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    Santanchè: no a dimissioni per falso in bilancio, passo indietro se andrò a processo per la Cig Covid

    Per il resto Santanchè tiene il punto: «Ci si difende nei processi, non ci si difende sui giornali, io sarò una che non patteggerò mai, vado fino in fondo».La Russa: credo Santanchè stia valutando. Lo farà beneDa registrare anche le dichiarazioni del presidente del Senato Ignazio La Russa, considerato il padrinoi politico di Santanchè. «Credo stia valutando e sono sicuro che valuterà bene».Nuove rivelazioni di ReportIntanto Report, in una puntata che andrà in onda domenica, svela che l’uomo a cui la ministra ha ceduto Visibilia è «Altair D’Arcangelo, indagato per associazione per delinquere, evasione fiscale, frode, riciclaggio e autoriciclaggio». Il conduttore Sigfrido Ranucci ha scritto sui social: «Nel 2023 gli sono stati sequestrati 40 milioni di euro. È l’immancabile uomo che gestisce gli affari della Wip Finance, la misteriosa società anonima svizzera a cui Daniela Santanchè ha venduto Visibilia qualche settimana fa».In cerca di una exit strategyNella maggioranza molti sono convinti che, per fare un passo indietro, Santanchè voglia dalla premier una sorta di presa di responsabilità, che giustifichi il gesto per il bene del governo. Perché fino ad ora FdI ha tenuto una linea garantista con altri suoi esponenti rinviati a giudizio. Si starebbe cercando, insomma, una exit strategy. Un’ipotesi vagliata è stata quella di dare a Santanchè l’incarico di capogruppo al Senato, al posto di Lucio Malan che finirebbe al ministero. Ma il diretto interessato la liquida come «una voce infondata: il ministro è Daniela e noi la sosteniamo».Stessa reazione da parte di Gianluca Caramanna, deputato di Fdi e consigliere istituzionale del ministero del Turismo, indicato da molti come il possibile sostituto di Santanchè. «Sono solo chiacchiericci. Il nostro ministro sta lavorando molto bene. Andiamo avanti» ha detto da Madrid, dove partecipa alla fiera internazionale del turismo Fitur. LEGGI TUTTO

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    Perché il referendum sul Jobs act divide il Pd

