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    La sconfitta brucia ma Meloni guarda avanti. Fi supera la Lega

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaNiente di drammatico ma pur sempre una sconfitta. E se quella in Emilia Romagna era data per scontata, la riconquista dell’Umbria da parte del centro-sinistra è una ferita che brucia parecchio. Giorgia Meloni ne prende atto e da Rio de Janeiro, dove sta partecipando al G20, invia un messaggio di auguri ai due vincitori, Michele de Pascale e Stefania Proietti, con i quali auspica di poter collaborare. Poi i ringraziamenti a Elena Ugolini e alla governatrice uscente Donatella Tesei, quando sul dato umbro nessuno nel centrodestra si era ancora pronunciato. Una scelta, quella della premier, che segnala l’intenzione di volersi mettere immediatamente alle spalle il brutto risultato di questo week end elettorale. Brutto anche per la distanza siderale tra i due candidati in Emilia Romagna e per i quasi sei punti di distacco in Umbria, dove inizialmente i sondaggi parlavano di un testa a testa. La stessa governatrice uscente Tesei ammette che non si aspettava una distanza così significativa.La perdita di voti di FdIC’è poi anche da fare i conti con i risultati delle singole liste. Fratelli d’Italia rispetto alle Europee e alle politiche ha perso più di 10 punti. E al contrario di quanto accaduto in Liguria, dove il partito della premier ha contribuito fortemente al successo delle liste civiche che appoggiavano Marco Bucci, candidato perché voluto fortemente da Meloni, in Umbria sono andate male anche le civiche. Per più di qualcuno è la conferma che i Fdi senza Meloni in campo sono destinati a uscire sconfitti.Loading…Inutile il contributo di BandecchiNon solo. Sempre i numeri sottolineano che il contributo di Stefano Bandecchi, discusso sindaco di Terni è stato inutile. La sua Alternativa Popolare si è fermata al 3% circa e Tesei ha perso anche a Terni città. Un risultato deludente su cui forse ha pesato anche il malumore scatenatosi dentro il centrodestra (e in particolare in Fdi) per un’intesa con colui che era stato il principale avversario alle scorse comunali nella seconda città umbra. A chi chiedeva a Donatella Tesei un giudizio sul risultato deludente di Fdi, che probabilmente le è costato la vittoria, la ex Governatrice ha risposto diplomaticamente assicurando che «tutti i partiti hanno dato il massimo». Anche la Lega è infatti costretta a leccarsi le ferite. Intanto perché comunque ha perso la guida di una Regione (Tesei è della Lega). E poi ha subito nuovamente il sorpasso di Forza Italia in entrambe le Regioni.In Umbria e Emilia-Romagna sorpasso di Fi sulla LegaMatteo Salvini ha commentato ribadendo che gli elettori «hanno sempre ragione» ma in Umbria il sorpasso degli azzurri sul Carroccio è ancora più doloroso anche perché Fi stavolta si è presentata da sola, senza il contributo di Noi moderati, la formazione di Maurizio Lupi che peraltro a livello regionale ha preso più voti di Bandecchi. «Siamo soddisfatti, abbiamo raddoppiato i voti», segnala Antonio Tajani, leader di Forza Italia che confronta il risultato di ieri con quello delle regionali di 5 anni fa anche se c’è stato un avanzamento pure rispetto alle Europee.Riflessione aperta nel centrodestraOra – come si dice in questi casi – si aprirà una riflessione. Tutti in queste ore, se sollecitati, si affrettano a dire che non ci saranno ripercussioni nella maggioranza e sul Governo. Ma c’è il rischio che le fibrillazioni, complice anche il passaggio della legge di Bilancio e i nuovi equilibri che si stanno determinando a livello internazionale, possano acuire le crepe provocate dal voto. La caccia alle responsabilità inevitabilmente è già partita. Anzitutto sulla classe dirigente chiamata a competere. In Umbria evidentemente il governo Tesei non ha convinto, così come in Emilia Romagna non è passata l’accusa rivolta dal governo centrale alla Regione e ai sindaci sulle responsabilità per i mancati lavori post alluvione LEGGI TUTTO

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    Chi è Stefania Proietti, la sindaca di Assisi nuova governatrice dell’Umbria

