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    Arriva ADRIANO, il primo dipendente robotico della pubblica amministrazione

    o Giuliano Dami – Ingegnere Roboticoo Progettazione e realizzazione dei componenti hardware del robotProgetto made in ItalyLa realizzazione di ADRIANO è anche un altro successo della robotica italiana, una vera eccellenza nel mondo, confermata anche dai recenti riconoscimenti ai professori Antonio Bicchi e Bruno Siciliano, entrambi insigniti, negli ultimi due anni, dalla Società mondiale di Robotica del prestigioso titolo internazionale di “Pionieri della Robotica e dell’Automazione”. Peraltro, anche assegnatari con il loro team, dell’ambito “Synergy Grant”, un importante titolo e contributo economico dato dal Consiglio Europeo delle Ricerche ai migliori progetti robotici altamente sperimentali.Progetto di frontiera«ADRIANO – afferma il Presidente della Camera di Commercio di Roma, Lorenzo Tagliavanti – è un progetto sperimentale di frontiera che abbiamo promosso con determinazione, con l’obiettivo di far comprendere quali possano essere le possibili interconnessioni tra la robotica e l’intelligenza artificiale e come queste interconnessioni possano portare a realizzare strumenti utili a migliorare la qualità della vita delle persone. Per realizzare questo progetto abbiamo collaborato con le migliori eccellenze italiane nel campo della ricerca, della robotica e dell’intelligenza artificiale. ADRIANO si innesta in un contesto architettonico unico nel cuore di Roma, il Tempio di Vibia Sabina e Adriano, dove la storia e l’innovazione si fondono in maniera dinamica e vincente».La visione dell’Istituto Italiano di Tecnologia«L’Istituto Italiano di Tecnologia – dice Giorgio Metta, Direttore scientifico IIT – ha sempre avuto, tra i suoi obiettivi principali, quello di portare la ricerca scientifica fuori dai laboratori, per trasformarla in innovazione concreta al servizio della società. Questo progetto rappresenta esattamente questa visione: un robot umanoide che non è solo un esempio di avanzamento tecnologico, ma un primo passo verso un futuro in cui le macchine interagiscono in modo naturale con le persone, supportando e migliorando i servizi a disposizione del pubblico».La prima volta di ADRIANO«Ego in versione ADRIANO – spiega Antonio Bicchi, Head of SoftBots Laboratory IIT e Professore di Robotica all’Università di Pisa – è una prima volta da molti punti di vista: è la prima volta che un robot intelligente e autonomo accoglie visitatori in una delle strutture più suggestive tramandate dalla Roma antica ed è la prima volta che in Italia la Pubblica Amministrazione si mette a capo di un progetto in cui alcuni tra i migliori centri della ricerca italiana, Università e alcune delle startup più promettenti di robotica, hanno collaborato per fare una operazione di questa portata innovativa».Le funzionalità avanzate di ADRIANO«Il robot ADRIANO, progettato per accogliere cittadini e turisti nel Tempio di Vibia Sabina e Adriano, ha funzionalità avanzate – afferma Daniele Nardi, Professore ordinario di Intelligenza Artificiale alla Sapienza Università di Roma – che lo rendono autonomo ed espressivo nelle interazioni vocali, capace di gestire conversazioni e fornire informazioni storiche contestualizzate nella planimetria stessa del Tempio. La piattaforma robotica è stata realizzata da IIT e QBRobotics, mentre Sapienza e IIT hanno sviluppato la parte di navigazione e di interazione tramite comportamenti che integrano gesti ed espressioni facciali con il sistema di generazione delle risposte vocali realizzato da Babelscape».Loading… LEGGI TUTTO

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    Cos’è il Manifesto di Ventotene e quali sono le frasi criticate dalla premier

