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    Il riscaldamento globale bloccherà la corrente del Golfo?

    Caricamento playerL’Irlanda si trova più o meno alla stessa latitudine del Labrador, in Canada, ma ha generalmente temperature più alte grazie a una corrente oceanica che dal Golfo del Messico trasporta acqua relativamente calda verso il Nord Europa. È la corrente del Golfo, uno dei fenomeni naturali che più influenzano il clima della Terra. Da più di cinquant’anni la climatologia ne studia il funzionamento per capire se, e quando, il riscaldamento globale potrebbe bloccarla, e così stravolgere il clima di buona parte del mondo. Ora una ricerca pubblicata sulla rivista Science Advances ha aggiunto vari elementi rilevanti a ciò che sappiamo sull’argomento.
    Il cambiamento climatico e la corrente del Golfo sono legati a causa dello scioglimento dei ghiacci della Groenlandia e degli altri territori dell’Artico, che è dovuto all’aumento delle temperature medie. Più i ghiacci fondono, più cresce la quantità di acqua dolce che finisce nel nord dell’oceano Atlantico. Questo altera le dinamiche delle correnti oceaniche, che sono regolate da differenze di temperatura e salinità dell’acqua, e potrebbe farlo al punto da bloccare la corrente del Golfo. Tuttora non sappiamo quando potrebbe accadere, ma il nuovo studio conferma che il pianeta si sta avvicinando a questa situazione. Dice che ci sono buone probabilità che il processo di blocco della corrente si inneschi in questo secolo e che finora i rischi associati siano stati sottovalutati.
    Insieme ai venti, le correnti oceaniche si possono considerare un motore del clima, o più precisamente una “pompa di calore” che lo regola, perché trasportano aria e acqua calda verso i Poli e aria e acqua fredda verso l’Equatore. Tutte le correnti oceaniche, così come i venti del pianeta, sono collegate tra loro e fanno parte di un unico sistema. La comunità scientifica si riferisce alla parte del sistema che riguarda l’oceano Atlantico con la sigla AMOC, acronimo dell’espressione inglese Atlantic Meridional Overturning Circulation, in italiano “capovolgimento meridionale della circolazione atlantica”. La corrente del Golfo è un pezzo dell’AMOC.
    Le correnti, cioè il movimento delle masse d’acqua oceaniche, sono causate dalle differenze di temperatura e salinità dell’acqua stessa che si creano negli oceani. Temperatura e salinità determinano la densità dell’acqua (più l’acqua è calda meno è densa, più è salata più è densa) e masse d’acqua di densità diverse si muovono le une in relazione alle altre proprio in base alla differenza di densità. L’acqua meno densa tende a salire verso l’alto, mentre l’acqua più densa tende a scendere in profondità (allo stesso modo l’olio in un bicchier d’acqua galleggia perché è meno denso dell’acqua). Le correnti possono essere di superficie o di profondità a seconda della densità dell’acqua in movimento.
    Nelle zone equatoriali fa più caldo quindi l’acqua si scalda e al tempo stesso evapora di più, ragion per cui la concentrazione di sale è maggiore. Dal Golfo del Messico, dove l’acqua raggiunge una temperatura attorno ai 30 °C, una massa d’acqua calda e salata viene spinta dalla rotazione della Terra e dai venti verso l’Europa. Avvicinandosi al Polo Nord questa massa d’acqua si raffredda gradualmente e di conseguenza diventa più densa. Inoltre, risulta ancora più densa dell’acqua circostante, perché provenendo dalla zona equatoriale è più salata. Tra Groenlandia, Norvegia e Islanda la differenza di densità tra l’acqua della corrente del Golfo e quella che la circonda crea degli enormi flussi d’acqua verticali, delle specie di gigantesche cascate sottomarine chiamate “camini oceanici”, che spingono l’acqua proveniente da sud-ovest in profondità.
    L’AMOC è spesso paragonata a un nastro trasportatore perché il flusso d’acqua fredda verso le profondità oceaniche e da lì verso sud, dunque in senso opposto alla corrente del Golfo, è fondamentale per mantenere attivo tutto il meccanismo. Il riscaldamento globale potrebbe incepparlo proprio perché rischia di disturbare questa parte dell’AMOC.
