La ricerca della balena che abbiamo solo sentito
La varietà e la complessità dei canti dei cetacei sono conosciute e studiate da decenni. Nel 1970 il biologo statunitense Roger Payne raccolse quelli delle megattere durante il periodo degli accoppiamenti e ne fece un disco, che vendette oltre 100mila copie ed espanse notevolmente la consapevolezza comune dell’intelligenza di questi mammiferi. Un fatto meno noto è che esiste con molta probabilità almeno una specie di cetacei odontoceti (o dentati, il sottordine di cui fanno parte delfini, capodogli e orche) che non abbiamo mai visto e che distinguiamo da altre specie conosciute soltanto per i suoni che emette.La specie sconosciuta e identificata soltanto per i suoi versi caratteristici, in attesa di ulteriori ricerche che ne confermino l’esistenza, è definita balena dal becco di Cross Seamount da un gruppo di ricercatori e ricercatrici della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), l’agenzia statunitense che si occupa di studi meteorologici e oceanici, e di altri istituti di ricerca sugli ambienti marini. Cross Seamount, una montagna sottomarina che si trova circa 300 chilometri a ovest delle isole Hawaii, è l’area del Pacifico in cui fu rilevato per la prima volta nel 2005 il particolare richiamo della balena, poi registrato sporadicamente altre volte negli anni successivi.Tra i biologi marini non c’è uniformità di opinioni riguardo alla balena dal becco di Cross Seamount. Secondo alcuni potrebbe essere una specie conosciuta: il mesoplodonte di Nishiwaki e Kamiya, detto ginkgodens per l’insolita forma (a foglia di pianta di ginkgo) dei due denti presenti sulla sua mandibola. Una delle ragioni che complicano l’identificazione della specie misteriosa è che la famiglia di cetacei odontoceti a cui probabilmente appartiene – gli Zifidi, o balene dal becco – è una delle meno conosciute al mondo tra i grandi mammiferi. Alcune delle 24 specie note sono state scoperte soltanto nell’ultimo ventennio, e lo stesso ginkgodens è una di quelle di cui sappiamo meno in assoluto, e principalmente dagli spiaggiamenti.– Leggi anche: Il fascino gigantesco del calamaro giganteIl gruppo di ricerca che si occupa da quasi vent’anni di analisi dei suoni emessi dagli odontoceti al largo delle Hawaii ritiene che ci siano elementi sufficienti per considerare la balena dal becco di Cross Seamount una specie a sé stante. I suoni che emette differiscono infatti in termini di frequenza, durata e pause intermedie rispetto a quelli di altre balene dal becco conosciute. Sulla base dei rilevamenti è possibile ipotizzare che sia una specie imparentata con lo zifio di Cuvier, diffuso anche nel Mediterraneo, e il mesoplodonte di True, ma con comportamenti diversi rispetto a queste due specie.Tutte le balene dal becco, animali piuttosto timidi e diffidenti, si immergono abitualmente in profondità fino a 3mila metri e per un tempo di oltre un’ora. Riemergono in superficie soltanto per pochi minuti, cosa che rende difficile avvistarle. È difficile anche distinguere le specie: i biologi di solito ci riescono osservando i denti nei maschi, dato che le femmine – anche quelle di specie diverse – sono molti simili, ha spiegato a Hakai Magazine la biologa della NOAA Jennifer McCullough, coautrice di una ricerca sulla balena dal becco di Cross Seamount pubblicata ad agosto sulla rivista Marine Mammal Science.Una femmina di mesoplodonte di De Blainville al largo delle Bahamas (MatthewGrammatico/Wikimedia)Molto di ciò che sappiamo delle balene dal becco, ha detto McCullough, lo sappiamo dall’analisi dei suoni che emettono, raccolti tramite strumenti di monitoraggio acustico che permettono di stimare solo molto approssimativamente la popolazione di passaggio in una determinata area. Come gli altri odontoceti – e i pipistrelli – le balene dal becco utilizzano l’ecolocalizzazione, la capacità di percepire l’eco delle onde sonore emesse e che rimbalzano sull’ambiente circostante. Nel loro caso non sono canti né fischi, come quelli di megattere e orche, ma brevi impulsi sonori, singoli o a raffica, come quelli dei capidogli. Sono emessi nel contesto dell’accoppiamento o per individuare le prede (principalmente calamari), per esempio, ma possono anche avere funzioni sociali più complesse.– Leggi anche: Come gli animali percepiscono il mondoI suoni emessi dalle diverse specie conosciute di balene dal becco sono sequenze di “clic” abbastanza simili tra loro: hanno una frequenza molto alta, impercettibile per l’udito umano. Gli odontoceti in generale emettono suoni tra 5 e 150 kHz, mentre l’intervallo di frequenze rispetto alle quali gli esseri umani sono più sensibili è tra 2 e 5 kHz. Per analizzare le piccole differenze tra i diversi richiami gli scienziati si servono soprattutto degli spettrogrammi, grafici che permettono di valutare l’intensità di un suono in funzione del tempo e della frequenza. E la frequenza, la durata e le pause intermedie tra i suoni emessi dalle balene dal becco cambiano da specie a specie.Una sequenza di suoni emessi da uno zifio di Cuvier, a velocità ridotta a 0,30x (NOAA.gov) LEGGI TUTTO