, il ruolo del garante, il limite dei mandati e le alleanze. Ma anche il nome e il simbolo del Movimento. I quesiti saranno resi noti il prossimo 14 novembre. «Per ciascun punto all’ordine del giorno l’assemblea sarà chiamata ad esprimersi su una o più specifiche proposte», si legge nella convocazione pubblicata sul sito. L’esito delle consultazioni sarà comunicato in occasione dell’evento “Nova”, in programma al Palazzo dei Congressi di Roma dal 23 al 24 novembre.Loading… LEGGI TUTTO

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    Autonomia, tre scenari per la Consulta. Dai giudici possibili correzioni parziali

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaDa una parte il Nord, rappresentato da Veneto Lombardia e Piemonte, dall’altra il Sud, rappresentato da Puglia Sardegna e Campania. Se non ci fosse anche la “rossa” Toscana, che si è unita alle altre regioni governate dal centrosinistra contro la legge Calderoli, l’udienza pubblica a Palazzo della Consulta che andrà in scena oggi sarebbe una perfetta raffigurazione del rischio spaccatura del Paese in due in vista del referendum sull’autonomia differenziata targata Lega.Le due decisioni: giudizio di costituzionalità e ammissibilità dei quesiti referendariCerto, le due questioni all’attenzione dei giudici costituzionali relative all’autonomia differenziata – che discende, val la pena ricordare, dalla riforma del Titolo V voluta nel 2001 dall’allora centrosinistra – sono diverse: un conto sono le questioni di costituzionalità riguardanti la legge Calderoli per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario sollevate dalle quattro regioni di centrosinistra sui cui la Corte si esprimerà nelle prossime ore (dopo l’udienza pubblica i giudici si riuniranno in camera di consiglio e le previsioni sono quelle di una discussione lunga, che prenderà qualche giorno); un altro conto è il giudizio di ammissibilità dei referendum abrogativi, uno parziale e uno totale, depositati in Cassazione. Ma è certo che la prima sentenza influirà sulla seconda, fino alla possibilità di bloccare del tutto il processo referendario: anche per questo la Corte presieduta da Augusto Barbera, il cui mandato scadrà a fine anno, ha deciso di procedere con il giudizio di costituzionalità prima di affrontare la questione dell’ammissibilità dei referendum.Loading…I tre scenari e il possibile stop della Cassazione al voto popolare del giugno 2025Gli scenari possibili sono tre: se i ricorsi delle quattro regioni dovessero essere accolti (ma è l’ipotesi considerata meno probabile dagli esperti) non ci sarebbe più l’oggetto dei quesiti referendari. Se invece i ricorsi dovessero essere respinti la legge Calderoli resterebbe in piedi e con essa anche la possibilità di celebrare il referendum: anche se i giudici non dovessero ritenere illegittima la legge contestata, infatti, a gennaio i due quesiti potrebbero comunque essere ammessi e il referendum tenersi così nel giugno del 2025. C’è tuttavia una terza via, ed è quella al momento considerata la più probabile: la Consulta potrebbe giudicare illegittime solo alcune parti della legge Calderoli (ad esempio riguardo all’estensione delle competenze sulle materie da trasferire) con sentenza correttiva additiva. Una soluzione che svuoterebbe di fatto l’impatto della legge. In questo caso – come stabilito dalla stessa Consulta con sentenza 68/78 – sarebbe compito della Cassazione valutare se una modifica legislativa (per opera del Parlamento ma anche in conseguenza, appunto, di una sentenza della Consulta) supera o no il referendum. La parola passerebbe insomma direttamente alla Cassazione, con questi possibili esiti: i quesiti potrebbero comunque restare in piedi, oppure la Cassazione stessa potrebbe riformularli, oppure potrebbe anche dichiararli superati annullando il referendum.Uno snodo cruciale anche per il destino del premieratoUn passaggio cruciale, dunque, che potrebbe portare allo stop del voto popolare di giugno. E che spiega anche il tentato e fallito blitz della maggioranza, un mese fa, per eleggere il consigliere di Palazzo Chigi Francesco Saverio Marini come quindicesimo giudice della Consulta, che manca da un anno. L’attesa per la sentenza delle prossime ore ha poi di fatto imposto uno stand by sul premierato caro alla premier Giorgia Meloni, che vuole evitare il possibile incrocio con il referendum sull’autonomia differenziata: riaprire contemporaneamente il file del premierato in Parlamento finirebbe per saldare ancora di più il fronte contrario ad entrambe le riforme. A sentenza depositata si vedrà. LEGGI TUTTO

