More stories

  • in

    Accordo nel centrodestra: Stefani (Lega) in Veneto, Cirielli (Fdi) in Campania e Lobuono (civico) in Puglia. Meloni «prenota» la Lombardia

    Ascolta la versione audio dell’articoloIntesa raggiunta nel centrodestra sui candidati per il mini-election day di fine novembre. Secondo quanto comunicato in una nota, a margine della riunione sulla legge di bilancio che si è tenuta oggi pomeriggio, i leader del centrodestra hanno deciso che a correre per la presidenza del Veneto sarà il leghista Alberto Stefani mentre in Puglia ci sarà il civico Luigi Lobuono. Confermato in Campania il viceministro agli Esteri Edmondo Cirielli di Fdi.L’accordo sulla Lombardia«Il candidato presidente in Lombardia non è legato al Veneto» dichiara Salvini. Ma Fdi incassa di fatto il diritto di rivendicare la Lombardia nel 2028, visto che indicare il nome – come prosegue la dichiarazione del segretario leghista – spetterà al partito «con il più recente maggiore peso elettorale» nel territorio «precedente le elezioni». Cioè, salvo capovolgimenti, a Giorgia Meloni, visto che Fdi oggi è il primo partito della coalizione in Lombardia – certificato da ultimo anche alle europee. A decidere questo derby saranno insomma i risultati delle politiche del 2027. Anche se i leghisti lombardi sembrano intenzionati a insistere fino all’ultimo per non cedere il candidato agli alleati.Loading…La scelta di Stefani in VenetoIl leghista Alberto Stefani, candidato ufficiale del centrodestra per le elezioni regionali in Veneto, scaldava i motori da settimane. Aveva già incassato a Pontida l’investitura del segretario Matteo Salvini. La vittoria del centrodestra nelle Marche e in Calabria, ha sbloccato l’impasse. Con i Fratelli d’Italia che si sono convinti a lasciare il Veneto al Carroccio. Ma Meloni e Salvini avrebbero limato il pacchetto di compensazioni sul territorio da affiancare alla dichiarazione sulla Lombardia. Il nuovo presidente del Veneto – dove la partita in favore del centrodestra è data per scontata da tutti – sarà quindi leghista ma Fratelli d’Italia, primo partito della coalizione agli ultimi test di politiche ed europee e pure con percentuali tra le più alte d’Italia, avrà un peso diverso dall’attuale nel governo della Regione. Oltre alla vicepresidenza, ai meloniani dovrebbero andare sei assessorati (o cinque con il presidente del Consiglio regionale) e alcune delle deleghe di peso come bilancio e sanità.Come si è arrivati alla candidatura di Cirielli in CampaniaMeloni, Tajani e Salvini hanno faticato a trovare la quadra per un candidato in Campania. Sono stati spesi, per non dire “bruciati”, nomi importanti della società civile: il presidente di Confindustria Campania, l’imprenditore Costanzo Jannotti Pecci; il Rettore dell’Università “Federico II” di Napoli Matteo Lorito e il suo omologo all’Università “Vanvitelli” di Caserta Gianfranco Nicoletti; perfino l’attuale prefetto di Napoli Michele Di Bari, dato quasi per certo fino a due settimane fa. Nonché Giosy Romano, attuale coordinatore della Zes (Zona economica speciale) del Mezzogiorno. Ma il nome di Cirielli non è mai tramontato. E alla fine, superate le resistenze di Forza Italia, che puntava su un candidato di centro per battere il candidato dei 5 Stelle in Campania (così come successo in Calabria), si è imposto come candidato della coalizioneL’opzione civica in PugliaSarà dunque l’imprenditore Luigi Lobuono il candidato del centrodestra per le elezioni regionali in Puglia del 23 e 24 novembre. Sarà lui a tentare la “mission impossible” di spuntarla sul candidato di centrosinistra Antonio Decaro. In quota Forza Italia, anche se non tesserato, Lobuono è stato presidente della Fiera del Levante. Il nome circolava da qualche giorno, ha preso quota venerdì sera per poi consolidarsi in via definitiva. Non prima però di aver chiesto al coordinatore regionale di Forza Italia, Mauro D’Attis, un’ultima disponibilità. Che non è arrivata. LEGGI TUTTO