    Rappresentazione schematica semplificata del sistema delle correnti oceaniche della Terra, detto “circolazione termoalina”, cioè regolata dalla temperatura e dalla salinità dell’acqua; dove il flusso è rappresentato in viola le correnti sono in profondità, dove è rappresentato in blu sono in superficie. L’AMOC è il sistema di correnti nella parte più a sinistra dell’immagine (Wikipedia Commons)
    L’AMOC è la ragione principale per cui a Parigi le temperature medie generalmente variano tra 26 e 3 °C nel corso dell’anno, mentre a Montreal, la cui latitudine si trova circa 400 chilometri più a sud della capitale francese, variano tra 26 e -12 °C. Se non ci fosse l’AMOC gran parte della superficie del mare di Norvegia sarebbe ghiacciata nei mesi invernali, e molte regioni d’Europa avrebbero inverni più simili a quelli del Canada e del nord degli Stati Uniti, che sono più rigidi pur trovandosi alla stessa latitudine.
    A partire dagli anni Sessanta, con gli studi dell’oceanografo statunitense Henry Stommel, si iniziò a ipotizzare che un aumento eccessivo della quantità d’acqua dolce proveniente dai fiumi e dai ghiacciai del Nord America e della Groenlandia avrebbe potuto bloccare l’AMOC. Il motivo è che l’acqua proveniente dai continenti diluisce quella salata degli oceani. Nel caso specifico dell’Atlantico settentrionale, le acque continentali diluiscono quelle della corrente del Golfo: l’ipotesi sul blocco dell’AMOC è che se dovessero farlo in modo eccessivo, diminuirebbe quella differenza di densità che crea i camini oceanici e che spinge l’acqua calda dal Golfo del Messico al nord Europa.
    Questa ipotesi prevede anche che ci sia quello che in inglese è chiamato tipping point, letteralmente “punto estremo”, cioè una soglia critica oltre la quale un sistema viene stravolto, spesso in modo brusco, o irreversibile, o entrambe le cose. In italiano questa espressione è tradotta di frequente con “punto di non ritorno”, che però non è la stessa cosa perché contiene necessariamente l’irreversibilità.
    Nel caso dell’AMOC, si ipotizza che – una volta che il flusso di acqua dolce nel Nord Atlantico abbia raggiunto un certo tipping point – si ottenga un rapido blocco della corrente del Golfo. Sappiamo che in passato è già successo, durante le ere glaciali. L’ultima volta accadde 12mila anni fa: il conseguente periodo di raffreddamento dell’Europa, che portò a diminuzioni della temperatura media di 5 °C in alcune zone, è chiamato “Dryas recente”. Lo studio pubblicato la scorsa settimana ha confermato con maggiore precisione rispetto al passato che il tipping point legato all’aumento della fusione dei ghiacci artici esiste e che il riscaldamento globale causato dalle attività umane potrebbe davvero fermare la corrente che rende il clima dell’Europa quello che è.
    Questo risultato è basato su una complessa simulazione che ha preso in considerazione uno scenario di 4.400 anni e non tiene conto solo delle correnti ma anche delle condizioni dell’atmosfera: per farla eseguire sono serviti 6 mesi di calcoli nel più grande centro computazionale dei Paesi Bassi. Lo studio è stato fatto da René M. van Westen, Michael Kliphuis e Henk A. Dijkstra, tre scienziati dell’Istituto per la ricerca marina e atmosferica dell’Università di Utrecht, uno degli enti scientifici più autorevoli per le analisi sull’AMOC.
    Lo studio conferma anche che le condizioni dell’oceano Atlantico si stanno avvicinando a quelle del tipping point (varie ricerche degli ultimi vent’anni avevano già osservato un rallentamento della corrente del Golfo) e propone come si potrebbe fare a capire con un certo anticipo quando ci saremo pericolosamente vicini, cioè con una misurazione del trasporto di acqua dolce da parte dell’AMOC. Lo studio però non dice quando potremmo raggiungere la condizione che porterebbe al blocco della corrente, che nelle parole dell’oceanografo e climatologo Stefan Rahmstorf, professore di Fisica degli oceani all’Università di Potsdam, resta «la domanda da un miliardo di dollari».
    Van Westen, Kliphuis e Dijkstra si sono limitati a dire che una previsione proposta l’anno scorso, secondo cui il tipping point sarà raggiunto tra il 2025 e il 2095, «potrebbe essere accurata».