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    Albania, tribunale Roma rinvia alla Corte Ue e sospende il trattenimento dei migranti: rientreranno in Italia

    Quattro quesiti alla Corte europeaNelle cinquanta pagine del provvedimento, i giudici romani pongono alla Corte Ue quattro quesiti chiedendo di «chiarire vari profili di dubbia compatibilità con la disciplina sovranazionale» emersi proprio dopo l’introduzione da parte del Governo dell’ultimo Dl sui Paesi sicuri. Secondo il tribunale, il Governo ha adottato una interpretazione del diritto dell’Unione europea e della sentenza della Corte di giustizia del 4 ottobre «divergente da quella seguita dal tribunale di Roma nei precedenti procedimenti di convalida delle persone condotte in Albania e lì trattenute». Nello specifico, chiedono se il diritto «dell’Unione osti a che un legislatore nazionale, competente a consentire la formazione di elenchi di Paesi di origine sicuri e a disciplinare i criteri da seguire e le fonti da utilizzare a tal fine, proceda anche a designare direttamente, con atto legislativo primario, uno Stato terzo come Paese di origine sicuro».  Salvini: «Un’altra sentenza politica contro gli italiani e la loro sicurezza» Immediata la reazione del vicepremier e ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini: «Un’altra sentenza politica non contro il Governo, ma contro gli italiani e la loro sicurezza. Governo e Parlamento hanno il diritto di reagire per proteggere i cittadini, e lo faranno. Sempre che qualche altro magistrato, nel frattempo, non mi condanni a sei anni di galera per aver difeso i confini…». Il riferimento è alla richiesta dell’accusa nel processo Open Arms, che lo vede sul banco degli imputati per negato illegittimamente nell’estate del 2019 alla nave della Ong spagnola Open Arms di far sbarcare nel porto di Lampedusa 147 migranti soccorsi in mare. Al comizio dei leader del centrodestra in corso a Bologna il numero uno della Lega aggiunge: «Nessuno mi toglie l’idea che quelle sentenze servano alle cooperative rosse per fare soldi». Dalla Lega gli dà manforte Claudio Borghi, che a Palazzo Madama grida che «i magistrati hanno passato il segno» e «stanno dimostrando di essere fuori legge».Tajani: «Decisione inaccettabile, va contro la tripartizione dei poteri»Toni durissimi anche da parte dell’altro vicepremier, il ministro degli Esteri Antonio Tajani: «In una democrazia c’è la tripartizione dei poteri. Quando uno di questi poteri scavalca i propri confini mette in difficoltà la democrazia. Ci sono alcuni magistrati che stanno cercando di imporre la loro linea politica al Governo. Questo non è accettabile». «Non è un magistrato – ha aggiunto il leader di Forza Italia – che decide qual è un Paese sicuro perché non lo sa, perché non si occupa di queste cose. Se il Governo che ha gli strumenti per farlo dice che un Paese è sicuro, allora c’è qualcosa che non funziona». Il presidente dei senatori azzurri in assemblea al Senato va oltre parlando di «una Capitol Hill al contrario»: «I magistrati sono eversivi, c’è bisogno di una rifondazione della magistratura».L’Associazione nazionale magistrati: «I giudici fanno il proprio dovere»Di fronte alle parole dei vicepremier e degli esponenti della maggioranza, l’Anm interviene in difesa dei magistrati. «Mi preme solo ricordare – dice il segretario generale Salvatore Casciaro – che la primazia del diritto dell’Unione europea è l’architrave su cui poggia la comunità delle corti nazionali e impone al giudice, quando ritenga la normativa interna incompatibile con quella dell’Unione, di applicare quest’ultima o, in caso di dubbio, di sollevare rinvio pregiudiziale, cosa che è stato fatto in questo caso dal tribunale di Roma». Chiaro il messaggio: «Non ci si può quindi lamentare che i giudici fanno il loro dovere né dare loro la colpa di inciampi nel perseguimento di politiche migratorie che spetta ovviamente al Governo decidere ma che non possono prescindere del quadro normativo europeo e sovranazionale nel quale si collocano».Opposizioni all’attacco: «Basta spreco, Piantedosi riferisca in Aula»I partiti di opposizione partono lancia in resta contro l’Esecutivo. Dal Pd tuona il responsabile sicurezza Matteo Mauri: «Alla faccia del cosiddetto “modello Albania”. Questo è il “modello Meloni”: violazione dei diritti, forzature istituzionali, poliziotti sottratti al proprio lavoro in Italia e soldi buttati dalla finestra! Quanto ci metteranno ancora per smetterla con questa buffonata?!». Anche il senatore Filippo Sensi è scorato: «Davvero incredibile l’inettitudine, l’incapacità, lo spreco, l’inutilità». Il collega M5S Alfonso Colucci denuncia l’«ignobile speculazione fatta sulla pelle delle persone». Per il deputato Riccardo Magi (+Europa) «il Governo ha l’obbligo di interrompere le deportazioni: non può e non deve esserci una terza missione prima del giudizio della Corte di Giustizia Ue sui Paesi sicuri». Magi chiede anche di ritirare l’emendamento con cui il Dl Paesi sicuri è stato fatto confluire al Senato nel decreto Flussi. Mentre il capogruppo di Italia Viva a Palazzo Madama, Enrico Borghi, dice in Aula: «È indispensabile che il ministro dell’Interno venga in quest’Aula e spieghi cosa sta accadendo in questo Paese!». LEGGI TUTTO

