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Referendum 8 e 9 giugno, per cosa si vota: i quesiti spiegati

Si vota domenica 8 giugno dalle 7 alle 23 e lunedì 9 giugno dalle 7 alle 15. Per la validità dei referendum abrogativi è necessario raggiungere il quorum, garantito solo quando avranno votato il 50% + 1 degli aventi diritto. Cinque i quesiti promossi da sindacati e associazioni. Lavoro e cittadinanza i temi toccati

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Lavoro e concessione della cittadinanza italiana per gli extracomunitari. Sono gli argomenti al centro dei quesiti dei referendum abrogativi su cui dovranno esprimersi gli italiani. Si vota domenica 8 giugno dalle 7 alle 23 e lunedì 9 giugno dalle 7 alle 15. Per la validità dei referendum abrogativi è necessario raggiungere il quorum, garantito solo quando avranno votato il 50% + 1 degli aventi diritto. Cinque i quesiti promossi da sindacati e associazioni (FAC SIMILE SCHEDE ELETTORALI).

Il primo quesito: Jobs Act (SCHEDA VERDE)

Il primo quesito riguarda l’abolizione del contratto di lavoro a tutele crescenti del Jobs Act che – in linea di principio – impedisce al lavoratore licenziato illegittimamente di essere reintegrato al proprio posto. Con la legge in vigore il dipendente a tempo indeterminato di un’impresa con più di 15 lavoratori, non può essere reintegrato se licenziato illegittimamente. Questa regola vale solo se si è stati assunti dopo il 07/03 del 2015. Per chi è entrato in azienda prima di quella data, dunque è rimasto valido l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori nella sua versione originale, che dà la possibilità di tornare al proprio posto se il Giudice dichiara infondato e ingiusto il licenziamento. Per chi invece ricade nel regime delle tutele crescenti è riconosciuto un indennizzo che aumenta in base all’anzianità aziendale, con un minimo di 12 e un massimo di 36 mensilità di stipendio. Le cose però negli anni sono cambiate, con le modifiche fatte dal Parlamento e le sentenze dei tribunali, la rigidità iniziale è stata ammorbidita col risultato che in diversi casi, chi è stato assunto dopo il 7 marzo del 2015 può essere reintegrato al proprio posto. Resta il fatto che la disciplina distingue sempre fra i dipendenti per cui vale l’articolo 18 e quelli a tutele crescenti, che oggi sono 3 milioni e mezzo, cioè circa il 20% del totale di chi è a tempo indeterminato. Una quota che, in assenza di modifiche, è destinata ad aumentare. 

Il secondo quesito: licenziamenti piccole imprese (SCHEDA ARANCIONE)

Il secondo riguarda la cancellazione del tetto all’indennità nei licenziamenti nelle piccole imprese, per garantire secondo i promotori più tutele a lavoratrici e lavoratori. Chi oggi lavora in una piccola impresa e viene licenziato in modo ingiustificato può ottenere un indennizzo fino a un massimo di sei mesi di stipendio. Il secondo quesito chiede che venga eliminato questo limite, per cui se vincesse il Sì, chi ha perso il lavoro in un’azienda con meno di 16 dipendenti, potrebbe ottenere un risarcimento più consistente di quello attuale. Parliamo solo di ditte con poco personale, come un’officina o un negozio, in casi del genere valgono infatti norme meno rigide rispetto alle imprese con più impiegati. La differenza di trattamento si basa sull’idea che così si può tutelare una piccola azienda in difficoltà, ed evitare che chiuda i battenti perché si ritrova con più dipendenti di quelli necessari. 

Il terzo quesito: precariato sul lavoro (SCHEDA GRIGIA)

Col terzo quesito si chiede di abrogare le norme che hanno reso più facile ricorre ad assunzioni a tempo determinato, ora possibili per i primi 12 mesi senza doverne giustificare il motivo. Le cosiddette causali, come per esempio un aumento di produzione, sono obbligatorie solo se si va oltre un anno. Se vincesse il Sì, dunque l’impresa dovrebbe mettere nero su bianco, la ragione per cui assume a tempo determinato, anche per un periodo molto breve, circostanza prevista in passato perché la disciplina è cambiata molte volte nel tempo. L’obiettivo del maglie potrebbe creare difficoltà alle aziende di fronte a situazioni impreviste. maglie potrebbe creare difficoltà alle aziende di fronte a situazioni impreviste. 

