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    Le foto del lussuoso weekend a Saint Moritz di Michelle Hunziker e Ilary Blasi

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    Dopo due anni, quest’inverno non c’è stata carenza di neve in Italia

    Grazie alle nevicate di febbraio e marzo la quantità d’acqua che si è accumulata sulle montagne italiane sotto forma di neve nell’inverno appena concluso è superiore alla mediana degli ultimi 12 anni. Significa che dopo due inverni in cui c’era stata una grossa carenza di neve sulle montagne, che aveva molto contribuito alla grave siccità del Nord Italia durata dall’inizio del 2022 all’estate del 2023, attualmente ce n’è un surplus, che sarà un’importante fonte d’acqua per i mesi estivi. Tuttavia se il bilancio è positivo per le Alpi, non lo è per gli Appennini, dove c’è ancora una situazione di scarsità d’acqua.A dirlo è l’ultima analisi della Fondazione CIMA, Centro Internazionale in Monitoraggio Ambientale, un ente di ricerca nelle scienze ambientali che è stato fondato e collabora con il dipartimento di Protezione civile. Da quattro anni la Fondazione CIMA raccoglie dei dati sul territorio e dai satelliti per stimare un parametro chiamato snow water equivalent (in italiano “equivalente idrico nivale”) e indicato con la sigla “SWE”, che indica la quantità d’acqua contenuta nella neve.
    Il parametro SWE può essere calcolato a livello nazionale, ma anche per singoli bacini fluviali, perché le montagne del paese possono essere suddivise in base al fiume principale che riforniscono d’acqua quando tra la primavera e l’estate la neve si scioglie.

    L’attuale abbondanza di neve avrà un effetto positivo soprattutto per i fiumi del Nord Italia e in particolare il Po, il più lungo fiume italiano. La Fondazione CIMA ha stimato che secondo i dati aggiornati al primo aprile il bacino idrografico del Po può contare su una quantità d’acqua dovuta alla neve che è superiore del 29 per cento rispetto alla mediana (il valore centrale, non la media) del periodo 2011-2022. Per quanto riguarda l’Adige, un altro importante fiume del Nord Italia e il secondo più lungo del paese, il valore dello SWE è inferiore alla mediana (del 4 per cento) ma è comunque doppio rispetto a quello di inizio aprile dello scorso anno.
    La situazione è molto diversa per il Centro e il Sud Italia. Sugli Appennini si sono registrate temperature parecchio alte quest’inverno (a marzo anche superiori di 2,5 °C rispetto ai valori mediani dello scorso decennio) e per questo anche la neve che c’era si è fusa. Per quanto riguarda il bacino del Tevere, il terzo fiume italiano per lunghezza, che scorre in Toscana, Umbria e Lazio, la Fondazione CIMA ha stimato un deficit dell’80 per cento rispetto alla mediana di riferimento al primo aprile.
    Anche al Nord comunque ci sono dei rischi per le risorse d’acqua dei prossimi mesi, molto importanti sia per la produzione agricola che per le centrali elettriche. «Se e quanto l’acqua ora finalmente presente nel bacino del Po sotto forma di neve potrà sostenere i mesi primaverili ed estivi, però, dipende dalle temperature», ha spiegato Francesco Avanzi, idrologo di Fondazione CIMA: «Le temperature elevate possono ancora causare, anche sulle Alpi, fusioni precoci: perché sia davvero utile nei periodi in cui l’acqua ci è più necessaria, la neve deve restare tale ancora per alcune settimane».
    In ogni caso per questa stagione le nevicate dovrebbero essere finite. Generalmente in Italia il picco della quantità di neve sulle montagne si registra a marzo e da aprile inizia il periodo di fusione. LEGGI TUTTO

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    Che animali sono davvero gli ermellini

    Caricamento playerMercoledì sera, durante il Festival di Sanremo, sono state presentate le mascotte per le Olimpiadi e Paralimpiadi di Milano-Cortina del 2026: sono due ermellini e si chiamano Tina e Milo, dai nomi delle città coinvolte nella manifestazione. Tina rappresenta le Olimpiadi e ha la pelliccia bianca; suo fratello Milo rappresenta le Paralimpiadi – è nato senza una zampa, ma cammina usando la coda – e ha la pelliccia marrone.
    Nella realtà gli ermellini sono bianchi d’inverno e marroni d’estate. In tutte le stagioni sono piuttosto difficili da vedere, non solo perché in Italia vivono solo sulle Alpi, ma anche perché sono piuttosto piccoli (massimo 30 centimetri di lunghezza), vivono soprattutto sotto terra o sotto la neve e si mimetizzano. Sono tra le specie italiane di mammiferi selvatici di cui sappiamo meno cose perché la loro elusività rende difficile studiarli e perché, anche tra i biologi, sono spesso ignorati a vantaggio di specie che si notano di più, come lupi e orsi tra i carnivori, e cinghiali, cervi e stambecchi tra gli erbivori. Meriterebbero più attenzione però: ci sono buone ragioni per pensare che la diminuzione della neve sulle Alpi dovuta al cambiamento climatico non complichi solo la pratica degli sport invernali ma metta a grosso rischio la conservazione della specie.
    «Vederli nella trasmissione più seguita d’Italia mi è sembrata un’allucinazione», racconta Marco Granata, biologo e dottorando dell’Università di Torino che è una delle poche persone a studiarli in Europa: «È una specie molto trascurata: per chi dedica la sua vita alla conservazione degli ermellini e cerca di farli conoscere è davvero strano vederli in televisione».
    Nella primavera del 2023 Granata ha iniziato un progetto di ricerca nelle Aree Protette Alpi Marittime, nel Piemonte sud-occidentale, per capire sul campo quale sia il metodo migliore per monitorare la presenza degli ermellini dato che «c’è un disperato bisogno di dati» che permettano di stimare quanti siano e in che misura siano danneggiati dagli effetti del riscaldamento globale. Tra i metodi testati ci sono le fototrappole, cioè quelle fotocamere che scattano quando rilevano un movimento e che si usano anche per altri animali selvatici, e le cosiddette Mostela, delle scatole con dei buchi contenenti fototrappole che possono essere interessanti come nascondigli per alcuni piccoli animali.

