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    A Goni, in Sardegna, al voto solo l’1,54% degli elettori

    Ascolta la versione audio dell’articoloIl quorum richiesto era del 40%: ossia, 155 elettori su un elenco di 389 aventi diritto. Invece, a disertare le urne sono stati tantissimi, giacché a votare si sono presentati in 6. Per questo motivo a Goni, paese di poco più di 400 abitanti nel Sud Sardegna, le elezioni non hanno portato alcun risultato. Nessun sindaco guiderà il piccolo centro, conosciuto per il parco archeologico, per i prossimi cinque anni. A governare il paese sino al 2029 sarà il Commissario straordinario nominato dalla Giunta regionale.Una sola lista in corsaAlle elezioni comunali era stata presentata, quasi all’ultimo momento, una lista civica: Forza del popolo, guidata dal candidato sindaco Elia Marcello Demuro. Un tentativo per dare un governo, con gli eletti, alla guida dell’amministrazione comunale. Per i candidati però non c’è stato nulla da fare. La soglia minima e necessaria perché i candidati dell’unica lista presentata, potessero varcare la porta del Municipio, non è stata superata.Loading…Percentuale votanti dell’1,54%Alle urne si sono presentati appena in sei con una percentuale dell’1,54%. E lo spoglio, rapidissimo, ha certificato: 1 scheda nulla, 1 bianca e zero contestate. Gli altri voti al candidato sindaco che, però, non potrà essere eletto. Nulla da fare per il paese che nell’ultima tornata elettorale aveva registrato una partecipazione al voto del 76,92%. Nel 2024 il Consiglio comunale era stato sciolto dopo le dimissioni, per protesta, degli amministratori per mancanza di personale e scarse risorse.Ma che ci fosse poco interesse a votare si era appreso già dalla sera di domenica. Alle 23, infatti, la percentuale sull’affluenza si era fermata allo 0,77%. A guidare il piccolo comune era stato, nell’ultimo anno, il commissario nominato dalla Regione. Ora, alla luce del risultato elettorale, andato peggio della media di tutte le altre amministrazioni, l’attività di governo, sarà portata avanti dal Commissario.A Nuoro trionfa il Campo largoDi tutt’altro tenore il risultato ottenuto a Nuoro dove a vincere è stato il candidato schierato con il Campo Largo, seguendo un percorso già tracciato con la candidatura ed elezione della presidente Alessandra Todde. Emiliano Fenu, deputato del M5S e candidato del Campo Largo, è il nuovo sindaco di Nuoro. L’esponente della coalizione del Campo largo è stato eletto al primo turno con una percentuale che supera il 60%. Al secondo posto Giuseppe Luigi Cucca con una percentuale che non arriva al 30% e poi gli altri candidati con numeri molto più ridotti. LEGGI TUTTO

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    Meloni si prepara a partire per il G7 con la spina di Salvini: «Il rischio non è Putin ma i migranti»