Il quarto quesito: sicurezza sul lavoro (SCHEDA ROSA)

Il quarto quesito riguarda la sicurezza sul lavoro. Si chiede l’abrogazione della norma che non permette al lavoratore in subappalto che ha un incidente di chiedere il risarcimento anche all’impresa che ha commissionato l’opera. 

Se, ad esempio, un operaio edile che lavora per una ditta in subappalto cade da un ponteggio e si infortuna oggi può chiedere il risarcimento solo all’impresa dalla quale era assunto, e non da quella titolare del cantiere che aveva commissionato l’opera. Il quarto quesito chiede di cancellare questa regola che in pratica limita la responsabilità dell’azienda quando delega la realizzazione di una o più attività, circostanza che si realizza molto spesso, soprattutto quando si tratta di grandi progetti. La catena di appalti e subappalti può essere molto lunga e se accade un incidente, il lavoratore, secondo la legge in vigore, può rivolgersi per un indennizzo solo a chi l’aveva direttamente ingaggiato e non anche al committente, a cui fanno capo complessivamente i lavori. È quindi esclusa quella che si chiama responsabilità in solido, cioè la possibilità per il danneggiato di essere pagato in alternativa da chi l’ha assunto o da chi ha incaricato la ditta per la quale è impiegato. Votando sì a questo quesito del referendum si punta ad aumentare la responsabilità delle imprese quando ricorrono ad appalti e subappalti, con l’obiettivo che in questo si possano limitare incidenti e morti sul lavoro. Chi invece decide di votare no sostiene che la disciplina esistente è corretta, perché se un’azienda non fa un’opera in prima persona è perché si affida a uno specialista e questo deve accollarsi per intero i rischi, compresi quelli sulla sicurezza. 

Il quinto quesito: cittadinanza italiana (SCHEDA GIALLA)

L’ultimo, infine, propone di dimezzare da 10 a 5 anni il tempo di residenza legale nel nostro Paese per la richiesta della cittadinanza italiana da parte degli stranieri extracomunitari maggiorenni. L’obiettivo è garantire agli stranieri maggiorenni che risiedono stabilmente da qualche anno nel nostro Paese di accedere più rapidamente alla cittadinanza italiana. Nel dettaglio si richiede di modificare l’articolo 9 della legge 91/1992 con cui si innalzò il termine di soggiorno ininterrotto in Italia per la presentazione della domanda di cittadinanza da parte dei maggiorenni. Sono circa 2 milioni e mezzo gli stranieri extracomunitari che vivono da lungo tempo in Italia. Ridurre il requisito generale di residenza avrebbe l’effetto di rendere accessibile la cittadinanza anche ai genitori in tempi più brevi. E quando uno dei genitori diventa cittadino italiano anche i figli minori conviventi ottengono la cittadinanza. Il referendum non cambia gli altri requisiti richiesti per ottenerla tra cui: la conoscenza della lingua italiana, il possesso negli ultimi anni di un un reddito, non avere precedenti penali, aver pagato le tasse e non rappresentare una minaccia per la sicurezza della Repubblica.

Come si vota

Gli elettori dovranno presentarsi al proprio seggio con un documento d’identità valido e la tessera elettorale. Gli italiani residenti all’estero potranno votare per corrispondenza come previsto dalla normativa vigente. Gli elettori con gravi infermità e impossibilitati ad allontanarsi dalla propria abitazione possono votare a domicilio. Dovranno far pervenire al comune di residenza la domanda insieme ad un certificato medico della Asl e una copia della tessera elettorale. Gli elettori fisicamente impediti, invece, possono esercitare il diritto di voto recandosi in cabina con l’assistenza di un accompagnatore di fiducia purché iscritto nelle liste elettorali.


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