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    Da novembre sarà disponibile gratuitamente il trattamento per prevenire la bronchiolite nei neonati

    Da novembre sarà possibile sottoporre gratuitamente i bambini al nirsevimab, un trattamento contro il virus respiratorio sinciziale umano (VRS), una delle cause delle bronchioliti nei bambini con meno di un anno. Il nirsevimab è un trattamento con anticorpi monoclonali, cioè anticorpi simili a quelli che produce il nostro sistema immunitario, ma realizzati con tecniche di clonazione in laboratorio. Il loro impiego consente di avere a disposizione direttamente gli anticorpi, senza che questi debbano essere prodotti dal sistema immunitario dopo aver fatto conoscenza con un virus. Il nirsevimab fa esattamente questo, in modo che un bambino che lo riceve abbia gli anticorpi per affrontare il VRS riducendo il rischio di ammalarsi. Il trattamento non è un vaccino, che svolge invece una funzione diversa e cioè stimolare la produzione degli anticorpi.Il trattamento è più noto con il nome commerciale Beyfortus, e finora non era ben chiaro se sarebbe infine stato disponibile gratuitamente, lasciando molti dubbi a chi avrebbe voluto sottoporre i propri figli al trattamento in vista della stagione fredda in cui il virus circola di più. Il piano di erogazione gratuita è riservato ai bambini nati da agosto 2024 in poi e ai bambini fragili con meno di 2 anni: la Conferenza Stato Regioni, che ha approvato il finanziamento del programma in carico al Servizio Sanitario Nazionale, ha detto che valuterà l’allargamento anche ad altre fasce d’età.
    Il VRS è un virus piuttosto diffuso e come quelli dell’influenza ha una maggiore presenza tra novembre e aprile. Nelle persone adulte in salute non dà sintomi particolarmente rilevanti (è più insidioso negli anziani e nei soggetti fragili), ma può essere pericoloso nei bambini con meno di un anno di età. È infatti una delle cause principali della bronchiolite, una malattia respiratoria che può comunque avere diverse altre cause virali (coronavirus, virus influenzali, rhinovirus e adenovirus, per citarne alcuni). LEGGI TUTTO