    Ascolta la versione audio dell’articolo5′ di letturaIl meno che si possa dire è che la Corte costituzionale, decidendo di non ammettere il quesito di abrogazione totale della legge Calderoli sull’autonomia differenziata, ha scompaginato i piani di Elly Schlein. Anche se il quorum del 50% più uno degli aventi diritto sarebbe stato molto difficile da raggiungere (negli ultimi 25 anni il quorum è stato raggiunto solo una volta, nel 2011 su nucleare e acqua pubblica), agli occhi della segretaria del Pd la campagna referendaria di primavera aveva il compito di cementare attorno alla battaglia contro la legge “Spacca Italia” la futura traballante coalizione dei centrosinistra. Una coalizione divisa su molto altro, a partire dalla politica estera: appena mercoledì scorso si è visto in Aula alla Camera il solito copione sull’Ucraina, con il Pd che vota sì all’invio di armi assieme ai centristi (Italia Viva, Azione e Più Europa) e con il M5s fermamente contrario assieme ad Alleanza Verdi/Sinistra. Invece la foto di tutti i leader del campo largo davanti alla Cassazione per il deposito delle firme contro la legge Calderoli, ormai qualche mese fa, era lì a testimoniare che si poteva ripartire da un’importante battaglia comune.Senza più l’autonomia, restano in campo solo i quesiti divisiviE ora? Niente campagna di primavera contro il governo. A restare in campo sono gli altri cinque quesiti, tutti divisivi: quello che punta a facilitare la richiesta di cittadinanza italiana da parte degli stranieri (gli anni di residenza necessari scenderebbero da 19 anni a 5), presentato da Più Europa con il segretario Riccardo Magi, non è stato firmato da un M5s sempre attento a non intestarsi impopolari battaglie pro migranti fin dai tempi dei decreti sicurezza del governo Conte 1; e gli altri quattro contro quel che resta del renziano Jobs act, presentati dalla Cgil di Maurizio Landini, oltre ad essere naturalmente indigesti al leader di Italia Viva Matteo Renzi ed anche alla calendiana Azione, stanno provocando più di qualche mal di pancia all’interno dello stesso Pd. In pochi giorni, una vera e propria slavina.Loading…La battaglia schleiniana contro il Jobs act per recuperare l’asse con la CgilQui serve un piccolo passo indietro. Ai tempi del Jobs Act, la riforma del lavoro attesa a Bruxelles che mirava a cancellare l’articolo 18 per i nuovi assunti e al contempo ad estendere le tutele ai lavoratori autonomi e precari, Renzi era premier e segretario del partito e naturalmente tutti i democratici diedero il loro voto favorevole in Parlamento. Anche l’allora minoranza di sinistra di Pier Luigi Bersani. Nel frattempo il cuore della riforma, ossia il contratto unico a tutele crescenti, è stato fortemente ridimensionato dagli interventi della Corte costituzionale. E per di più l’effetto del referendum, se passasse, non sarebbe quello del ritorno al vecchio Statuto dei lavori ma il ripristino della successiva riforma del governo Monti, addirittura peggiorativa in materia di indennizzo per licenziamento senza giusta causa (24 mensilità invece di 36).L’obiettivo di “derenzizzizzare” il partito…Dunque, cui prodest? Chiaro che la motivazione principale della segretaria del Pd, che ha confermato il sostegno alla Cgil («io i quesiti sul Jobs act li ho firmati»), è per così dire strumentale: portare avanti la derenzizzazione del partito annunciata già durante la campagna per le primarie di due anni fa e, soprattutto, ricostituire l’asse privilegiato con la Cgil di Landini spostando decisamente a sinistra l’asse della proposta politica. «Sui temi economici e sociali Schlein ha registrato non solo un avanzamento elettorale ma anche una riconnessione elettorale ma anche una riconnessione sentimentale con mondi che ci avevano abbandonato – è la versione del Nazareno per bocca di uno dei fedelissimi della segretaria, Marco Sarracino -. Nella stagione del Jobs act rompemmo non solo con il sindacato (e qui si intende la sola Cgil, ndr) , ma anche con il mondo della scuola e con chi votò per il referendum sulle trivelle… Fu uno dei punti più bassi della storia politica»…. e la rivolta di cattolici e riformistiQuestione di punti di vista, certo, e nel Pd hanno sempre convissuto varie anime. Solo che mezzo partito non ci sta a veder buttare al macero la propria storia e ritiene assurdo e senza precedenti che un partito sostenga un referendum contro una riforma promossa dallo stesso partito solo pochi anni fa e solo per motivi ideologici, senza reali effetti pratici. Lo dice chiaramente il costituzionalista ed ex parlamentate del Pd Stefano Ceccanti, animatore lo scorso week end a Orvieto della kermesse dei riformisti di Libertà Eguale che ha visto il ritorno in campo dell’ex premier Paolo Gentiloni: «Il Pd che oggi va alla battaglia contro una riforma sostenuta ieri da tutto il Pd è un cortocircuito difficile da spiegare ai nostri elettori, un boomerang garantito – è l’allarme di Ceccanti -. Il mio invito è quello di ritirare la sola scheda sulla cittadinanza, non votando così sui quesiti sul Jobs act». E lo dice chiaramente anche il senatore dem Graziano Delrio, animatore della contemporanea kermesse di Milano dei cattolici democratici con Romano Prodi, Pierluigi Castagnetti e la new entry Ernesto Maria Ruffini: «Noi abbiamo approvato il jobs act, a suo tempo, per il superamento di diverse carenze nella difesa dei diritti dei lavoratori: le dimissioni in bianco, i cocopro, la precarietà, ed era previsto già da allora anche il salario minimo, battaglia del Pd. Sui punti specifici ci possono essere differenze ma non rinnego quello che facemmo, perché mandò avanti il Paese: non approvo il referendum, non mi pare che il complesso del Jobs act meriti una battaglia politica di cancellazione». LEGGI TUTTO

