- La 44enne polacca lo racconta a L’Officiel, che le regala la cover del giornale
- E’ in prima fila per iniziare una rivoluzione culturale e sradicare definitivamente il patriarcato
E’ orgogliosa del suo lavoro da regista con il documentario “Mur”, quello sul muro lungo 186 km e alto sei metri costruito al confine tra la Bielorussia e la Polonia per impedire il passaggio di migranti. Kasia Smutniak si prende la cover de L’Officiel in cui posa da diva e parla del suo progetto, portato avanti con coraggio, senza avere paura dei pericoli corsi su luoghi di guerra. In prima fila per iniziare una rivoluzione culturale e sradicare il patriarcato definitivamente la 44enne nell’intervista rivela che rimase scioccata quando accese per la prima volta la tv in Italia. “Ricordo ancora lo sbigottimento”, sottolinea. Ne chiarisce il motivo.
Sta lavorando ad altri progetti dietro la macchina da presa. “Due anni fa ho realizzato che quello che vivevo era più interessante di quello che raccontavo sullo schermo: allora ho voluto mollare la finzione e concentrarmi sulla realtà. Ma se è vero che non mi bastava più essere interprete, il progetto non è nato dalla voglia di passare dall’altra parte della macchina da presa, ma dal fatto che l’unico strumento che avevo per cercare di incidere sulla realtà, non essendo né un medico né un avvocato, né un politico, era raccontare. Ogni film che ho fatto, ho creduto valesse la pena di essere raccontato, ma ora voglio esprimere il mio punto di vista”, spiega.
L’attrice aggiunge: “Sono stanca di dire le stesse cose. Voglio prendermi la responsabilità di raccontare storie basate sul punto di vista femminile. Sono stufa dell’impossibilità di uscire da questo circolo vizioso, dove tutto quello che noi sappiamo è sempre frutto di un punto di vista maschile, che si tratti di storia, di arte, di musica. Lo consideriamo naturale, ogni donna fin da bambina cerca di adattarsi alla società, ora bisogna prendersi la responsabilità di riscrivere la nostra storia. E quindi cominciamo a farlo”.
La giornalista le domanda: “Il femminicidio di Giulia Cecchettin e la presa di posizione, l’appello di suo padre Gino e di sua sorella Elena a chiamare le cose con il proprio nome e a iniziare una rivoluzione culturale per sradicare il patriarcato e la cultura dello stupro hanno creato una nuova urgenza sulla questione della parità di genere… Credi che sia finalmente l’inizio della svolta?”
Kasia, senza alcun problema replica: “Sono contenta e fiera di questo inizio, ma non possiamo certo dire che è fatta visto che c’è ancora chi si pone la domanda se esista o meno un problema di disparità. Per molti uomini è come se, per il semplice fatto di non essere assassini, la violenza sulle donne non li riguardi. Mentre noi donne in Giulia ci siamo tristemente riconosciute. La violenza è legata a un enorme problema culturale, la responsabilità è anche dei genitori che educano i figli e di chi racconta la realtà”.
La Smutiank prosegue e svela: “Sono arrivata in Italia a 16, forse 17 anni dal sistema comunista dove tutte le donne lavoravano. Ricordo ancora il mio sbigottimento quando, accendendo la tv ho visto un pomodoro (che poi ho saputo essere il Gabibbo) che ballava con due ragazze seminude che ballavano senza essere ballerine. Non riuscivo a capire questo tipo di rappresentazione e ho pensato: è questo il massimo del traguardo per una donna?”.
Lapidaria l’artista aggiunge: “Credo che in questa cultura l’uomo può essere bello e sfruttare la sua bellezza, mentre alla donna è solo permesso essere bella”.
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