    Ascolta la versione audio dell’articoloNel vertice della scorsa settimana a Palazzo Chigi con Giorgia Meloni e Antonio Tajani anche Matteo Salvini aveva convenuto che sulla politica estera sarebbe stato saggio evitare esternazioni. La resistenza del leader della Lega però è durata poco. Dal palco della Festa della Vittoria dei Patrioti Ue guidati da Viktor Orban e Marine Le Pen, Salvini prima è tornato alla carica contro eventuali nuove sanzioni a Mosca («allontano la pace») ; poi ha sostenuto che per l’Europa «il pericolo sono gli immigrati clandestini, per lo più islamici, non improbabili carrarmati russi»;infine ha concluso con un «No a un debito europeo per comprare armi, come dice Macron».Tre prese di posizioni che contrastano con la linea di Giorgia Meloni (e del ministro degli Esteri Antonio Tajani). La premier non ha fatto in tempo ad esultare per la sconfitta dell’opposizione sui referendum, che si ritrova ancora una volta a fare i conti con il controcanto del suo alleato e vicepremier. Un tempismo micidiale quello di Salvini. Il suo affondo arriva a pochi giorni dalla partenza di Meloni per il Canada dove domenica 15 giugno si terrà il G7. Ucraina e sanzioni a Mosca saranno ancora una volta tra i temi centrali su cui la premier giovedì 12 a Palazzo Chigi si confronterà con il segretario generale della Nato Mark Rutte in vista del summit del 24 giugno a L’Aia.Loading…Lì come è noto a tutti – anche a Salvini – si ufficializzerà il nuovo obiettivo di spesa per la difesa che (è scontato) parte da almeno il 3,5% del Pil. Per l’Italia significa oltre 30 miliardi in più rispetto a quelli attuali. Una richiesta che va ricordato arriva anzitutto da Donald Trump di cui il segretario della Lega si fregia di essere fedele sostenitore. Anzi per il presidente Usa gli europei “scrocconi” dovrebbero raggiungere il 5%. Obiettivo del governo (e non solo di Macron) è evitare che il costo gravi però sulle spalle dei bilanci nazionali portando inevitabilmente ad un aumento del debito che in prospettiva è molto pericoloso. Ma soprattutto la condivisione dei costi eviterebbe di spalancare il baratro tra chi quella spesa può permettersela – la Germania – e chi invece come l’Italia non può. Salvini evita di addentrarsi nei dettagli. Ma l’affondo alla Festa dei Patrioti lascia intendere che l’armistizio nel Governo è già saltato. Il Capitano va per la sua strada. Che poi questa non coincida con quella dettata da Palazzo Chigi per il momento poco importa. Il suo è un messaggio per il pubblico di casa e il palco dei Patrioti gli offre la cornice ideale per interpretare il ruolo preferito: l’antieuropeista di governo, il ministro che fa l’oppositore. LEGGI TUTTO

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    I 28 Comuni in cui si è raggiunto il quorum: quali sono e com’è andata