  • in

    Chi è il civico Lobuono, al bis in politica dopo 20 anni per strappare la Puglia a Decaro

    Ascolta la versione audio dell’articoloÈ l’imprenditore Luigi Lobuono il candidato del centrodestra per le elezioni regionali in Puglia del 23 e 24 novembre. Sarà lui a tentare la “mission impossible” di spuntarla sul candidato di centrosinistra Antonio Decaro. In quota Forza Italia, anche se non tesserato, Lobuono è stato presidente della Fiera del Levante. Il nome circolava da qualche giorno, ha preso quota venerdì sera per poi consolidarsi in via definitiva. Non prima però di aver chiesto al coordinatore regionale di Forza Italia, Mauro D’Attis, un’ultima disponibilità. Che non è arrivata.Candidatura civicaE D’Attis ne ha lanciato la candidatura sottolineando l’importanza di un approccio civico alla sfida elettorale («Anche l’opzione civica è la chiave per avviare subito la campagna elettorale. Noi siamo pronti a sostenere un candidato civico»). Per Lobuono, la campagna elettorale parte in salita, con poco più di cinquanta giorni a disposizione. Tanto più che il rivale è un “peso massimo” della politica pugliese: quell’Antonio Decaro ex sindaco dem di Bari, radicatissimo sul territorio e recordman di preferenze (500mila) alle europee del 2024.Loading…Imprenditore nell’editoria Classe 1955, Lobuono appartiene a una famiglia di editori storicamente vicina all’area socialista, attiva nella distribuzione dei giornali e negli anni 2000 con partecipazioni nel quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno.La sfida con Emiliano nel 2004Il “civico” Lobuono non è nuovo però alla politica attiva. Nel lontano 2004 fu lui a sfidare Michele Emiliano che da magistrato fece il salto in politica come sindaco di Bari. Sotto il simbolo del Polo delle Libertà, impostò la campagna elettorale su temi ambientali e di rigenerazione urbana, proponendo “un ambiente migliore” come priorità per Bari. Ma si fermò allora al 41% contro un Emiliano neofita della politica ma già favorito. Fu Raffaele Fitto, allora presidente della Regione e uomo forte di Forza Italia in Puglia, a imporre la figura di Lobuono. Quest’ultimo conservò lo scranno in Consiglio comunale per pochi mesi perché poi si concentrò nella guida della Fiera del Levante. Ne è stato presidente, infatti, dal 2001 al 2006. Anni in cui ha accompagnato due presidenti del Consiglio nella cerimonia del taglio del nastro, Silvio Berlusconi e Romano Prodi, e altrettanti governatori, Raffaele Fitto e Nichi Vendola LEGGI TUTTO