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    Che droga è la ketamina

    La ketamina, una sostanza con effetti anestetici e psicoattivi tradizionalmente usata come farmaco, è consumata come droga ricreativa da alcuni decenni, ma negli ultimi anni, e in particolare dopo la pandemia, si è diffusa velocemente e specialmente tra i più giovani, anche in Italia. Si presenta normalmente come una polvere bianca simile alla cocaina, ed è in circolazione specialmente alle serate techno, nei club e nei rave party, ma ormai anche in altri contesti più trasversali. Nell’ultimo anno se ne è parlato sui media anche per via delle notizie sulla morte di Matthew Perry, il celebre attore della serie tv Friends, e delle successive indagini.Nell’ultimo World Drug Report delle Nazioni Unite la ketamina è una delle sostanze a cui è data maggiore attenzione, sebbene non sia ancora usata quanto la cocaina, per esempio. È assunta anche tra gli adolescenti e ci sono casi di persone che ne abusano, rischiando di sviluppare danni significativi per la salute. Secondo il più recente studio del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) sul consumo di alcol, tabacco e droghe illegali tra gli adolescenti italiani, nel 2023 il 28 per cento degli studenti tra i 15 e i 19 anni disse di aver usato almeno una volta una sostanza illegale e l’1,3 per cento di aver assunto ketamina.
    Lo scorso anno il consumo dichiarato di questa sostanza è stato il più alto mai registrato tra i giovani italiani. E al contempo è stato notato un aumento della sostanza nelle acque reflue di Milano, dove da circa 10 anni la presenza di ketamina è rilevata insieme a quella di altre droghe illegali dall’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri”. Milano è insieme a Bristol, Barcellona, Zurigo, Anversa e Rotterdam una delle città europee nelle cui acque reflue sono state trovate le maggiori quantità di ketamina nel 2023, su 88 in cui sono state effettuate le analisi.
    Ad aver notato un aumento dell’uso di ketamina è anche chi lavora nei servizi di assistenza per le dipendenze e chi si occupa di “riduzione del danno”, cioè di tutte quelle attività per diminuire gli effetti negativi delle droghe tra le persone che non vogliono smettere di assumerle, o non riescono. È il caso di Neutravel, un progetto associato all’azienda sanitaria locale di Cirié, Chivasso e Ivrea (provincia di Torino) e attivo in tutto il Piemonte.
    «Se intorno al 2010 la ketamina era usata soprattutto nei free party [quelli comunemente chiamati rave, ndr]», spiega Elisa Fornero, assistente sociale responsabile del progetto, «in anni più recenti e soprattutto dopo la pandemia c’è stata una diffusione più trasversale». Riguarda tutta la fascia d’età compresa tra i 18 e i 30 anni, ma anche persone più vecchie. Tra le altre cose Neutravel offre un servizio gratuito di drug checking, ovvero di analisi chimica delle sostanze illegali per verificare che siano davvero quelle dichiarate da chi le vende, e così evitare effetti indesiderati e potenzialmente più rischiosi: si sono rivolte al progetto per testare dosi di ketamina anche persone di più di 30 anni che hanno dichiarato di essersi avvicinate a questa sostanza senza avere particolari esperienze pregresse con l’uso di droghe, fatta eccezione per l’alcol e per un consumo di marijuana non problematico.
    «In generale l’accessibilità delle sostanze illegali è aumentata con i lockdown», aggiunge Diletta Polleri, sempre di Neutravel, «perché il mercato illegale ha trovato nuovi modi per arrivare alle persone. Capita che anche le app di incontri siano sfruttate per lo smercio di sostanze». Per questo, sia per gli adolescenti che per le persone che fino a qualche tempo fa avrebbero avuto meno dimestichezza con l’acquisto di sostanze illegali, comprarle è diventato più facile.
    La ketamina è definita “anestetico dissociativo” perché ha effetti sedativi ma anche la capacità di indurre una sensazione di separazione della mente dal corpo. Riduce la percezione del dolore senza causare una riduzione della frequenza di respirazione, come invece fanno le sostanze oppioidi (come la morfina), per questo è considerata più sicura di molti altri anestetici. Inoltre agisce rapidamente. È molto usata in ambito veterinario, e specialmente in contesti di emergenza, per pazienti con traumi o in condizioni critiche, quando un sovradosaggio di anestetico potrebbe interrompere la respirazione. Inoltre produrla è economico e per questo il suo uso medico è particolarmente diffuso nei paesi meno ricchi. L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) la include nella propria “lista dei farmaci essenziali” che tutti gli ospedali dovrebbero avere.
    Nei contesti medici la ketamina si usa in forma liquida, da iniettare, e si presenta incolore e insapore, indistinguibile dall’acqua. Chi la assume a scopo ricreativo invece la sniffa sotto forma di polvere, in modo analogo a come si fa con la cocaina, anche se tra le persone che hanno sviluppato forme di abuso della sostanza si sta diffondendo anche l’uso delle siringhe per l’iniezione intramuscolo – una modalità di assunzione in generale poco praticata per lo stigma associato all’eroina, oltre che per il maggiore impegno richiesto.
    Per quanto riguarda il consumo cosiddetto ricreativo, la ketamina può essere assunta per ragioni diverse. Nel contesto dei free party, i cui frequentatori hanno generalmente una propria cultura sull’uso delle sostanze psicoattive associato all’ascolto di musica e al ballo, può essere ricercato proprio l’effetto dissociativo, che per certi versi è simile alle sensazioni che si provano con gli psichedelici, senza le allucinazioni visive. Ad alti dosaggi (100 milligrammi o più) la ketamina provoca una sensazione di depersonalizzazione e netto distacco della mente dal corpo, chiamata “k-hole”, che si potrebbe tradurre come “tunnel della ketamina”. È una condizione in cui ci si può “vedere da fuori” e che viene spesso associata alle esperienze di pre-morte (near death experience), quelle sensazioni di vario tipo riferite da alcune persone che sopravvivono a una condizione di morte clinica reversibile, tipicamente l’arresto cardiaco. Per qualcuno lo stato di k-hole è simile a quello del sogno, ma è un’esperienza molto intensa e potenzialmente traumatica per il malessere che può provocare.

