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    Weekly Beasts

    I bulldog francesi – come quello che in questa raccolta passa un po’ di tempo con il suo proprietario su una panchina a Pechino – sono una delle razze di cani classificate come brachicefale, cioè con il cranio schiacciato: il fatto di avere il cranio più largo che lungo fa sì che in questi cani i tessuti molli dell’apparato respiratorio, cioè quelli di naso, laringe e trachea, siano compressi e ostruiscano parzialmente le vie aeree. Per questo negli ultimi anni molti veterinari e organizzazioni per il benessere animale propongono di selezionarli in modo diverso, come spiegato qui. Tra gli altri animali fotografati in settimana c’è un altro cane, che corre tra i fiori, due cervidi, un orso bruno dell’Alaska, la lingua di una giraffa e una lucertola su un campo da tennis. LEGGI TUTTO

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    Weekly Beasts

    Nella raccolta delle foto di animali della settimana si fanno notare penne e pennuti: un fringuello sotto la neve, i colori di un’ara gialloblu, la coda di un pavone durante il rituale dell’accoppiamento, moltissimi piccioni e un po’ di gru dal collo nero. C’è spazio anche per la compagnia di qualche umano: chi dà un uovo a un orso, chi si prende un bacio da uno scimpanzé, chi osserva un varano d’acqua marmorizzato da dietro un vetro e chi uno stambecco che ha incontrato in un sentiero. LEGGI TUTTO

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    Weekly Beasts

    Allo zoo di Londra ha aperto una nuova sezione dedicata a rettili e anfibi, che è stata l’occasione per fotografare due tipi di rane: le rane artigliate del lago Oku e una rana dal colore blu elettrico conosciuta come indio di okopipi. Allo zoo di Miami invece è stato fotografato il primo esemplare di podargo strigoide che è nato nella struttura un mese fa: è un uccello simile alle civette con le quali viene spesso confuso. Come era prevedibile poi, in vista di Pasqua, alcuni zoo si sono attrezzati con uova pasquali da offrire agli animali, come nel caso del macaco che se ne porta via due e della mangusta che ne studia un’altra. Poi cani e uccelli addestrati, un capricorno del Giappone e un grande artibeo, un pipistrello. LEGGI TUTTO

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    Nella raccolta di animali di questa settimana una cosa accomuna i campi da golf di tutto il mondo: i tornei che ospitano sono ottime occasioni per fotografare anche gli animali che ci girano dentro e quelli che ci volano sopra. Ci sono uno sciacallo dorato a Calcutta, in India, un procione giapponese a Miyazaki, in Giappone, e uno scoiattolo volpe e un falco pescatore a Palm Harbor, in Florida. Per qualcuno non sarà immediato vedere il granchio protagonista di una delle foto, ma il consiglio è di partire dalla chela. Poi cani e cani-robot, una volpe e decine e decine di pesci rossi. LEGGI TUTTO

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    Il crisocione è un parente molto lontano dei cani ed è originario del Sudamerica. Chiamati anche “lupi dalla criniera”, gli adulti raggiungono un’altezza di circa 85 centimetri: le gambe sono molto lunghe rispetto al resto del corpo, ma risultano utili  per muoversi più agilmente nell’erba alta. Tra gli animali fotografati in settimana c’è uno dei due cuccioli di crisocione nati a febbraio al Parco Natura Viva di Bussolengo, in provincia di Verona. Al momento il suo pelo è ancora tutto nero: in questo modo se fosse in natura potrebbe proteggersi dai predatori confondendosi tra le zampe degli adulti. Poi ci sono Messi, il cane del film Anatomia di una caduta, tra il pubblico degli Oscar, una farfalla sulla spalla di una persona, capretti che si spingono e anatre parigine. LEGGI TUTTO

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    Tra i mammiferi sono più grandi i maschi o le femmine?