    Ascolta la versione audio dell’articoloI cinque referendum non hanno raggiunto il quorum. In 28 comuni sparsi da nord a sud, però, il rito del voto resiste. Gli italiani sono stati chiamati alle urne l’8 e il 9 giugno per esprimersi su cinque quesiti referendari: quattro sul tema del lavoro e uno sui requisiti minimi per ottenere la cittadinanza italiana. A livello nazionale, l’affluenza è stata estremamente contenuta, di poco superiore al 30%, confermando la scarsa partecipazione delle scorse elezioni politiche (quando fu inferiore al 50%) e un generale disinteresse per questi temi specifici. Tuttavia, in 28 comuni si è registrata un’affluenza superiore al 50%, rivelando contesti particolari e dinamiche locali che meritano un’attenzione speciale.Questi comuni mostrano in prevalenza piccole dimensioni demografiche, tranne poche eccezioni. È probabile che nei centri più piccoli la partecipazione civica e il senso di appartenenza alla comunità abbiano favorito il successo dei referendum. Emblematici sono i dati di Rosello, in provincia di Chieti, che guida la classifica con un’affluenza al 66%, seguito da Massello (Torino) al 65%, e Soleminis (Cagliari) al 60%. Numeri molto lontani dalle percentuali nazionali.Loading…Interessanti anche le differenze emerse sul quesito sulla cittadinanza, in cui si votava per abbassare il requisito temporale minimo di permanenza continuativa in Italia, al fine del suo ottenimento, da 10 a 5 anni. A livello nazionale, il “sì” ha prevalso circa 60 a 40, ma in diversi comuni si è registrata una netta inversione di tendenza. Lodine (Nuoro) ha visto un largo trionfo del “sì” con l’83%, risultato simile a quello di Vidracco (Torino), dove il “sì” ha raggiunto addirittura l’84%. Significativo anche il caso di Rosello, che ha registrato il 77% a favore del “sì”. Al contrario, a Sambuco (Cuneo) e Orta Nova (Foggia) il “no” ha prevalso, seppure di misura, con il 53% e il 52% rispettivamente.C’è poi un comune dove a differire con la media nazionale in modo netto sono i risultati dei 4 referendum sul lavoro. È il caso di Vidracco, dove l’affluenza si è attestata al 55%. Nei quesiti promossi per aumentare le tutele dei lavoratori ha prevalso nettamente il “no”, con percentuali superiori al 70%, eccezion fatta per il quarto, relativo alle responsabilità dell’azienda appaltatrice in caso di infortuni sul lavoro di un lavoratore di una ditta in subappalto: in questo caso, il “sì” si è imposto con oltre il 90%.Un altro fattore che ha certamente influito su alcuni risultati è stata la concomitanza delle elezioni amministrative, che ha aumentato il flusso degli elettori ai seggi. In diversi comuni, infatti, la coincidenza con il voto locale ha tirato la volata all’affluenza, significativamente superiore rispetto alla media nazionale. Sono quattro i grandi centri urbani dove, nonostante l’assenza di altre consultazioni, la partecipazione politica è ancora alta e supera in media il 53%. Sono tutti nel centro Italia, tra Emilia-Romagna e Toscana, regioni storicamente di centrosinistra. Si tratta di Anzola dell’Emilia (Bologna), 9294 elettori; Fabbrico (Reggio Emilia), 4737 elettori; Pontassieve (Firenze), 15433 elettori; Sesto Fiorentino (Firenze), 37690 elettori. LEGGI TUTTO