    – Leggi anche: Cosa sono davvero i rave

    Per via di questo tipo di effetto in passato l’uso della ketamina era stigmatizzato in alcuni contesti di free party, specialmente in alcuni paesi come la Francia, dice Fornero, «perché era accusata di “uccidere” il party». Più di recente però alla ricerca dell’effetto dissociativo si è aggiunto anche un altro tipo di utilizzo, che invece si è molto più normalizzato diffondendosi anche in altri contesti, dalle serate in discoteca alle feste in casa. Infatti in dosi limitate (ad esempio 10-35 milligrammi, anche se la quantità dipende dalla tolleranza sviluppata nei confronti della sostanza) la ketamina provoca sensazioni di euforia, diverse sia da quelle causate dall’alcol che da quelle dovute alla cocaina, anche se spesso viene usata in combinazione con queste altre droghe.
    Nel contesto del clubbing, cioè della cultura attorno alla techno e alle serate di musica elettronica nei club, contestualmente all’affermazione della ketamina si è sviluppata anche una diffusa diffidenza, specialmente tra le persone meno giovani. Il motivo è che provoca effetti diversi dall’MDMA, l’altra sostanza da sempre legata alle discoteche e alle serate techno, che però oltre all’euforia provoca anche un aumento dell’empatia e della voglia di condivisione, incrementando anche la connessione e il trasporto per la musica. La ketamina invece induce di più all’isolamento e all’introspezione, cosa che secondo molti ha peggiorato molto l’atmosfera dei dancefloor dove se ne fa uso. In molti club, peraltro, è cambiata anche la musica che viene suonata, per assecondare le preferenze di chi fa uso di ketamina.
    Per il momento non si conoscono in modo approfondito le motivazioni di chi assume ketamina perché è una droga che si è diffusa di recente. Secondo Polleri ce ne sono sicuramente diverse, per qualcuno può essere sperimentata per ottenere un senso di disconnessione dalla realtà, ma per molte altre persone è una forma di divertimento che viene cercata senza grandi riflessioni pregresse, anche per sentirsi parte di un gruppo: «Il fatto che sia apprezzata e si sia diffusa in questo periodo però dovrebbe farci interrogare sulla fase storica ed economica che stiamo vivendo».
    Ha un’opinione simile anche Raimondo Maria Pavarin, epidemiologo sociale e professore dell’Università di Bologna che fa ricerca sul consumo delle sostanze illegali: «La ketamina è interessante anche perché non la usano persone svantaggiate dal punto di vista economico e sociale, ma persone integrate che controllano l’uso della sostanza in vari modi e prendono precauzioni».
    Molte delle persone che si sono avvicinate alla ketamina negli ultimi anni hanno avuto un «profilo di rischio abbastanza basso» perché l’assunzione in genere avviene nei momenti dedicati al divertimento, occasionalmente, ma Neutravel entra in contatto sempre più spesso con casi di uso problematico e abuso. Nell’ultima indagine del progetto sull’uso delle sostanze, relativa ai primi sei mesi del 2024, è emerso che ci sono persone che fanno un uso di ketamina quotidiano. Inoltre, sempre di recente, Neutravel è entrata in contatto con persone per cui la ketamina è la prima delle droghe utilizzate, mentre in passato di solito ne dichiaravano l’uso persone che principalmente usavano sostanze più comuni come la cocaina.

    – Leggi anche: Una sostanza simile alla ketamina è stata da poco approvata come antidepressivo

    I rischi legati alla ketamina, così come ad altre sostanze psicoattive, dipendono dal contesto e dalle modalità di assunzione.
    Quando era usata soprattutto per cercare la dissociazione nel contesto dei free party il problema principale era legato alle condizioni di k-hole, che per alcune persone possono essere molto spiacevoli, causare incapacità di muoversi e una condizione simile al coma etilico, per cui spesso è necessario il ricorso al pronto soccorso. Uno studio del 2019 basato sui dati dei servizi di pronto soccorso di Bologna a cui aveva lavorato Pavarin individuò come profilo tipico delle persone che sviluppavano questi sintomi per l’assunzione di ketamina un uomo di circa 25 anni, che usava la sostanza nelle ore notturne o di primo mattino nei weekend.
    I k-hole spiacevoli si vedono tuttora (e in genere non hanno gravi ripercussioni, a meno che una persona non si faccia male mentre non ha il controllo del proprio corpo), ma Neutravel osserva sempre di più altri problemi legati alla ketamina. Sono sviluppati da chi, attraverso l’uso ripetuto, sviluppa una tolleranza agli effetti della sostanza e quindi ne aumenta le dosi e la frequenza di assunzione, fino ad arrivare a una forma di dipendenza. Queste persone possono avere gravi problemi all’apparato urinario e in particolare alla vescica e ai reni, che inizialmente si manifestano con la presenza di sangue nella pipì e possono arrivare alla necessità di asportare la vescica.
    Ma la ketamina può anche danneggiare lo stomaco e causare gravi lesioni alle mucose del naso e del palato dato che viene sniffata, in modo simile alla cocaina. Questo perché una volta che si è diventati tolleranti si tende ad assumerla molto di frequente, dato che la durata degli effetti è di circa un’ora. «Possono essere danni per cui è necessario un intervento di chirurgia maxillofacciale», precisa Polleri, «che non tutti possono permettersi. E se qualcuno arriva ai servizi per le dipendenze con questi danni significa che c’è anche un profondo senso di vergogna nel chiedere aiuto, dovuto al fatto che l’uso di questa sostanza è percepito come normale: è più difficile riconoscere di avere un problema».

