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    Manovra, Meloni incontra i sindacati: “L’obiettivo è la crescita, non il consenso”

    È iniziata intorno alle 10 a Palazzo Chigi la riunione fra governo e sindacati sul disegno di legge di bilancio presieduta da Giorgia Meloni. “Abbiamo concentrato le risorse su alcune priorità fondamentali” tenendo “i conti in ordine e concentrandoci su una prospettiva di crescita” pur “nel contesto internazionale tutt’altro che facile”, ha detto la premier. “Un cambio di passo – ha aggiunto – rispetto all’approccio che troppe volte abbiamo visto in passato, quando si è preferito adottare misure più utili a raccogliere consenso nell’immediato che a gettare le basi per una crescita duratura, scaricando il costo di quelle misure su chi sarebbe venuto dopo. Come noi, che raccogliamo la grave eredità di debiti che gravano come un macigno sui conti pubblici”.
    Per il governo erano presenti il vicepresidente del Consiglio Antonio Tajani, il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti, il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, la ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali Marina Calderone, il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, il ministro della Salute Orazio Schillaci, il ministro per la Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Per i sindacati presenti invece i rappresentanti di Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Usb, Cida, Cisal, Confedir, Confintesa, Confsal, Ciu e Cse.  

    Meloni: “Credibilità e coraggio di questo Governo”

    “Il ministro Giorgetti sarà più puntuale di me, ma io ci tengo a dire che la solidità, la credibilità e il coraggio di questo Governo hanno consentito di poter far partecipare banche e assicurazioni alla copertura della legge di bilancio”, ha aggiunto Meloni parlando delle coperture con cui sono finanziate le misure. Per Meloni è “un grande cambiamento rispetto al passato, quando invece con la legge di bilancio si trovavano le risorse per sostenere banche e assicurazioni, e nessuno invocava la rivolta sociale”.
    Meloni: “Nostra intenzione intervenire ancora su Irpef”
    “In materia di imposte viene reso strutturale il passaggio da quattro a tre aliquote Irpef, con l’accorpamento dei primi due scaglioni di reddito. È chiaramente intenzione del governo intervenire anche sullo scaglione di reddito successivo, ma questo dipenderà ovviamente dalle risorse che avremo a disposizione e che arriveranno anche alla chiusura del concordato preventivo”, ha detto ancora Meloni all’incontro.
    Landini: “Serve un cambiamento radicale”
    “Per quello che ci riguarda c’è bisogno di un cambiamento radicale di questa manovra e c’è bisogno di andare a prendere i soldi dove sono. Queste sono le nostre richieste”, ha detto il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, all’arrivo a Palazzo Chigi. “Vediamo per quale ragione ci hanno convocato ora. Ce lo debbono spiegare loro, visto che non era mai successo che un governo presentasse in Parlamento una manovra già decisa, già fatta, senza alcun confronto con le organizzazioni sindacali”, ha aggiunto Landini.
    Landini: “100 mila giovani all’anno vanno all’estero per realizzarsi”
    “Regalerò alla presidente del Consiglio il libro di Albert Camus, L’uomo in rivolta. Perché se hanno paura delle parole, è bene che colgano un tema: che di fronte a un livello di ingiustizie e di diseguaglianze come quello che si sta determinando, io credo che ci sia bisogno proprio che le persone non accettino più, che non si girino da un’altra parte, che non guardino da un’altra parte”, ha detto il segretario generale della Cgil. “Non può essere che chi lavora è povero e non può essere che dei nostri giovani più di 100 mila all’anno se ne debbono andare all’estero per realizzarsi”, aggiunge Landini. “La proclamazione dello sciopero, naturalmente, è quello che un’organizzazione può fare. Il richiamo alla necessità che le persone non si girino da un’altra parte, ma che si determini una vera rivolta sociale che cambi queste ingiustizie, io credo e mi auguro che sia quello che scatta nel nostro Paese perché avanti così non si può più andare”. LEGGI TUTTO

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    Il ministro Valditara apre al divieto dei cellulari sotto i 14 anni nelle scuole

    Vuole “vietare completamente i cellulari sotto i 14 anni a scuola” il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara. Lo ha annunciato sabato in occasione della 9° edizione di #ioleggoperché, il progetto di educazione alla lettura dell’Associazione italiana editori. Si tratta di una “battaglia importante”, ha detto, perché “come è ormai noto [il cellulare] non favorisce la concentrazione, la capacità di memorizzazione e la creatività soprattutto nei più giovani. È il dovere di un ministro e di tutti noi”. Nelle scuole superiori “non possono essere utilizzati se non per scopi didattici e questo già questo credo sia un passo in avanti importante. Poi valuteremo in corso d’opera”, ha aggiunto.