  • in

    Chi è Stefani, «enfant prodige» leghista candidato nel Veneto al posto di Zaia

    Ascolta la versione audio dell’articoloIl leghista Alberto Stefani, candidato ufficiale del centrodestra per le elezioni regionali in Veneto, scaldava i motori da settimane. Aveva già incassato a Pontida l’investitura del segretario Matteo Salvini. La vittoria del centrodestra nelle Marche e in Calabria, ha sbloccato l’impasse. Con i Fratelli d’Italia che si sono convinti a lasciare il Veneto al Carroccio. In una regione prima “feudo” democristiano e poi governata per 15 anni da Luca Zaia, è Stefani dunque l’uomo chiamato a raccogliere l’eredità del “Doge”. Compirà 33 anni il 16 novembre, una settimana prima delle elezioni regionali, e se eletto diventerà il più giovane presidente di Regione in carica. Stefani si è ricavato un ruolo di primo piano in tempi brevissimi, basti pensare che dall’anno scorso è anche uno dei quattro vice segretari federale del Carroccio. Identità e di territorio le sue parole chiave. In cima alla sua agenda c’è l’autonomia.Gli esordi nelle giovanili della LegaNato in provincia di Padova (a Camposampiero) nel 1992, è cresciuto in un altro comune del Padovano, Borgoricco. Ha all’attivo un brillante percorso di studi: dopo il diploma al liceo (100/100) si è laureato in giurisprudenza a Padova (110 e lode) con una tesi in diritto canonico. Stefani è entrato nella Lega quando aveva solo 14 anni appena: il colpo di fulmine, di fronte a un gazebo del partito. «Mi ha affascinato, ne condividevo le idee federaliste e mi sono iscritto», raccontava, qualche mese fa, in un’intervista al Mattino di Padova. Ha iniziato a fare politica nelle giovanili della Lega ed è diventato consigliere di minoranza a Borgoricco nel 2014, a 22 anni. Loading…Deputato più giovane del CarroccioDa lì, una lunga serie di incarichi: deputato dal 2018 (eletto per la prima volta a 26 anni è stato il parlamentare più giovane mai eletto tra le fila della Lega), sindaco di Borgoricco nel 2019, commissario regionale del partito nel 2020, segretario della Liga veneta dal 2023, presidente della commissione bicamerale sul federalismo, vicesegretario federale dal 2024. Stefani gode della piena fiducia di Salvini e ha ottimi rapporti con Zaia. Del «doge», Stefani condivide il profilo moderato. «Credo nel confronto leale fra idee, rifiuto lo scontro personale. In politica non cerco nemici da abbattere, ma avversari con cui dialogare» assicura.A Roma si occupa prevalentemente di temi sociali (cura degli anziani, diritti dei caregiver, lotta al disagio giovanile, violenza su donne e minori). Ha fondato “Veneto domani”, la prima scuola di formazione politica della Liga Veneta. Cattolico e con esperienze nell’Azione Cattolica, ha raccontato in un’intervista a Vanity Fair di avere un nonno, Aldo, operaio della Breda e orgogliosamente comunistaGli hobbyAppassionato di calcio (è tifoso del Milan) ha un passato da pallavolista. In occasione della vittoria dei campionati mondiali di volley a Manila ha scritto sui social un post per complimentarsi con la nazionale maschile, con una chiosa: «Ho praticato questo sport per molti anni e posso solo immaginare quanta passione, disciplina e spirito di squadra ci siano dietro un traguardo mondiale come questo. Impegno e sacrificio ripagano sempre». Stefani ha anche una vena artistica perché nel tempo libero dipinge e scrive. LEGGI TUTTO

  • in

    Un anti Schlein alle primarie di coalizione: ecco come i riformisti Pd meditano la spallata alla segretaria