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaDa sindaca di Assisi (passando per la Provincia di Perugia) alla candidatura alla presidenza della Regione Umbria, nel solco dei valori di San Francesco. Stefania Proietti (civica), candidata del campo largo di centrosinistra, ha vinto la “sfida”, con la governatrice uscente, la leghista Donatella Tesei.Campagna elettorale dal bassoClasse 1975, sposata, madre di due figli, ingegnera e docente universitaria, cattolica, civica, candidata dal campo largo, la nuova governatrice dell’Umbria è cittadina della città di San Francesco dal 2016 (e anche presidente della Provincia di Perugia). Proprio ai contenuti del Cantico delle creature ha detto di voler ispirare il suo programma di governo. Pace, non violenza, l’attenzione verso gli ultimi, quindi, ma anche sanità, occupazione e salari, nuove generazioni, innovazione e sviluppo sostenibile, ambiente e crisi climatica, giustizia sociale. Un programma che ha presentato ai cittadini umbri con una campagna elettorale “dal basso”, attraverso incontri partecipativi con i cittadini, basata sul modello che aveva di recente portato al successo l’attuale sindaca di Perugia, Vittoria Ferdinandi, sempre con il campo largo del centrosinistra.Loading…Priorità alla sanità pubblicaPriorità sarà data ad una sanità «pubblica, universale e accessibile a tutti. Con la sanità privata sussidiaria a quella pubblica». Proietti partirà «dalla promozione della prevenzione e da una rete ospedaliera efficiente per i cittadini e attrattiva per il personale sanitario, che dovrà essere incentivato a restare in Umbria». Relativamente all’occupazione, parola chiave la retribuzione, «per un salario buono, un salario minimo». Attenzione poi al welfare, per una società che abbia «la persona al centro», ma anche la cultura e l’istruzione. Importante spazio sarà dato infine all’ambiente e alla transizione ecologica. Il programma ribadisce un forte “no” alla costruzione di un nuovo inceneritore, puntando invece sull’economia circolare «per arrivare all’80 per cento di raccolta differenziata entro il 2030».L’impegno per la pace e la sostenibilitàL’impegno per la pace ha particolarmente caratterizzato la sua attività nel tempo. Come sindaca di Assisi ha anche proposto che la città, «la cui amicizia sociale negli anni si è sempre espressa verso i due popoli israeliano e palestinese, e l’Umbria tutta, abbiano un ruolo come terra di pace e di dialogo aperto, ispirato da San Francesco e da Aldo Capitini, e diventino sedi per un percorso negoziale di pace». “Faremo della pace – ha assicurato in campagna elettorale – la nostra bandiera in tutte le azioni, anche nei rapporti con la minoranza, anche in consiglio regionale e nei rapporti internazionali». E alla sezione 31 di Costa di Trex, frazione di Assisi, sul monte Subasio, Proietti è entrata con una copia della Costituzione in mano, indicando simbolicamente la strada che intende percorrere in questo mandato da presidente della Regione Umbria.Come sindaca di Assisi, Proietti ha preso parte alle Conferenze delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici di Marrakech (COP22), Bonn (COP23) intervenendo come relatrice sui temi della sostenibilità urbana.Cattolica impegnata in politicaCattolica, è stata delegata della Conferenza Episcopale Italiana quale responsabile per i temi ambientali presso il Consiglio delle conferenze dei vescovi d’Europa e sempre per la Cei è stata componente del Gruppo di studio sulla Custodia del Creato. A partire dalla fondazione nel 2021, Proietti è stata membro del comitato organizzatore di The Economy of Francesco, presieduto da Domenico Sorrentino. LEGGI TUTTO

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    L’attacco di Nordio all’Autonomia: dopo le regionali sarà guerra delle riforme