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    Orsini: fare presto l’accordo sui dazi. Spingere su intelligenza artificiale, digitale e innovazione

    Ascolta la versione audio dell’articolo«L’istat ha dichiarato uno O,6% di crescita, dato che come Confindustria avevamo già indicato due mesi fa, quindi mi fa piacere che si sia allineati». Così il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, a margine della Festa dell’innovazione a Venezia promossa per l’ottavo anno da ’Il Foglio’. «Purtroppo – ha aggiunto Orsini – a me piacerebbe vedere sempre il 2% di crescita e non lo O,6%. Detto questo, la preoccupazione più grande sono le ripercussioni che possiamo avere dai dazi degli Stati Uniti, perché potrebbero abbassare ulteriormente quello 0,6%, e questo per noi è un problema».Orsini: con Trump serve il dialogo, piaccia o non piacciaE ancora: «Il governo italiano è consapevole che per noi il mercato degli Stati Uniti, che è il secondo mercato di esportazione, per noi è fondamentale. Quindi serve il dialogo, piaccia o non piaccia non so dire, però si è obbligati». «Serve negoziare subito, perché l’unico grande problema delle imprese dell’industria è l’incertezza. Il negoziato – ha spiegato Orsini – dovrà essere fatto subito su tre capitoli fondamentali: uno è il tema che l’Ue compra l’80% per la difesa dagli Stati Uniti; secondo l’energia: oggi noi compriamo gas naturale rinnovabile, gas, gnl per il rigassificatori; terza cosa è una trattativa sulle big tech, perché il gap tra noi e Usa e la Cina è molto differente. Gli Usa hanno investito 300 miliardi negli ultimi 10 anni, noi in Europa 30 miliardi, la Cina 100. Per fare incrementare la crescita servono investimenti, serve una visione a lungo termine. Stiamo sollecitando l’Europa già da diversi mesi, sottolineando che il tempo è finito e serve reagire velocissimamente. Su alcuni capitoli siamo molto in ritardo». «Poi – ha concluso – c’è il tema della burocrazia europea, se togliesse i dazi interni si incrementerebbe la produttività del 6,7% equivalente a 1000 miliardi. Vedo che in l’Europa c’è in atto una presa di coscienza sulle scelte del passato; però adesso serve che agisca»Loading…Solo mercato unico capitali Europa può aiutare imprese«Abbiamo bisogno di fare in fretta nel creare un mercato unico dei capitali in Europa, perché solo in quel modo possiamo aiutare la nostra impresa e a trasformarsi e a crescere» ha aggiunto il presidente di Confindustria. «In un momento come questo le nostre imprese – ha osservato – hanno dimostrato di essere ancora un’eccellenza moderna. Noi stiamo dialogando in maniera molto positiva con Germania, Francia, Spagna Portogallo, Repubblica Ceca e Polonia, partendo dai punti comuni, e ne abbiamo trovati tanti. Per cui lavoriamo su questi”. Quanto alla scelta sul ritorno all’energia nucleare in Italia, Orsini non ha dubbi: «sì, tutta la vita».Il 26 giugno in agenda con sindacati anche tema salari Orsini ha ribadito che il 26 giugno è stato fissato un incontro con i sindacati, nel corso del quale verrà affrontato anche il tema dei salari «un problema nazionale e non abbiamo paura a dirlo». Il presidente di Confindustria ha però spiegato che spesso, in tema di salari, «viene fatta la media del pollo: teniamo conto che lavorano 22 milioni di persone e noi ne rappresentiamo circa 5,6 milioni. Ma le nostre imprese hanno fatto adeguamento all’inflazione, abbiamo risposto ad alcuni capitoli, tanto che il contratto di Confindustria è il migliore. Detto ciò, sono dell’idea che si può fare di più e meglio costruendo assieme al sindacato contratti che siano legati alla produttività, il che non significa mandare le persone a due velocità». Orsini ha quindi invitato a riflettere anche sui paradigmi dei contratti, «dove tutto è basato su spazio e tempo, ma alla fine nel corso dell’ultimo anno anche io lavoro da uffici prestati o in macchina». Insomma vanno rivisti dei capitoli dei contratti. Per altro, ha detto ancora Orsini, per innalzare la produttività «ci vuole un sistema Paese», oltre che favorire anche processi di aggregazione. «Aggregare significa incrementare le produttività». Ha quindi detto che dovrà essere affrontato il capitolo sulla sicurezza: «non si può più aspettare».Spingere su AI, innovazione e digitale Il presidente di Confindustria ha inoltre auspicato che venga incrementato l’uso dell’Intelligenza Artificiale da parte delle imprese. «Dobbiamo spingere su Ai, innovazione e digitale che sono il futuro delle nostre imprese». In merito all’AI ha indicato che «ne fanno uso solamente l’1,4% delle imprese piccole e l’8,6% delle grandi, contro una media europea del 13,5%». Orsini ha quindi detto che occorre «stare attenti anche ai temi della privacy, che condividiamo», ma ha ricordato che in altri Paesi, come la Gran Bretagna ci sono meno vincoli. «L’Europa ha investito poco in tecnologie – ha quindi incalzato – se gli Usa hanno investito circa 300 miliardi, la Cina 100 miliardi, l’Europa solamente 30 miliardi: c’e’ un gap pazzesco». Ha quindi ribadito che, come emerso all’assemblea dell’associazione che si è tenuta lo scorso 27 maggio, Confindustria chiede al Governo un piano industriale straordinario, con una visione a tre anni. All’interno di tale piano «servono 8 miliardi e considerando il credito d’imposta alle imprese al 25-30%, significa che il 70% lo mettono le imprese e quindi significa che il piano sprigiona almeno 16 miliardi». Concludendo Orsini ha invitato a «innovare, investire in nuove tecnologie e nel digitale». LEGGI TUTTO

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    Referendum, quesito per quesito cosa cambia se vince il sì