    – Approfondisci con: Il numero di Cose spiegate bene su Le droghe, in sostanza LEGGI TUTTO

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    Il confine tra Svizzera e Italia sarà spostato a causa della fusione dei ghiacciai alpini

    Caricamento playerA causa della fusione dei ghiacci nelle Alpi, il confine tra Svizzera e Italia sarà spostato di alcuni metri nell’area del Plateau Rosa, uno dei più ampi pianori perennemente ghiacciati a sud-est del Cervino. Alla fine della scorsa settimana il Consiglio federale svizzero ha approvato la firma della nuova convenzione sui confini, che entrerà in vigore non appena il governo italiano farà altrettanto. Negli ultimi anni la fusione dei ghiacciai, dovuta in primo luogo al riscaldamento globale causato anche dalle attività umane, ha modificato sensibilmente la geografia dell’arco alpino rendendo sempre più necessari aggiustamenti ai confini che riguardano l’Italia.
    Per praticità e per ridurre i contenziosi, spesso i confini sono definiti dalla linea spartiacque delle montagne, cioè da come fluisce l’acqua da una parte o dall’altra di un versante creando bacini idrografici diversi e separati. Lo spartiacque alpino determina buona parte del confine tra Italia, Francia, Svizzera e Austria, con alcune eccezioni dovute a scelte politiche ed eventi storici. Uno spartiacque può essere relativamente stabile e corrispondere a un crinale di roccia esposta, oppure può essere più dinamico se corrispondente al crinale di un ghiacciaio, di un nevaio o ancora di nevi perenni.
    In questo secondo caso, la fusione e il ritiro dei ghiacci a causa del cambiamento climatico possono determinare uno spostamento dello spartiacque, che col passare del tempo può diventare di decine o centinaia di metri. Proprio per questo negli anni passati Svizzera e Italia avevano iniziato a discutere sull’opportunità di rivedere parte dei loro confini, in modo da farli corrispondere al nuovo spartiacque o trovando soluzioni tali da tutelare gli «interessi economici delle due parti».
    Lungo il confine, e soprattutto in quella zona, ci sono numerosi impianti sciistici e rifugi, che a seconda dei casi sono entro il confine italiano, quello svizzero o sostanzialmente a metà. È per esempio il caso del rifugio Guide del Cervino: una sua parte è italiana, nel comune di Valtournenche, in provincia di Aosta, e la parte rimanente è a Zermatt, in Svizzera. Queste strutture riescono comunque a lavorare senza troppi problemi, grazie alla collaborazione tra Italia e Svizzera, ma una definizione più chiara dei confini può rendere più pratica la gestione di alcune attività e soprattutto la gestione degli imprevisti, che ad alta quota spesso corrispondono a necessità di dare soccorso a sciatori e alpinisti.
    Il confronto tra governo italiano e svizzero negli anni passati aveva portato a qualche attrito, che si era comunque risolto tra il 9 e l’11 maggio del 2023 quando il Comitato per la manutenzione del confine nazionale tra Svizzera e Italia aveva discusso la ridefinizione del confine nell’area del Plateau Rosa in corrispondenza della Gobba di Rollin, che lo delimita a sud, e della Testa Grigia che lo delimita invece a ovest. Il confronto aveva anche riguardato l’area del rifugio Jean-Antoine Carrel, che si trova nel comune di Valtournenche in Valle d’Aosta. La convenzione ha richiesto diverso tempo per essere ratificata da parte della Svizzera e si è ora in attesa che il governo italiano faccia altrettanto.