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    Effetto Trump: Meloni “scala” la classifica dei premier europei lasciandosi dietro Macron e Scholz

    Ascolta la versione audio dell’articolo4′ di letturaAdesso sono in molti in Europa a guardare verso l’Italia di Giorgia Meloni. Sì perché , senza doverlo rivendicare, la premier italiana è in questo momento la leader con le maggiori chance per tenere un confronto costruttivo con la prossima amministrazione Usa. Al vertice in corso a Budapest il più raggiante era indubbiamente il padrone di casa, il primo ministro ungherese Viktor Orban tifoso di Donald Trump dalla prima ora. Ma certo il leader magiaro non è in alcun modo candidabile a rappresentante della sponda europea. La sua vicinanza a Vladimir Putin, i suoi veti contro i finanziamenti all’Ucraina o alle politiche migratorie non lo rende un ambasciatore credibile per gran parte dei 27.«Noi sappiamo cosa dobbiamo fare – ha detto la presidente del Consiglio arrivando al Consiglio Europeo informale di Budapest , ora il punto è se vogliamo dare agli stati membri le risorse necessarie, questo è il vero dibattito e non so se questa mattina arriverà a soluzioni concrete, ma è l’elemento centrale». «Partiamo dal presupposto- ha aggoiunto – che io sono assolutamente convinta che l’Europa e, quindi anche l’Italia, debbano riuscire a garantire la loro maggiore indipendenza, la loro maggiore autonomia, anche investendo di più in difesa. Chiaramente servono gli strumenti per poterlo fare. Questo è un grande dibattito che riguarda il patto di stabilità, che l’Italia ha posto. Ci sono nel nuovo patto delle aperture. Secondo me va fatto molto di più e quindi penso che questo sia un altro di quei dibattiti che bisognerà prima o poi riaprire».Loading…Così come pure non possono fare da “testa di ponte” neppure i leader attuali dei due principali Paesi e cioè Germania e Francia, entrambi alle prese con una crisi politica interna che ne mina la leadership: Olaf Scholz è ormai un cancelliere che, oltre ad aver perso negli ultimi test elettorali il consenso popolare, adesso è privo anche della maggioranza parlamentare e questo porterà a breve la Germania al voto.; non meno pesante la crisi sul versante francese con Emmanuel Macron sempre più solo al comando e con un brusio costante di sottofondo su un suo possibile addio all’Eliseo prima della scadenza naturale del suo secondo mandato nel 2027.Meloni invece ha il vento in poppa, ha una maggioranza solida e un consenso personale crescente ed è la Premier del terzo paese dell’Unione. Ma soprattutto in questi due anni e più di governo ha continuato a mantenere forte il suo rapporto con la destra americana parallelamente all’ottima relazione con l’amministrazione Biden. L’intesa con Elon Musk – il principale sostenitore di Trump che ha schierato la sua macchina social assieme centinaia di milioni di dollari a sostegno del candidato repubblicano – è la cartina di tornasole. Il patron di Tesla, X e space X è da anni oggetto delle attenzioni di Meloni. È stato più volte a Palazzo Chigi, lo ha avuto lo scorso dicembre come ospite d’onore ad Atreju, gli ha chiesto di essere lui a consegnarle a settembre il Global citizen aware. «È un valore aggiunto del nostro tempo e un possibile interlocutore», ha detto la leader di FdI.Un equilibrismo spesso criticato ma che ora può dare i suoi frutti. Del resto è lo stesso adottato anche a Bruxelles. Meloni ha costruito un rapporto diretto con Ursula von der Leyen e con anche altri leader di destra e non solo divenendo una sorta di pontiere tra la i vertici europei e la destra sovranista utile in più occasioni per ammorbidire i veti dei suoi alleati più estremi a cominciare da Orban. E che questo equilibrismo abbia funzionato, che non l’abbia penalizzata lo dimostra il fatto che nonostante il “no” al bis di von der Leyen proprio Ursula abbia scelto di assegnare per la prima volta a un esponente del gruppo dei Conservatori guidato da Fratelli d’Italia, e cioè a Raffaele Fitto, il ruolo di vicepresidente esecutivo, provocando le ire dei socialisti (che continuano a minacciare di non votarlo) ma ottenendo il placet convinto del Ppe. LEGGI TUTTO