    Ascolta la versione audio dell’articolo«Se si facesse la riforma della legge elettorale io sarei per una legge che vada bene anche per il premierato, e quindi con l’indicazione del candidato premier sulla scheda elettorale. Il premierato andrà avanti, per questo non vale la pena fare una legge elettorale e poi farne un’altra dopo il referendum sul premierato». Se nel centrosinistra c’erano ancora dubbi sull’intenzione di Giorgia Meloni di cambiare il Rosatellum per votare alle politiche del 2027 con un sistema a lei più favorevole, questi sono stati fugati dalla stessa premier nella sua lunga intervista a Porta a porta del 7 ottobre.La sfida di Meloni: legge elettorale con indicazione del candidato premierLo schema è confermato: approvazione della riforma costituzionale che introduce l’elezione diretta del premier entro la fine della legislatura, in modo da celebrare il referendum confermativo dopo le politiche, e nel frattempo riforma del Rosatellum per superare la lotteria dei collegi uninominali per introdurre un sistema a base proporzionale con premio di maggioranza per chi supera il 40% e – appunto – l’indicazione del nome del candidato premier.Loading…Campo largo (e diviso) costretto alle primarie di coalizione?Con il via libera alla candidatura del leghista Alberto Stefani alla successione di Luca Zaia in Veneto sono cadute le ultime resistenze di Matteo Salvini: dopo la fine del ciclo delle regionali la proposta Meloni sarà ufficialmente sul tavolo dei partiti di maggioranza e anche di opposizione. Con un problema in più per un campo largo già in affanno: chi sarà il candidato premier della coalizione, il novello Prodi capace di d’accordo le varie anime e soprattutto i “grillini” con i dem? Dopo le sconfitte oltre le previsioni nelle Marche e in Calabria l’ipotesi di un congresso anticipato del Pd, accarezzata nei mesi scorsi dalla segretaria Elly Schlein per blindarsi alla guida del partito, sembra uscita di scena. E gli occhi sono ora tutti puntati sulle primarie di coalizione, necessarie a meno di un improbabile accordo a tavolino tra la stessa Schlein e il leader del M5s Giuseppe Conte su un nome terzo.Milano e Livorno: la minoranza anti Schlein riparte da due convegniEd è qui che si inserisce l’iniziativa, e la strategia, della minoranza riformista più agguerrita del Pd, ossia quel gruppetto di big (da Lorenzo Guerini a Graziano Delrio, da Sandra Zampa e Filippo Sensi, da Marianna Madia a Simona Malpezzi, da Giorgio Gori a Pina Picierno) che ha strappato con Energia popolare di Stefano Bonaccini giudicandola troppo schiacciata sulle posizioni della segretaria. Senza attendere le elezioni regionali in Veneto, Campania e Puglia di fine novembre, i riformisti doc cominceranno a contarsi già ad ottobre: il 24 a Milano sui temi economici con focus su ceto medio, professionisti, partite Iva e imprese – “classi” di riferimento del partito che fu, a loro avviso ora abbandonate da un Pd molto spostato a sinistra, sulle posizioni della Cgil di Maurizio Landini e dell’assistenzialismo targato M5s – e il 31 ottobre a Livorno, su iniziativa del think thank LibertàEguale di Enrico Morando, Giorgio Tonini e Stefano Ceccanti, sui temi della sicurezza e della difesa comune europea. Un modo, anche, per bilanciare una narrazione tutta spostata sulla causa palestinese. «Di fronte all’aggressività delle autocrazie e agli orientamenti dell’amministrazione Trump il tema della difesa è assolutamente ineludibile per una coalizione che abbia l’ambizione di proporsi come credibile alternativa di governo per la legislatura – spiega Ceccanti -. Per un verso il tema va declinato necessariamente in chiave europea, l’unica dimensione di scala in grado di dare una risposta efficace e credibile; per altro verso il richiamo alla dimensione europea non può comunque portare a eludere le risposte che vanno date, senza ambiguità, sul piano nazionale».La strategia dei riformisti: prima puntellare i temi (economica e difesa Ue)…Insomma, intanto si puntellano i temi cari ai riformisti, dalle politiche per la crescita alla difesa Ue contro il pericolo Putin. D’altra parte, con un M5s che proprio in queste ore si appresta a votare a Strasburgo la mozione di sfiducia contro la presidente della Commissione Ue Ursula von del Leyen sostenuta invece dal Pd e con un Pd a guida Schlein a sua volta sempre più attratto dalle sirene pro Pal e “pacifiste a prescindere” del M5s, un chiarimento sulla collocazione internazionale dei dem è necessario. Come per altro sostengono ormai da tempo vecchi dirigenti come Luigi Zanda e lo stesso Romano Prodi. LEGGI TUTTO

  • in

    Chi è Cirielli, il generale sponsor del «Principato di Salerno» candidato del centrodestra in Campania