    Le misure precedenti

    A luglio 2024 era arrivato il divieto per l’uso dei cellulari a scuola anche a scopo didattico: “Perché io non credo che si faccia buona didattica con un cellulare fino alle scuole medie. E questo ovviamente non significa l’uso del tablet o del computer che devono essere però utilizzati sotto la guida del docente”, aveva detto Valdidata al convegno “La scuola artificiale – Età evolutiva ed evoluzione tecnologica”, a Palazzo San Macuto, a Roma. La precedente circolare del 2022 che vietava l’utilizzo dei cellulari e di altri dispositivi elettronici faceva eccezione per i casi in cui venga autorizzato dal docente, “in conformità con i regolamenti di istituto, per finalità didattiche, inclusive e formative”.

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    Nordio: “Toghe non critichino le leggi”. Albano: “Governo vuole lo scontro”

    “C’è stata una personalizzazione insopportabile”, dice la presidente di Magistratura Democratica. Il leader della Lega intanto attacca: “Quei giudici, pochi per fortuna, che invece di applicare le leggi le stravolgono e boicottano, dovrebbero avere la dignità di dimettersi, di cambiare mestiere e di fare politica con Rifondazione Comunista”. Nordio: “Toghe non critichino leggi, politica abbassi i toni”

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    Ancora scontro tra governo e magistratura. “Non ho nessuna intenzione di andare
    allo scontro con il governo, è il governo che vuole fare uno scontro con me e io voglio sottrarmi. C’è stata una personalizzazione insopportabile”, dice la presidente di Magistratura Democratica Silvia Albano, giudice della sezione immigrazione del tribunale di Roma, a margine del convegno di Magistratura Democratica a Roma. 
    “Quei giudici, pochi per fortuna, che invece di applicare le leggi le stravolgono e boicottano, dovrebbero avere la dignità di dimettersi, di cambiare mestiere e di fare politica con Rifondazione Comunista. Sono un problema per l’Italia”, attacca su X il leader della Lega Matteo Salvini, postando una frase e la foto proprio di Albano. La tensione si è alzata nonostante l’intervento, al convegno di Magistratura Democratica, del ministro della Giustizia Nordio, che aveva auspicato un dialogo: “Mi auguro che nel confronto futuro ci sia sempre meno una critica della magistratura al merito politico delle leggi in Parlamento e un abbassamento di toni da parte della politica a criticare le sentenze”. 

    Albano: “Giudici rispettano il diritto”

    Albano, parlando del ‘caso Albania’ ha chiarito che “ci sono dei giudici che cercano di fare il loro lavoro e c’è stato un pronunciamento unanime di tutte le comunità dei giuristi, dall’Unione delle camere penali alle associazioni dei professori di diritto dell’Unione europea: tutti hanno sostenuto che sulla supremazia del diritto europeo non ci si può fare nulla”. Poi, durante il convegno, ha spiegato: “Il fatto che chi cerca di applicare la  Costituzione venga appellato come ‘giudice comunista’ mi preoccupa molto per lo stato della nostra democrazia e per il suo futuro. In tasca non abbiamo il libretto di Mao né il Capitale di Marx, ma la Costituzione”.
    “Parafulmine in una campagna intimidatoria”
    Albano a margine del convegno ha anche aggiunto: “Credo che tutto quello che è successo finora sia  molto grave e molto problematico. Sono stata scelta io come parafulmine perché era molto comodo, senza pensare che non ci sono 21 giudici della sezione immigrazione del tribunale di Roma che sono iscritti a Magistratura Democratica: i giudici giurano sulla Costituzione studiano al primo anno di università la gerarchia delle fonti e sanno benissimo che la Costituzione e il diritto dell’Unione vengono prima della legge ordinaria e il loro dovere è quello di fare rispettare tutto ciò”. LEGGI TUTTO