    Ascolta la versione audio dell’articolo4′ di lettura«La Corte Costituzionale è intervenuta pesantemente su alcuni settori che sono quelli proprio tipici del referendum. Adesso il Parlamento dovrà rivedere la legge Calderoli, poi la rivedrà la Cassazione. A spanne, con prudenza, direi che questa sentenza dovrebbe eliminare almeno per ora la possibilità del referendum». E ancora: «Si tratta di una sentenza più che equilibrata, che condivido. Tra l’altro produrrà un avanzamento probabilmente di mesi o forse anche di anni verso una soluzione condivisa».Nordio rompe la tregua elettorale e attacca la Lega e la sua bandieraA dare un ulteriore colpo all’autonomia differenziata targata Lega dopo quello assestato dalla Consulta giovedì, che ha di fatto smontato la legge, non è un leader dell’opposizione ma un ministro di rilievo del governo, il Guardasigilli Carlo Nordio. Che, intervenendo a Stresa sul palco del forum della Fondazione Iniziativa Europa, rovescia la narrazione ottimistica del ministro leghista per gli Affari regionali e padre della riforma Roberto Calderoli e dice almeno tre cose che suonano come un atto di guerra contro il partito di Matteo Salvini e la sua bandiera storica: che l’intervento dei giudici costituzionali è stato pesante, che ora tocca riscrivere la legge per bene e che i tempi per arrivare al traguardo dell’autonomia differenziata delle regioni del Nord saranno lunghi se non lunghissimi, oltrepassando probabilmente la legislatura. Altro che qualche piccolo aggiustamento per accogliere i rilievi della Consulta come ribadito da Calderoli, altro che proseguimento della trattativa per il trasferimento delle materie no-Lep come pretendono i governatori leghisti Luca Zaia e Attilio Fontana.Loading…Fratelli d’Italia e Forza Italia sul piede di guerra per la riscrittura della leggeDi certo Giorgia Meloni non ha gradito la coincidenza dell’attacco – di fatto – alla Lega alla vigilia dell’apertura delle urne in Umbria e in Emilia Romagna. Ma di certo l’uscita di Nordio è condivisa dalla premier e dai dirigenti del suo partito, Fratelli d’Italia: il presidente della commissione Affari costituzionali del Senato Alberto Balboni ha ricordato nelle scorse ore che lui e il suo partito avevano proposto emendamenti che andavano nella stessa direzione poi decisa dalla Consulta, soprattutto sulla necessità di un ruolo maggiore del Parlamento nel processo di differenziazione. Lo stesso Forza Italia, che ora annuncia addirittura un osservatorio sull’applicazione dell’autonomia differenziata per «vigilare con responsabilità».Il sollievo di Palazzo Chigi per il probabile stop al referendum sull’autonomiaQuanto al referendum abrogativo che si dovrebbe tenere a giugno 2025 e per il quale i partiti d’opposizione e le regioni di centrosinistra hanno depositato in Cassazione due distinti quesiti (uno di abrogazione totale e uno di abrogazione parziale) il ministro della Giustizia si unisce ai molti costituzionalisti ed esperti – da Stefano Ceccanti a Tommaso Forsini, da Salvatore Curreri a Giuseppe Calderisi – che ritengono che a questo punto la Cassazione non possa che dichiarare superati i quesiti bloccando di fatto la macchina referendaria. Soprattutto se, quando saranno uditi nelle prossime settimane dopo il depositio delle motivazioni della sentenza della Consulta atteso per metà dicembre, anche i proponenti si dichiareranno vincitori e acconsentiranno a ritirare i quesiti. E il Pd ci sta seriamente pensano, se non altro per evitare una sconfitta politica dopo la vittoria giuridica, visto che il raggiungimento del quorum del 50% più uno degli elettori previsto per i referendum abrogativi resta un miraggio. E se conviene anche all’opposizione, lo stop al refendum conviene soprattutto a Meloni, che altrimenti si troverebbe nella scomoda posizione di difendere una legge che in fin dei conti non condivide finendo per compattare un “campo largo” diviso su tutto il resto.Impatto a cascata sulle altre due riforme costituzionali, giustizia e premieratoLa vicenda dello stop all’autonomia, come che vada a finire la questione del referendum, non può non impattare sulle altre due riforme bandiera in campo: il premierato caro alla premier, che è stato messo a dormire alla Camera dopo il sì del Senato proprio in attesa di capire se si farà o meno il referendum sulla legge Calderoli, e il Ddl Nordio sulla separazione delle carriere dei magistrati caro a Forza Italia e che è ancora in attesa di approdare per la prima volta in Aula a Montecitorio. Se l’autonomia rallenta o, di fatto, finisce su un binario morto, è prevedibile che la Lega userà un potere ritorsivo sulle due riforme costituzionali, soprattutto sul premierato destinato a dare più forza a Fratelli d’Italia e alla sua leader rispetto agli alleati. LEGGI TUTTO