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    Telemarketing selvaggio, Maerna (FdI): entro l’estate possibile riforma a tutela degli utenti

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaEstate 2025, se non intervengono altre priorità legislative. È questo l’orizzonte temporale che si prospetta per il varo, almeno in prima lettura, di nuove norme contro le telefonate commerciali indesiderate secondo il relatore delle sei proposte di legge attualmente sul tavolo delle commissioni Trasporti e Attività produttive della Camera. Ospite di Parlamento 24, Umberto Maerna (FdI) ha fatto il punto sul fenomeno delle chiamate insistenti e ripetute da parte di call center commerciali moleste – fenomeno che interessa un po’ tutti i possessori di cellulare o di una utenza telefonica fissa – e sulle possibili norme di contrasto all’attenzione del Parlamento.Al momento, le norme in esame puntano innanzitutto a introdurre nella nostra normativa sulle chiamate commerciali imperniata sul Registro delle opposizioni il cosiddetto opt-in. “Significa che si richiede il consenso esplicito del consumatore a chiamarlo, in modo che non possa mai chiamare telefonate indesiderate”, spiega Maerna. Un’altra proposta riguarda le sanzioni: far sì “che siano più severe per chi non rispetta le regole, con la cosiddetta responsabilità solidale che estende la responsabilità non solo ai counselor che effettuano le chiamate ma anche alle aziende committenti e agli operatori delle telecomunicazioni”.Loading…Nodo spoofing e formazione dei call centerTema centrale anche l’introduzione di misure contro il cosiddetto spoofing, la pratica di falsificare il numero di telefono del chiamante, fenomeno in rapida crescita a livello globale. In pratica, si tratta di evitare che sui cellulari possano arrivare chiamate sconosciute, dando al consumatore la certezza di sapere chi cerca di contattarlo. Altre proposte prevedono un rafforzamento della formazione del personale dei call center, “per garantire che siano informati sulle normative vigenti” a tutela dei cittadini e l’istituzione di un Osservatorio nazionale, “che appunto garantisca che tutto venga eseguito secondo le norme che verranno auspicabilmente approvate”.I suggerimenti di consumatori e operatoriNel corso delle ultime settimane le commissioni IX e X hanno svolto una serie di audizioni per sentire il parere delle associazioni dei consumatori, degli operatori dei call center delle imprese del settore. Nel primo caso, il principale suggerimento è quella di “introdurre l’obbligo di registrare l’intera conversazione”, obbligo da attribuire agli operatori dei call center a maggiore tutela del cittadino-cliente contro pratiche commerciali scorrette e “per evitare tagli o misunderstanding nella comprensione” della proposta commerciale. Dal fronte degli operatori di telemarketing il timore, a fronte di un riassetto normativo, riguarda “la tutela dei livelli occupazionali e di formazione dei lavoratori”. Assoutenti “ha invece suggerito di istituire un registro delle autorizzazioni, non delle opposizioni. Cioè in pratica, non io (utente, ndr) che chiamo per dire non voglio le chiamate, ma io che chiamo per segnalare; ’chiamatemi pure’”. Federconsumatori ha infine segnalato “l’urgenza di contrastare il fenomeno dello spoofing, che genera danni patrimoniali”, contro il quale occorre garantire la riconoscibilità delle numerazioni. LEGGI TUTTO

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    Piantedosi: «Almasri espulso perché pericoloso»