    Ascolta la versione audio dell’articoloManca solo l’ufficialità. Ma sarà Edmondo Cirielli (Fdi), attuale viceministro degli Esteri, il candidato del centrodestra alle elezioni regionali in Campania del 23-24 novembre. Se la vedrà con il candidato del campo largo Roberto Fico, già in pista da varie settimane. Nato a Nocera Inferiore nel 1964, laureato in Giurisprudenza, in Scienze Politiche e in Scienze della Sicurezza Interna ed Esterna, Cirielli è figlio di un generale dell’esercito. Ed ha a sua volte alle spalle una prestigiosa carriera militare.Generale dei carabinieriE’ Generale di Brigata dell’Arma dei Carabinieri in Ausiliaria. Ha frequentato la Scuola Militare Nunziatella di Napoli, l’Accademia Militare di Modena, la Scuola militare di Alpinismo di Aosta, la Scuola militare di Paracadutismo di Pisa, la Scuola Ufficiali Carabinieri di Roma.Loading…La carriera politicaLa carriera politica inizia nel 1995 candidandosi con Alleanza nazionale alle elezioni regionali in Campania (viene eletto a furor di popolo con 16mila preferenze). Deputato alla Camera dal 2001, ricoprendo svariati incarichi parlamentari. Nel 2005 si è fatto promotore di una controversa legge di riforma del codice penale del cui testo approvato però si dissocia successivamente a causa delle profonde modifiche apportate dal Parlamento. La legge Cirielli (o meglio “ex Cirielli”), nota anche come «Salva Previti», è al centro di molteplici critiche, in particolare per quanto riguarda la riduzione dei termini di prescrizione che porta ad un aumento dei casi di estinzione dei reati. Cirielli è stato presidente della Provincia di Salerno dall’8 giugno 2009 al 22 ottobre 2012. Nel dicembre 2012 ha partecipato alla fondazione di Fratelli d’Italia, entrando a far parte dell’ufficio di presidenza.Il Principato di SalernoDa presidente della provincia di Salerno Cirielli si è fatto notare per un’iniziativa legislativa singolare adottata dal consiglio provinciale: la creazione di una nuova regione, corrispondente all’attuale provincia di Salerno, chiamata “Principato di Salerno”. Ma sia la Consulta che la Cassazione bocciarono l’ipotesi del referendum ritenendo ’’non legittima’’ la proposta che avrebbe cambiato i connotati della Campania.  LEGGI TUTTO

  • in

    Forza Italia calamita al centro: da Bicchielli a Silli, la carica dei transfughi verso gli azzurri