    Non ci sono ancora molti dettagli, ma in diversi punti il confine sarà spostato verso l’Italia di alcune decine di metri, portando quindi la Svizzera ad avere un po’ più di territorio. Il cambiamento non dovrebbe comunque avere particolari conseguenze per le strutture costruite negli anni, come funivie e teleferiche, in uno dei comprensori sciistici più grandi e articolati delle Alpi occidentali.
    Nel 2023 i ghiacciai svizzeri hanno perso circa il 4 per cento del loro volume rispetto all’anno precedente, la seconda perdita più grande mai registrata dall’Accademia delle scienze della Svizzera (il precedente record del 6 per cento era del 2022). In alcune zone dell’arco alpino i ricercatori svizzeri hanno interrotto le misurazioni perché non ci sono più quantità di ghiaccio significative da misurare. Si prevede che a causa dell’aumento della temperatura media globale le Alpi perdano una parte rilevante dei loro ghiacciai nei prossimi decenni, cosa che porterà a nuovi cambiamenti della geografia e probabilmente a nuovi spostamenti dei confini. Oltre che con l’Italia, la Svizzera è impegnata da tempo con la Francia per ridefinire le loro aree confinanti su parte delle Alpi. LEGGI TUTTO

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    C’è molta confusione su un trattamento per prevenire la bronchiolite