    Ascolta la versione audio dell’articolo1′ di letturaIl cittadino libico Najeem Osema Almasri Habish è stato rilasciato nella serata del 21 gennaio «per poi essere rimpatriato a Tripoli, per urgenti ragioni di sicurezza, con mio provvedimento di espulsione, vista la pericolosità del soggetto. Il governo ha dato la disponibilità a rendere un’informativa di maggiore dettaglio sul caso in questione. Sarà quella l’occasione utile per approfondire e riferire su tutti i passaggi della vicenda, ivi compresa la tempistica riguardante la richiesta, l’emissione e l’esecuzione del mandato di cattura internazionale, che è poi maturata al momento della presenza in Italia del cittadino libico». Così il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi al question time al Senato sul caso Almasri.«A seguito della mancata convalida dell’arresto da parte della Corte d’appello di Roma – ha continuato -, considerato che il cittadino libico era “a piede libero” in Italia e presentava un profilo di pericolosità sociale, come emerge dal mandato di arresto emesso in data 18 gennaio dalla Corte Penale Internazionale, ho adottato un provvedimento di espulsione per motivi di sicurezza dello Stato» ai sensi della legge. «Il provvedimento è stato notificato all’interessato al momento della scarcerazione e, nella serata del 21 gennaio, ha lasciato il territorio nazionale». Per Piantedosi l’espulsione in quel momento «era la misura più appropriata, anche per la durata del divieto di reingresso».Loading… LEGGI TUTTO

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    Due per mille ai partiti: 29,7 milioni di euro nel 2023. La graduatoria

    Ascolta la versione audio dell’articolo1′ di letturaNel 2023 le risorse del 2xmille ai partiti hanno raggiunto la quota di 29,7 milioni di euro. La cifra più alta da quando è stato introdotto questo meccanismo di finanziamento indiretto alla politica. Il partito che ha raccolto più fondi è il Pd che con 10.286.158 euro doppia Fratelli d’Italia, seconda classificata (5.658.481 euro). Segue il Movimento 5 Stelle (2.739.399 euro). Cifre identiche per Verdi e Sinistra italiana (1,4 milioni per entrambi gli alleati). La Lega, se si sommano le due componenti (Lega per Salvini Premier con 1.156.933 euro e Lega Nord per l’Indipendenza della Padania con 463.974 euro) guadagna la quarta posizione alle spalle dei Cinque Stelle.Come accaduto per l’anno precedente Azione è il partito con più fondi (1,4 milioni di euro) rispetto al numero di contribuenti (53.639) con una media di circa 24 euro.Loading…Nel dettaglio sono 2.053.648 i contribuenti che hanno fatto la propria scelta (4,89% del totale), per un totale di 29.790.532 euro complessivi. Il dato è in crescita: nel 2023 erano stati 1.744.913 cittadini (il 4,15%) a destinare alle forze politiche 24.058.168 euro. LEGGI TUTTO

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    Craxi: il fardello del debito, il Britannia e la fine della Prima Repubblica