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    Autonomia differenziata, Emiliano: «Tutti sollevati per la decisione della Consulta»

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di lettura“Sono tutti sollevati” dalla decisione della Corte costituzionale sull’autonomia “anche il presidente del Consiglio ed esponenti della maggioranza di governo, dall’aver fermato un disegno che avrebbe demolito l’unità nazionale”. Lo ha detto il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, durante una conferenza stampa convocata ieri mattina a Bari per commentare l’esito del ricorso contro la Legge Calderoli sull’autonomia differenziata, presentato alla Corte costituzionale nei mesi scorsi dalla Regione Puglia e dalle regioni Toscana, Sardegna e Campania.“La Corte Costituzionale ha cancellato diverse disposizioni della legge Calderoli”, ha sottolineato Emiliano. “Prima fra tutte, la possibilità che possano essere trasferite materie o blocchi di materie, visto che la Corte saggiamente ritiene che la devoluzione dell’autonomia debba riguardare solamente specifiche funzioni legislative e amministrative e debba essere giustificata, alla luce del principio costituzionale di sussidiarietà che regola la distribuzione delle funzioni tra Stato e Regioni. Questo è un colpo alla legge Calderoli. L’autonomia differenziata deve essere funzionale a migliorare l’efficienza degli apparati pubblici ad assicurare una maggiore responsabilità politica ed a rispondere al meglio alle attese e ai bisogni dei cittadini”.Loading…Emiliano “Abbiamo salvato l’unità nazionale”“I giudici della Consulta ritengono che vada in contrasto con la Costituzione anche la possibilità di utilizzare decreti interministeriali per modificare le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali, prevista dalla legge Calderoli per finanziare le funzioni trasferite, in caso di scostamento tra il fabbisogno di spesa e l’andamento dello stesso gettito.Censurata dalla Corte anche “la facoltatività, piuttosto che la doverosità, per le regioni destinatarie della devoluzione, del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, con conseguente indebolimento dei vincoli di solidarietà e unità della Repubblica”.Consulta allineata all’interpretazione delle RegioniMa c’è di più. Le norme della legge Calderoli che sono sopravvissute alla mannaia della Corte sono state interpretate nel senso voluto dalla Puglia e dalle altre regioni ricorrenti. Quindi il ko è totale, sia delle norme che sono state cancellate per incostituzionalità, sia per le norme rimaste dei punti che sono state interpretate in conformità alla Costituzione diversamente da quello che avrebbe voluto il Governo. LEGGI TUTTO

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    Da Modi a Milei, Meloni vola al G20 in Brasile per tessere la sua tela con i filo-Trump