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di lettura«Non so se questa è la vostra Europa, ma certamente non è la mia». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni alla Camera, che in conclusione della sua replica dopo la discussione sulle sue comunicazioni in vista del Consiglio Ue, ha citato alcuni passaggi del Manifesto di Ventotene, rivolgendosi alle opposizioni, in una fase in cui c’è stata bagarre in Aula. «Non mi è chiarissima neanche la vostra idea di Europa, perché nella manifestazione di sabato a piazza del Popolo e anche in quest’aula è stato richiamato da moltissimi partecipanti il Manifesto di Ventotene: spero non l’abbiano mai letto, perché l’alternativa sarebbe spaventosa», ha esordito in questa risposta Meloni, «contenta» di «citare testualmente» alcuni passaggi del testo scritto nel 1941 da Altiero Spinelli (ex comunista, espulso dal partito per aver criticato i processi farsa del Terrore staliniano) e Ernesto Rossi (militante del movimento Giustizia e Libertà, fondato dal teorico del socialismo liberale Carlo Rosselli).La rivoluzione socialistaLa prima citazione: «La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista». Poi il passaggio sulla proprietà privata che «deve essere abolita, limitata, corretta, estesa caso per caso, non dogmaticamente» in linea di principio». Qualche frase prima Spinelli e Rossi criticavano però radicalmente uno dei principi cardine della collettivizzazione socialista: «La bussola di orientamento per i provvedimenti da prendere in tale direzione non può essere però il principio puramente dottrinario secondo il quale la proprietà privata dei mezzi materiali di produzione deve essere in linea di principio abolita e tollerata solo in linea provvisoria quando non se ne possa proprio fare a meno». Il Manifesto si rivolge anche agli «imprenditori che, sentendosi capaci di nuove iniziative, vorrebbero liberarsi dalle bardature burocratiche e dalle autarchie nazionali». Inoltre Spinelli e Rossi bocciano apertamente la prospettiva comunista, destinata a generare, osservano, «un regime in cui tutta la popolazione è asservita alla ristretta classe dei burocrati gestori dell’economia».Loading…Le altre citazioniEcco gli altri passaggi, sempre estrapolati, da Meloni. «Nelle epoche rivoluzionarie, in cui le istituzioni non debbono già essere amministrate, ma create, la prassi democratica fallisce clamorosamente». E ancora: «Nel momento in cui occorre la massima decisione e audacia, i democratici si sentono smarriti, non avendo dietro di sé uno spontaneo consenso popolare, ma solo un torbido tumultuare di passioni». «La metodologia politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria». In Aula è bagarre, con il presidente della Camera Lorenzo Fontana che prova a calmare gli animi. «Il partito rivoluzionario – riprende poi Meloni – attinge la visione e la sicurezza di quel che va fatto non da una preventiva consacrazione da parte dell’ancora inesistente volontà popolare, ma dalla sua coscienza di rappresentare le esigenze profonde della società moderna. Dà in tal modo le prime direttive del nuovo ordine, la prima disciplina sociale alle informi masse. Attraverso questa dittatura del partito rivoluzionario si forma il nuovo stato, e intorno ad esso la nuova vera democrazia».L’idea europeistaEra il 1941 quando Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, nel periodo in cui erano stati confinati sull’isola di Ventotene per essersi opposti al regime fascista, idearono un progetto di unità europea. Frutto di riflessioni sviluppatesi nel corso della cosiddetta “guerra dei 30 anni” che dal 1914 al 1945 ha sconvolto l’Europa, il Manifesto rappresenta un mutamento di paradigma essenziale nel progetto di un continente europeo unificato. “Per un’Europa libera e unita“, il titolo originale, oggi conosciuto come “Il Manifesto di Ventotene”, ovvero come uno dei testi fondanti dell’Unione europea, è un documento che nasce con l’idea europeista di una rivoluzione democratica d’Europa, di creare una federazione europea ispirata ai principi di pace e libertà, con base democratica dotata di parlamento e governo e alla quale affidare ampi poteri, dal campo economico alla politica estera.Lo Stato federaleMentre i passaggi citati dalla premier, legati all’idea di una rivoluzione socialista, appaiono datati, resta l’attualità dell’idea di un movimento che sapesse mobilitare tutte le forze popolari attive nei vari paesi al fine di far nascere uno Stato federale, con una propria forza armata e «con organi e mezzi sufficienti per far eseguire nei singoli stati federali le sue deliberazioni dirette a mantenere un ordine comune, pur lasciando agli stati stessi l’autonomia che consenta una plastica articolazione e lo sviluppo di una vita politica secondo le peculiari caratteristiche dei vari popoli». LEGGI TUTTO

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    Camere, partita bis sulle presidenze delle Commissioni: nuovo risiko fuori tempo massimo