    Caricamento playerNegli ultimi giorni si è generata molta confusione intorno al nirsevimab, un anticorpo monoclonale contro il virus respiratorio sinciziale umano (VRS) – una delle cause delle bronchioliti nei bambini con meno di un anno – noto con il nome commerciale Beyfortus. In un primo momento il ministero della Salute aveva ribadito che la spesa per il nirsevimab è a carico dei cittadini salvo diverse decisioni delle Regioni (con limiti per quelle con i conti sanitari non in ordine), ma in un secondo momento è stata diffusa una nota che annuncia l’avvio dei confronti necessari con l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) per renderlo accessibile a tutti gratuitamente. Una decisione definitiva non è stata ancora presa, lasciando molti dubbi a chi vorrebbe sottoporre i propri figli al trattamento in vista della stagione fredda in cui il virus circola di più.
    Il VRS è un virus piuttosto diffuso e come quelli dell’influenza ha una maggiore presenza tra novembre e aprile. Nelle persone adulte in salute non dà sintomi particolarmente rilevanti (è più insidioso negli anziani e nei soggetti fragili), ma può essere pericoloso nei bambini con meno di un anno di età. È infatti una delle cause principali della bronchiolite, una malattia respiratoria che può comunque avere diverse altre cause virali (coronavirus, virus influenzali, rhinovirus e adenovirus, per citarne alcuni).
    L’infiammazione nelle vie respiratorie riguarda i bronchi e i bronchioli, le strutture nei polmoni che rendono possibile il trasferimento di ossigeno al sangue e la rimozione dell’anidride carbonica: fa aumentare la produzione di muco che insieme ad altri fattori può portare a difficoltà respiratorie. Nella maggior parte dei casi l’infezione passa entro una decina di giorni senza conseguenze, ma possono esserci casi in cui la malattia peggiora. Negli ultimi anni alcuni studi hanno rilevato una maggiore quantità di casi gravi associati ad alcune varianti del VRS, che hanno reso necessario il ricovero dei bambini in ospedale e in alcuni casi in terapia intensiva.
    Le infezioni da VRS si prevengono con gli accorgimenti solitamente impiegati per altre malattie virali, quindi evitando il contatto con persone che hanno un’infezione in corso, lavandosi le mani e aerando regolarmente gli ambienti in cui si vive. A queste forme di prevenzione da qualche tempo si è aggiunta la possibilità di ricorrere a un trattamento con anticorpi monoclonali, cioè anticorpi simili a quelli che produce il nostro sistema immunitario, ma realizzati con tecniche di clonazione in laboratorio. Il loro impiego consente di avere a disposizione direttamente gli anticorpi, senza che questi debbano essere prodotti dal sistema immunitario dopo aver fatto conoscenza con un virus.
    Il nirsevimab fa esattamente questo, in modo che un bambino che lo riceve abbia gli anticorpi per affrontare il VRS riducendo il rischio di ammalarsi. Il trattamento non è un vaccino, che svolge invece una funzione diversa e cioè stimolare la produzione degli anticorpi; anche per questo motivo il trattamento è piuttosto costoso (contro il VRS esiste al momento un solo vaccino, il cui uso non è però consentito nei bambini).
    Il nirsevimab è stato autorizzato nell’Unione Europea nel 2022 e viene venduto come Beyfortus dall’azienda farmaceutica Sanofi, che lo ha sviluppato insieme ad AstraZeneca, e inizia a essere sempre più impiegato per fare prevenzione in paesi come la Francia e la Spagna dove è fornito gratuitamente. La sua somministrazione permette di fornire una maggiore protezione ai bambini con meno di un anno che vivono la loro prima stagione di alta circolazione del VRS. È  pensato per tutelarli nel periodo in cui sono esposti a qualche rischio in più perché ancora molto piccoli, poi crescendo non è più necessario.
    A inizio anno la Società italiana di neonatologia (SIN) aveva segnalato che il nirsevimab: «Ha una lunga emivita [durata nell’organismo, ndr] ed è in grado con una sola somministrazione di proteggere il bambino per almeno 5 mesi riducendo del 77 per cento le infezioni respiratorie da VRS che richiedono ospedalizzazione e dell’86 per cento il rischio di ricovero in terapia intensiva». La SIN segnalava inoltre che un impiego su larga scala del nirsevimab avrebbe permesso di ridurre i costi sanitari rispetto all’impiego di altri anticorpi monoclonali e di contenere le spese dovute ai ricoveri ospedalieri, per i ricoveri dei bambini che sviluppano forme gravi della malattia. Per questo motivo invitava il ministero della Salute e le Regioni, che mantengono ampie autonomie nelle politiche sanitarie, a considerare una revisione delle regole di accesso al trattamento.
    A oggi il nirsevimab è infatti compreso nei farmaci di “fascia C”, quindi a carico di chi li acquista, e ha un prezzo base al pubblico indicato dal produttore di 1.150 euro (importo che potrebbe essere più basso a seconda delle contrattazioni con i servizi sanitari regionali). Questa classificazione fa sì che le Regioni non possano utilizzare per il suo acquisto i fondi che ricevono dallo Stato per la gestione della sanità nei loro territori: hanno però la facoltà di offrirlo gratuitamente se finanziano l’iniziativa con altri fondi previsti nei loro bilanci. È una pratica che viene seguita spesso, ma con alcune limitazioni legate alla necessità di evitare che le Regioni non sforino troppo rispetto alle loro previsioni di spesa.
    Oltre a essere in “fascia C”, il nirsevimab non è compreso nel Piano nazionale prevenzione vaccinale ed è quindi un extra rispetto ai Livelli essenziali di assistenza (LEA), le prestazioni che il Servizio sanitario nazionale deve obbligatoriamente fornire a tutti i cittadini gratuitamente o con il pagamento di un ticket.
    In vista della stagione fredda, negli ultimi mesi alcune Regioni avevano annunciato di voler fornire il nirsevimab senza oneri per i pazienti, portando il ministero della Salute a diffondere una circolare il 18 settembre per ricordare le regole di finanziamento di queste iniziative. Oltre a segnalare la necessità di fornire il trattamento attingendo a fondi diversi da quelli sanitari regionali, il ministero aveva ricordato che «le regioni in piano di rientro dal disavanzo sanitario», cioè le regioni senza i conti a posto, «non possono, ad oggi, garantire la somministrazione dell’anticorpo monoclonale».
    La limitazione riguardava quindi Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Calabria, Puglia e Sicilia e portava di fatto a una disparità di trattamento per gli abitanti di queste regioni rispetto alle altre. La circolare aveva fatto discutere, soprattutto tra i genitori di bambini con meno di un anno ancora in attesa di capire se poter accedere o meno gratuitamente al trattamento, a ridosso dell’inizio della stagione di maggiore circolazione del VRS.
    In seguito alle proteste e alle polemiche il 19 settembre, quindi appena un giorno dopo la pubblicazione della circolare del ministero della Salute, la responsabile del Dipartimento della prevenzione, Maria Rosaria Campitiello, ha diffuso una nota con la quale ha annunciato l’avvio di un confronto con l’AIFA per rivedere le regole di accesso al nirsevimab per renderlo non a carico: «È nostra intenzione rafforzare le strategie di prevenzione e immunizzazione universale a tutela dei bambini su tutto il territorio nazionale, garantendo a tutte le regioni la somministrazione dell’anticorpo monoclonale senza oneri per i pazienti».
    Nella nota non sono però indicati tempi o modalità del confronto, che secondo diversi osservatori arriva comunque in ritardo considerato l’avvicinarsi del periodo in cui la diffusione di VRS ha il proprio picco. Il Board del calendario per la vita, iniziativa che comprende le federazioni dei medici e dei pediatri, aveva già raccomandato a inizio 2023 l’impiego del nirsevimab il prima possibile: «Nell’imminenza della autorizzazione all’immissione in commercio, auspicano che venga prontamente riconosciuta la novità anche in termini regolatori di nirsevimab, considerando la sua classificazione non quale presidio terapeutico (come sempre avvenuto per gli anticorpi monoclonali) ma preventivo, nella prospettiva dell’inserimento nel Calendario Nazionale di Immunizzazione». Nel caso di una fornitura non a carico il prezzo del trattamento dovrà essere contrattato con Sanofi, una procedura che richiede tempi che variano molto a seconda dei casi. LEGGI TUTTO

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    Quando finisce questo caldo?