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaSarà uno degli ultimi vertici internazionali a cui Giorgia Meloni parteciperà nella doppia veste di premier e di presidente di turno nel G7. Ma questo G20 a Rio de Janeiro del 18-19 novembre è anche il primo summit che vede riuniti i principali leader del mondo dopo la vittoria di Donald Trump.Occasione di Meloni per fare il punto con gli alleatiSarà quindi per Meloni anche l’occasione di fare il punto con i propri alleati, a partire da quelli con cui c’è maggiore sintonia, vedi il primo ministro indiano Narendra Modi, tra i primi a congratularsi con il tycoon per il suo ritorno alla Casa Bianca. Con Modi la premier ha fin dall’inizio del suo arrivo a Palazzo Chigi coltivato un rapporto privilegiato. Lo stesso vale anche per il presidente argentino Javier Milei che era già stato ospite a Roma a febbraio scorso e poi a luglio al vertice del G7 di Borgo Egnazia. Ora tocca a Meloni che Milei ha invitato per una visita ufficiale a Buenos Aires subito dopo la conclusione del summit dei Grandi del mondo. L’obiettivo è certo quello di rafforzare le relazioni commerciali ma anche politiche.Loading…La vittoria di Trump modifica gli equilibriLa vittoria di Trump è destinata a pesare e a modificare in modo sostanziale gli equilibri che hanno dominato negli ultimi anni e anche durante il primo mandato dell’esponente repubblicano. Ora lo scenario è molto più incerto. A questo G20 a rappresentare gli Usa è ancora l’amministrazione di Joe Biden. Ma certo chissà cosa potrebbe dire il neo ministro della Sanità Usa, Robert Kennedy, noto per le sue posizioni antiscientifiche e no-vax, a proposito di una delle iniziative chiave proposte dalla presidenza brasiliana: la creazione e il finanziamento all’interno dell’organizzazione di un’alleanza internazionale per la produzione locale e regionale di vaccini e medicinali, per aiutare i Paesi che storicamente hanno avuto difficoltà ad accedere a questi immunizzatori.Le complessità nell’avvio del nuovo corso del tycoonLa fase di transizione per il passaggio di consegne e l’ingresso ufficiale di Trump alla Casa Bianca a gennaio prossimo servirà a tentare di prendere le misure dell’avvio di questo nuovo corso anche a Meloni. Qualcosa in realtà già si è visto. Le dichiarazioni dure di Elon Musk contro i giudici italiani, il silenzio (imbarazzato) della premier rotto dalla presa di posizione del capo dello Stato Sergio Mattarella a difesa della sovranità del Paese. Meloni è prudente. Nonostante Trump sia uomo di destra e quindi ideologicamente vicino, l’imprevedibilità del neo presidente ma soprattutto le sue prese di posizione su un inasprimento dei dazi verso le merci provenienti dall’Europa e sull’aumento delle spese per la Difesa dei Paesi Nato ( e quindi anche dell’Italia) non consentono sonni tranquilli per la vittoria del tycoon neppure a chi della destra è la leader. LEGGI TUTTO

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    Il M5s rottama Grillo e sceglie il campo progressista. Ma impone al Pd i suoi “principi non negoziabili”

    Ascolta la versione audio dell’articolo4′ di letturaChi siamo? Da dove veniamo? Che cosa vogliamo? Dove vogliamo andare? Con chi vogliamo andare dove vogliamo andare? Ma, soprattutto, vogliamo liberarci di Beppe Grillo?Già, perché i quesiti su cui si dovrà esprimere nel week end l’assemblea nazionale del M5s, selezionati da oltre 300 delegati e raggruppati in 12 mega questioni dal Consiglio nazionale nei giorni scorsi, vanno inequivocabilmente nella direzione del superamento del grillismo. Non solo l’ultimo tabù dei 5 Stelle della prima ora, ossia il limite dei due mandati consecutivi per le cariche elettive nel nome di “uno vale uno” e dell’anticasta, sarà sicuramente superato (le opzioni sono varie ma la direzione è quella); ad essere superato sarà probabilmente lo stesso Grillo, attuale Garante e cofondatore del movimento assieme allo scomparso Gianroberto Casaleggio nell’ormai lontano 2009.Loading…La scelta è tra “eliminazione” di Grillo e suo forte ridimensionamentoTra le prime questioni che gli iscritti si troveranno davanti c’è la scelta tra “eliminazione del ruolo del Garante”, scelta A e quindi implicitamente la preferita dell’attuale dirigenza, oppure “mantenimento del ruolo del Garante”. Tuttavia lo status quo non è contemplato, perché in caso di mantenimento gli iscritti dovranno scegliere una o più di tre opzioni, tutte limitative dei poteri attuali. Eccole: 1) Vuoi che i suoi poteri siano limitati abrogando il n. 2 della lett. a) dell’art. 12 dello Statuto: “ha il potere di interpretazione autentica, non sindacabile, delle norme del presente Statuto”; 2) Vuoi che, al pari delle altre cariche associative, il ruolo del Garante abbia una durata definita, pertanto, le parole ”a tempo indeterminato” contenute nella lett. c) dell’art. 12 dello Statuto sono sostituite dalle seguenti “per un periodo di 4 anni rinnovabile per non più di due mandati consecutivi”, con effetto dalla data di approvazione; 3) Vuoi che il Garante ricopra un ruolo esclusivamente onorifico, pertanto tutte le norme statutarie che gli attribuiscono specifici poteri andranno sostituite riconoscendogli una funzione di natura consultiva.Ben che vada a Grillo, già avvertito che il suo contratto da 300mila euro l’anno per le attività di comunicazione non sarà rinnovato, resterà una carica onorifica e a tempo determinato e non più a vita come quella del Papa.Il cambio di nome e simbolo? Conte rimanda la scelta a quadro giuridico più chiaroDel tanto discusso cambio di nome e simbolo, infine, non c’è traccia nelle questioni che saranno sottoposte agli iscritti. O meglio, non c’è alcuna nuova ipotesi tra cui scegliere, ma si propone solo di permettere il cambio del simbolo non più su proposta del presidente di concerto con il Garante bensì su proposta del presidente o del Garante. Tradotto: Conte potrà proporlo anche da solo e contro la volontà di Grillo. Ma Conte non ha interesse a cambiare il marchio storico: lo farà solo se al termine del processo costituente Grillo dovesse decidere di fare causa per la proprietà del simbolo. LEGGI TUTTO