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaÈ un potenziale risiko, anche se resta sottotraccia. E potrebbe incrociarsi con la partita delle caselle governative ancora in sospeso, a cominciare da quelle del viceministro delle Infrastrutture e dei sottosegretari all’Università e alla Cultura. Il ricambio, o la conferma, delle presidenze delle ventiquattro Commissioni parlamentari permanenti di Camera (quattordici) e Senato (dieci) potrebbe alimentare nuove tensioni nel centrodestra.Anche se la maggioranza, alla fine, potrebbe decidere di lasciare al loro posto tutti gli attuali presidenti, senza modificare in alcun modo l’attuale assetto. Che vede sette presidenze assegnate a Fdi alla Camera e cinque al Senato, quattro alla Lega a Montecitorio (anche se una attualmente risulta a carico del gruppo Misto) e tre a Palazzo Madama, dove Fi ne ha due, oltre alle tre nell’altro ramo. Ma è evidente che non si tratta di una scelta indolore. Non a caso il termine (non perentorio) per eventuali ricambi è di fatto già scaduto da tempo. I regolamenti di Camera e Senato indicano chiaramente che dalla data della loro costituzione le Commissioni permanenti sono rinnovate ogni due anni e i loro componenti possono essere confermati.Loading…L’incrocio con la partita sulle poltrone ministerialiMolti nella maggioranza guardano a un possibile incrocio della partita sulle possibili nuove presidenze con quella sulle poltrone ministeriali rimaste vacanti. Nel dicembre scorso, come è noto, Galeazzo Bignami (Fdi) ha lasciato l’incarico di viceministro delle Infrastrutture e trasporti per andare a ricoprire nel dicembre scorso quello di capogruppo alla Camera del suo partito. Prima ancora si erano dimessi Augusta Montaruli, sempre di Fdi, da sottosegretario all’Università dopo la condanna definitiva per l’uso improprio dei fondi consiliari del Piemonte negli anni dal 2010 al 2014, e Vittorio Sgarbi (nel febbraio 2024) da sottosegretario alla Cultura.L’incognita SantanchèCaselle ancora da riempire, dunque, alle quali si potrebbe aggiungere nelle prossime settimane quella ancora più importante di ministro del Turismo, attualmente occupata da Daniela Santanchè (Fdi). Che è alle prese con gli sviluppi delle inchieste sul caso Visibilia.Le presidenze delle Commissioni sotto la lenteIn attesa dell’evoluzione del caso-Santanchè, resta in sospeso la questione delle altre poltrone ministeriali attualmente vacanti. Se, ad esempio, come da tempo si ipotizza in Parlamento, l’attuale presidente della commissione Trasporti della Camera, Salvatore Deidda (Fdi) venisse nominato viceministro delle Infrastrutture, automaticamente si potrebbe aprire una sorta di valzer delle presidenze di tutte le Commissioni. Alcuni già indicano Fabio Raimondo, un altro esponente del partito di Giorgia Meloni, come successore di Deidda. E tra le presidenze attenzionate ci sono, come sempre, quelle delle commissioni Finanze e Bilancio dei due rami del Parlamento. A Montecitorio non viene escluso del tutto un cambio alla guida della Bilancio, attualmente guidata da Giuseppe Mangiavalori (Fi), magari a favore di un collega di partito. E per quest’ultima eventualità si fanno i nomi dell’azzurro Roberto Pella o dell’attuale presidente della commissione Finanze, Marco Osnato, che, in questo caso, dovrebbe però essere a sua volta sostituito. LEGGI TUTTO

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    Meloni: l’Europa che vuole iperegolamentare tutto non sopravviverà, serve nuova visione. No a rappresaglie sui dazi