    Caricamento playerNel suo trattato L’origine dell’uomo e la selezione sessuale del 1871, il celebre naturalista britannico Charles Darwin scrisse che nel regno animale «in generale i maschi sono più forti e più grandi delle femmine», occupandosi poi in particolare dei mammiferi per spiegare alcune caratteristiche degli esseri umani. Darwin non era l’unico a pensarla in quel modo e a 150 anni di distanza quella convinzione continua a essere piuttosto condivisa non solo tra gli addetti ai lavori, ma anche nel senso comune.
    Eppure, secondo una ricerca da poco pubblicata, quella convinzione è probabilmente errata e non ci sono elementi per sostenere che tra i mammiferi i maschi siano più grandi delle femmine. Nella maggior parte dei casi, almeno.
    Il nuovo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Nature Communications, è stato guidato da Kaia J. Tombak, una ricercatrice della Princeton University (Stati Uniti) che alcuni anni fa aveva partecipato a un seminario online sui livelli di aggressività in alcune specie i cui maschi e femmine hanno la medesima stazza. Discutendo con i colleghi del corso, Tombak si era accorta che mancavano dati per formulare ipotesi credibili e decise quindi di dedicarsi all’argomento, provando in primo luogo a capire se esistessero effettivamente differenze nella stazza tra varie specie di mammiferi.
    Man mano che cercava il materiale insieme a due colleghi, Tombak notò quanto fosse difficile avere dati coerenti e come la questione fosse stata tutto sommato trascurata in passato, fatta eccezione per qualche studio risalente a una cinquantina di anni fa. Il suo lavoro di ricerca era quindi consistito nel raccogliere dati dalla letteratura scientifica tenendo in considerazione le informazioni sulla massa che mediamente raggiungono gli individui adulti in determinate specie. La massa non è l’unico indicatore per determinare la grandezza di un mammifero, ma è il dato che ricorre più spesso (banalmente perché è più semplice pesare o fare la stima del peso di un animale rispetto a valutarne il volume).
    Non potendo valutare tutte le 6.400 specie di mammiferi esistenti di cui siamo a conoscenza (le stime variano in base alle classificazioni), il gruppo di ricerca ha seguito un approccio statistico, costruendo un campione basato sul 5-6 per cento delle specie per ciascuno dei 16 ordini di mammiferi che contengono almeno una decina di specie; all’elenco sono state poi aggiunte altre specie, selezionate per rendere ancora più equilibrato e rappresentativo il campione. La lista finale conteneva 429 specie con informazioni sulla massa corporea di individui adulti sia di sesso maschile sia di sesso femminile.
    L’analisi finale ha tracciato una situazione diversa da quella descritta un secolo e mezzo fa. Tra le 429 specie di mammiferi prese in considerazione, i maschi avevano una stazza più grande delle femmine solo nel 45 per cento dei casi. Nel 39 per cento dei casi gli individui appartenenti ai due sessi avevano sostanzialmente la stessa massa e nel 16 per cento dei casi erano le femmine ad avere una massa superiore a quella dei maschi. I dati, dice lo studio, sembrano indicare che la maggiore grandezza degli individui di sesso maschile non sia la norma, o per meglio dire che non ci sia una regola unica attraverso le specie di mammiferi sulla differenza di stazza tra i sessi.
    (Nature Communications)
    I maschi con massa superiore a quella delle femmine sono risultati più frequenti tra i carnivori, gli ungulati e alcune specie di primati. Questi animali sono di solito più studiati di altri quando si tratta di valutare le differenze dovute al sesso, di conseguenza questa potrebbe essere una delle cause del perdurare della convinzione sulla maggiore dimensione dei maschi in generale tra i mammiferi.
    Roditori e pipistrelli sono relativamente meno studiati, nonostante tutte le loro specie messe insieme costituiscano circa la metà di quelle di mammiferi. Dallo studio è emerso che nel 48 per cento delle specie di roditori prese in considerazione non c’erano differenze di stazza, mentre nel 44 per cento i maschi erano più grandi. Nel caso dei pipistrelli il gruppo di ricerca ha notato che nel 46 per cento delle specie analizzate le femmine erano più grandi.
    La differenza tra individui appartenenti alla medesima specie ma di sesso diverso (“dimorfismo sessuale”) è studiata da tempo, proprio perché attraverso lo studio delle differenze si possono comprendere alcune caratteristiche tipiche di una specie. Le ricerche si sono dedicate anche alle differenze di stazza e una delle teorie più condivise dice che in molte specie i maschi dei mammiferi sono più grandi perché devono competere tra loro per contendersi le femmine. La competizione implica spesso un confronto fisico, di conseguenza nel corso dell’evoluzione sarebbero stati avvantaggiati gli individui casualmente nati di stazza maggiore. Per alcune specie di grandi carnivori è probabilmente vero, anche sulla base delle osservazioni del comportamento animale, ma è difficile applicare la medesima ipotesi a molte altre specie di mammiferi.
    Tra i roditori e i pipistrelli le cose funzionano diversamente e la minore quantità di studi sul dimorfismo sessuale di questi animali forse spiega in parte perché sia ancora diffusa la convinzione che in generale tra i mammiferi i maschi siano più grandi. Nel caso dei pipistrelli, per esempio, avere una stazza maggiore è probabilmente un vantaggio per le femmine che devono volare anche durante la gravidanza, quando la loro massa è più grande (gli uccelli non hanno questo problema, visto che depongono le uova): hanno bisogno di più forza e capacità alare.
    Il nuovo studio cita il lavoro della biologa statunitense Katherine Ralls che negli anni Settanta pubblicò una ricerca dove metteva in dubbio la convinzione sulla maggiore stazza degli individui maschi tra i mammiferi, arrivando a conclusioni simili a quelle del gruppo di ricerca di Tombak. All’epoca Ralls aveva analizzato i dati su alcune specie di mammiferi segnalando come fossero comuni femmine di maggiori dimensioni rispetto ai maschi. Ralls aveva ipotizzato che gli individui di sesso femminile fossero più grandi in alcune specie perché questo aumentava la probabilità di produrre nuovi nati più resistenti, dunque con minori rischi di morire nelle prime fasi dello sviluppo. L’ipotesi è discussa da tempo e finora non sono emersi elementi per confermarla.
    La ricerca di Tombak è stata accolta con interesse da chi si occupa di evoluzione, ma alcuni esperti hanno fatto notare che per quanto statisticamente rilevante lo studio è basato su una quantità limitata di specie di mammiferi e saranno quindi necessari ulteriori studi. La questione sarà ancora discussa a lungo e contribuirà a comprendere meglio diversità e somiglianze tra le tante specie nella grande classe dei mammiferi, di cui facciamo parte. LEGGI TUTTO