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    Elezioni in Emilia-Romagna, i candidati alla presidenza della Regione

    Urne aperte il 17 novembre dalle ore 7 alle 23 e il 18 novembre dalle ore 7 alle 15. Sarà sfida a quattro: in corsa per la carica di governatore ci sono Elena Ugolini (centrodestra), Michele De Pascale (centrosinistra), Federico Serra (estrema sinistra) e Luca Teodori (lista civica)

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    Dopo le elezioni regionali in Liguria, che hanno visto la vittoria per 8mila voti da parte del candidato di centrodestra Marco Bucci, è il turno dell’Emilia-Romagna. Le urne saranno aperte il 17 novembre, dalle ore 7 alle 23, e il 18 novembre dalle ore 7 alle 15. I cittadini aventi diritto al voto sono tre milioni e mezzo. A contendersi le preferenze degli elettori sono quattro sfidanti: Elena Ugolini (centrodestra), Michele De Pascale (centrosinistra), Federico Serra (estrema sinistra) e Luca Teodori (lista civica).

    Elena Ugolini

    La candidata del centrodestra è Elena Ugolini, 65 anni, sostenuta da Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi Moderati. Riminese di nascita e bolognese d’adozione, è sposata e ha quattro figli. Ha una lungha esperienza nel mondo dell’istruzione tra docenze e dirigenza scolastica. È direttrice dell’istituto scolastico paritario Marcello Malpighi a Bologna. Laureata in Filosofia, ha collaborato con i ministri dell’Istruzione di diversi governi. Nel 1998 è stata chiamata a collaborare alla nota “Commissione dei saggi” dall’allora ministro dell’istruzione Luigi Berlinguer, sotto il governo Prodi. Nel 2001 ha fatto parte del gruppo di lavoro dell’allora ministra dell’Istruzione Letizia Moratti (governo Berlusconi), per il nuovo sistema di valutazione dell’ordinamento scolastico italiano. Negli anni ha ricoperto diversi incarichi presso l’Invalsi. Dal 2011 al 2013 è stata sottosegretaria dall’Istruzione nel governo Monti. E l’anno successivo, sotto il governo Renzi, è stata nominata consigliera del medesimo dicastero. LEGGI TUTTO

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    Elezioni regionali in Umbria, chi sono i candidati alla presidenza

    Il 17 e 18 novembre si tengono in Umbria le elezioni regionali, in contemporanea con il voto in Emilia-Romagna. Sono nove i candidati alla carica di governatore, tra i quali figura la governatrice uscente di centrodestra Donatella Tesei: considerando anche la Liguria, dove si è votato a fine ottobre, l’Umbria è l’unica delle tre regioni al voto questo autunno nella quale la presidente in carica è nuovamente candidata. Per il centrosinistra insieme al Movimento 5 Stelle la candidata è invece Stefania Proietti, mentre sono sette i candidati sostenuti da partiti e liste minori: ecco chi sono.