    Ascolta la versione audio dell’articoloDomenica 8 giugno e lunedì 9 giugno i cittadini italiani sono chiamati a esprimersi sui cinque referendum approvati a gennaio dalla Corte Costituzionale. Quattro – proposti dalla Cgil – riguardano il tema del lavoro, e in particolare l’abrogazione di alcune parti del Jobs Act. Un quesito, invece, è sul tema della cittadinanza, ed è stato proposto da +Europa. Se non si raggiunge il quorum (50%+1 degli aventi diritto) il referendum non è valido. Ma cosa succede se si dovesse raggiungere il quorum con una vittoria dei sì?Contratti a tutele crescenti e licenziamentiIl primo quesito (scheda verde) propone l’abrogazione delle norme del decreto attuativo del Jobs act (Dlgs 23 del 2015) che ha introdotto il contratto a tutele crescenti che, in caso di licenziamento illegittimo, ha ridotto notevolmente la possibilità di essere reintegrati nel posto di lavoro per i lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015 nelle imprese con oltre 15 dipendenti. Il pagamento di un indennizzo sostituisce il reintegro. se vince il sì viene abrogato il Dlgs n. 23/2015 e si torna alla disciplina contenuta nella legge Fornero del 2012 che ha modificato l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Per i licenziamenti ingiustificati sanzionati con l’indennizzo, il limite minimo dell’articolo 18 modificato dalla legge Fornero è di 12 mensilità, più alto delle 6 mensilità del Jobs act, ma il limite massimo è più basso essendo pari a 24 mensilità contro le attuali 36 mensilità. Nei licenziamenti collettivi, se vengono violati i criteri di scelta, anche gli assunti dopo il 7 marzo del 2015 avrebbero diritto al reintegro.Loading…Licenziamenti e indennità nelle PmiIl secondo quesito referendario (scheda arancione) propone di abolire il limite massimo dell’indennizzo previsto dalla legge numero 604 del 1966, modificata dalla legge n.108/1990 per i lavoratori delle cosiddette “piccole imprese” che hanno fino a 15 dipendenti. Il referendum, eliminando il tetto massimo delle sei mensilità, permette al giudice di stabilire un’indennità superiore. Se vince il sì verrebbe meno la soglia massima di indennizzo fissata dalla legge, resterebbe solo la soglia minima di 2,5 mensilità e l’entità dell’indennizzo nelle piccole imprese sarebbe affidata al giudice che potrà, nella definizione del quantum, considerare elementi come l’anzianità di servizio, il numero di dipendenti, le dimensioni dell’impresa.Contratti a termineIl terzo referendum (scheda grigia) riguarda i contratti a termine. Nel quesito promosso dalla Cgil si chiede l’abrogazione delle norme che hanno liberalizzato il contratto a tempo determinato, proponendo l’introduzione di una causale specifica legale per i contratti a tempo determinato di durata inferiore ai dodici mesi. Se vincesse il “sì” l’obbligo della causale per i contratti di lavoro di durata superiore all’anno verrebbe esteso a tutti i contratti a termine, anche fino a 12 mesi. Per stipulare un contratto a termine, di qualunque durata, sarebbe necessario ricorrere all’unica causale legale prevista che è la sostituzione di lavoratori assenti, o alle previsioni dei contratti collettivi. In presenza di un picco di attività non si potrebbe assumere con contratto a termine, a meno che non sia una fattispecie prevista dal contratto collettivo. Da notare che le causali erano state abrogate per i primi 12 mesi perché avevano fatto lievitare il contenzioso.Sicurezza sul lavoroIl quarto quesito riguarda gli appalti (scheda rossa). Si chiede l’abrogazione delle norme che escludono la responsabilità solidale dell’impresa committente per il risarcimento dei danni in caso di infortuni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici. Il referendum propone l’abrogazione dell’articolo 26, comma 4 del Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro (Dlgs 81/2008). In caso di vittoria del “sì” al referendum, l’impresa committente sarebbe chiamata a rispondere in solido anche per il risarcimento dei danni in caso di infortuni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici LEGGI TUTTO

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    Elezioni, dai ballottaggi di Matera e Taranto alle comunali di Nuoro: dove si vota l’8-9 giugno