    Caricamento playerPiù o meno dall’8 agosto l’Italia e vari altri paesi europei sono interessati da un’ondata di calore, cioè da temperature inusualmente più alte rispetto alla media, che ha fatto registrare massime superiori ai 36 o ai 38 °C in molte località. Il caldo è dovuto all’anticiclone sub-tropicale africano, un’area atmosferica di alta pressione proveniente dall’Africa che ha mantenuto il meteo mediamente stabile (lo si può immaginare come una grande montagna di aria calda che impedisce il passaggio di correnti più fresche).
    Nell’ultimo bollettino sulle ondate di calore, il ministero della Salute ha previsto per il 15 agosto il più alto livello di rischio per il caldo in 21 delle 27 città dove vengono fatti i monitoraggi, tra cui Roma, Milano, Napoli, Torino, Firenze e Bologna. Il livello di rischio più alto, che corrisponde al 3 ed è informalmente chiamato “bollino rosso”, segnala le condizioni meteorologiche che possono avere effetti negativi per la salute non solo per le persone più vulnerabili, come anziani, bambini molto piccoli e malati cronici, ma anche per le persone sane. La situazione sarà più o meno invariata anche il 16 agosto; migliorerà però fino al livello 1 a Milano e Torino.
    Nei giorni successivi le cose dovrebbero cambiare perché è previsto l’arrivo di una perturbazione proveniente dall’oceano Atlantico che porterà precipitazioni e un abbassamento delle temperature. Il servizio meteorologico dell’Aeronautica militare ha previsto temperature più o meno stazionarie per le giornate di giovedì (Ferragosto) e venerdì, e un lieve raffrescamento nel corso del fine settimana, in particolare domenica e soprattutto nelle regioni del Centro-Nord.

    Rispetto ad altre zone d’Europa, comunque, in Italia quest’estate non sono stati registrati dei particolari record di temperatura. È andata peggio alla Spagna e alla Grecia, dove le alte temperature degli ultimi giorni hanno favorito l’espansione di un vasto incendio vicino ad Atene.

    – Leggi anche: Perché si muore per il caldo LEGGI TUTTO

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    L’eruzione dell’Etna vista da vicino

    Caricamento playerGiovedì sera è iniziata una nuova eruzione dell’Etna, il vulcano siciliano che è il più alto vulcano attivo dell’Europa continentale. L’attività eruttiva era in corso già da alcuni giorni, ma ieri è aumentata, tanto che venerdì si è dovuto chiudere temporaneamente l’aeroporto di Catania per lo strato di cenere che si è depositato sulle piste di decollo e atterraggio. L’eruzione riguarda il cosiddetto Cratere Voragine, uno dei quattro crateri sommitali del vulcano, e ha prodotto una colonna di lava che ha raggiunto un’altezza di 4.500 metri secondo la stima dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV). Il vulcano di suo è alto 3.357 metri. LEGGI TUTTO

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    Per qualcuno il tempo si è fermato: Heidi Klum a 51 anni mostra il suo fisico ancora mozzafiato in vacanza in Italia, guarda

    Ha spento le candeline lo scorso 1 giugno: sul social la top model è strepitosa in intimo
    “Buongiorno amore mio”, scrive, le parole accompagnano foto ‘bollenti’