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    Cittadinanza, proposta di legge della Lega: va revocata per reati gravi

    Ascolta la versione audio dell’articolo4′ di letturaLa Lega ha presentato una proposta di legge per la riforma della cittadinanza. Il testo, formato da un solo articolo, propone modifiche all’attuale legge sulla cittadinanza (la n.91 del 1992) centrate soprattutto sui requisiti negativi per non concedere o per revocare la cittadinanza. Prevede che lo straniero che chiede di diventare cittadino italiano, dimostri una conoscenza approfondita dell’italiano (anche giurando, in italiano, fedeltà alla Repubblica). La cittadinanza può essere negata in caso di reati gravi contro la persona o contro il patrimonio. E può essere revocata in caso di condanne definitive per reati gravi come violenza sessuale, pedofilia o omicidio. Fattispecie che si aggiungono a quelle previste dalla normativa attuale (reati con finalità di terrorismo o eversione dell’ordine costituzionale). La proposta è stata depositata alla Camera, primo firmatario il deputato Igor IezziIezzi (Lega): se delinqui torni a casa tua«La Lega crede che la cittadinanza italiana non si debba regalare. Per questo abbiamo presentato una proposta di legge con modifiche per l’acquisizione e il mantenimento – ha spiegato – Prima di tutto se vivi nel nostro Paese, devi sapere la nostra lingua e dimostrarlo, anche giurando fedeltà alla Repubblica in italiano. Poi, si passa ai reati. Se un neo-maggiorenne è stato condannato per fatti gravi non otterrà la cittadinanza. Viene anche ampliato il numero dei reati che porterà a togliere la cittadinanza a chi già la possiede. Vogliamo che la cittadinanza possa essere tolta anche dopo averla ottenuta, se si commettono reati come omicidio o violenza sessuale. Un concetto deve essere chiaro: se delinqui torni a casa tua».Loading…No alla cittadinanza ai maggiorenni stranieri in caso di reati gravi contro persona e patrimonioSi parte dalla considerazione che allo stato attuale, per lo straniero nato e vissuto in Italia fino alla maggiore età, la legge richiede la sola residenza legale ininterrotta nel nostro Paese per acquisire la cittadinanza, «senza prestare attenzione», come nei casi di cittadinanza per matrimonio o per residenza da almeno dieci anni, «alla sua effettiva integrazione». Si tratta di «un vuoto normativo – si legge nella relazione illustrative – che con la presente proposta di legge si intende colmare, anche alla luce dell’aumento preoccupante del numero dei reati compiuti dai minorenni stranieri, secondo i dati diffusi nel rapporto sulla criminalità minorile del Servizio analisi criminale della Direzione centrale della Polizia criminale e riportati dalla stampa, nonché della crescente e preoccupante diffusione del fenomeno delle cd baby gag». Ecco perché vengono previsti reati che la precludono. In particolare vengono citati quelli più gravi contro la persona o contro il patrimonio e, in aggiunta, quello che punisce chi coltiva, produce, vende o procura agli altri sostanze stupefacenti.Giuramento da pronunciare in italianoSulla revoca, la proposta chiede di aggiungere le condanne definitive per i reati di omicidio, per le pratiche di mutilazioni di organi genitali come l’infibulazione, il reato di tratta di persone, la violenza sessuale comprese alcune aggravanti. Riguardo alla conoscenza della lingua, il testo specifica che il giuramento alla Repubblica e al rispetto della Costituzione (attualmente richiesto per legge, per validare il decreto di concessione della cittadinanza) sia pronunciato in italiano.La proposta di Forza Italia sullo ius scholaeTra Camera e Senato, a parte quello recente della Lega, da inizio legislatura sono 17 i testi depositati (12 a Montecitorio e 5 a Palazzo Madama) per rivedere i requisiti per chi vive e