    Ascolta la versione audio dell’articoloDopo la vittoria al primo turno del centrosinistra Genova e Ravenna, sono Taranto e Matera i due capoluoghi di provincia ancora da “assegnare” nella tornata amministrativa nei ballottaggi dell’8 (dalle ore 7 alle 23) e del 9 giugno (dalle 7 alle 15). Ma si vota anche a Nuoro (primo turno). Ma ci sono anche altri comuni superiori ai 15mila abitanti al voto domenica e lunedì. In Lombardia urne aperte per il secondo turno a Saronno e Cernusco sul Naviglio. Altra città al ballottaggio è Lamezia Terme in Calabria.A Taranto dopo 20 anni centrodestra spera in sorpassoDa circa 20 anni il centrosinistra guida il governo cittadino a Taranto e punta sulla continuità. Il centrodestra unito spera nel sorpasso. Piero Bitetti, espressione del centrosinistra, ha riscosso al primo turno il 37,39% delle preferenze, e per il ballottaggio ha avuto anche l’appoggio esterno del M5S. Francesco Tacente, a capo di una coalizione di liste civiche che ha raggiunto il 26,14%, nel frattempo ha incassato il sostegno ufficiale dell’intero centrodestra. E’ stata così definita l’intesa con Fratelli d’Italia, Forza Italia e Noi Moderati, che avevano sostenuto al primo turno la candidatura a sindaco di Luca Lazzaro, terzo dopo la prima fase con circa il 19,40% delle preferenze. Tacente poteva già contare sull’appoggio dell’Udc e della Lega che si è presentata senza simbolo ma con la dicitura Prima Taranto, aderendo al progetto civico. Sul fronte opposto il Movimento 5 Stelle, forte dell’11% conquistato dalla candidata sindaca Annagrazia Angolano al primo turno, ha confermato la linea dell’autonomia: niente apparentamenti, nessun ingresso in maggioranza. Ma, pur rimanendo all’opposizione, i vertici pentastellati hanno lanciato un appello esplicito a votare per Bitetti, per «evitare una vittoria del centrodestra».Loading…Cifarelli-Nicoletti, a Matera sfida all’ultimo votoA Matera il ballottaggio dell’8 e del 9 giugno per eleggere il nuovo sindaco potrebbe rivelarsi una sfida all’ultimo voto: da un lato il consigliere regionale del Pd, ma senza simbolo dem, Roberto Cifarelli (centrosinistra), dall’altro l’ex direttore dell’Apt Basilicata Antonio Nicoletti (centrodestra). Al primo turno, Cifarelli ha ottenuto il 43,5%, Nicoletti il 37%, con il dato dell’affluenza al 65,2% sui circa 50 mila aventi diritto al voto. Un dato che, come sempre accade nei ballottaggi, e nonostante la concomitanza del referendum, è inevitabilmente destinato a scendere. Dopo l’apparentamento ufficiale di Cifarelli con Democrazia materana di Luca Prisco (candidato sindaco che al primo turno ha raggiuto il 4,3%), i pontieri del centrosinistra hanno cercato di compattare tutto il fronte progressista ma i tentativi sono andati a sbattere contro il “no” dei Cinque Stelle (con l’8,3% del sindaco uscente Domenico Bennardi) e di Progetto Comune (con il 6,8% di Vincenzo Santochirico). Proprio Progetto Comune ha accusato Cifarelli di non aver “accolto l’invito” a escludere dalla sua coalizione “le forze di destra”. Il riferimento è ad alcuni ex Forza Italia e ad Azione, che alla Regione Basilicata sostengono la Giunta Bardi di centrodestra: hanno partecipato alle Primarie Open vinte da Cifarelli ad aprile e non riconosciute dai partiti, tra i quali il Pd che non ha presentato una sua lista. Per il ballottaggio, attraverso il segretario regionale, Giovanni Lettieri, il Pd si è tuttavia apertamente schierato a favore del suo consigliere regionale.Comunali a Nuoro, banco di prova per il M5sDomenica 8 e lunedì 9 giugno si vota anche a Nuoro per il primo turno delle Comunali. Nella città natale della presidente della Regione Sardegna Alessandra Todde, la sfida più attesa è tra il deputato del M5s Emiliano Fenu, per il campo largo di centrosinistra, con sette liste e 145 candidati, e l’ex senatore di Pd e Iv, Giuseppe Luigi Cucca, oggi esponente di Azione, con Alleanza per Nuoro: sei liste civiche sostenute dal centrodestra (ma senza simboli di partito) e 123 aspiranti consiglieri. Due gli outsider: Lisetta Bidoni (Lista Progetto per Nuoro con 24 candidati) e Domenico Mele (Democrazia sovrana popolare con 16 candidati). L’eventuale turno di ballottaggio è previsto domenica 22 e lunedì 23 giugno. Per il M5s sardo, a un anno dalla vittoria alle regionali, si tratta di un primo banco di prova: Nuoro, come detto, è la città di Alessandra Todde – che sta vivendo un periodo non facile con il caso della decadenza e i continui inviti dell’opposizione a dimettersi – e il campo largo punta proprio su un esponente pentastellato che, in caso di successo, lascerebbe la Camera dei deputati. Oltre Nuoro, in Sardegna si vota anche a Oniferi, Monastir, Cardedu, Goni, Soleminis e Luras, tutti con meno di 15mila abitanti e dove dunque non è previsto il ballottaggio. LEGGI TUTTO