    Un corpo longilineo, tonico, senza un filo di grasso. Anche l’addome, un punto critico con l’età che avanza, è perfetto. Per qualcuno il tempo si è davvero fermato… Heidi Klum a 51 anni mostra il suo fisico ancora mozzafiato in vacanza in Italia. Sul social la top model è strepitosa in intimo. “Buongiorno amore mio”, scrive accompagnando le sue parole con foto ‘bollenti’ in reggiseno e slip in pizzo. Il post raccoglie in brevissimo tempo un mare di ‘like’.
    Per qualcuno il tempo si è fermato: Heidi Klum a 51 anni mostra il suo fisico ancora mozzafiato in vacanza in Italia
    Ha spento le candeline lo scorso 1 giugno, nonostante gli anni passino, Heidi rimane una ragazzina. Mai volgare, ha un fisico che pare inossidabile. Sposata con Tom Kaulitz, chitarrista dei Tokio Hotel, si gode i suoi giorni spensierati nel Bel Paese. La sintonia con l’uomo a cui ha detto di sì nel 2019 rimane massima, come anche la loro passione: gli scatti che posta sono dedicati a lui.
    Ha spento le candeline lo scorso 1 giugno: sul social la top model è strepitosa in intimo
    La Klum e il marito hanno grande complicità. Mamma di quattro figli, nati da diverse relazioni, lei lo ha definito un ‘extra dad’, un padre acquisito per i pargoli. La prima è Leni, nata nel 2004 dalla relazione con Flavio Briatore, nel 2005 Heidi ha sposato Seal, dal loro matrimonio sono nati Henry, nel 2005, l’anno dopo Johan e nel 2009 Lou.
    “Buongiorno amore mio”, scrive, le parole accompagnano foto ‘bollenti’ dedicate al marito Tom Kaulitz
    Tutte vorrebbero conoscere il segreto dell’eterna giovinezza della modella tedesca naturalizzata statunitense. In passato è stata seguita dal personal trainer newyorchese David Kirsch, che l’ha aiutata a rimettersi in forma dopo le quattro gravidanza, scolpendole i muscoli. Oggi ama fare sport all’aperto. Al magazine Women’s Health UK qualche anno aveva confessato di avere un’alimentazione molto leggera ed equilibrata: uova, tacchino, insalata, broccoli, tonno, tantissima verdura, tanti centrifugati, frutta e ogni tanto yogurt e cioccolato fondente. Pasta, pizza, cheesburger e patate se li concede solo in vacanza. E in Italia non può proprio farne a meno, come svela nelle sue storie. LEGGI TUTTO

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    Victoria De Angelis dei Maneksin più innamorata che mai della fidanzata Luna Passos: le foto della passione in barca durante la vacanza in Italia

    La 24enne sullo yacht con la 23enne e altre due amiche: la make up artist Chiara Masala e Martina Taglienti
    Tra le due baci sempre più ‘calienti’ sotto il sole: stanno insieme da circa un anno

    Quando viaggiano per piacere sono praticamente inseparabili. Dopo le Maldive e i Caraibi, arrivano così i giorni di relax in barca. Durante la vacanza in Italia sullo yacht Victoria De Angelis dei Maneksin si mostra più innamorata che mai della fidanzata Luna Passos. Le foto della passione le due le condividono sul social: si scambiano baci calienti stese al sole e i fan sul social le premiano con un mare di ‘like’.
    Victoria De Angelis dei Maneksin più innamorata che mai della fidanzata Luna Passos: le foto della passione in barca durante la vacanza in Italia
    La bassista della band romana 24enne e la compagna, di circa un anno più giovane di lei, sono in compagnia di altre due amiche: la make up Artist Chiara Masala e la modella Martina Taglienti, la ragazza con cui Damiano David, frontman del gruppo, parrebbe aver avuto una brevissima liaison. Tutto è accaduto dopo la rottura del rocker con Giorgia Soleri e prima del suo fidanzamento attuale con la stella americana Dove Cameron.
    Tra le due baci sempre più ‘calienti’ sotto il sole: stanno insieme da circa un anno
    La 24enne sullo yacht con la 23enne e altre due amiche: la make up artist Chiara Masala e Martina Taglienti
    Vic e Luna si amano follemente. Sono uscite allo scoperto a giugno 2023: il loro legame dopo un anno non sembra essersi affatto raffreddato. Le due si scambiano intimità alla luce del sole, senza farsi troppi problemi, mostrando il loro sentimento a tutti.
    Vic e Luna in bikini mostrano i loro corpi longilinei e asciutti
    …E scatta un altro bacio
    La giovanissima modella di origini metà brasiliane e metà olandesi nata a Saint Martin è in grande sintonia anche con Chiara e Martina, ma ha occhi solo per la De Angelis. La musicista appena ha una pausa dai tanti concerti in giro per il mondo corre da lei. Luna fa lo stesso, tra una sfilata e l’altra. Si sentono libere di essere e di amarsi. Di vivere il loro momenti insieme: i fan le amano così. LEGGI TUTTO