    La governatrice uscente Donatella Tesei

    A correre sotto le bandiere del centrodestra per la carica di governatrice è l’attuale presidente della Regione, Donatella Tesei. Tesei è stata eletta presidente dell’Umbria nell’ottobre 2019, superando l’allora candidato di centrosinistra Vincenzo Bianconi. Prima di arrivare alla guida della Regione, era senatrice per la Lega. “In Umbria conto che ci sia la scelta di andare avanti e di non ritornare indietro di trent’anni”, ha detto il leader del partito, Matteo Salvini. Tesei, commentando la vittoria di Marco Bucci in Liguria, ha invece parlato di “un centrodestra concreto che rappresenta la coalizione del fare, del buon governo”: “I cittadini lo sanno e ce lo riconoscono”, ha sottolineato.
    La sindaca di Assisi Stefania Proietti
    A sfidare la governatrice Tesei per il centrosinistra è Stefania Proietti, sindaca di Assisi dal 2016. A sostenere la sua candidatura sono il Partito democratico, Alleanza Verdi-Sinistra e il Movimento 5 Stelle: “Quattro delle sette liste dell’alleanza che mi sostiene sono civiche che fanno da collante ai partiti, coesi pur con le loro sfaccettature in una coalizione plurale che ha messo insieme le migliori energie”, ha detto Proietti. Commentando anche lei quanto accaduto in Liguria con la vittoria di Marco Bucci, Proietti ha detto che “l’unica similitudine” è stata “la candidatura di un sindaco, come sono anch’io: sindaca e unica candidata civica di questa tornata”.
    Chi sono gli altri candidati
    Oltre a Donatella Tesei per il centrodestra e Stefania Proietti per il centrosinistra, ci sono altri 7 candidati alla carica di governatore. Si tratta di: Martina Leonardi, sostenuta da Insieme per l’Umbria resistente; Marco Rizzo, sostenuto da Democrazia Sovrana Popolare e Alternativa riformista; Moreno Pasquinelli, sostenuto da Fronte del Dissenso; Fabrizio Pignalberi, sostenuto da Più Italia Sovrana e Quinto Polo per l’Italia; Elia Francesco Fiorini, sostenuto da Alternativa per l’Umbria; Giuseppe Paolone, sostenuto da Forza del Popolo; Giuseppe Tritto, candidato dalla lista Umani Insieme Liberi.

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    M5S, fra i quesiti per la Costituente anche l’eliminazione del Garante (Beppe Grillo)

    Il Movimento 5 Stelle pubblica l’elenco dei temi che saranno votati e presentati all’Assemblea. Sul ruolo ricoperto dal fondatore si parla di rivederne i poteri e cambiarne le modalità di nomina, ma non manca l’opzione della cancellazione totale. Fra i punti anche la modifica del nome e del simbolo e un possibile intervento sul limite dei due mandati

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    “Abbiamo iniziato ad agosto con i vostri 22mila contributi e i 145 quaderni degli attori, poi la parola è passata ai 360 tra iscritti, non iscritti e giovanissimi estratti a sorte in rappresentanza della nostra comunità, che hanno realizzato un confronto deliberativo con oltre 22 ore di discussione. Riceviamo e pubblichiamo, per ciascun tema, i report di questo lungo e importante confronto deliberativo”. Inizia così il comunicato con cui il Movimento 5 Stelle pubblica l’elenco dei temi che saranno votati e presentati all’Assemblea costituente. Si va dalla Riforma del Sistema sanitario, alla crescita economica inclusiva e lavoro dignitoso. Dal contrasto all’evasione fiscale ed etica nell’impresa, alla politica di pace ed Europa. Ma è – gioco forza – sulla revisione dello Statuto per discutere dei ruoli del Presidente e del Garante, il punto dirimente per il futuro politico dei 5 stelle. Soprattutto quello legato alla carica nata con Beppe Grillo e da lui ricoperta.

    Il ruolo di Garante nel mirino

    I poteri del Garante, ovvero Beppe Grillo, devono essere rivisti in base a due varianti, si legge nel report, “eliminare il riferimento statutario all’insindacabilità del suo giudizio”, e “attribuire alla carica di garante un ruolo esclusivamente onorifico”. Ma c’è anche l’opzione sull’eliminazione della figura del Garante, con tre diversi varianti: “Non riassegnare le sue funzioni a nessun altro soggetto”, “riassegnare le sue funzioni al Comitato di Garanzia”, “riassegnare le sue funzioni a un organo collegiale democraticamente eletto e con un mandato a tempo determinato”. Per cambiare le modalità di nomina del Garante, invece, le proposte sono di modificarne il mandato, “rendendolo a tempo determinato e prevedere un numero massimo di mandati consecutivi al pari degli altri ruoli interni”. “Nel complesso – si legge nel report -, i partecipanti hanno riconosciuto la presenza di meccanismi farraginosi e a volte caratterizzati da elementi di incongruenza. È emerso un clima di diffidenza attorno alle figure apicali del Movimento; tale diffidenza non appare indirizzata alle singole personalità che ricoprono le cariche – precisa il documento -, ma sembra invece generata da taluni poteri e funzioni attribuiti a specifici ruoli interni”. LEGGI TUTTO