    Ascolta la versione audio dell’articoloAntonio Tajani lo aveva detto il 23 febbraio 2024, al primo congresso di Forza Italia dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi: «C’è un grande spazio fra Meloni e Schlein, quello spazio abbiamo il dovere di occuparlo». Per un obiettivo: creare – o ricreare, rispolverando il sogno del Cavaliere – una «dimora dei moderati». Quella casa, mattone dopo mattone, transfuga dopo transfuga, non fa che crescere. E il successo alle elezioni regionali nelle Marche, con il sorpasso della Lega, assieme al trionfo in Calabria fanno alzare la testa agli azzurri, che con il loro segretario rivendicano di essere ormai «il secondo partito della coalizione di centrodestra», ma soprattutto la «casa» dei centristi di ogni colore.I gruppi parlamentari si ingrossanoParlano i numeri: Fi è il gruppo parlamentare cresciuto di più in questa legislatura, nonostante i regolamenti di Camera e Senato siano diventati più restrittivi rispetto al passato sui cambi di casacca. La campagna acquisti è stata massiccia soprattutto a Montecitorio, dove i deputati sono passati dai 44 originari ai 52 attuali. Ha cominciato Giuseppe Castiglione, in fuga da Azione di Carlo Calenda, seguito poco dopo da Enrico Costa e da Isabella De Monte (quest’ultima era stata eletta con Italia Viva, ma era transitata in Azione). Dal M5S di Giuseppe Conte sono arrivati alla Camera Giorgio Lovecchio e al Senato Antonio Trevisi. Alla Lega sono stati scippati due deputati: prima Davide Bellomo e poi il presidente della commissione Difesa, Nino Minardo, che era già passato al Misto. Ma i passaggi più “dolorosi” per le tensioni tra gli alleati sono stati quelli da Noi Moderati di Maurizio Lupi: il trasloco del deputato salernitano Pino Bicchielli ha comportato una valanga in Campania, dove hanno lasciato Nm per Fi i segretari provinciali di Avellino, Benevento, Caserta e Salerno. Sempre da Noi Moderati ha fatto rientro in Fi la vicesindaca di Arezzo, Lucia Tanti.Loading…Il ritorno di Silli e lo scontro frontale con LupiSoprattutto, è tornato in Forza Italia il sottosegretario agli Esteri Giorgio Silli. Un rientro di peso, perché vale una poltrona nel Governo. «Ricordo che il sottosegretario Silli è stato da me designato a rappresentare il nostro partito nel governo Meloni, designazione tanto più politica in quanto Silli non è parlamentare», ha tuonato Lupi. «Pertanto mi aspetto, in coerenza con la sua scelta, le immediate dimissioni da sottosegretario, per permettere al nostro partito di continuare a partecipare attivamente all’azione di governo con un nuovo rappresentante, in particolare nella politica estera». In zona esteri, va segnalato anche l’ingresso in Fi dell’ex viceministra pentastellata Emanuela Del Re. Tra i ritorni ufficiali, anche quello dell’ex ministro Claudio Scaloja.Le mire sui cattoliciNon è un mistero che Tajani punti ad accreditarsi come il riferimento dei centristi di ogni schieramento, in particolare dei cattolici delusi e insofferenti alla gestione dem di Elly Schlein. Lo ha detto esplicitamente anche alla kermesse nazionale di Telese Terme, dove è stato presentato il nuovo Manifesto della Libertà: una versione 5.0 dei valori della tradizione azzurra, a partire da euroatlantismo e difesa delle «idee liberali, cristiane, riformiste». Con l’economia sociale di mercato come faro, l’«assoluta parità dei diritti per ogni essere umano» come convinzione, la riduzione della pressione fiscale come sempreverde e la giustizia «non vendetta, ma garanzia di libertà» come priorità. Una piattaforma costruita per attirare i moderati lontani dal nazionalismo di Giorgia Meloni, seppur “gentile”, e dagli eccessi antisistema della Lega di Matteo Salvini, con o senza Vannacci, ma anche i riformisti non più a loro agio dentro il campo largo. Non è un caso che il dialogo più proficuo corra con Calenda: le posizioni, in politica estera e in politica economica, sono spesso vicine. La strategia condivisa con i figli del CavaliereDietro la nuova Forza Italia – all’insegna del “rinnovamento” e dell’“apertura”, parole d’ordine come fu “cambiamento” ai tempi della discesa in campo di Berlusconi nel 1994 – c’è lo zampino dei figli del Cavaliere, Marina e Pier Silvio. Che da mesi, nei ripetuti incontri con Tajani, alla presenza di Gianni Letta, hanno contribuito a ridisegnare la linea lungo l’asse Roma-Cologno Monzese. Lo sguardo è alle elezioni politiche del 2027, dove gli azzurri sperano di tornare ai fasti del passato: il 20 per cento. Alla fine della tornata delle regionali, il 24 novembre, si tireranno le prime somme per capire quanto sia alla portata. LEGGI TUTTO

  • in

    Meloni: la proposta di pace di Trump apre qualche spiraglio. «Con ministri denunciata per concorso in genocidio»