    Ascolta la versione audio dell’articolo4′ di letturaQuali furono le «vere ragioni» che portarono alla caduta della Prima Repubblica? Cosa disse Mario Draghi il 2 giugno del 1992 sul panfilo di Sua Maestà la Regina sulle privatizzazioni delle aziende pubbliche italiane? Di chi è la responsabilità storica del debito pubblico italiano? A questi e ad altri interrogativi risponde la seconda edizione di Controvento. La vera storia di Bettino Craxi (Ed. Rubbettino) in questi giorni in libreria. Non è solo una biografia quella che Fabio Martini, giornalista politico de La Stampa, ha scritto sul leader socialista, di cui il 19 gennaio sono stati ricordati i 25 anni dalla morte ad Hammamet (Tunisia). Attraverso la vita di Craxi, di cui non nasconde le grandi responsabilità, Martini fa luce su almeno un ventennio della storia politica ed economica italiana recente e su alcune vicende rilevanti per il Paese. Con l’esperienza del cronista e la messa a fuoco che il tempo trascorso consente.Le due Americhe Nella ricostruzione delle ragioni che portarono alla deflagrazione della Prima Repubblica, Martini pone l’accento sui fattori esterni e ricostruisce, in particolare, il cambio radicale di strategia delle amministrazioni americane sull’Italia, le «due Americhe»: a quella di Bush, che appoggiava il pool di magistrati milanesi, nel 1993 succede quella di Clinton che lascia le inchieste a loro corso e «incoraggia una nuova leva politica, investendo persino sugli ex comunisti e sugli ex missini». Le due amministrazioni – scrive ancora Martini –«perseguirono disegni diversi, finendo per determinare il risultato finale: l’espulsione rapida e definitiva di alcuni dei principali protagonisti della Prima Repubblica». Compreso Bettino Craxi che diventò uno dei capri espiatori di quella stagione.Loading…Il discorso di Draghi agli ospiti del BritanniaIn quel clima da fine impero si colloca anche un episodio molto citato nelle cronache e nelle ricostruzioni, ma i cui contorni sono rimasti per decenni poco definiti. Il 2 giugno del ’92 sul panfilo Britannia, ancorato davanti al porto di Civitavecchia, banchieri, economisti e manager delle aziende pubbliche italiane incontrano esponenti dei grandi istituti di credito e dei fondi d’investimento internazionali. L’Italia è in transizione tra una legislatura e l’altra. Tocca a Mario Draghi, da direttore generale del Tesoro, rappresentare il governo. Il suo discorso anticipa e spiega le scelte politiche che il Paese sta preparando per privatizzare le grandi aziende di Stato. A prescindere dai governi…Le privatizzazioni allontanarono le imprese pubbliche dalle ingerenze dei partiti privando questi ultimi di risorse e potere su cui avevano fatto affidamento per decenni. Molti degli ospiti del Britannia, italiani e internazionali, «furono gratificati» (…) «alcuni hanno investito sul tracollo italiano, ma la vecchia politica – sottolinea Martini – aveva fatto di tutto per escludersi dalla nuova stagione». Le inchieste di Mani Pulite stavano per deflagrare: non erano frutto di un complotto ordito dai poteri forti presenti nel Paese, ma il colpo definitivo su un mondo già compromesso.Dove nasce il debito pubblico«Il trascorrere degli anni – afferma la prefazione alla seconda edizione – consente di definire sempre meglio la statura di Bettino Craxi: l’incancellabile sottovalutazione della questione morale non impedisce di vedere meglio come il leader socialista affrontò questioni rimaste irrisolte». Una di queste è il debito pubblico, destinato a diventare uno dei problemi più rilevanti dell’economia italiana, a cui è dedicato un intero capitolo. LEGGI TUTTO

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    Successione a Santanchè, voci su Malan ma da Palazzo Chigi smentiscono

    Ascolta la versione audio dell’articolo1′ di letturaIl capogruppo al Senato di FdI, Lucio Malan, è stato a Palazzo Chigi. Nel pomeriggio si sono diffuse voci su una possibile sua successione a Daniela Santanchè, sulla quale grava un rinvio a giudizio per falso in bilancio. Ma da Palazzo Chigi smentiscono: i due capigruppo erano in riunione dal capo di gabinetto del presidente, Gaetano Caputi, per parlare di concessioni autostradali, il resto sono solo fantasie.Malan: piena fiducia in ministro? CertoPiena fiducia in Santanchè? «Il ministro Santanchè è ministro, abbiamo votato la fiducia… Certo». Risponde così ai cronisti il capogruppo di FdI al Senato, Lucio Malan, uscendo da Palazzo Chigi assieme al capogruppo alla Camera, Galeazzo Bignami. «Abbiamo parlato di concessioni autostradali», spiega.Loading…Tajani: al vertice non si è parlato di Santanché, noi garantisti«Non se ne è parlato». Lo ha detto in rapporto a un vertice tra i leader, tenutosi stamattina, il ministro degli Esteri e leader di Forza Italia Antonio Tajani arrivando a un convegno alla Camera. «Noi – ha aggiunto – siamo garantisti: finchè una persona non è condannata in via definitiva è innocente, lo prevede la nostra Costituzione».Voci di incontro La Russa-Santanchè, fonti Senato smentisconoUn incontro tra il presidente del Senato, Ignazio La Russa e la ministra Daniela Santanché, rientrata oggi a Roma. Diverse fonti riferiscono di un momento di confronto tra i due, attorno all’ora di pranzo che però fonti della presidenza del Senato, interpellate al riguardo, smentiscono. La Russa ieri aveva incontrato, sempre all’ora di pranzo, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni a Palazzo Chigi. LEGGI TUTTO