    Prezzi troppo alti energia, misure immediateI prezzi «troppo alti» dell’energia richiedono, secondo Meloni, «misure immediate e strutturali» anche con «misure a lungo termine. La riforma del mercato elettrico europeo è un importante passo avanti per un mercato più resiliente e flessibile e in grado di dare stabilità. È fondamentale assicurare una attuazione veloce». L’Italia «si è candidata come hub di approvvigionamento e distribuzione per far incontrare l’offerta del continente africano e l’Europa anche attraverso il Piano Mattei».Ridurre del 25% tutti gli oneri amministrativi, 35% per Pmi«Sosteniamo l’azione di semplificazione avviata dalla Commissione europea con i pacchetti Omnibus, il primo dei quali è stato presentato pochi giorni fa ed è dedicato alla semplificazione delle regole di rendicontazione e due diligence per la sostenibilità. Siamo però convinti che l’azione di semplificazione non debba arrivare solo a valle, ma intervenire a monte, in tutte le nuove proposte di legislazione europea. Condivideremo per questo l’invito alla Commissione, e con lei ai co-legislatori, a lavorare per raggiungere l’obiettivo di ridurre il costo di tutti gli oneri amministrativi almeno del 25% per tutti, e almeno del 35% per le piccole e medie imprese».No a un Green Deal con un nome diverso«Continueremo ad insistere per una politica industriale efficace, che sappia combinare gli obiettivi ambientali con la competitività, rinunciando agli eccessi ideologici che abbiamo purtroppo visto e denunciato in passato. Il Clean Industrial Deal, presentato dalla Commissione, va in questa direzione. Sia chiaro che intendiamo impedire un nuovo Green Deal con nome diverso». Meloni, nel corso delle sue comunicazioni in aula al Senato in vista del Consiglio europeo del 20 e 21 marzo. è perentoria. «Chiediamo azioni concrete: il settore auto non può essere abbandonato al proprio destino, per questo abbiamo presentato un paper con la Repubblica Ceca, anche grazie a questo nostro lavoro la Commissione ha presentato un piano di lavoro per settore il automotive, con una prima soluzione per il tema delle multe ai produttori non in linea con gli obiettivi (fissati dal Green Deal, ndr)». «Lavoriamo – garantisce Meloni – perché questi temi siano anche nelle conclusioni del prossimo Consiglio, occorrerà insistere perché venga applicato realmente il principio della neutralità tecnologica».Siamo a fianco Kiev, maggioranza su stessa linea“Sosteniamo gli sforzi del presidente Donald Trump” per una soluzione della guerra in Ucraina, dice la presidente del Consiglio. «Il sostegno al popolo ucraino non è mai stato in discussione», «lo facemmo senza tentennamenti» quando scoppiò la guerra «e a distanza di oltre tre anni quella scelta è rimasta immutata, non solo per Fratelli d’Italia, ma per l’intera coalizione di governo, questo impegno lo rivendichiamo davanti al mondo, siamo una nazione che rispetta i propri impegni internazionali e proprio per questo il suo parere conta». Quanto all’invio di truppe in Ucraina «non è mai stato all’ordine del giorno» e quella di Gran Bretagna e Francia «è una proposta molto complessa, rischiosa e poco efficace».Usa-Ue, chi scava solco indebolisce intero Occidente«Chi ripete ossessivamente che l’Italia dovrebbe scegliere tra Europa e Usa, lo fa strumentalmente per ragioni di polemica domestica o perché non si è accorto che la campagna elettorale americana è finita dando a Donald Trump il mandato di guidare gli Stati Uniti e di conseguenza ai suoi partner europei di fare i conti con questa America. Chi per ragioni ideologiche alimenta una narrazione diversa tentando di scavare un solco tra le due sponde dell’Atlantico non fa che indebolire l’intero Occidente a beneficio di ben altri attori», osserva Meloni. «Noi crediamo che l’Italia debba spendere le sue energie per costruire ponti e non per solchi eppure in uno scenario tutt’altro che facile può fare la sua parte così come riteniamo che l’Italia debba lavorare dialogando con i propri partner a proposte efficaci per la costruzione di una pace giusta e duratura e non ci interessa il protagonismo delle parole, ci interessa il protagonismo dei fatti, significa anche che il ruolo dell’Italia non è quello di seguire acriticamente i partner europei piuttosto che i partner americani, ma al contrario quello di offrire il suo franco punto di vista e, se necessario, segnalare anche il suo dissenso perché la posta in gioco è troppo alta e questo fa una nazione seria». LEGGI TUTTO

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    Meloni tra dazi e Nato: i rischi della missione a Washington che non può fallire