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    Perché le femmine di alcuni mammiferi marini vanno in menopausa

    Caricamento playerUna delle cose che distinguono gli esseri umani dagli altri animali è la menopausa. Nella stragrande maggioranza delle specie, le femmine rimangono fertili e possono generare figli per tutta la vita. Fanno eccezione, oltre agli esseri umani, solo cinque specie di mammiferi marini, tra cui le orche, e, secondo uno studio recente, gli scimpanzé. Non c’è una spiegazione ampiamente condivisa su come si sia sviluppata la menopausa, ma un nuovo studio appena pubblicato su Nature rinforza l’ipotesi che, almeno per quanto riguarda i cetacei, sia un vantaggio evolutivo perché riduce la competizione tra le femmine e facilita la vita quotidiana dei branchi.
    L’evoluzione dovrebbe favorire quelle specie i cui individui riescono a far nascere e prosperare un maggior numero di discendenti. Per questo intuitivamente dovrebbero essere favoriti quegli animali le cui femmine possono continuare a fare figli per tutta la vita, e del resto è ciò che accade nella maggior parte dei casi. La menopausa è quindi un fenomeno tutt’altro che scontato.
    Oltre alle orche (Orcinus orca) i mammiferi marini tra cui esiste la menopausa sono le pseudorche (Pseudorca crassidens), i globicefali di Gray (Globicephala macrorhynchus), i beluga (Delphinapterus leuca) e i narvali (Monodon monoceros). Le femmine di orca ad esempio si riproducono fino a 40 anni di età circa, ma possono vivere fino a 90: se sopravvivono a lungo passano la maggior parte della vita senza riprodursi o senza avere figli giovani di cui occuparsi.
    Lo studio confronta i dati disponibili sulla durata media della vita nelle cinque specie in questione con quelli degli altri odontoceti, cioè degli altri cetacei con i denti, di cui esistono decine di specie (compresi tutti i delfini). In base a questo confronto il gruppo di scienziati che ha condotto la ricerca, guidato dal biologo dell’Università di Exeter Samuel Ellis, ha dedotto che la menopausa non accorcia la vita delle femmine, ma la allunga: le femmine di cetacei che vanno in menopausa vivono in media 40 anni in più rispetto alle femmine delle specie che invece no, a parità di stazza. Sempre a parità di stazza la durata della vita fertile è analoga tra le specie con la menopausa e quella senza.
    Gli odontoceti sono animali sociali, che vivono in branchi. Ellis e i suoi colleghi ritengono che tra orche, beluga e le altre specie che hanno la menopausa le femmine smettano di avere figli quando diventano nonne, cioè quando anche le loro figlie raggiungono l’età della riproduzione. Così prima di tutto eviterebbero di competere con la propria discendenza nella ricerca di cibo per sfamare la prole: il vantaggio evolutivo della menopausa sarebbe un’ottimizzazione delle risorse in pratica, perché a lungo termine evitare i conflitti tra madri e figlie garantirebbe la sopravvivenza di un maggior numero di discendenti di una stessa orca.
    In secondo luogo, visto come sono organizzate le comunità degli odontoceti, in cui spesso una femmina anziana guida i branchi nella ricerca di cibo, le femmine più anziane potrebbero di fatto aiutare le figlie nell’allevamento dei piccoli, condividendo con loro il cibo, proteggendo i giovani mentre le madri sono impegnate nella caccia e guidandole verso zone con maggiori risorse alimentari grazie alla loro maggiore esperienza. È la cosiddetta “ipotesi della nonna”, considerata anche per provare a spiegare la menopausa umana, per cui si parla anche di “selezione parentale”.
    Per spiegare come mai la menopausa non si sia sviluppata tra tutte le specie di odontoceti il gruppo di ricerca ha ipotizzato che le differenze tra le strutture sociali tra i diversi animali riducano il vantaggio fornito dalle “nonne”.

    – Leggi anche: Pure le scimpanzé vanno in menopausa LEGGI TUTTO

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    Weekly Beasts

    È una settimana di cuccioli e cani, nella raccolta di foto degli animali che valeva la pena fotografare nei giorni scorsi. Nella prima categoria ci sono una tigre e un orso polare che si fanno vedere per la prima volta all’aperto nei rispettivi zoo, in Italia e nei Paesi Bassi, ma anche un giovane cammello in Germania. Nella seconda invece i cani che partecipano al Crufts Dog Show, un’importante mostra canina, e quelli che gareggiano all’Iditarod, la famosa ed estrema gara di slitte trainate da cani: occasioni che giustificano l’eccezionale numero di ben tre immagini della specie in una sola raccolta. In mezzo c’è spazio per una bufaga beccorosso sul collo di una giraffa, un pipistrello a ferro di cavallo, un coccodrillo e un rinoceronte indiano. LEGGI TUTTO