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    Meloni-Schlein, nuovo scontro su diritti sindacali e lavoro

    Dopo la battuta della premier sulla sua presenza al vertice informale dei 27 in Ungheria nonostanze l’influenza (“non ho diritti sindacali”) esplode la polemica con la leader Pd. Che attacca: “Si occupi, invece, del salario minimo che ha negato a 3 milioni e mezzo di lavoratori e lavoratrici che non ce la fanno più e non arrivano a fine mese anche se lavorano”. Poi il botta e risposta sulla “sinistra al caviale”

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    Scintille tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein. Questa volta al centro del botta e risposta tra la premier e la segretaria del Pd il tema dei diritti sindacali e quello della precarietà del lavoro. Ad accendere lo scontro il messaggio inviato ieri dalla presidente del Consiglio a un deputato di Fratelli d’Italia, Marco Osnato (ospite in quel momento della trasmissione radiofonica ‘Un giorno da pecora’) in cui Meloni sottolineava di aver partecipato al vertice informale dei 27 in Ungheria nonostante un’influenza con una battuta: “Non avendo particolari diritti sindacali sono a Budapest per il Consiglio europeo a fare il mio lavoro”. La replica della leader dem non si è fatta attendere. “Il clima di scontro e di delegittimazione delle organizzazioni sindacali fomentato dal governo è del tutto inaccettabile”. aveva tuonato, per poi aggiungere: “Da giorni ormai la destra se la prende con Cgil e Uil per aver indetto lo sciopero generale contro la manovra, con un attacco gravissimo al diritto di sciopero garantito dalla Costituzione”, accusando la destra di “un’arroganza e una protervia senza fine, cui oggi si aggiunge la battuta di scherno della presidente Meloni che lamenta di non avere diritti sindacali”.

    Meloni: “Noi per i lavoratori meglio della sinistra la caviale”. Schlein: “Si occupi di salario minimo”

    “Mi dispiace che anche su questo si riesca a fare una polemica su una cosa completamente inutile, non so cosa si intenda per svilire i diritti sindacali che questo governo difende molto meglio della sinistra al caviale”, ha a sua volta risposto oggi la presidente del Consiglio. “Io di caviale non ne ho mai mangiato, ma nemmeno posso sopportare che i lavoratori vengano purgati con olio di ricino; quindi continueremo a stare al loro fianco. Meloni si occupi, invece, del salario minimo che ha negato a 3 milioni e mezzo di lavoratori e lavoratrici che non ce la fanno più e non arrivano a fine mese anche se lavorano”, ha ribattuto sempre Schlein.  LEGGI TUTTO

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    Sicilia, Auteri (FdI) minaccia il collega La Vardera. Poi le scuse

    Bufera politica in Sicilia, dopo le minacce verbali che il deputato regionale di Fdi Carlo Auteri ha rivolto al collega del gruppo misto, Ismaele La Vardera. “Vedi che io mi scordo che faccio il parlamentare, io ti piglio e ti butto là sotto” ha detto Auteri. Il caso ha scatenato le polemiche dopo che durante la trasmissione “Piazza pulita”, su La7, è andato in onda un servizio sui finanziamenti della Regione siciliana ricevuti dall’associazione “Progetto Teatrando”, con sede a Sortino, nel Siracusano, nell’abitazione della madre di Auteri, Celina Bruno, fino allo scorso 28 ottobre legale rappresentante dell’associazione stessa. Secondo i dati raccolti dall’inchiesta in questione, l’associazione avrebbe ricevuto contributi pubblici per oltre 230mila euro in tre anni. Un’altra società, la Abc Produzioni srl, che farebbe capo alla moglie di Auteri, avrebbe ottenuto finanziamenti per 95mila euro. Infine, 20mila euro di contributi provenienti dalla società sarebbero stati versati a FdI. La Vardera, ex giornalista delle Iene, che aveva denunciato l’accaduto durante l’Assemblea regionale siciliana, ha fatto ascoltare durante la trasmissione la registrazione di un incontro avuto con Auteri, fuori dall’Aula, nei bagni di Palazzo dei Normanni, in cui il deputato di FdI ha pronunciato minacce nei suoi confronti dopo l’intervento dello stesso La Verdera che aveva parlato dei finanziamenti ricevuti dalla madre del deputato di FdI. 