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaVarcare la porta dello Studio Ovale prima che scattino i nuovi dazi anti-europei: questo è l’obiettivo. E bisogna farlo in fretta, entro fine marzo, la prossima settimana. Perché dopo, dicono con un’alzata di spalle anche chi le sta vicino, “che ci va a fare?”. Il viaggio di Giorgia Meloni a Washington, il primo bilaterale con Donald Trump dopo il suo ritorno alla Casa Bianca, è da mesi nell’aria. Se ne parlava già prima che la premier italiana atterrasse per l’Inauguration Day, quando Trump si divertiva a scompaginare il protocollo e i suoi ospiti. E se ne parla ancora adesso, con un’urgenza crescente.Meloni punta a fare da ponte tra Usa ed Europa ma l’imprevedibilità di Trump mette a rischio la strategia Questa visita, però, non può esaurirsi in due fotografie da incorniciare e le parole benevole nei confronti della leader italiana. Meloni non può permetterselo. La premier ha bisogno di risultati da sventolare a Bruxelles e a Roma, qualcosa che riscatti il ruolo di ponte tra Europa e America che sembrava cucito su di lei e che invece, negli ultimi mesi, si è sfilacciato sotto i colpi dell’imprevedibilità trumpiana. Un ruolo che si è complicato con l’inversione a U di Washington sulla guerra in Ucraina, dove la nuova amministrazione ha sbattuto la porta in faccia all’Europa e lasciato Zelensky alle prese con il nuovo corso statunitense. Del resto: lo stesso Trump ha ammesso candidamente di trovarsi più a suo agio con lo Vladimir Putin che con il presidente ucraino, che ha liquidato con un trattamento brutale nel suo primo incontro alla Casa Bianca. Frasi e atteggiamenti che hanno lasciato spiazzati perfino i suoi più fedeli ammiratori, Meloni compresa.Loading…Vitale il legame con il presidente Usa Ma proprio per questo, per Giorgia Meloni, il legame con Trump è vitale. In Europa, deve destreggiarsi tra il rinnovato interventismo anglo-francese di Keir Starmer e Emmanuel Macron (unici in Europa dotati armamenti nucleri e ad avere un posto fisso al Consiglio di sicurezza) e il piano di riarmo da 800 miliardi di Ursula von der Leyen (sostenuto da tutti, a partire dalla Germania di Friedrich Merz). Il paradosso è che proprio chi come l’italia – Meloni in testa -da anni chiedeva di escludere le spese militari dai vincoli di bilancio ora si ritrova a contestare un’Europa che si indebita per la difesa. E mentre la leader di Fdi si arrovella, il suo alleato-nemico Matteo Salvini la scavalca e cavalca il malcontento gridando: “Mai debito per comprare armi!”. Il leader della Lega sogna di diventare il principale interlocutore di Trump (e di Elon Musk), dimenticando che proprio il Tycoon ha spinto la NATO a chiedere più soldi per la difesa, ha minacciato di uscire dall’Alleanza e ha dichiarato obsoleto perfino il vecchio tetto del 2% del PIL per la spesa militare. L’Italia, che neppure quel limite ha raggiunto, a giugno dovrà fare i conti con un aumento dell’asticella di almeno un punto.Lo spettro della guerra commerciale E poi c’è la mina più grossa: la guerra commerciale. I dazi annunciati da Trump sarebbero un colpo durissimo per un Paese esportatore come l’Italia. Non solo per i rapporti diretti con gli Stati Uniti, ma anche per l’effetto domino che si abbatterebbe sugli altri partner europei, a cominciare dalla Germania, primo cliente di Roma, seguita (a distanza) dalla Francia. Già oggi l’industria italiana sconta il peso della recessione tedesca e il calo della produzione. Un’ulteriore stretta americana rischierebbe di soffocarla.Questo è il quadro con cui Meloni deve fare i conti. Perciò, se va a Washington, dovrà tornare con qualcosa in mano. Qualcosa di concreto, da rivendere agli alleati interni e ai partner europei. Altrimenti, meglio lasciar perdere. Meglio evitare il viaggio. LEGGI TUTTO

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    Riarmo, Pd rischia la conta sulla risoluzione in Senato: trattativa non stop