    Gli ermellini (Mustela erminea) sono mustelidi, cioè appartengono a quella famiglia di mammiferi carnivori in cui rientrano anche le lontre, i tassi, i visoni, le donnole, le puzzole (da cui derivano i domesticati furetti), le faine e le meno conosciute martore. In Italia si trovano solo sulle Alpi, mentre a latitudini più settentrionali vivono anche in zone di pianura. A differenza degli orsi, ma anche delle volpi e dei lupi che mangiano anche vegetali, gli ermellini e gli altri mustelidi sono esclusivamente carnivori. Gli ermellini in particolare cacciano soprattutto roditori, come le arvicole, e occasionalmente uccelli. Sulle Alpi si stima che abbiano un’aspettativa di vita attorno all’anno e mezzo, mentre in cattività possono vivere anche dieci anni.
    Studiare gli ermellini è complicato anche perché non ce ne sono tanti in un unico posto, piuttosto il contrario: sono animali solitari che, essendo cacciatori, si fanno competizione tra loro e che per questo non possono condividere il proprio territorio con loro simili. Per tutte queste ragioni, sebbene sappiamo che sono presenti più o meno su tutto l’arco alpino, negli anni sono stati pubblicati solo tre studi scientifici italiani sugli ermellini: uno è del 1995, il secondo del 2001 (ha come primo autore lo zoologo Adriano Martinoli, una delle voci del podcast del Post sulle specie aliene Vicini e lontani) e il terzo del 2006. Tutti e tre avevano limiti geografici e di finalità, e non permettono di stimare quanti ermellini possano esserci in Italia. «Abbiamo zero informazioni su questo», conferma Granata.

    «A lungo termine mi piacerebbe costruire una rete di monitoraggio per conservare la specie sull’arco alpino», continua il biologo. Dato che anche negli altri paesi non ci sono molti dati, gli ermellini non sono considerati in pericolo dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN, cioè l’ente internazionale riconosciuto dall’ONU che valuta quali specie animali e vegetali rischiano l’estinzione) tuttavia siamo piuttosto sicuri che siano danneggiati dal cambiamento climatico. In Nord America, dove la specie è a sua volta presente, è stato stimato che gli ermellini e le donnole siano diminuiti di più dell’80 per cento negli ultimi 60 anni.
    Tale diminuzione della loro popolazione è stata ricondotta al riscaldamento globale per diverse ragioni e una ha a che fare con la neve. Per via delle loro dimensioni gli ermellini sono prede di altri animali, come volpi e uccelli rapaci, e il cambiamento del colore della loro pelliccia nel corso dell’anno è funzionale proprio a nascondersi dai predatori. Se c’è meno neve però la pelliccia bianca invernale li rende al contrario molto visibili e più facili da cacciare.
    Sempre in Nord America la loro diminuzione ha anche altre probabili cause, tra cui la caccia praticata dagli esseri umani. Sulle Alpi anche la presenza delle piste da sci potrebbe danneggiarli: uno studio del 2013 fatto tra Piemonte e Valle d’Aosta ha mostrato che le piste creano problemi a vari piccoli mammiferi, comprese le principali prede degli ermellini, perché ne frammentano l’habitat, e per questo potrebbero danneggiare anche loro, sia indirettamente che direttamente.
    Le mascotte delle Olimpiadi e Paralimpiadi di Milano-Cortina 2026; per Granata sono abbastanza precise come rappresentazione degli animali, anche se i veri ermellini non hanno il naso rosa e una coda in proporzione più corta rispetto al resto del corpo (Ufficio Stampa Milano Cortina 2026, ANSA)
    «Io sono un po’ ossessionato dai fantasmi», dice Granata per spiegare come mai si sta dedicando a questo campo della biologia, «e studio questi animali così elusivi, che sono come dei fantasmi selvatici perché non li vedi mai, perché vorrei che non diventassero dei fantasmi veri e propri, cioè che scomparissero del tutto».

    – Leggi anche: In Nuova Zelanda invece gli ermellini sono invasivi e molto dannosi, per questo c’è un piano per eliminarli LEGGI TUTTO