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    Mattarella: «A volte ho promulgato leggi che non condividevo»

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di lettura«A volte sentite dire che c’è stato un appello al capo dello Stato perché non firmi una legge perché è sbagliata, oppure se la firma viene detto che la condivide. Tutte e due le affermazioni sono sbagliate». Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si è rivolto così agli studenti intervenuti a Roma al Salone delle Fontane, all’Eur, per celebrare i 25 anni dell’Osservatorio Permanente Giovani-Editori. Lo ha fatto in risposta a una precisa domanda di uno studente. Andando dritto al punto: «Io sono un arbitro, al di fuori della contesa politica. Ma il compito del Capo dello Stato è quello di ricordare a tutti i limiti entro cui operano».Il ruolo «super partes» del ColleUn richiamo, insomma, al ruolo super partes del capo dello Stato che «interviene quando il meccanismo di inceppa. E può capitare». In tutto questo la domanda di Tommaso, studente di Padova, è sul come fa un uomo che ha attraversato tanti anni della politica italiana a mantenere fuori dalla porta le sue convinzioni, le sue idee. «Sì ho adottato decisioni che non condivido, è capitato più volte; il presidente promulga leggi ed emana decreti, ma ha delle regole che deve rispettare. Più volte ho promulgato leggi che non condivido, che ritenevo sbagliate e inopportune, ma erano state votate dal Parlamento e io ho il dovere di promulgare a meno che non siano evidenti incostituzionalità. In quel caso ho il dovere di non promulgare, ma devono essere evidenti, un solo dubbio non mi autorizza a non promulgare».Loading…Davanti a un migliaio di studenti il capo dello Stato è arrivato senza un intervento preparato, ma ha risposto su temi come l’importanza della media literacy, lo sviluppo dello spirito critico, rischi e opportunità legati all’utilizzo crescente dell’Intelligenza Artificale nella nostra società, il ruolo super partes del Presidente della Repubblica nella nostra democrazia, i giovani italiano e il loro futuro nel Paese, i giovani e la politica.Il capo dello Stato come «arbitro imparziale»«Lo Statuto Albertino prevedeva che il potere legislativo fosse affidato alle due Camere e al re, che aveva anche il potere di sanzione per dire “non sono d’accordo su questa legge”», ha aggiunto Mattarella invitando a pensare al presidente della Repubblica come a un arbitro: «L’immagine l’ho usata anche io, e ho detto che anche i giocatori devono aiutarlo nell’applicazione delle regole, la pluralità nell’aspetto delle regole è fondamentale». Tutto questo «vale per il potere esecutivo, legislativo, giudiziario» perché «ciascun potere e organo dello Stato deve sapere che ha limiti che deve rispettare perché le funzioni di ciascuno non sono fortilizi contrapposti per strappare potere l’uno all’altro, ma elementi della Costituzione chiamati a collaborare, ciascuno con il suo compito e rispettando quello altrui. È il principio del check and balance».Tecnologia e informazioneIl tema della tecnologia e dell’intreccio con l’informazione è stato comunque centrale nell’ambito del pensiero che il capo dello Stato ha voluto trasferire ai giovani arrivati da tutta Italia per partecipare alle celebrazioni dell’attività dell’Osservatorio presieduto da Andrea Ceccherini. E l’affidarsi al web come «al medico di fiducia», è il grande pericolo da scartare dice Mattarella richiamando nel suo ragionamento, evidentemente anche se senza mai citarla, la tragica morte di Margaret Spada: la ragazza di 22 anni morta a Roma per un intervento di rinoplastica: «Bisogna evitare il rischio di affidarsi al web come fosse il medico di fiducia. Lo vediamo anche in questi giorni con conseguenze drammatiche. Ci sono circuiti pericolosi che catturano l’utente». LEGGI TUTTO