    Ascolta la versione audio dell’articolo«Penso che la proposta di piano di pace presentata da Trump apra più di uno spiraglio, si tratta di una proposta molto articolata, che prevede alcune delle cose di cui abbiamo discusso e che abbiamo chiesto in questi anni: il rilascio degli ostaggi, il graduale ritiro di Israele dalla Striscia di Gaza, no a nuovi insediamenti in Cisgiordania, il disarmo di Hamas, fino a riconoscere l’aspirazione palestinese ad avere un proprio stato. È un piano su cui c’è stata una convergenza quasi totale, anche da Hamas seppur con qualche distinguo». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni, ospite di Cinque minuti, in onda questa sera su Rai1.Percorso di pace è fragile, l’Italia c’è«È un percorso molto fragile, bisogna lavorarci tutti quanti insieme con forza. L’Italia c’è, come sanno tutti gli attori della regione, perché a questo ci siamo dedicati mentre altri sventolavano bandiere». Così ancora Meloni, ospite di Cinque minuti, parlando del piano di pace per Gaza. «Mi sarebbe piaciuto che il Parlamento votasse a sostegno del piano all’unanimità ma – ha aggiunto -, alcune forze di opposizione hanno deciso di non farlo, il che è abbastanza bizzarro perché lo sostiene anche Hamas».Loading…La Cgil interessata più a difesa sinistra che lavoratori«Non sono stata particolarmente dura sullo sciopero, ho detto quello che penso, cioè che era pretestuoso. Nei 10 anni” in cui ha governato al sinistra la Cgil ha indetto “6 scioperi generali, nei tre anni” del suo governo “4 scioperi generali, lo fa mentre aumentano occupazione e salari e diminuisce la precarietà, e lo fa sulla politica estera, un unicum nella storia del sindacato». Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ospite di Cinque minuti, in onda questa sera su Rai1. Si è trattato, ribadisce Meloni, di uno sciopero «pretestuoso» perché si vede che la Cgil «è molto più interessata a difendere la sinistra più che i lavoratori».Clima imbarbarito, non conto più minacce di morteNell’intervista la premier torna a denunciare l’atmosfera di tensione che riscontra nel Paese. «Temo un clima che si sta imbarbarendo parecchio. L’Italia ha già attraversato questa storia. Vedo tante cose che cominciamo a dare per normale e normali non sono. Io non conto più le minacce di morte, non faccio più nemmeno in tempo a segnalarle. E penso che ci siano delle responsabilità, di chi per esempio dice che ho le mani sporche di sangue, che io e questo governo siamo complici di genocidio».«Io, il ministro Tajani e Crosetto e l’amministratore delegato di Leonardo», Roberto Cingolani, «siamo stati denunciati alla Corte penale internazionale per concorso in genocidio. Ora io credo che non esista un altro caso al mondo e nella storia di una denuncia del genere». LEGGI TUTTO

  • in

    Il centrodestra alla stretta finale per i candidati in Veneto, Puglia e Campania

    Ascolta la versione audio dell’articoloQuestione di giorni, forse di ore. Mentre il centrodestra incassa la riconferma in Calabria di Roberto Occhiuto, la vera incognita rimane l’intesa, ancora da chiudere, per le candidature delle tre regioni chiamate al voto nel mini-election day di novembre. Gli occhi sono tutti puntati su Giorgia Meloni, che sui social plaude al successo della coalizione. Gli elettori «riconoscono il buongoverno» e «confermano» il governatore uscente, osserva la premier in un messaggio che, letto in controluce veneta, potrebbe lasciare intendere che allora anche lì sarà confermato lo status quo. Con il via libera alla candidatura leghista per succedere a Luca Zaia.La partita venetaLa partita non è solo regionale. In gioco c’è anche la navigazione del governo di qui alle politiche, visto che sul territorio la Liga veneta ribolle, ha sostanzialmente approntato le liste e aspetta solo l’ufficializzazione di Alberto Stefani per far partire la macchina della campagna elettorale. Il vice di Matteo Salvini, infatti, rimane il nome per il dopo-Zaia in casa Lega.Loading…Incertezza sul verticeDi qui a qualche giorno, comunque, tutti sono convinti che si scioglierà la riserva anche su Campania e Puglia. I leader in effetti si incontreranno mercoledì ma per concentrarsi unicamente sulla manovra assicurano tutti. Ed è possibile, a questo punto, che non sarà un vero e proprio vertice a sdoganare tutti i nomi.I nomi in pole in Campania e PugliaRestano però le distanze tra alleati anche in queste due regioni date di fatto per perse. Per la Campania prima del fine settimana sembrava chiusa sul meloniano viceministro agli Esteri, Edmondo Cirielli. Ma gli azzurri storcono il naso, prima ponendo la questione delle dimissioni dal governo per rimanere in Regione anche in caso di sconfitta. Poi rilanciando l’opzione del candidato “civico”, forti anche del risultato calabrese che mostra come le elezioni si vincano “al centro”. E civico dovrebbe essere, nonostante i malumori in questo caso leghisti, il nome da schierare per la “mission impossible” contro Antonio Decaro. In Puglia la scelta dovrebbe ricadere su Luigi Lobuono, imprenditore che nel 2004 da presidente della Fiera del Levante già era sceso in campo per la corsa a sindaco di Bari. Battuto da Michele Emiliano, all’esordio in politica. LEGGI TUTTO