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaRischio conta in Parlamento per il Pd sulla risoluzione sulle comunicazioni di Giorgia Meloni in vista del Consiglio Europeo del 20 e 21 marzo. Per scongiurare un bis dello strappo all’Europarlamento per tutto il pomeriggio e fino a tarda serata è andata in scena una riunione fiume dei Dem alla quale hanno preso parte, tra gli altri, il responsabile Esteri Peppe Provenzano, i capigruppo di Camera e Senato Chiara Braga e Francesco Boccia, i capigruppo delle commissioni Esteri e Difesa Senato Stefano Graziano, Enzo Amendola e Alessandro Alfieri che è anche il coordinatore della minoranza. Un lungo lavoro di cesello partito, comunque dalla linea critica al piano von der Leyen.La mediazione nel PdIl Pd, evidenzia Boccia in una intervista, crede nel «federalismo europeo» e chiede una iniziativa che punti soprattutto ad «accelerare la difesa comune con una politica estera comune». Il testo viene limato fin nell’ultimo particolare. Secondo quanto viene riferito da alcuni partecipanti la lunga riunione si sarebbe anche interrotta e poi riaggiornata, tra l’altro, sul nodo della critica al piano von der Leyen che nella prima versione si chiedeva andasse «radicalmente modificato». Una dizione non troppo digeribile per l’ala riformista tenendo conto anche dell’opinione di alcuni big che ne hanno parlato come di un «primo passo». Alla fine la soluzione di compromesso potrebbe essere più semplicemente «il piano va cambiato». Nonostante il successo della manifestazione del 15 marzo pesano, insomma, le divisioni e gli strascichi del voto europeo.Loading…Il no al riarmo del M5sSe il Pd è alla ricerca di una faticosa sintesi al proprio interno un dato di fatto è anche che tutti i partiti di opposizione presenteranno una propria risoluzione diversa dalle altre. Il piano ReArm Europe, chiede M5s, va sostituito “integralmente” con un piano di rilancio della competitività e le priorità politiche dell’Ue come spesa sanitaria, istruzione, incentivi all’occupazione. Il leader Giuseppe Conte, tra l’altro, si prepara alla piazza del 5 aprile alla quale fa sapere, «inviteremo tutti coloro che dicono no a questo folle piano per il riarmo». La piazza del 15 marzo?Le posizioni dai centristi a AvsNo un’Europa del riarmo anche da Avs che ha sfilato con le bandiere della pace a Piazza del Popolo. Dall’altra parte dello schieramento di centrosinistra Azione fa sapere che presenterà come propria risoluzione il testo delle due risoluzioni approvate il 12 marzo dal Parlamento europeo. «E’ il momento della chiarezza, sia per le forze di maggioranza che per quelle di opposizione», dice il partito di Calenda. A chiedere un piano ancora più ambizioso sono Iv e +Europa schierate anche, insieme ad Az, nel forte sostegno all’Ucraina. Almeno per domani, però, la conta nell’opposizione sarà scongiurata visto che in Senato il voto della risoluzione di maggioranza precluderà quello su tutte le altre che decadranno. Più complicata la questione mercoledì visto che a Montecitorio i documenti saranno messi tutti in votazione anche per parti separate. LEGGI TUTTO

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    Meloni in aula, sulla difesa compromesso nella maggioranza