    Le minacce e poi le scuse

    La Vardera, dopo aver incrociato Auteri, ha acceso il registratore, catturando le frasi minacciose del parlamentare meloniano.  “Non dire cose gravi perché’ io sono pazzo, tu non mi conosci, poi registri col telefono. Non ti permettere di dire ai colleghi ‘ha dato soldi alla madre’ perchè io ti affogo là dentro, tu non mi conosci”, avrebbe detto Auteri a proposito delle dichiarazioni di La Vardera sulla circostanza di un’associazione, destinataria di risorse pubbliche, il cui presidente risulterebbe essere la madre del deputato Ars di Fratelli d’Italia. “Vedi che io sono fuori di testa, vedi che io non sono come gli altri. E’ chiaro, non ti permettere mai di dire a un collega che io ho dato soldi a mia madre perchè io ti do legnate. Questa cattiveria che tu hai la puoi utilizzare con chi vuoi, ma non dire mai cose che non esistono. E’ chiaro perchè io non sono normale”. E oggi, dopo la trasmissione, il deputato regionale di FdI ha replicato: “E’ un fatto grave quello di essere stato oggetto, a mia insaputa, di una registrazione da parte dell’Onorevole La Vardera”. Poi, comunque, Auteri ha chiesto scusa per affermando di essere stato provocato, attraverso un post social. “Quello che i giornalisti dimenticano di dire, e io stesso non ho avuto la forza di affermare perché assaltato e preso alla sprovvista, è che i fondi di cui parlano si riferiscono al periodo covid e sono stati erogati ben prima che diventassi deputato regionale. Sono all’Ars solo dal 18 gennaio 2023. Dalle date capirete da soli quanto sia una polemica strumentale. Mi scuso per i toni utilizzati – che non mi appartengono – con il collega La Vardera, successivi a svariate offese nei confronti di mia madre e di mia moglie.  L’onorevole dimentica troppo spesso che non è più in televisione e che le offese personali dovrebbero essere fuori discussione, come peraltro rammentato dal presidente dell’Ars Galvagno durante una recente seduta d’aula. Mi scuso dal profondo del cuore con voi per quello che avete ascoltato, mi scuso con mia moglie e soprattutto con mia madre: stanno pagando il fatto di avere un marito e un figlio che ha deciso di fare politica e spendersi per la propria comunità e per un settore, quello della cultura, troppo spesso ritenuto superfluo e che invece va sostenuto. Come fatto con numerose associazioni, eventi e spettacoli che questa terra merita. Andiamo avanti a testa alta sapendo di non aver fatto niente contro la morale e la legge”.
    La Vardera: “Denuncio Auteri per minaccia a corpo politico”
    “Guardo questa triste vicenda con profondo rammarico, ma anche con la consapevolezza che i cittadini mi chiedono di esercitare con fermezza il mio ruolo di deputato. Un ruolo che comporta l’obbligo di vigilare su come vengono spesi i soldi pubblici”. Lo ha detto all’Agenzia Ansa lo stesso La Vardera, dopo le minacce ricevute. “Ho incaricato i miei legali – ha proseguito – di presentare una denuncia-querela per “minaccia a corpo politico” (articolo 338 del codice penale). Norma che punisce chiunque attenti con minacce ai corpi politici e si applica anche alle minacce rivolte al singolo componente di tali organi. Questo atteggiamento non è tollerabile da chi, come me, rappresenta la Sicilia e non può e non deve farsi intimidire. Non commento neppure le pseudo scuse di Auteri, che senza un minimo di vergogna rilancia, provo imbarazzo per lui sperando che il partito prenda le distanze da questo soggetto”, ha poi concluso.     LEGGI TUTTO