lavora in Italia. Nessuno ha iniziato ancora il suo iter in commissione. La più recente è la proposta di Forza Italia, che quest’estate ha rilanciato il tema dello ius scholae. Il disegno di legge, depositato il 9 ottobre sia alla Camera che al Senato (primi firmatari i capigruppo Maurizio Gasparri e Paolo Barelli) e ribattezzato “ius Italiae” dal leader azzurro Antonio Tajani, parte dal presupposto che la «scuola è il modo migliore per integrare» gli stranieri che vivono nel nostro Paese. Ecco perché introduce, tra l’altro, lo ius scholae, ossia la concessione della cittadinanza a chi ha completato un ciclo di studi in Italia. Il testo è, però, più restrittivo di quello presentato nella scorsa legislatura da Renata Polverini che riteneva sufficiente il «compimento del corso della scuola primaria». Nella nuova proposta gli anni di frequenza scolastica diventano dieci. Infatti può ottenere la cittadinanza italiana lo straniero nato in Italia o che arriva «entro il compimento del quinto anno di età», se «risiede ininterrottamente per dieci anni in Italia e – si legge nella relazione illustrativa – frequenta e supera le classi della scuola dell’obbligo (5 anni elementari, 3 anni di medie, 2 di superiori)». La cittadinanza può scattare perciò a 16 anni. LEGGI TUTTO

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    Università, la ricerca teme il rischio di ingerenze cinesi. Oggi il piano d’azione a Palazzo Chigi

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaTutelare le attività e i progetti di ricerca, per garantire una solida cornice di sicurezza rispetto a intrusioni straniere, essenziale per offrire affidabilità ai partner scientifici e rispondere ad una necessità fortemente avvertita anche all’interno dello stesso sistema della ricerca. Questo l’obiettivo che si propone il “Piano d’azione nazionale per tutelare l’università e la ricerca italiana dalle ingerenze straniere” che sarà presentato oggi a Palazzo Chigi. L’intento del governo è fermare sul nascere le intromissioni dei paesi stranieri nei nostri atenei. Il principale sospettato è la Cina ma sul banco degli imputati ci sono anche la Russia e l’Iran. Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca rischia di rendere tutto il quadro ancora più instabile.Licenze tecnologiche e scoperte scientifiche a rischioBrevetti, licenze tecnologiche, scoperte scientifiche, sperimentazioni: tutto è potenzialmente a rischio. Già nel 2022 il Copasir aveva ascoltato in audizione l’allora ministro dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa, con la quale aveva approfondito proprio il tema della tutela del sistema dell’università e della ricerca quale asset strategico per il Paese «e potenziale oggetto di ingerenza da parte di attori statuali stranieri».Loading…Il sistema di alertIl ministero dell’Università ha progettato un sistema di alert che punta a scovare intrusioni sospette. Di questo ed altro parleranno domani il ministro dell’Università e della ricerca Anna Maria Bernini, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, il presidente della Crui Giovanna Iannantuoni e il presidente della Conper (Consulta nazionale dei presidenti degli Enti di ricerca) Antonio Zoccoli. La presentazione del piano ha avuto una accelerazione inaspettata. Si va nella direzione indicata dalla raccomandazione adottata a maggio dal Consiglio europeo, relativa al rafforzamento della sicurezza della ricerca, per affrontare i rischi derivanti dalla cooperazione internazionale, connessi a trasferimento indesiderato di conoscenze, ingerenze straniere e violazioni dell’etica o dell’integrità. Il piano d’azione viene paragonato allo strumento del “golden power”, i poteri speciali che ora il governo può esercitare sul fronte dell’innovazione prodotta dalle aziende, per tutelare l’interesse nazionale. LEGGI TUTTO