    Secondo Rahmstorf, che ha commentato lo studio olandese in un intervento tradotto in italiano sul blog Climalteranti, questa ricerca «conferma le preoccupazioni del passato secondo cui i modelli climatici sovrastimano sistematicamente la stabilità dell’AMOC». Lo scienziato ritiene che l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) dell’ONU, il principale organismo scientifico internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici, abbia finora sottovalutato i rischi di un blocco della corrente del Golfo perché i suoi rapporti sono basati su studi non sufficientemente precisi.
    Lo studio di van Westen, Kliphuis e Dijkstra contiene anche qualche ipotesi sulle conseguenze del blocco dell’AMOC sul clima europeo, che però non tengono conto degli altri effetti del riscaldamento globale. Dicono che l’Europa settentrionale, e in particolare la Scandinavia, la Gran Bretagna e l’Irlanda, subirebbero una grossa diminuzione delle temperature medie invernali, tra i 10 e i 30 °C nel giro di un secolo, con cambiamenti di 5 °C a decennio, cioè molto più veloci del riscaldamento attualmente in corso. Al tempo stesso ci sarebbero grandi variazioni nel livello del mare e nelle precipitazioni delle regioni tropicali, in particolare in Amazzonia, dove una prateria potrebbe prendere il posto della foresta pluviale.
    Dato che la simulazione non tiene conto degli altri effetti del cambiamento climatico in corso questo scenario non può essere considerato del tutto verosimile. In ogni caso, un cambiamento anche di pochi gradi nelle temperature medie se avvenisse nel giro di un secolo, che è un tempo molto breve per la storia del pianeta, avrebbe grossi impatti sul clima e su tutto ciò che ne dipende, compresa la vita di piante e animali, umani inclusi. «Dati gli impatti, il rischio di un collasso dell’AMOC è qualcosa da evitare a tutti i costi», ha detto sempre Rahmstorf:
    Il problema non è se siamo sicuri che questo accadrà. Il problema è che avremmo bisogno di escluderlo con una probabilità del 99,9%. Una volta che avremo un segnale di avvertimento inequivocabile e definitivo, sarà troppo tardi per fare qualcosa al riguardo, data l’inerzia del sistema. LEGGI TUTTO

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    Il luglio del 2023 sarà il mese più caldo mai registrato sulla Terra

    Mancano ancora quattro giorni alla fine di luglio, ma si può già dire che questo sarà il mese più caldo mai registrato dal 1979, anno in cui le tecnologie satellitari resero possibili misurazioni accurate della temperatura superficiale di tutto il pianeta (non sarà solo il luglio più caldo di sempre, ma proprio il mese). È stato stimato dal Climate Change Service di Copernicus, il programma di collaborazione scientifica dell’Unione Europea che si occupa di osservazione della Terra, e confermato dall’Organizzazione meteorologica mondiale (WMO).«Per grandi parti del Nord America, dell’Asia, dell’Africa e dell’Europa questa è un’estate atroce, ma per il pianeta intero è un disastro», ha commentato il segretario generale dell’ONU António Guterres, «e per gli scienziati non ci sono dubbi: la colpa è degli esseri umani».Le stime di Copernicus sono realizzate usando diversi tipi di dati: le misure dirette della temperatura fatte da reti di termometri presenti sulla terra e in mare, e le stime dei satelliti. Questi rilevano la radiazione infrarossa emessa dalla superficie terrestre e oceanica e ne calcolano la temperatura.Le tre settimane più calde mai registrate sono state proprio le prime tre di luglio: durante la prima e la terza la temperatura globale ha superato la soglia di 1,5 °C in più rispetto alle temperature medie preindustriali, cioè rispetto all’epoca in cui le emissioni di gas serra dovute alle attività umane non avevano ancora cominciato a influenzare il clima terrestre (tra il 1850 e il 1900). La soglia di 1,5 °C è quella che fu stabilita con gli accordi di Parigi del 2015. Il fatto che sia stata superata per tre settimane non significa comunque che l’obiettivo di Parigi si possa definire fallito, per quanto sia ormai improbabile che sarà rispettato: la WMO ha chiarito che l’obiettivo si potrà considerare sfumato solo se la temperatura media globale annuale