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    La cannabis come il tabacco: il M5S propone il «monopolio di Stato» mentre il Governo punta alla stretta

    Ascolta la versione audio dell’articolo4′ di letturaUna «cannabis di Stato» soggetta, come il tabacco, a monopolio e licenza di coltivazione e di vendita. La proposta è contenuta in uno degli emendamenti alla manovra depositato alla Camera dal M5S. E stride con il giro di vite sulla canapa light voluto dal Governo nel disegno di legge Sicurezza all’esame del Senato in seconda lettura, contro il quale non si placano le proteste delle imprese della filiera.La proposta pentastellata«La coltivazione, la lavorazione, l’introduzione, l’importazione e la vendita della cannabis e dei suoi derivati sono soggette a monopolio di Stato in tutto il territorio della Repubblica», si legge nella proposta di modifica presentata dai deputati pentastellati. Sono fatte salve, secondo l’emendamento, la coltivazione per uso personale di cannabis fino al numero massimo di cinque piante di sesso femminile, nonché la cessione a terzi di piccoli quantitativi dei suoi derivati destinati al consumo immediato.Loading…Il ruolo attribuito all’Agenzia delle doganeI Cinque Stelle propongono che sia l’Agenzia delle dogane e dei monopoli ad avere la possibilità di eseguire tutte le fasi di lavorazione della cannabis conferita e anche di concedere licenza di coltivazione per l’approvvigionamento dei siti di lavorazione indicati dalla stessa Adm. Il ministero dell’Economia, secondo lo schema immaginato, sarebbe incaricato di disciplinare con decreto le modalità di concessione delle licenze di coltivazione della cannabis, le modalità di acquisizione delle relative sementi e le procedure di conferimento della lavorazione dei derivati, determinando ogni anno la specie della qualità coltivabile e le relative quantità, nonché stabilendo il prezzo di conferimento, il livello delle accise, il livello dell’aggio per la vendita al dettaglio e il prezzo di vendita al pubblico.La stretta del Governo alla cannabis lightL’emendamento suona come una provocazione alle orecchie di un Governo, che all’articolo 18 del disegno di legge Sicurezza ha introdotto, proponendo una modifica della legge 242/2016 in materia di sostegno alla filiera agroindustriale della canapa, il divieto di importazione, cessione, lavorazione, distribuzione, commercio, trasporto, invio, spedizione e consegna delle infiorescenze della canapa, anche in forma semilavorata, essiccata o triturata. Alt anche ai prodotti contenenti tali infiorescenze, compresi estratti, resine e olii. In queste ipotesi, il Ddl prevede l’applicazioni delle sanzioni previste al titolo VIII del Dpr 309/1990 per gli stupefacenti e le sostanze psicotrope. Tra i reati contemplati, la produzione, il traffico e la detenzione illeciti di droga, punito con il carcere da 6 a 20 anni e con la multa da 26mila a 260mila euro, e l’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, punita con la reclusione non inferiore a 20 anni per chi la dirige e organizza e con non meno di dieci anni per chi vi partecipa.L’alt delle imprese: «Serve lungimiranza»La norma, caldeggiata e difesa sinora dal sottosegretario Alfredo Mantovano, che ha la delega all’antidroga, è stata approvata a Montecitorio, ma a Palazzo Madama potrebbe non reggere davanti alle proteste delle imprese. Ieri si è di nuovo levata la voce di Coldiretti. «Serve lungimiranza per dare continuità alle tremila imprese agricole che coltivano canapa, continuando sulle indicazioni chiare del passato, e creare le condizioni perché vengano rispettate le normative europee», ha commentato il presidente Ettore Prandini. «Quel che è certo è che non lasceremo soli i nostri imprenditori di canapa, a costo di arrivare nelle sedi giudiziarie poiché non possiamo permetterci di cancellare i sogni e gli investimenti di tanti giovani che su questo settore hanno scommesso il proprio futuro, costringendoli a chiudere le attività». LEGGI TUTTO