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    Referendum, dal jobs act alla cittadinanza: su cosa si voterà in primavera

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaAl via la campagna referendaria sul lavoro e sulla cittadinanza per gli extracomunitari. Sui cinque quesiti dichiarati ammissibili dalla Consulta – quattro promossi dalla Cgil – si voterà in primavera. «Sarà una primavera di diritti, democrazia e partecipazione», afferma il segretario generale Maurizio Landini sostenendo “5 sì” per «cambiare pagina» e «cancellare e modificare le leggi sbagliate, balorde, fatte in questi anni sul lavoro, a partire dal Jobs act». Quesiti sul lavoro a loro tempo firmati anche dalla segretaria del Pd, Elly Schlein (oltre che dai leader del M5s, Giuseppe Conte, e di Avs Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli): «Li ho firmati e non faremo mancare il nostro contributo, anche sulla cittadinanza», assicura la segretaria dem. Una scelta logica per Schlein, da sempre contraria alla riforma simbolo del governo Renzi. Ma non per un pezzo di Pd (a partire dall’ala riformista) che quella riforma all’epoca l’ha sostenuta. Non solo. La bocciatura da parte della Consulta del referendum per l’abrogazione della legge Calderoli sull’autonomia differenziata, che avrebbe fatto da traino, rende molto difficile il raggiungimento del quorum.Jobs act nel mirinoTornando ai quesiti, nel mirino c’è innanzitutto il Jobs act per il ripristino dell’articolo 18 e quindi del reintegro nei casi di licenziamento illegittimo per i lavoratori assunti dopo il marzo 2015 (da quando sono entrate in vigore le norme del governo Renzi, che hanno introdotto il contratto a tutele crescenti).Loading…Gli altri tre quesiti sul lavoroIl secondo quesito riguarda la cancellazione del tetto all’indennità nei licenziamenti nelle piccole imprese. L’obiettivo è innalzare le tutele per chi lavora in aziende con meno di quindici dipendenti eliminando il limite massimo di sei mensilità all’indennizzo in caso di licenziamento ingiustificato. Mentre il terzo punta all’eliminazione di alcune norme sull’utilizzo dei contratti a termine, per limitarne l’utilizzo a causali specifiche e temporanee. Infine, l’ultimo quesito riguarda l’esclusione della responsabilità solidale di committente, appaltante e subappaltante negli infortuni sul lavoro. In particolare, con il referendum si vogliono tagliare le norme che impediscono, in caso di infortunio sul lavoro negli appalti, di estendere la responsabilità all’impresa appaltante.Il referendum sulla cittadinanza per gli extracomunitariL’altro quesito ammesso, proposto tra gli altri da +Europa, chiede di dimezzare da 10 a 5 anni il periodo di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario ai fini della presentazione della domanda di concessione della cittadinanzaVoto in primaveraIl voto sui referendum sarà dunque in primavera: in una domenica compresa tra il 15 aprile ed il 15 giugno. In attesa che il governo fissi la data, gli scenari prevedono la possibilità di un accorpamento della consultazione referendaria con quelle previste in diversi Comuni, tra cui Genova, per l’elezione del sindaco. LEGGI TUTTO