sarà superiore di 1,5 °C rispetto all’epoca preindustriale per almeno vent’anni.Ultimamente si stanno registrando nuovi record di temperatura non solo nell’aria vicina al suolo, ma anche negli oceani e nei mari. Il 24 luglio una boa nella Baia dei Lamantini, circa 65 chilometri a sud di Miami, in Florida, ha registrato 38,4 °C: potrebbe essere la più alta temperatura marina mai rilevata, se la misura sarà confermata. E sempre il 24 luglio la temperatura superficiale media del mar Mediterraneo ha raggiunto 28,4 °C: anche in questo caso si tratta di un record, perché finora la media più alta del bacino erano stati i 28,25 °C dell’agosto del 2003.Secondo i dati di Copernicus, per quanto riguarda la temperatura media globale il precedente luglio più caldo mai registrato, nonché mese più caldo mai registrato, era stato quello del 2019. LEGGI TUTTO

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    Anche nei mari si raggiungono nuovi record di temperatura

    Ultimamente si stanno registrando nuovi record di temperatura non solo nell’aria vicina al suolo, ma anche negli oceani e nei mari. Il 24 luglio una boa nella Baia dei Lamantini, circa 65 chilometri a sud di Miami, in Florida, ha registrato 38,4 °C, che potrebbe essere la più alta temperatura marina mai rilevata, se la misura sarà confermata. Il record precedente risaliva all’estate del 2020, quando nel Golfo Persico, vicino al Kuwait, erano stati registrati 37,6 °C. E sempre il 24 luglio la temperatura superficiale media del mar Mediterraneo ha raggiunto 28,4 °C: anche in questo caso si tratta di un record, finora la media più alta erano i 28,25 °C dell’agosto del 2003.L’innalzamento delle temperature marine è una parte del riscaldamento globale causato dalle attività umane che si percepisce poco nella vita quotidiana, ma preoccupa da tempo la comunità scientifica che si occupa di clima e quest’anno ha attirato l’attenzione in modo particolare. Tra la fine di marzo e l’inizio di aprile infatti la media globale della temperatura marina superficiale aveva raggiunto il valore più alto mai registrato (21,05 °C) secondo i dati della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), l’agenzia federale statunitense che si occupa di meteorologia. In particolare si erano registrati valori di temperatura molto alti rispetto alla media nel nord dell’oceano Atlantico. Poi a maggio e a giugno i valori delle temperature medie delle superfici marine sono stati i più alti mai registrati per quei mesi, superando anche di 0,5 °C i record precedenti.Secondo il Climate Change Service di Copernicus, il programma di collaborazione scientifica dell’Unione Europea che si occupa di osservazione della Terra, a causa delle temperature particolarmente alte raggiunte nel nord dell’Atlantico ci troviamo in un «territorio sconosciuto» per quanto riguarda il contesto meteorologico.Secondo le prime valutazioni dei climatologi questi record sono stati dovuti al più generale riscaldamento globale in combinazione con altri fattori che ancora non sono stati definiti con precisione. A giugno Albert Klein Tank, direttore dello Hadley Centre del Met Office, l’ufficio meteorologico nazionale del Regno Unito, aveva ipotizzato che c’entrasse l’indebolimento di alcuni venti che normalmente portano sabbia del deserto del Sahara al di sopra dell’Atlantico settentrionale e ne abbassano le temperature, perché la sabbia riflette la luce solare.Negli ultimi sette anni, ogni anno, le temperature medie degli oceani sono aumentate rispetto al precedente e nel 2022 hanno raggiunto i valori massimi dagli anni Cinquanta, quando si cominciarono a registrare con sistematicità. Il riscaldamento dei mari è un problema per varie ragioni: causa morie di animali e piante marine, contribuisce all’innalzamento del livello del mare (perché maggiore è la temperatura dell’acqua minore è la sua densità, e quindi maggiore il volume che occupa) e favorisce i fenomeni meteorologici estremi come gli uragani negli oceani e i grossi temporali nel bacino del Mediterraneo. Infatti tanto più sono caldi gli strati superficiali dell’acqua, maggiore è l’evaporazione dell’acqua e dunque l’umidità nell’aria che può intensificare le precipitazioni.