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    Il decreto infrazioni è legge: dai balneari all’ambiente ecco cosa prevede

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaL’Aula del Senato ha approvato la fiducia chiesta dal Governo sul Dl salva-infrazioni nel testo arrivato dalla Camera. Il sì è arrivato con 100 voti a favore, 63 contrari e 2 astenuti. L’ok alla fiducia costituisce il disco verde definitivo di Palazzo Madama sul provvedimento che doveva essere convertito in legge entro il 15 novembre. Il decreto contiene le norme sui balneari e punta ad “agevolare la chiusura di 15 procedure d’infrazione” con l’Unione europea.Le principali misureTra le misure principali, il provvedimento prevede il termine al 2027 per le concessioni balneari e stabilisce nuove regole di affidamento e indennizzo per i concessionari uscenti; rafforza le tutele per i magistrati onorari, estendendo loro la copertura previdenziale Inps; contiene interventi mirati sul codice di procedura penale per il diritto alla difesa, le garanzie procedurali per i minori nei procedimenti e i pagamenti nel settore giustizia. Sostanziali modifiche riguardano anche la normativa ambientale, con interventi su qualità dell’aria, rifiuti elettronici e gestione sostenibile della fauna. Infine, il decreto adegua le regole del lavoro, consentendo un risarcimento maggiore per i contratti a termine illegittimi, e introduce controlli sui centri di elaborazione dati ad alto consumo energetico.Loading…Che cosa cambia per i balneariIn particolare le concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l’esercizio delle attività turistico ricreative e sportive sono prorogate fino al 30 settembre del 2027, con obbligo per i Comuni di avviare tassativamente le gare entro il 30 giugno precedente. Ma i sindaci avranno la facoltà di anticipare i bandi presentando un’adeguata motivazione. Il termine delle concessioni, inoltre, potrà essere allungato fino al 31 marzo 2028 per contenziosi pendenti o altre ragioni oggettive di difficoltà nell’esecuzione delle gare. Previsti indennizzi per i concessionari uscenti, a carico di quelli subentranti, mentre non ci sono prelazioni a loro favore. Un decreto del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti dovrà stabilire un adeguamento dei canoni che, in caso di mancata adozione del provvedimento, saranno comunque aumentati del 10 per cento.Fallito il pressing della maggioranza sugli indennizziBocciate o ritirate in extremis le proposte per rivedere al rialzo il calcolo degli indennizzi per i concessionari uscenti. Tra le varie richieste – trasversali a FdI, Lega e Fi – c’era quella di cassare il limite degli ultimi cinque anni nel calcolo dell’indennizzo e di includere invece il valore aziendale d’impresa (in alcune formulazioni si specifica «compreso l’avviamento», in altre si fa riferimento alle «immobilizzazioni materiali e immateriali»).La deroga per i circoli sportivi L’emendamento sui circoli sportivi, riformulato dal governo sulla base dei proposte bipartisan e approvato con largo consenso in commissione alla Camera, prevede che escano dall’ambito della direttiva Bolkestein le concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali se l’uso è relativo allo svolgimento di una lunga serie di attività sportive. Attività svolte da federazioni sportive, discipline sportive associate ed enti di promozione sportiva, anche paralimpici, associazioni e società sportive dilettantistiche iscritte al Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche che perseguono esclusivamente finalità sociali, ricreative e di promozione di benessere psicofisico, e a condizione che gli usi del demanio «possano essere considerati come attività non economiche in base al diritto dell’Unione europea». Dunque i circoli e le associazioni sportive dilettantistiche restano fuori dal perimetro delle gare. LEGGI TUTTO