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    Corteo pro-Gaza, a Roma attese 50mila persone. Allerta per blitz dei movimenti

    Ascolta la versione audio dell’articoloUn corteo al centro di Roma per «fermare il massacro» a Gaza. Una mobilitazione, lanciata da Pd-M5S-Avs, in cui confluiranno le diverse anime pro Pal: dalle associazioni fino a gruppi spontanei di cittadini. È massima l’attenzione per la manifestazione di oggi nella Capitale a cui sono attesi circa 50mila partecipanti. Sotto la lente le frange più estreme della protesta. Allerta, in particolare, per possibili blitz e azioni dimostrative che potrebbero essere messi a segno durante il percorso.Deviazioni al traffico e strade chiuseTutto il tragitto sarà, quindi, monitorato attentamente dalle forze dell’ordine. Controlli anche ad ampio raggio in città: dalle fermate metro lungo la direttrice che porta a piazza Vittorio fino ai caselli autostradali dove transiteranno decine di pullman con a bordo manifestanti in arrivo dalle altre regioni. Soltanto dalla Toscana ne sono previsti 13 organizzati dal Pd regionale. Il piano di sicurezza è stato messo a punto in un Comitato per l’ordine in Prefettura e perfezionato dal tavolo tecnico in Questura. L’appuntamento è per le 14 a piazza Vittorio. Da lì il corteo partirà diretto a porta San Giovanni. Previste deviazioni al traffico e chiusure di strade al passaggio dei manifestanti.Loading…L’appello degli ebrei italianiSul palco, oltre agli interventi dei leader dei partiti promotori, Angelo Bonelli, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni, Elly Schlein, si alterneranno le testimonianze di attivisti e giornalisti. Tra questi Rula Jebreal, Gad Lerner, Anna Foa. Interverranno anche Abubaker Abed, giornalista palestinese; Iddo Elam, giovane israeliano che ha rifiutato il servizio militare; Atef Abu Saif, ex-ministro palestinese di Al-Fatah e Feroze Sidhwa, medico chirurgo che ha operato a Gaza e testimoniato all’Onu. Alla vigilia della manifestazione l’Unione delle Comunità ebraiche italiane ha espresso preoccupazione «per la scelta di difendere solo un popolo, quello palestinese, e non anche quello israeliano». Per questo, sottolineando di «non riconoscersi in chi annuncia piani di svuotamento di Gaza dai suoi naturali abitanti», gli ebrei italiani lanciano l’appello a «mostrare sempre entrambe le bandiere, mai una sola».Respinte le accuse di antisemitismoIn piazza ci saranno palestinesi «a titolo personale» anche perchè il Movimento degli studenti palestinesi si è smarcato dalla mobilitazione giudicando tardiva la manifestazione. «Questa piazza non è la nostra. È la piazza dei complici, non dei solidali – hanno attaccato – È la piazza della finta opposizione, non della liberazione, è stata organizzata perché sono partiti che vanno al ballottaggio e hanno bisogno di recuperare consenso». Il presidente di uno dei partiti promotori, Giuseppe Conte, rivendica la scelta di schierarsi con la manifestazione «per non essere partner di un genocidio» e respinge ogni possibile accusa di antisemitismo: «contro un genocidio è solo un espediente retorico». Anche Nicola Fratoianni (Avs) respinge ogni tentativo di addebitare agli organizzatori sentimenti anti ebraici: «Mobilitarsi per Gaza non è antisemitismo, è un’accusa infamante». LEGGI TUTTO