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaRafforzare la sicurezza interna ed esterna dell’Unione, ma nell’ottica di un’alleanza Nato dalla quale non si può prescindere. E stando ben attenti a non mettere a repentaglio le finanze pubbliche. Un obiettivo che si potrà raggiungere anche tramite l’introduzione di piani di garanzia pubblica per il finanziamento degli investimenti sia nell’industria della difesa sia nei settori tecnologici, logistici ed infrastrutturali, così come proposto dall’Italia in sede Ecofin dello scorso 11 marzo, dove è stata accolta con favore la proposta del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti per uno strumento con garanzie europee capace di innescare investimenti privati fino a 200 miliardi di euro nella difesa. Questo sarà il cuore della risoluzione con la quale il centrodestra approverà le comunicazioni al Senato della premier Giorgia Meloni, in vista del Consiglio europeo di Bruxelles del 20-21 marzo. Un compromesso per cui alla vigilia nel centrodestra si esclude il rischio di crepe interne, sottolineando invece che le opposizioni andranno divise all’appuntamento. Anche il Pd lavora per cercare una sintesi al proprio interno per evitare nuove divisioni dopo quella sulla risoluzione al Parlamento europeo, che sarà invece il testo riproposto alle Camere da Azione. Avs ribadirà il “no al riarmo nazionale”.La quadra nella maggioranzaNella risoluzione di maggioranza sono evitati riferimenti espliciti, e potenzialmente divisivi, al ReArm Europe, limitando l’input a rafforzare la capacità operativa degli Stati Ue nel quadro dell’alleanza Nato. Nella risoluzione, sulla guerra in Ucraina è stata scelta una poi formula che comprende il lavoro con Ue, Usa e i tradizionali alleati per arrivare a una pace che rispetti il diritto internazionale, insieme a Kiev.Loading…Romeo (Lega): risoluzione M5S contro le armi? Magari ci asteniamoTrovata la quadra nella maggioranza, restano alcune incognite. La risoluzione del M5s, nella parte in cui si oppone al piano di riarmo europeo, potrebbe avvicinarsi alle posizioni dei leghisti, che però garantiscono di seguire i pareri del governo. «La risoluzione dei 5Stelle contro le armi? Magari ci asteniamo, seguiamo il parere del governo, magari il governo chiede modifiche» ha dichiarato Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega in SenatoRisoluzione M5s chiede a governo stop a piano riarmoTra i passaggi fondamentali del M5s, secondo quanto si apprende, c’è sicuramente quello che vuole che il governo si impegni «a manifestare, in tutte le sedi istituzionali, nazionali ed europee, la ferma contrarietà al piano di riarmo europeo “Rearm Europe”». Un piano bocciato dalla Lega al Parlamento europeo ma a favore del quale hanno votato invece Fdi e Forza Italia. I pentastellati chiedono poi all’esecutivo di «sostituire integralmente il piano di riarmo europeo con un piano di rilancio e sostegno agli investimenti che promuovano la competitività, gli obiettivi a lungo termine e le priorità politiche dell’Unione europea quali: spesa sanitaria, sostegno alle filiere produttive e industriali, incentivi all’occupazione, istruzione, investimenti green e beni pubblici europei, per rendere l’economia dell’Unione più equa, competitiva, sicura e sostenibile». LEGGI TUTTO

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    Bozza risoluzione della maggioranza: «Con Kiev finché sarà necessario. In Ue opporsi a nuove tasse»

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di lettura«Continuare a sostenere l’Ucraina per tutto il tempo necessario, fermo restando l’auspicio di una rapida conclusione dei negoziati di pace». È uno dei 12 impegni, a quanto si apprende, della bozza della risoluzione di maggioranza sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio Ue.Sulla crisi ucraina si prevede anche l’impegno a «lavorare con l’Unione Europea, con gli Stati Uniti e con i tradizionali alleati per arrivare a una pace basata sui principi della Carta delle Nazioni Unite e sul diritto internazionale, assieme all’Ucraina ed ai partner internazionali», e a «dedicare ogni sforzo necessario per la preparazione della Conferenza per la ripresa dell’Ucraina (Ukraine Recovery Conference – URC) che l’Italia ospiterà a Roma il 10-11 luglio 2025».Loading…La maggioranza impegna il governo a «lavorare per realizzare una politica di difesa che rinforzi le capacità operative degli stati nazionali europei nel quadro dell’alleanza Nato, in un quadro geopolitico in cui si registrano fortissime tensioni e conseguenti pericoli», prosegue la bozza. È un «obiettivo – viene precisato – che si potrà raggiungere anche tramite l’introduzione di piani di garanzia pubblica per il finanziamento degli investimenti sia nell’industria della difesa sia nei settori tecnologici, logistici ed infrastrutturali, così come proposto dall’Italia in sede Ecofin dello scorso 11 marzo». Nella bozza non si fa esplicito riferimento al piano ReArm Europe.La maggioranza impegna il governo a «mantenere alta l’attenzione sul Medio Oriente, il cui scenario resta particolarmente delicato anche per quanto riguarda le transizioni in Siria e in Libano. Per favorire la stabilizzazione dell’area restano prioritari: la tenuta del fragile cessate il fuoco a Gaza; il completo rilascio degli ostaggi; la prosecuzione degli aiuti umanitari».La maggioranza impegna il governo a «preparare il terreno per il negoziato sul prossimo bilancio europeo, opponendosi ad eventuali proposte di tassazioni aggiuntive per cittadini e imprese europee e attivandosi per garantire risorse adeguate ad affrontare le sfide collegate agli obiettivi della politica di coesione e della politica agricola, ma anche al tema della sicurezza e della difesa ed al rilancio delle competitività europea». LEGGI TUTTO