#ImageOfTheDayThe marine heatwave sweeping across the Mediterranean Sea is hitting record highs, particularly in the central basinAccording to @CMEMS_EU, sea temperature anomalies have spiked to +5.5°C along the coasts of Italy, Greece and North Africa ♨️ pic.twitter.com/NcHpboKP60— 🇪🇺 DG DEFIS #StrongerTogether (@defis_eu) July 27, 2023Finora le temperature marine sono aumentate meno rispetto a quelle atmosferiche: in media di circa 0,9 °C rispetto ai livelli pre-industriali, mentre quella media dell’aria vicina al suolo è aumentata di 1,5 °C rispetto allo stesso periodo, cioè rispetto a prima che i paesi più ricchi cominciassero a diffondere grandi quantità di gas serra nell’atmosfera. Si stima che circa il 90 per cento del calore ceduto all’atmosfera dalle attività umane sia stato assorbito dagli oceani, che però hanno potuto assorbirne molto senza grosse ripercussioni per decenni.L’anomalia di temperatura, cioè la differenza rispetto alla temperatura media della superficie marina nel periodo 1971-2000, per la giornata del 24 luglio 2023 secondo i dati preliminari della NOAA; nell’Atlantico settentrionale e nel Mediterraneo si sono registrate temperature medie di 5 o anche 6 °C superiori alla media storica– Leggi anche: In Italia le grandinate sono aumentate LEGGI TUTTO

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    Il 3 luglio è stato il giorno più caldo mai registrato

    Lunedì 3 luglio è stato il giorno più caldo mai registrato a livello globale, secondo i dati analizzati dai Centri nazionali per la previsione ambientale (NCEP), che fanno parte del Servizio meteorologico nazionale del governo degli Stati Uniti. La temperatura media globale ha raggiunto i 17,01 °C, segnando un nuovo massimo dopo i 16,92 °C che erano stati registrati nell’agosto del 2016. Al nuovo record hanno contribuito le varie ondate di calore che nell’ultimo periodo hanno interessato diverse aree del pianeta.La giornata di lunedì è stata la più calda da quando è iniziato il rilevamento della temperatura media globale utilizzando i dati satellitari, alla fine degli anni Settanta dello scorso secolo. Le notizie sul giorno più caldo sono arrivate a pochi giorni di distanza dalle prime conferme sul mese di giugno appena finito, che si è rivelato il più caldo mai registrato nel Regno Unito.Le ondate di calore delle ultime settimane sono state attribuite alle condizioni atmosferiche locali in combinazione con l’arrivo del nuovo El Niño, sui cui effetti, soprattutto per quanto riguarda l’Europa, ci sono comunque ancora incertezze. Con “El Niño” si indica l’insieme di fenomeni atmosferici che si verifica periodicamente nell’oceano Pacifico e che influenza il clima in buona parte del pianeta, contribuendo tra le altre cose all’aumento della temperatura media globale. Gli effetti di El Niño sono diventati via via più significativi anche a causa degli effetti del riscaldamento globale dovuto all’aumento delle emissioni di anidride carbonica e altri gas serra, soprattutto per via delle attività umane.Nella parte meridionale degli Stati Uniti da settimane si registrano alte temperature ed eventi atmosferici estremi, mentre in Cina prosegue da giorni una intensa ondata di calore con temperature al di sopra di 35 °C in buona parte del paese. Nel Nord Africa sono state registrate temperature intorno ai 50 °C. In Antartide, dove ora è inverno, sono state rilevate anomalie nelle temperature con massime più alte del solito, che hanno contribuito a una accelerazione nella fusione del ghiaccio. In una delle stazioni di rilevamento antartiche è stata rilevata una temperatura di 8,7 °C, un nuovo record per il mese di luglio.In questa prima fase dell’estate le ondate di calore hanno interessato soprattutto la Spagna, ma sono state rilevate anomalie anche più a nord. Di recente è stato segnalato un aumento della temperatura nei mari attorno al Regno Unito e all’Irlanda, di 3-4 °C in più rispetto alla media registrata negli anni scorsi in questo periodo.È sempre difficile fare previsioni sull’andamento delle temperature nel breve periodo, ma secondo gli esperti è probabile che nel corso delle prossime settimane saranno superati nuovi record, sempre a causa di El Niño e di altri effetti riconducibili al cambiamento climatico. LEGGI TUTTO