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    Gaza, Renzi e Calenda insieme a Milano: qui dialogo contro gli estremismi

    Ascolta la versione audio dell’articoloQuella di Milano è «una manifestazione che non è fatta contro un popolo, ma per far dialogare. E che cerca di tenere lontano tutte le intolleranze e gli estremismi. Gli estremismi di chi pensa che si possa fare una grande Palestina dalla Giordania al mare, cacciando in mare gli israeliani. Gli estremismi di chi pensa che si possa raggiungere qualcosa, bombardando Gaza e bloccando gli aiuti umanitari. Gli estremismi di chi ritiene che ci sia una giustificazione di ciò che fa Hamas, nemico dell’Italia e dell’Occidente». Lo ha detto Carlo Calenda, leader di Azione, arrivando al Teatro Parenti a Milano.Alla domanda se non fosse possibile una sintesi con la piattaforma di sabato 7 giugno, il leader di Azione risponde: «Tutto era possibile, certo. E la prima cosa che abbiamo proposta è una cosa molto semplice. Cioè dire che quella manifestazione in quella piazza non era aperta a chi chiedeva la distruzione dello Stato di Israele, a chi urla dalla Giordania al mare e a chi compie atti contro i cittadini israeliani, in quanto cittadini israeliani. Perché una cosa è avercela con il governo Netanyahu, e io ce l’ho molto con Netanyahu, e un’altra cosa è avercela con un popolo. La Schlein lo avrebbe fatto, ma M5S e Avs vogliono avere tutta per loro questa discussione e lo trovo un po’ avvilente».Loading…Renzi: piazza unica era meglio ma non sono in contrasto«Una manifestazione sola? Sarebbe stato sicuramente apprezzato». Così il leader di Italia Viva Matteo Renzi presente all’evento “Due popoli due stati un destino” organizzato al Teatro Franco Parenti di Milano con Azione. «È stato scelto dagli amici che saranno in piazza a Roma di avere una piattaforma immodificabile, quella delle mozioni programmatiche del dibattito parlamentare. Quindi – ha aggiunto Renzi – è giusto che ci sia anche un altro luogo. Le due manifestazioni non sono in contraddizione. Ci sono sensibilità diverse, ci sono discussioni, polemiche e contrapposizioni, però noi abbiamo un luogo in cui le due bandiere possono stare assieme e questa è la cosa più bella. Il futuro di queste terre è due popoli e due Stati e noi ci crediamo». Quindi «io non vi dico cosa manca alla manifestazione di domani, chiedetelo a quelli di domani. Nella manifestazione di oggi ci sono due popoli, due Stati, due bandiere, ci sono le voci degli ostaggi, dei palestinesi che vogliono liberarsi da Hamas, le voci dei custodi e dei frati francescani della Terra Santa, ci sono le voci della politica e di chi dice che bisogna rispettare il diritto umanitario a Gaza, come in ogni altro luogo del mondo», ha sottolineato ancora Renzi.«Parliamo di una cosa enorme che riguarda il nostro tempo che è il rapporto tra Israele e Palestina. Vorrei che parlassimo di questo – ha spiegato Renzi replicando sulla collaborazione con Azione. – Sono molto contento ovviamente che siamo in tanti e che ci sia una collaborazione tra Italia Viva, Azione, Più Europa e Sinistra per Israele. Tutti assieme pensiamo che il governo italiano possa fare un po’ di più, di meno è impossibile». In conclusione Renzi ha espresso solidarietà nei confronti della direttrice del Parenti Andre Ruth Shammah che oggi «è stata oggetto di striscioni, polemiche, frasi sui muri, lucchetti per bloccare il teatro. Nessuno la fermerà e nessuno ferma il Teatro Parenti». LEGGI TUTTO