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    De Luca vince la sfida contro Schlein, verso la battaglia dei ricorsi

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaDetto, fatto. Con 33 voti favorevoli, 16 contrari e un astenuto il Consiglio regionale della Campania ha approvato la legge regionale che permette di fatto la candidatura, la terza, del governatore Vincenzo De Luca alle elezioni della primavera del 2025. Il trucco è far valere il calcolo dal mandato in corso e non dalla prima elezione nel 2015: «Il computo dei mandati decorra da quello in corso di espletamento alla data di entrata in vigore della presente legge», cioè 15 giorni dopo la sua pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione Campania.Per il Pd campano si tratta di «un voto tecnico» – come ha precisato il capogruppo Mario Casillo – che non preclude la ricerca di un candidato condiviso che «tenga conto del lavoro fatto da De Luca». Ma è chiaro che si tratta di una sfida aperta a Schlein (il Nazareno ha confermato il no al terzo mandato da governatore per De Luca) il cui esito è imprevedibile: quel che è certo è che al momento si tratta di una sconfitta politica della segretaria dem, visto che i consiglieri campani non hanno seguito le sue indicazioni di votare contro e visto che fin dalla campagna per le primarie del febbraio 2023 lei stessa aveva indicato nella lotta ai “cacicchi” uno dei suoi principali obiettivi.Loading…Prevale la legge nazionale: quella di De Luca è una battaglia persaMa la questione Campania non investe solo il piano politico, investe anche e soprattutto quello giuridico. La legge nazionale del 2004 stabilisce infatti in maniera inequivocabile che il limite dei mandati va fissato nel numero di due consecutivi, e quindi non ci sono margini per far partire il conteggio dal recepimento della legge a livello regionale come vorrebbero De Luca e coloro che lo sostengono. Diverso sarebbe stato se la legge del 2004 si fosse limitata a prevedere la fissazione di un limite generico di mandati. Per dirla con il costituzionalista Salvatore Curreri, esperto di partiti e di normative elettorali, < >.Perché il governo non ha interesse a impugnare la legge elettoraleIl punto è che ad avere il diritto di impugnare davanti alla Corte costituzione la legge regionale è, entro 60 giorni, solo il governo. Ma conviene alla maggioranza impedire la candidatura “terza” di De Luca? Certo che no, perché una candidatura del governatore della Campania a dispetto dei santi, e soprattutto a dispetto del Pd di Schlein, dividerebbe senza ombra di dubbio il campo del centrosinistra consegnando l’ennesima regione – e che regione – al centrodestra. Soprattutto se il candidato ufficiale del campo largo, dopo che il M5s è sempre stato all’opposizione in Campania, dovesse essere l’ex presidente pentastellato della Camera Roberto Fico, al momento fuori dal Parlamento per il diktat del limite dei due mandati imposto da Beppe Grillo e in via di superamento con l’assemblea costituente di fine novembre molti elettori dem “fedeli” al governatore-sceriffo non sarebbero disposti a votare il candidato del partito di Giuseppe Conte. Strada spianata dunque per il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli, di Fratelli d’Italia, che proprio nella scorse ora ha rivelato che il partito gli ha chiesto la disponibilità a candidarsi in Campania il prossimo anno.Il forte rischio di dover ripetere le elezioni regionali a stretto giroSe dunque il governo, come appare probabile, non impugnerà entro il 60 giorni previsti la legge regionale, gli eventuali ricorsi ci potranno essere solo a valle. Ossia dopo le elezioni. < >. Dopo le elezioni regionali, dunque, uno qualsiasi dei candidati perdenti – magari lo stesso Fico se sarà alla fine lui l’uomo del campo largo – potrebbe ricorrere al Tar che investirebbe poi la Corte costituzionale. Se De Luca decidesse di partecipare alle elezioni, e chi lo conosce bene assicura che il governatore-sceriffo vuole andare fino in fondo nella sua battaglia anche perché convinto di vincere, ci sarebbe insomma il forte rischio di invalidare l’appuntamento elettorale costringendo i campani a tornare alle urne a stretto giro. In un clima di conflitto istituzionale e tra le macerie, va da sé, del campo largo o centrosinistra che dir si voglia. LEGGI TUTTO